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Autore: Freya Crystal    05/05/2016    8 recensioni
Terza classificata al contest "All the songs make sense" indetto da Hypnotic Poison sul forum di EFP.
"Ora siamo liberi, finalmente."
"E questo ti spaventa?"
C'era una nota di curiosità nella voce di Zakuro, specchio di un'indagine inevitabile. Ryou la studiò in silenzio, afferrando le ombre che s'insinuavano sul suo viso disteso. "Che intendi dire?" [...]
Erano entrambi soli, soddisfatti di una vita in cui mancava ancora qualcosa, ma forse... forse troppo distanti per donarselo reciprocamente. A Ryou, anche se lui stesso non riusciva a capirlo, piaceva ancora Ichigo. Zakuro, invece, non capiva perché questo dovesse importarle. [...]
"E allora perché sei qui?"
"Forse perché mi piace illudermi."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ryo Shirogane/Ryan, Zakuro Fujiwara/Pam
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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 Il sentiero dei rimpianti

 

 



1 maggio 2010

Il cielo era portavoce di una primavera imminente, saporoso di un profumo delicato e sfuggente di primule. Sporadiche nuvole ne interrompevano il nitore, come fiori di cotone adagiati su un velo azzurro. Lungo il viale alberato regnava un silenzio placido, spezzato dal sopraggiungere di solitari uccellini in volo.

Un taxi parcheggiò di fronte a un vistoso edificio rosa, sollevando un leggero alone di polvere. Due gambe snelle fecero capolino dalla portiera aperta, rivelando dei tacchi impreziositi da una serie di luminose pietre nere. Zakuro si sfilò gli occhiali da sole, i capelli una filigrana di platino rigorosamente lisciati. 

Il Caffè Mew Mew non era cambiato di una virgola, era rimasto immutato come una macchina d'epoca, stendardo di un'adoloscenza indimenticabile. Sullo sgargiante intonaco delle mura erano annidati ricordi che non sarebbero mai sbiaditi, per inconscio volere dei suoi proprietari e di coloro che avevano lavorato, riso, pianto e condiviso al suo interno.

L'attrice infilò gli occhiali da sole nel taschino della giacca, avanzando oltre l'ampia cancellata. L'uomo che l'aveva vista arrivare, fermo sull'ingresso, la raggiunse con passo elegante, profondendosi in un galante inchino.
 
"Sarebbe stato meglio se fossi venuto a prenderti io" esordì Keiichiro, dopo averle fatto il baciamano. 

"Ti ripeto che non ha importanza, non ho voluto scomodarti."

"Sei sempre radiosamente bella.

Zakuro sorrise, affiancandolo sul sentiero acciottolato. 

"Anche tu."

Quando entrarono nella sala principale, l'attrice avvertì immediatamente una sensazione totalizzante, fatta di velluto tiepido e schegge acuminate; un misto di felicità e nostalgia che l'avvolse come uno scialle invadente, smanioso di stringerla, vivace come un bambino piccolo. 

Minto fu la prima a gettarle le braccia al collo, Retasu la salutò con un inchino e un sorriso umido di commozione, mentre Purin si profuse in uno spettacolino imbastito appositamente per darle il benvenuto. 

La festa che si sarebbe tenuta quella sera al locale era stata organizzata dalla sua devota ammiratrice, sotto l'attenta supervisione di Keiichiro e Ryou, per ricordare l'amicizia nata cinque anni prima e per riunire il team Mew Mew, diviso da lavoro e trasferimenti. 

A Zakuro servì un po' di tempo per familiarizzare con l'ambiente caloroso e l'atmosfera ridente perduta negli anni. Chiacchierare con le sue ex compagne di squadra le suscitò nell'immediato un effetto straniante, sostituito poi da un'emozione di pienezza che prese progressivamente il sopravvento. Furono i solchi tracciati dall'affetto e dalla condivisione, ad alimentarla, come dolci carezze e abbracci al profumo di casa.

"Allora, quando esce il trailer di 'Moonlight'?"

Minto rigirava il cucchiaino nella tazzina di tè, fissandola con impaziente curiosità, mentre Purin esaminava la sua parrucca con occhio clinico. 

"Il sette agosto" rispose Zakuro, pigiando un tasto sull'iphone per spegnere il display. Niente messaggi e chiamate per quel giorno, l'aveva promesso a se stessa. 

"Che è la data del tuo compleanno" aggiunse una voce maschile.

Quando l'attrice alzò lo sguardo dal telefono, vide un ragazzo cresciuto più di quanto si fosse aspettata. Il viso elegante, il fisico asciutto e la voce adulta: Ryou aveva detto addio al suo pallido riflesso adolescenziale, lasciando il posto a un giovane uomo che non aveva nulla d'infantile nei lineamenti. 

"Ryouccio! Ti ricordi la data del mio compleanno... chi ti ha dato una botta in testa?" cinguettò Purin, affiancandolo e prendendolo a braccetto. 

Questi sbuffò con aria vagamente divertita, lasciandola fare. "È un piacere rivederti, Zakuro."

Lei si alzò in piedi per stringergli la mano con garbato distacco. "Anche per me."

"How was your journey?"

"Quite relaxing. You should avoid speaking in English, when the girls are around, it's unpolite" replicò Zakuro con un mezzo sorriso, mentre Purin alzava gli occhi al cielo e Minto sussurrava a Retasu che ormai capiva perfettamente cosa dicessero. 

Ryou incurvò impercettibilmente le labbra, un riflesso di luce negli occhi che lei riuscì a decifrare al volo, come se fosse un messaggio scritto in stampatello maiuscolo. Nonostante non lo vedesse da anni, capiva sempre cosa lui voleva comunicarle attraverso il più piccolo gesto. Era una certezza talmente radicata in lei da apparirle naturale come respirare. 

"Ci risiamo... Seiji è bloccato nel traffico. Poteva prendere il jet, santo cielo!"

La voce di Minto la distolse da quella riflessione fugace,  che si spense del tutto di fronte alle occhiate eloquenti di Retasu e Purin. 

"Il jet per venire al Cafè? Proprio per non dare nell'occhio, insomma: decisamente in linea con la tua sobrietà."

"Da quando sei così petulante, Purin?"

"Da quando ho iniziato a capire la tua ironia. Non credo che adesso stessi scherzando."

"Sei troppo stupida per capirmi."

Era piuttosto divertente tornare a immergersi nel calore di quelle mura, si ritrovò a pensare Zakuro, mentre Ryou la studiava in silenzio. C'erano sentieri di familiarità, scavati negli sguardi attenti e nelle battute pungenti, che quel gruppo improbabile aveva imparato a conoscere e ad apprezzare. Staccare la spina dagli impegni, dai colleghi arrivisti e dai paparazzi si sarebbe rivelato decisamente riposante. 

"Ti mostro la tua stanza."

Zakuro sorrise a Keiichiro e lo seguì lungo la scalinata. Ryou non smise mai di guardarla, come se fosse alla ricerca di qualcosa di che gli era sfuggito.


 

~●~



I calici di champagne brillavano come pietre preziose sotto la luce dei lampadari, trasudando un alone di seducente eleganza sui tavoli minuziosamente decorati. 

"Kei, potresti gestire il catering del vip più chic di tutti, giuro!" continuava a ripetere Purin, avvolta in uno sgargiante abito color girasole. 

"Effettivamente ti sei superato!" rincarò Ichigo, stretta in un abbraccio affettuoso a Masaya. L'abito bianco e rosa che indossava le fasciava perfettamente il fisico non più acerbo, mettendo in risalto le sue delicate forme. A Ryou ricordava terribilmente il vestito che le aveva regalato la sera in cui Mary McGuire aveva suonato al piano per loro.

Appoggiato alla balaustra del balcone, il ragazzo l'osservava fugacemente, in penombra, lo sguardo venato di malinconia e un bicchiere mezzo vuoto tra le dita. 
Soffiava un vento timido all'esterno, foriero di ricordi dolenti che s'infiltravano senza essere notati alle porte della memoria. Ichigo avrebbe potuto essere sua, se Ryou avesse combattuto di più per averla?
La risposta era chiara, netta e precisa come la lama di un coltello: Masaya sarebbe sempre stato di più.

Ma a lui, dopotutto, lei piaceva ancora? Quello era un quesito più incerto. Ichigo, così vivace e testona, era davvero la persona giusta per lui, oppure una loro relazione avrebbe significato litigi continui e mancanza di punti di incontro? L'amore, però, necessitava davvero di paletti, definizioni, schemi preimpostati da osservare?

Dannazione.

Ryou si passò una mano tra i capelli, dando le spalle al luminoso salone. Non era da lui pensare in quei termini, forse si stava lasciando influenzare troppo dall'atmosfera, dalla nostalgia per un passato ormai perduto. Chiuse gli occhi, ascoltando il rumore del vento. Se annullava la mente, poteva distinguerne i colori; toni vividi, taglienti e decisi, portavoci di una nuova meta che ancora non riusciva a definire. 

"Sei il solito asociale."

Una ventata di profumo ipnotico e delicato al contempo lo investì, preannunciandogli l'identità di colei che l'aveva raggiunto. 

"Da che pulpito." 

Ryou aprì gli occhi, appoggiandosi alla balaustra. 
Il cielo era limpido di stelle adagiate silenziosamente sul suo letto, scenario perfetto per una festosa serata primaverile. Zakuro, invece, era una presenza d'argento e ibisco al suo fianco, riflesso della sua stessa tendenza all'isolamento; lei sì, che era in armonia col suo stato d'animo ovunque si trovassero. 

"Mary è un'artista di squisita sensibilità" commentò l'attrice, bevendo un sorso di champagne.

"Sì, è stata qui due anni fa, prima che ti unissi al team."

"Non lo sapevo."

Ryou si voltò a guardarla. "Non è stata un'esperienza molto piacevole per lei, quella sera Kisshu si è impossessato della sua forza vitale."

Zakuro scosse la testa. "Gli alieni erano sempre pronti a metterci i bastoni fra le ruote. È assurdo pensare che le nostre vite siano state programmate in funzione delle loro azioni."

"Ora siamo liberi, finalmente."

"E questo ti spaventa?"

C'era una nota di curiosità nella voce di Zakuro, specchio di un'indagine inevitabile. Ryou la studiò in silenzio, afferrando le ombre che s'insinuavano sul suo viso disteso. "Che intendi dire?"

Aveva capito, ma voleva che lei si esponesse di più, una volta tanto.

"Adesso non siamo altro che Zakuro, Ichigo, Minto, Retasu e Purin. E voi siete Ryou e Keiichiro. Non c'è più la squadra: le nostre vite non sono più legate dal destino."

La ragazza aveva parlato in tono pacato, esprimendo una pace mendace, estranea al senso delle sue parole. Ryou si perse nelle sfumature dei suoi occhi, cercando di carpirne il significato sottointeso. 

"Perché ci sia un 'noi' si deve per forza essere sottoposti a una volontà superiore?"

Noi, un vocabolo astruso per lui. Aveva senso solo se associato a Keiichiro. 

Zakuro si mise di profilo, osservando la luna piena. "Non conosco altro tipo di legame nella mia vita."

"E allora perché sei qui?"

Nessuna accusa, solo semplice, pura curiosità. 
Lei sorrise in modo misterioso, una spia d'emozione nei lineamenti che Ryou, attento osservatore, non si fece scappare. 

"Forse perché mi piace illudermi."

L'attrice si voltò a guardarlo, gli occhi vividi, decisi, taglienti nella loro sincerità. Qualcosa scattò in lui, la sensazione di avere acqua di sorgente fra le dita e di essersela appena lasciata sfuggire. 

In un fruscio d'abito imperiale, Zakuro si staccò dalla balaustra, camminando sui tacchi come se stesse danzando. 

Ryou la seguì. "Aspetta."

Lei indugiò sui suoi passi per un istante, il velo di un sorriso sulle labbra. "Torniamo alla festa, Minto se la prenderebbe molto, se ci perdessimo il resoconto della sua ultima esibizione."

Il ragazzo annuì. Starle accanto era riposante, lei era sempre sulla sua stessa lunghezza d'onda. 
La lontananza gli aveva fatto dimenticare quanto fosse confortante la presenza di qualcuno che capiva il proprio mondo senza bisogno di parole. 


 
~●~

 

Zakuro partì in una mattina ancora addormentata, l'aria 
odorosa di una pioggia leggera. Il suo soggiorno al Caffè Mew Mew era stato piacevole, al punto tale da farle dimenticare le incombenze quotidiane. Le piaceva il suo lavoro, era rigorosa con le scadenze, gli impegni, le interviste e le prove, ma in quei tre giorni di riposo si era quasi dimenticata di tutto. 

Nei due anni trascorsi dalla fine del Progetto era sempre rimasta in contatto coi due ex scienziati, ma rivederli aveva sortito in lei tutt'altro effetto. Si era ritrovata di fronte a due uomini cresciuti, maturati nella quiete di una vita tranquilla, ma Ryou le era sembrato spezzato. Gli mancava qualcosa, la presenza di una persona in grado di completarlo; si portava ancora dietro quella meditazione malinconica che lo aveva contraddistinto a sedici anni. Non c'era più il progetto Mew a tenerlo impegnato, perciò la cosa era evidente. Si notava nei suoi sguardi, in quei piccoli gesti semplici come versarsi il caffé o leggere il quotidiano, nel modo in cui piegava la testa di lato o nei suoi sorrisi a metà. 

Era diventato un ricercatore farmaceutico, aveva preferito tenersi occupato nonostante disponesse di una fiorente rendita, eppure in Giappone – lui stesso glielo aveva confessato la sera seguente alla festa – non gli era rimasto nulla. Se Keiichiro avesse deciso di trasferirsi, lui l'avrebbe seguito. Allora perché, si chiedeva Zakuro, era rimasto lì?

"L'intervista inizierà fra cinque minuti."

"Grazie, Jade."

Zakuro osservò il suo profilo allo specchio. Il trucco era perfetto, come sempre, marcato ma non volgare; l'acconciatura era elaborata in modo da dissimulare una studiata semplicità, mentre la giacca di pelle le conferiva una grinta che smorzava la freddezza del suo sguardo. 

Perché, soprattutto, mi sto chiedendo questo?
 
Aveva voglia di tornare a Tokyo, lasciare Los Angeles col primo volo e tornare su quel terrazzo silente, ad ascoltare il respiro calmo di Ryou che le sedeva accanto. 

Tre sere passate a studiarsi, a riesumare un passato condiviso solo telefonicamente, a raccontarsi, condividere, celare ciò che gli occhi si erano già detti.
 
Erano entrambi soli, soddisfatti di una vita in cui mancava ancora qualcosa, ma forse... forse troppo distanti per donarselo reciprocamente. 

A Ryou, anche se lui stesso non riusciva a capirlo, piaceva ancora Ichigo. Zakuro, invece, non capiva perché questo dovesse importarle.


 
~●~

 

24 agosto 2011

Sentieri di calle e orchidee si rincorrevano lungo le colonne di marmo, impreziosendo l'aria dei suoi profumi intensi. La musica si spandeva nella sala in placide note, mentre camerieri in completo nero e camicia bianca riempivano vassoi e calici di tartine e vino. 

Gli invitati discorrevano di politica, cinema e gossip con affettati sorrisi plastificati, ma c'era anche chi si divertiva per davvero, ridendo di gusto a qualche battuta o corteggiando le donne rese più arrendevoli dall'alcol.
Produttori, attori e giornalisti erano riuniti al Sayuri's Garden, prestigioso locale di spicco a Shibuya, per festeggiare il rilascio della seconda serie di Moonlight. 

Zakuro, fasciata in un abito blu notte, sorseggiava del vino bianco con aria distratta, mentre i suoi colleghi commentavano le riprese del finale di stagione. 
Alexis aveva esagerato con il Martini, divenendo conseguentemente più allegra ed euforica; Josh rideva non appena lei apriva bocca, gli occhi che saettavano dalla sua scollatura ai riccioli castani perfettamente acconciati.
 
Il solito teatrino di tutte le sere.

Zakuro sospirò. Più di una volta si era chiesta cosa la spingesse a partecipare a quegli eventi mondani.
 
Immagine, si ripeteva. 

Era diventata così squallida col passare tempo? O forse era stata semplice noia a portarla lì, semplice illusione
Aveva ancora voglia di credere in un incontro fortuito, in una benevola ruota del caso, anche se si ostinava a negarlo a se stessa. 

Un'ombra di cielo in tempesta, una macchia bionda tra la folla, il profilo di un volto disteso in una nobile eleganza.

Senza rendersene conto, Zakuro si allontanò dai suoi colleghi e scrutò la folla, in cerca dell'uomo in completo grigio. 

Era sparito prima che potesse rimetterlo a fuoco.  
L'attrice posò il flûte ormai vuoto su un tavolo e si diresse sulla balconata. La fredda temperatura novembrina aveva fatto sì che fosse deserto. 

"Signorina...?"

Zakuro scoccò un'occhiata glaciale al cameriere fermo davanti alle vetrate. Questi si profuse in un gesto di scuse imbarazzato e aprì una portafinestra per farla uscire.
 
L'aria era tagliente come un coltello, quella sera, ma fresca e rigenerante per i suoi sensi intorpiditi. La ragazza rimase a lungo appoggiata alla balconata, pensando alla sua vita che scorreva rapida, come una girandola inarrestabile colma di colori spenti. Riprese, sfilate, riconoscimenti, feste, poi ancora riprese, ricevimenti, interviste. Tutto sempre uguale, tutto sempre troppo veloce, vuoto.

Aveva diciannove anni, una carriera florida su cui specchiarsi, ma una vita sociale povera. Dietro alla maschera della ragazza sfuggente e corteggiata continuava a ringhiare il lupo solitario che era e che sarebbe sempre stata. Eppure, poco prima le era sembrato di...

Zakuro sussultò, avvertendo un peso leggero depositarsi sulle sue spalle. Tastò il colletto di una giacca grigia e si voltò su se stessa. Fu come ricevere un pugno allo stomaco. 

Occhi di tempesta, luminosi come vetro e schegge di cielo: Ryou era davanti a lei, troppo vicino dopo tanto tempo passato a essere solo un ricordo. 

"Hai intenzione di prenderti una polmonite?"

Zakuro strinse involontariamente la sua giacca, il suo profumo di agrumi che le accarezzava le spalle e la schiena. 

"Non mi vedi da un anno e sono queste le prime parole che mi rivolgi?"

Lui le sorrise mesto. "Non abbiamo mai avuto bisogno di molte parole, se ben ricordo."

Lei abbassò la testa, appoggiandosi all'indietro alla balconata. Le tremavano le gambe, ma non era colpa dei tacchi, né dell'alcol. 

"Sapevi che ero qui?" 

Un sussuro nel vento, stemperato dal rumore della musica in sottofondo che proveniva dall'interno. 

"No, non credevo fossi il tipo di persona che partecipa a questi eventi."

"Nemmeno tu dai questa idea."

Ryou si mise di fianco a lei a braccia conserte. "A volte la noia fa prendere decisioni impensate."

Non era da lui lasciarsi andare a certe confessioni. Zakuro ne studiò il profilo del volto; sulle sue labbra, notò, era disteso un sorriso più aperto, diverso.

"Non ti vedo da un anno. Dovrà passarne un altro, dopo questa sera?"

Zakuro non seppe cosa rispondere. Sentiva che in quel momento i silenzi non sarebbero più bastati, aveva il corpo attraversato da brividi che non avevano nulla a che fare col freddo. Non si sentiva così... da quanto? La verità era che lei non si era mai sentita così con nessuno. 

"Complimenti per Moonlight. Lo sai, vedo sempre le puntate."

Ryou aveva cambiato argomento con disarmante disinvoltura. Era perfettamente a suo agio, come qualcuno che rivede un'amica dopo un solo giorno di separazione. 

"Grazie."

Zakuro ebbe la sensazione di averlo solo pensato, quella parola le era uscita in un soffio perso nella notte.

"Mi ricordo di quella sera, sulla terrazza del Caffè. Mi sei venuta a recuperare dopo che mi ero isolato. Adesso, tu hai il mio stesso sguardo di un anno fa."

L'attrice sollevò il capo. "Che sguardo?" chiese diffidente. 
Si stava trincerando nel sospetto, stava rinfoderando inaspettatamente gli artigli. 

A Ryou sfuggì una risata bassa e roca che la fece rabbrividire. Era tremendamente bella.
"Distratto. Sembra tu stia cercando qualcosa che continua a sfuggirti."

Zakuro si sfilò la giacca e gliela porse. "Puoi tenerla, non ho più freddo." 

Voce distaccata, tono incolore. Quando alzò lo sguardo, vide che Ryou le si era messo di fronte. Se avesse alzato un braccio, avrebbe potuto cingergli il collo. Quegli occhi chiari stavano scavando dentro di lei con ostinata insistenza, a tratti invadente. Lo sentì sospirare piano. 

"Tu non hai mai smesso di avere freddo."

Cos'era successo al ragazzo riservato e malinconico che ricordava? Al suo posto ce n'era un altro, indagatore e insinuante. 

Zakuro dissimulò una risata. "Sei diventato psicoanalista nel frattempo?"

Ryou assottigliò le palpebre, posandogli le mani sulle spalle. 

Bollore sulla pelle nuda – quello sì che fu imprevisto. Una sensazione cocente, ma istantanea, come il passaggio di una meteora nel cielo.

"Vorrei fare quello che tu sei in grado di fare con me" le sussurrò con voce bassa, venata di un'improvvisa tristezza. Aveva spezzato la facciata disinvolta con cui le si era presentato. 

Fu un solo istante, ma bastò a farle venire le vertigini. 
Zakuro masticò tormento fra le dita. "Io che cosa ti faccio?"

"Ecco dov'eri!"

Fragore di vetri infranti, un limbo spazzato via con la velocità di un'esplosione. L'attrice voltò la testa verso l'ingresso della terrazza, mentre Ryou si scostò da lei.

"Ma... cosa stavi facendo?"

Una ragazza dai capelli castani fissava entrambi con sospetto, lo sguardo che saettava da Zakuro per poi posarsi inquisitorio su Ryou. Indossava un vestito dorato che le fasciava la vita sottile, i capelli raccolti in morbide onde sulla nuca. Il candore della sua pelle contrastava nettamente col taglio allungato degli occhi scuri, con un'evidenza tale che l'attrice avvertì una fitta di fastidio. 
Era lei a suscitare quella spiacevole sensazione a primo impatto, o era solo Zakuro, annebbiata da una gelosia illogica e inaspettata, a vederla così?

"Kirie, questa è una mia amica."
 
Ryou tese il braccio nella sua direzione, per invitarla ad avvicinarsi. La ragazza assottigliò le palpebre, una luce furente nello sguardo. "Lei?" sussurrò. "La Fujiwara?"

In qualunque altra circostanza, Zakuro si sarebbe avvicinata per presentarsi, ma in quel momento rimase ferma, studiandola con meticolosa precisione.

"Esatto, proprio lei" proseguì Ryou in tono pacato.

"Non mi avevi detto di conoscerla. E poi... la tenevi per le spalle."

Ryou sospirò. "Stavamo solo parlando."

Calò un silenzio pesante mentre i due continuavano a guardarsi. Fu Zakuro a spezzarlo, il richiamo del fuoco che s'innalzava incontrollato dentro di lei. Il lupo voleva scattare e mordere come non le succedeva da anni. 

"C'è stato un malinteso, Kirie. Non sono qui per rubarti il fidanzato." 

Aveva parlato con voce distaccata, ma a Ryou, che la capiva come nessun'altro, non sfuggì la dose d'ironia nella sua affermazione. Kirie strinse le labbra, distogliendo lo sguardo da quello dell'attrice, come se si fosse scottata.

"Con permesso." 

Zakuro scoccò un'ultima occhiata al ragazzo, condensando in quel contatto visivo le emozioni che stava provando; erano un nucleo informe, instabile, insensato. 

Lui non poté fare altro che guardarla sparire all'interno del locale, mentre Kirie gli si avvicinava battendo i tacchi sul pavimento. Non riuscì a fermarla, semplicemente, non riuscì a dirle di restare, perché non ne era mai stato capace.


 
~●~

 

La luce lunare filtrava decisa oltre le tende bordeaux, insinuandosi tra le pieghe della lenzuola con voluttuosa insistenza. Chiusa nella sua stanza d'albergo, Zakuro cercava di rielaborare l'accaduto, la mente vigile per colpa dei pensieri che le ingombravano la mente. 

Cosa stava per dirle, Ryou?

Si rigirò su un fianco, appoggiando un braccio sul cuscino. Sarebbe stato bello riscoprirsi lentamente, senza fretta, soli su quella terrazza a recuperare ciò che era stato imperituramente negato. Il tempo però, non bastava mai, così come a lei non sarebbe più bastato mentire a se stessa. 

Lei voleva stare con Ryou. 

Possibile che quel desiderio continuasse a consumarla, dopo tutto quel tempo? Possibile che non riuscisse a spegnersi?

Aveva smesso di scrivergli quando era ripartita per Los Angeles, dopo la festa al Caffè Mew Mew. Aveva sperato di cancellarne l'impronta sul cuore, proibendo a se stessa di alimentarsene; aveva archiviato conversazioni e ricordi, come file obsoleti su un pc impolverato. Eppure...
 
Eppure le era bastato rivederlo per cercarlo, trovarlo e volerlo. 

Cosa si era aspettata? Che lui rimanesse ad aspettarla? Che la sua vita smettesse di proseguire in funzione delle sue scelte?

Zakuro si rigirò ancora, incantandosi a fissare le tende. Aveva mille programmi da rielaborare, ma la mente interamente focalizzata su Ryou. 

Ryou, che adesso aveva Kirie. 

Perché? Perché lo voleva, maledizione? Perché quel reticolo crudele e incomprensibile, fatto di cuore, ormoni e irrazionalità, aveva deciso di colpirla all'improvviso, nel modo sbagliato, con la persona sbagliata? 

L'attrice chiuse gli occhi, ma subito vide i suoi. Si alzò a sedere, passandosi una mano tra i capelli sciolti. Cercare conforto in un estraneo, nella passione fugace e sterile di una notte, rifugiarsi nel calore di una pulsione che non avrebbe potuto ferirla... sarebbe stato un buon sedativo. Niente legami, solo istanti. Così comodo, così rassicurante, per una codarda come lei... 

Chissà, forse era davvero ciò che le serviva...

Zakuro sprofondò sul letto, lo sguardo fisso sul lampadario, le girava la testa. 
In quei mesi Ryou non l'aveva più cercata, esattamente come aveva fatto lei. Quando era sparita, lui era scivolato via in punta di piedi, come un soffione smosso dal vento. 

Non importa, se chiedo a Keiichiro, posso sapere come sta.

L'esistenza di quell'uomo, paradossalmente, aveva scongiurato ogni minimo contatto fra di loro. Adagiata sulla sicurezza di poterlo cercare sempre, Zakuro non l'aveva fatto mai. Forse anche per lui era stato lo stesso. Ma cosa sarebbe successo quella sera, se non fosse arrivata Kirie a interromperli?

Non aveva mai odiato tanto qualcuno, nemmeno gli alieni. Non riconosceva più la persona forte, razionale e distaccata che era, in quell'involucro di tormento e insoddisfazione. Si era persa nel veleno di un sentimento che l'avrebbe corrosa. 

Il cordless sul comodino prese a squillare. Zakuro fissò il display della sveglia. Erano le due del mattino. Afferrò la cornetta con un colpo secco, pronta a mangiare vivo chi aveva osato disturbarla.
 
"Pronto?" abbaiò a denti stretti. 

"S-signorina Fujiwara, c'è una persona che vuole vederla."

"Ma ha visto che ore sono?" 

Con un'ulteriore inflessione di rabbia nella voce, l'attrice strinse la cornetta così forte che il balbettante receptionist ebbe l'impressione di sentirlo. 

"I-io gliel'ho detto, m-ma lui è rimasto qui per un'ora."

A eccezione di coloro che avevano una stanza, nessuno poteva entrare nell'albergo dopo la mezzanotte. C'era qualcosa che non andava. 

"Lui chi, maledizione?"

"Il s-signor Shirogane, miss Fujiwara."

La sorpresa che avrebbe dovuto automaticamente prendere il sopravvento su di lei, lasciò il posto a una rabbia improvvisa che si mescolò al precedente scetticismo. 

Zakuro buttò giù la cornetta, afferrò la sua vestaglia e la indossò velocemente. Non aveva idea di come avrebbe reagito, sapeva solo che aveva voglia di vedere quella faccia da schiaffi che le impediva di dormire.


 
~●~

 

Ryou la vide scendere le scale in vestaglia e pantofole, il viso completamente struccato. Per un istante credé di avere un'allucinazione, non l'aveva mai vista in vesti così naturali, nemmeno quando aveva dormito al Caffè. 

Il receptionist la fissava a bocca aperta, incapace di reagire. Lei gli lanciò una rapida occhiata, poi si concentrò su di lui. Aveva uno sguardo tagliente come pietra, il viso contratto in una severità forzata. Senza fiatare, gli fece cenno di seguirlo nell'area di soggiorno esterna, poi lo superò a passo spedito. 

Ryou lanciò un'occhiata di congedo al ragazzo della receptionist, condensando in quel gesto le sue scuse per averlo praticamente comprato, poi seguì l'attrice che si era già accomodata a sedere. 

Si stava bene sotto a quel gazebo, i divanetti erano soffici come cuscini e le piante ornamentali arricchivano l'ambiente di una un benessere riposante. Ryou si accomodò di fronte a lei, incrociando le mani sul tavolo. 

"Scusami, se ti ho svegliata."

Zakuro inarcò un sopracciglio. "Pensi che avrei risposto al telefono, se stavo dormendo?" 

Lui aprì la bocca per parlare, ma poi qualcosa gli fece cambiare idea. Il suo atteggiamento ostile, per assurdo, lo stava inaspettatamente divertendo.
 
"Allora? Domani devo alzarmi alle sei."

Ryou abbassò lo sguardo sulle sue mani, poi lo puntò su di lei. "Inanziutto, volevo scusarmi per Kirie."

"Se mi hai fatto scomodare solo per questo..."

"No." Alzò una mano per interromperla, l'espressione incredibilmente seria. "Voglio sapere perché sei sparita all'improvviso."

Zakuro contrasse la mascella e gli negò il contatto visivo.
 
"Voglio sapere perché sei rimasta in buoni rapporti con Keiichiro, mentre di me non ne hai più voluto sapere."

"Non sono affari tuoi."

"Sì, che lo sono." 

Ryou sentì la voglia di ridere evaporare, Zakuro non era altro che una statua di marmo al suo cospetto. Lei era sempre stata così brava a capirlo, invece lui... 

"È questo che stavo per dirti prima: vorrei poterti capire come tu fai con me. Vorrei poterti aiutare."

La sentì fare una cosa inedita: ridere. Tuttavia fu una risata senza gioia, aspra, che si spense rapidamente. 

"Aituarmi, Ryou? Cosa pensi, che io sia depressa? O hai paura che sia caduta nel vizio della droga come i miei colleghi?"

Lui non smise un solo istante di fissarla, mentre quegli occhi duri come vetro lo tagliavano poco a poco. 

"Assolutamente no" negò con convinzione. "Non l'ho mai pensato."

Lei inclinò la testa di lato, i capelli le scivolarono sulla schiena, trama di seta che le scoprì la spalla candida. Era di una bellezza irresistibile, così unica nel modo in cui riusciva a conquistarlo...

Ryou fece leva su tutto il suo autocontrollo per non distrarsi. 

"E allora perché, si può sapere, dovresti aiutarmi?"

"Domanda sbagliata, dovresti chiederti perché voglio farlo."

Continuò a fissarla, in una sfida che a suo modo si stava preannunciando stuzzicante. Insieme erano tempesta e ghiaccio, intrappolati in una muta danza.
 
"Non me ne vado finché non lo capisci, Zakuro."

Un velo di tristezze spense l'ardore del suo sguardo.
"Forse ti sbagli. In passato riuscivo a capirti, ora non più."

Ryou scosse la testa. "Cosa provi, se ti guardo?"

Le sue dita, inavvertitamente, si erano allungate sul tavolo a cercare quelle di lei, ma tutta la sua attenzione era focalizzata sull'espressione di quel viso candido era incrinata

"Confusione. Tanta, maledetta confusione" la sentì sussurrare. 

Il suo cuore perse istantaneamente il ritmo, mentre il respiro gli si condensò sulle labbra. Una folata di vento lo colpì in pieno viso, smuovendo il profumo di fiori che lo circondava. 

"È per questo che non mi hai più cercato?"

Lei non rispose, gli occhi improvvisamente distanti che lo fissavano come se non lo vedessero realmente.
 
"Nemmeno tu l'hai mai fatto." 

"Perché sapevo che non avresti voluto."

"Dici?"

Ryou si morse la lingua. Parlare... parlare era così difficile con lei. I silenzi, quelli sì che erano confortevoli, invece. Li facevano stare bene insieme, così bene che Zakuro era diventata inevitabilmente il suo sogno confortante. 

"Dopotutto, un anno fa c'era Ichigo. Ora c'è Kirie."

Ryou sentì lo stomaco ardere, come se lo avessero gettato sul fuoco e poi schiacciato contro al pavimento. Non era possibile che lei lo avesse detto davvero. Rimase bloccato su quella sedia a lungo, a fissarla mentre gli era di profilo, i  capelli una cortina impalpabile di amarezza taciuta. La vide chiudere gli occhi, riprendere fiato, scuotere la testa e poi riaprirli. Sembrava ripiegata su se stessa, eppure anche in quelle condizioni rifulgeva di un'austera e autentica bellezza. 

Senza che se ne fosse reso conto, Ryou si era alzato e si era messo di fronte a lei. Ora la guardava come se la vedesse per la prima volta, come se stesse ricucendo il tessuto strappato, perduto, danneggiato dei loro ricordi, come se ogni cosa fosse potuta andare al posto giusto. Perché lei provava qualcosa per lui, esattamente come lui provava qualcosa per lei. Non ci sarebbero state più barriere fra loro.

 
~●~



Zakuro sentì il cuore cederle. Ryou si era inginocchiato davanti a lei, una mano sulla gamba piegata, l'altra tesa verso le sue. Lo vide indugiare, poi ritrarsi, così fece per alzarsi, vestita di vertigine e disillusione. Non ebbe modo di muoversi, tuttavia, perché lui la prese per la vita, fissandola con uno sguardo che le marchiò la mente.
 
Non poté dire nulla, perché lui la baciò. 

Zakuro rimase immobile, assaporando la sensazione di quelle labbra che esercitavano una pressione leggera sulle sue, finché non le sentì farsi irruente per chiedere un accesso più intimo. Fu allora che cedé al bisogno di sentirlo suo. Gli afferrò la nuca per attirarlo a sé, per sentirlo più vicino che poteva. Lo stomaco le si aggrovigliò sotto l'effetto di quel contatto lento, umido, totalizzante, mentre il cuore le si accartocciò sotto i piedi. Non aveva mai provato nulla di simile.

Rabbrividì, sospirando, quando lo sentì sfiorarle la schiena scoperta con movimenti dolci e sicuri. Assaporò la sensazione delle sue dita calde sulla pelle nuda, mentre risalivano fino al collo, il buio che finalmente si riempiva di luci e colori. Lasciò che rimanessero lì, mentre si abbandonava contro di lui, a respirare come non aveva mai fatto prima, ad annegare in un mare che era confortante e irresistibile, ma al tempo stesso crudele, feroce, ingannevole. 

Quel sentimento a cui non voleva dare nome, Zakuro se lo sentiva, non avrebbe potuto durare. Tanto valeva ubriacarsene un po', almeno una volta.

Sentì la sua schiena inarcarsi, lasciò che il suo corpo restasse in balia dei movimenti di Ryou, lasciò che lui la spingesse contro il tavolo, ma a quel punto, mentre continuava a baciarlo, la superficie fredda colpì il suo raziocinio come una sferza. 

Non lì, non così. 

Potevano essere visti, potevano essere sporcati da sguardi indegni. 

Zakuro premé le mani sul suo petto – il bisogno di scoprirlo, di coglierne l'intima essenza, era tale da stordirla – ma impose a se stessa di aspettare. L'aveva fatto così tanto, per sentirsi completa...

Completa: le faceva paura, tremendamente. Pensare in quei termini a qualcuno, a lui, era...

Ryou si staccò da lei, pezzi di cielo nello sguardo. Vedere i suoi occhi così luminosi e pieni solo per lei le fece toccare la felicità. 

Zakuro avvicinò le labbra alle sue, sussurrandogli parole che sarebbero state un tormento e una condanna indelebile.

 
~●~

 

L'arrivo dell'alba le ferì il cuore come un proiettile incancrenito. I primi raggi solari che filtrarono oltre le tende furono carezze di spine acuminate, sulla sua pelle nuda. Zakuro rifuggì la luce, richiudendo gli occhi sul cuscino. Avrebbe voluto non svegliarsi più per vivere in eterno la magia di quel sentimento senza nome. 

Il respiro di Ryou era calmo e regolare, lambito da un sonno apparentemente profondo, ma lei sapeva che non appena si fosse svegliato, lui sarebbe stato mangiato dai sensi di colpa. 

Gli sfiorò inavvertitamente la mano che le cingeva la vita, accoccolandosi sulla sua schiena. Quell'intimo abbraccio non aveva nulla di eccessivo o fastidioso, nonostante lei non amasse le effusioni tenere. Le piaceva da morire, perché era Ryou a tenerla stretta a sé. Se chiudeva gli occhi vedeva solo l'amore che li aveva uniti quella notte, ma riviverlo era già troppo doloroso. La passione che li aveva avvinti non aveva lasciato spazio alle parole, Zakuro non sapeva ancora cosa avesse intenzione di fare Ryou. 

Cercò di muoversi piano per non svegliarlo, ma fu lui a sorprenderla con un bacio sulla tempia – sfioramento di miele e fiele. Persa nei propri pensieri, non si era nemmeno accorta che lui si fosse svegliato. Rimasero lì, appoggiati l'uno all'altra per un arco di tempo indefinito, forse ere o forse un solo, infinito istante. 

Ryou sapeva di doversene andare subito, prima che qualcuno lo vedesse uscire dalla stanza dell'attrice Fujiwara, ma non voleva. Zakuro lo sentì sospirare piano e rabbrividì, un cumulo di sassi che le picchiava il petto. Rievocò i gemiti di piacere, la sensazione di pienezza e meraviglia vissuta, ma questi si mischiarono al senso di vuoto bruciante che l'addio avrebbe causato.

"Devo lasciare Kirie."

Rimase immobile, smise persino di muovere le palpebre. 
La mano che le cingeva la vita strinse più saldamente. 

"Non è lei che voglio al mio fianco."

Zakuro continuò a fissare le tende, ipnotizzata dai deboli raggi solari. Non sentiva niente. 

"La cosa strana è che non provo nessun senso di colpa per averla tradita." Risata amara, stroncata prematuramente. 

La voce le uscì impastata nello stupore. "Perché?"

"Lei... Kirie non è la mia fidanzata, perlomeno non l'ho mai vista come tale. È infantile, viziata... Ha iniziato a corteggiarmi quando veniva al Caffè, l'ho lasciata fare semplicemente perché ero stanco di rimanere solo."

Zakuro si puntellò sul gomito, voltandosi a guardarlo. I suoi occhi erano adombrati da una patina di stanchezza, una stanchezza di tipo interiore. Pur avendo i capelli spettinati – da lei, dalle sue dita – era portavoce di un'innata eleganza. 

"Non me la bevo."

"È la verità. Mi attraeva come ragazza, ha fatto di tutto per conquistarmi e alla fine ho ceduto. Ho pensato che qualcosa di bello dovesse pur averlo." Ryou fece una pausa, fissandola intensamente. "In fondo, la ragazza che volevo davvero era irraggiungibile."

Zakuro sentì un calore nuovo espandersi dentro di lei, una fiamma irruenta, ma soffice e gentile. Non era la furia del lupo che scalciava, bensì  la sensazione di sentirsi importante per l'unica persona che aveva mai voluto. 

Lui l'attirò a sé. "Ti ho persa troppe volte, non ti lascerò più andare."

Quelle parole appena sussurrate non ebbero la consistenza di catene, su di lei. Furono l'inizio di un sogno accarezzato sotto il sole nascente. 


 
~●~

 

Partirono quel pomeriggio stesso dall'hotel, affittarono una casa sul mare e si diressero alla spiaggia di Izu Shima. Sparirono come polvere sotto la pioggia, lasciandosi alle spalle impegni, priorità, doveri, desiderosi di viversi come non erano mai riusciti a fare prima.
 
Ryou si era visto con Kirie e l'aveva lasciata. Zakuro, semplicemente, non aveva voluto indagare. Non riusciva a sentirsi responsabile dell'accaduto, si era rassegnata all'idea che nel suo cuore non ci sarebbe mai stato posto per lei, perciò scoprire il contrario l'aveva rivestita di un egoismo ribelle. Ichigo sarebbe sempre stata il rimpianto di Ryou, ma forse lei era la persona giusta per fargliela dimenticare. Non avrebbe più rinunciato ad amarlo.

"Dimmi la verità, sapevi che ero al Sayuri's Garden."
"Kirie è fan di Megan Anderson, voleva chiederle un autografo."
"Quindi è merito suo, se ci siamo ritrovati."
"Sarei venuto alla festa anche senza di lei, ero stanco di mentire a me stesso."
"Siamo due codardi."
"Oggi abbiamo smesso di esserlo."


Fu la settimana più bella della loro vita. Soli nella quiete di una piccola casa, a riempirsi l'una dell'altro, del tempo perduto, dei gesti immaginati e ormai realizzabili, si amarono con un'intensità condivisa. 

Formarono una meteora dall'energia inesauribile, s'incendiarono ogni volta che si guardavano. Scoprirono la gioia di ridere sinceramente quando lei dové camuffarsi in mezza alla folla, quando lui sbagliò la cottura del pranzo, o quando entrambi dovettero decidere chi avrebbe vinto il prossimo premio Oscar; impararono cosa significasse essere spensierati, soddisfatti, realizzati. 

Poi quella meteora, veloce e intensa com'era arrivata, si sgretolò sotto ai loro occhi in una domenica di fine estate. 
L'arrivo di settembre sancì quello dell'autunno nei loro cuori. 

 
~●~



"Come hai fatto ad avere il mio numero?"

Zakuro poté vederla sorridere meschina dall'altro capo della linea, durante un silenzio studiato a arte. 

Era una mattinata soleggiata. Mentre Ryou faceva la doccia, lei si era messa a riordinare l'armadio. Poi quella telefonata. Una mina vagante, inaspettata, pronta a sfaldare la quiete e il calore di quella magia irripetibile.
 
"Ryou non è l'unico che può comprare la gente. Anche io ho i miei metodi persuasivi."

L'attrice stava iniziando a spazientirsi. Affacciata al balcone, osservò distrattamente la superficie increspata del mare, il vento che le solleticava i capelli con insistenza. 

"Dimmi che cosa vuoi" sibilò a denti stretti.

Kirie aspettò così a lungo per rispondere che le fece venire voglia di riattaccare, ma proprio quando stava per farlo, proseguì con tono più incerto. "Devo parlarti. In privato" aggiunse, una sfumatura improvvisamente spaventata nella voce. "Si tratta di Ryou, ma non voglio che lui sappia del nostro incontro. Puoi portare la tua guardia del corpo, se non ti fidi."

Zakuro strinse la cornetta con rabbia. "Se c'è qualcuno con cui devi parlare, quello è Ryou. Non ero io la tua ragazza."

"Lo so... è solo che... ti prego."

Il suo repentino cambiamento di tono la spiazzò. Era pregno di una supplica trattenuta, che scalciava contro l'orgoglio per palesarsi in tutta la sua pienezza; qualcosa le diceva che Kirie fosse sincera, nonostante non potesse osservarla. 

"Non ci vorrà molto, ti prometto che dopo non ti cercherò più, ti lascerò in pace."

Zakuro era una persona diffidente per natura, ma voleva vederci chiaro in quella storia. Kirie non le faceva di certo paura. 

"Va bene, accetto. Ma una condizione: l'ora e il posto li decido io, se non puoi venire non ti darò un'altra possibilità."

Rimase in linea, aspettando una risposta.


 
~●~

 

Zakuro sedeva a un tavolo all'aperto, gli occhiali da sole calati sul viso e le gambe accavallate. Una cameriera passava a prendere le ordinazioni dei clienti vicini, lanciando di tanto in tanto occhiate d'apprezzamento a un uomo in giacca e cravatta, intento a bere un drink appoggiato a una colonna. L'attrice gli fece un cenno col capo: era tutto sotto controllo, il suo body guard poteva stare tranquillo. Continuò a leggere la rivista, finché non lo sentì tossire. Quello era il segnale. 

Zakuro sollevò gli occhi dalla lettura e vide una ragazza minuta, un capello a tesa larga calato sul viso, venirle incontro a passo fermo. Portava uno scialle rosa, i lunghi capelli sciolti sulle spalle magre, un vestito dal colore coordinato al cappello e sandali col tacco. 

Kirie si sedé di fronte a lei senza fiatare, posando la borsa sul tavolo. Zakuro spostò il suo succo di frutta con aria infastidita, mentre lei trafficava al suo interno per cercare qualcosa. 

"Questi sono per te."

L'attrice osservò scettica il plico di fogli che le venne porto. Un fosco presentimento le annebbiò il raziocinio, ma impose a se stessa di restare calma. Afferrò i fogli con una presa salda, lanciando una fugace occhiata all'uomo fermo di fronte al loro tavolo a braccia conserte.
Evidentemente anche Kirie aveva un body guard, a giudicare dall'abbigliamento e dalla sua postura. 

Quando Zakuro portò gli occhi sui fogli, tutto intorno a lei smise di muoversi e respirare. Una costellazione di rimpianti le attraversò la mente. Se solo non avesse accettato di incontrare quella ragazza, forse... lei e Ryou avrebbero vissuto nell'ignoranza.

Come no, illudersi le piaceva proprio. Kirie avrebbe fatto di tutto per contattarla, avrebbe fatto leva sui suoi sensi di colpa e, diamine, ci sarebbe riuscita. Di fronte a una simile scoperta, sarebbe stato inumano reagire con indifferenza. 

Zakuro analizzò attentamente la firma sulla cartella clinica. Con suo sommo dispiace scoprì che non si trattava di un falso. 

"Ti chiedo solo di lasciarmi vivere con lui, finché posso. Lo so, sono una persona insopportabile, non ho amici e spesso, quando mi guardo allo specchio, mi odio per quello che sono" esordì Kirie, la voce bassa e impastata di amarezza. "Ryou... lui è speciale per me, la sua dolcezza insospettabile, i suoi modi attenti e la sua mente brillante sono gli unici luoghi in cui mi sento bene, a casa. Voglio restare lì, con loro, fino alla fine dei miei giorni. Io ho bisogno di lui, non ti biasimo se ha scelto te... però, ti prego... aiutami a riconquistarlo. Io lo amo."

Zakuro l'ascoltò oltre un velo di lacrime, lei, così fredda e stoica, così distaccata alla sofferenza altrui. Kirie, con quella durezza ingannevole negli occhi scuri, era simile a lei, in fondo; vestiva di ostilità e diffidenza verso il prossimo, ma ogni giorno conviveva coi propri fantasmi. 

La sua cartella clinica diceva che era affetta da una malattia rara, asintomatica all'esterno, ma fatale per l'organismo. Le restavano due anni di vita. 

"Se sparirai dalla sua vita, sarò io a dirgli la verità. Sarà lui a scegliere se restare oppure no. Ma tu, per favore, fai in modo di non esserci, quando sarà il momento."

Zakuro inghiottì veleno e promesse infrante. I ricordi s'affastellarono nel suo cervello come tessere di un puzzle, si mescolarono in un involucro confuso, poi esplosero, si sgretolarono, s'incendiarono come benzina sul fuoco. 

Una settimana di paradiso, una fuga perfetta dalla quotidianità, un amore consumato tra le lenzuola, in una casa sul mare, baci soffici e sguardi caldi – poi musica, segreti condivisi, paure svelate, cibo bruciato e risate strappate sotto le stelle. Cielo mite, coperte lanose a stringerli su una terrazza ventilata, profumo di agrumi e corse sulla spiaggia. Un amore vero, ebbro della follia adolescenziale che entrambi si erano negati, un amore saturo della maturità che caratterizzava entrambi, nutrito dalla passione e dal desiderio di scoprirsi sempre di più, giorno dopo giorno, per recuperare il tempo perduto. 

Lei e Ryou erano qualcosa di unico, meravigliosamente perfetto nella loro imperfezione.

"Mi dispiace, Kirie."

 

~●~

 

Quando Ryou rincasò, Zakuro non era ancora tornata. Regnava un silenzio innaturale nelle stanze chiuse, la sua assenza gli procurava quel senso di vuoto e insoddisfazione che aveva caratterizzato la sua intera vita. 
Il ragazzo appoggiò la tavola da surf contro il muro, poi si diresse in cucina per prendere un bicchiere d'acqua. Subito notò qualcosa di strano, il profumo di Zakuro era ancora un'impronta tangibile intorno a lui, ma la borsa che lei aveva dimenticato sul tavolo prima di uscire non c'era più. 

"Devo andare al centro commerciale, ma ho bisogno che tu resti a casa. Cose da donne."
"Vorrà a dire che andrò a surfare, ci vediamo più tardi."


Lei era uscita prima di lui, possibile che fosse ritornata e poi fosse andata di nuovo via? 

Ryou lasciò il bicchiere sul tavolo e si diresse in camera. 
Un senso di stordimento lo invase, il comodino di Zakuro era completamente spoglio. Si precipitò ad aprire i cassetti e l'armadio, il cuore che batteva forsennatamente. 

Non trovò niente. 

Ogni vestito, libro, profumo e fermaglio mancante fu una stoccata ai polmoni. 

No...

Cos'era andato storto? Cosa aveva sbagliato?

Mentre cercava il cellulare, notò un dettaglio che lo shock iniziale gli aveva impedito di notare. Sul letto matrimoniale giaceva un biglietto chiuso malamente. Zakuro era sposa della precisione, quel particolare era indice della fretta con cui l'aveva lasciato lì per lui. Ryou si sentì pervadere dalla rabbia. Aveva significato questo per lei? Una parentesi perfetta da chiudere per noia, un gioco da buttare dopo che era stato esaminato a fondo? 

Afferrò il biglietto in fretta e furia, spiegazzandolo tra le dita per l'agitazione. Quando l'aprì e ne lesse il contenuto, pensò di essere caduto vittima di un orribile scherzo.
 
Non sei quello che voglio veramente, scusa se non l'ho capito prima che fosse troppo tardi. Non sono brava con le parole, né abbastanza coraggiosa per affrontarti. Addio.

Nebbia. Nebbia salmastra e incrostata di spine davanti a lui. Non era possibile, non era vero.

Quella non era Zakuro. 

Le lancette sul display dell'orologio segnavano le diciassette e quarantatré. Non aveva idea da quanto tempo Zakuro fosse partita, ma non avrebbe comunque rinunciato a riprendersela. Se l'era lasciata scappare troppe volte, quando avrebbe dovuto fare un passo verso di lei. 

Mentre componeva il suo numero di telefono, si diresse in salotto, afferrò le chiavi della moto e uscì di casa.

"Com'è iniziata questa storia?"

Zakuro fissava il cielo stellato sopra di loro, filamenti di luce lunare imbrigliati fra i capelli. Era bello accarezzarle la schiena, mentre teneva la testa posata sulla sua spalla.
 
"Non lo so, forse è sempre esistito qualcosa fra noi, ma non abbiamo avuto il tempo per rendercene conto."

"Il tempo non basta mai."



 
~●~

 
"Ma che modi!"

Ryou superò la signora che aveva urtato senza nemmeno scusarsi, la corsa resa difficoltosa dagli infradito. La gente non gli era mai sembrata così pericolosa, nella sua moltitudine compressa. Centinaia di piedi, mani, valigie che si muovevano per ostruirgli il passaggio, tutto gli appariva minaccioso come un mucchio di spettri.
 
Il volo per Los Angeles non era ancora partito, ma era ancora questione di pochi minuti. Doveva correre, correre, correre.

Il tempo... il tempo non bastava mai, glielo avevano insegnato la vita e Zakuro. 

Il gate per l'imbarco era vicino, Ryou spintonò, scavalcò e saltò, mentre ripercorreva avidamente con lo sguardo l'area circostante. 

"Zakuro!"

L'aveva vista. Era lei, l'avrebbe riconosciuta fra mille. 
I capelli nascosti da una parrucca nera, il vestiario semplice e anonimo per mischiarsi fra la folla, ma quell'andatura, quell'eleganza statuaria... l'avrebbero sempre tradita ai suoi occhi. 

Lei non si voltò, anche se avesse voluto non l'avrebbe sentito in mezzo a quel caos. Ryou spintonò un altro gruppo di persone, mentre Zakuro si sistemava gli occhiali da sole e Nate, il suo body guard, sorvegliava il suo trolley. 

"Maleducato!"

"Che impazienza!"

"Esiste la fila!"

L'hostess del check-in lo squadrava con aria sospettosa, ma Ryou non sentì e non vide altro. Nate fece per intervenire non appena si accorse che il suo obbiettivo era Zakuro, ma lo riconobbe e desisté.

"Che cosa ti è saltato in mente?"

La voce gli uscì rauca, intrisa di sconforto. Ryou l'aveva presa per le spalle e l'aveva costretta a voltarsi, ma lei lo fissava senza battere ciglio, la mascella contratta. 

"Mi spiace che tu sia codarda, ma una spiegazione me la devi."

Nate indugiava sul da farsi, tuttavia un'occhiata dell'attrice   fu sufficiente a fargli capire che doveva arretrare. L'hostess si era resa conto che l'infiltrato era un conoscente di una passeggera, probabilmente un ritardario, così smise di preoccuparsene e continuò il suo lavoro.

"Se mi ami, perché mi hai lasciato?"

Ryou si accorse che la stava stringendo troppo forte perché la sentì sussultare, così allentò la presa.

Non nasconderti dietro a quegli occhiali, maledizione.

Zakuro si morse le labbra, pregna di un disagio che non le aveva mai visto scolpito sul viso. Le sue guance erano umide, sentieri d'acqua – l'acqua che troppe volte si era lasciato sfuggire - scendevano sulla sua pelle chiara. 

"Parla con Kirie, Ryou. Ci sono cose che non sai."

La lasciò andare di colpo, l'impulso di baciarla e di allontanarsi da lei si mescolarono in una sinfonia distorta. La sua voce era spezzata, totalmente estranea a quella che conosceva. Cosa l'aveva ridotta così, cosa le impediva addirittura di mascherare i propri sentimenti? 

Un'attrice si consuma di fronte al dolore, quando sa di non poterlo guarire.

"Forse non siamo mai stati destinati a stare insieme. È inutile rincorrere quello che non possiamo avere."

Zakuro si sfilò gli occhiali, incurante del brusio della folla che l'osservava. "Se mi ami, lasciami andare" sussurrò fioca sulle sue labbra.

Ryou sentì un brivido di sale e tormento risalirgli lungo la schiena. Le vertigini lo tenevano a braccetto, costringendolo a una danza che era solo un funerale per il suo cuore malandato. 

Non ebbe la forza di fermare Zakuro, lasciò che lei gli sfiorasse le labbra, poi, fumosa come un sogno lontano di nebbia e stelle, la guardò allontanarsi.

Aveva capito tutto, ma non voleva crederci. Non riusciva, non poteva. Doveva correre... 

Correre dove? Per fare cosa?

Quali parole avrebbe detto, per farle cambiare idea?

Non vedeva una soluzione.

Zakuro era un punto lontano, ormai. Era uscita all'esterno, pronta a prendere posto sull'aereo, Nate che la seguiva senza fiatare.

Ryou l'aveva lasciata andare senza vederla davvero, sgretolato nel rimpianto di essere stato debole. Se non avesse ceduto al fascino di Kirie, quella ragazza sarebbe stata solo un'estranea per le loro vite. Lui non avrebbe avuto nessun legame con lei, nessun dovere morale. 

Forse quella era la sua punizione: la solitudine forzata del cuore, perché non lo aveva rispettato, concedendosi alla persona sbagliata.


 
~●~



Zakuro guardava le nuvole che si mescolavano fuori dal finestrino. Erano una rappresentazione perfetta del suo stato emotivo. Si sentiva demolita, prosciugata dell'ossigeno che l'aveva alimentata in quei giorni di paradiso. 

Ryou non aveva più provato a fermarla, era sicura che avesse capito cosa stava accadendo a Kirie. Se erano stati insieme, dopotutto, l'avvisaglia di qualche malessere avrebbe dovuto rintracciarla, in quel corpo minuto. 

Se era vero, però, che gli amori veri si sarebbero sempre trovati, allora... forse un giorno Ryou sarebbe tornato da lei. 

Zakuro chiuse gli occhi, buio per un po', poi i suoi baci, la sua risata roca, quei 'ti amo' sussurati appena a fior di labbra, lo sguardo intenso e luminoso fisso su di lei. 

Non tornò mai. 






 
~●~






Spazio dell'autrice
Scrivere questa storia, concluderla in questo modo, è stato difficile. Mi ero affezionata alla coppia, tanto che mi sento di averla davvero di averla lasciata in sospeso. Persino descrivere quei fugaci momenti di felicità tra Zakuro e Ryou mi faceva stare male, li ho limati perché dopo non sarei più riuscita a lasciarli andare. 
Il prompt di riferimento è un verso di All I Want, dei Kodaline: "But if you love me, why you'd leave me?"
Non la conoscevo, ma pensando a Ryou e Zakuro mi è sembrata la più indicata: io li vedo così, troppo simili per riuscire a raggiungersi davvero di fronte a certi ostacoli, troppo orgogliosi, inesperti nell'esternare le loro emozioni, in un certo senso codardi. 
Penso che che il testo della canzone traspaia nella narrazione, associato principalmente a Ryou. Devo dire che in realtà la colonna sonora perfetta per me è "In my veins" di Andrew Bell, mi ha accompagnato durante la stesura. 
E niente, mi sento davvero malinconica e svuotata adesso. Spero comunque di avervi trasmesso qualcosa. Non me ne vogliano a male le estimatrici della coppia ç_ç
P.s la traduzione delle frasi in inglese è:
"How was your journey?" = Com'è andato il viaggio?
"Quite relaxing. You should avoid speaking in English, when the girls are around." = Piuttosto rilassante. Dovresti evitare di parlare in inglese, quando ci sono le ragazze.

 



  
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