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Autore: Nocturnia    10/05/2016    6 recensioni
Alex si aggira inquieta per la cucina, rovista tra gli armadietti e mastica una bestemmia quando i biscotti si rovesciano al suolo, spargendo granella di zucchero ovunque.
"Porca puttana." bercia, chinandosi "Perché devono metterci tutta questa roba sopra, perché?"
Ha ancora le mani affondate tra i biscotti quando il bambino ricomincia a piangere (a urlare) ed è allora che si rialza di scatto, afferrando il biberon.
"Arrivo!" risponde (e si chiede che valore abbia replicare a un bambino di due mesi) e solleva Albert di peso, portandoselo al petto.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert Wesker, Alex Wesker, Chris Redfield, Excella Gionne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Devil in I'
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Cupid
Disclaimer: Albert Wesker, Alex Wesker, Chris Redfield, Excella Gionne e tutti gli altri personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


"Keep your halos tight,

I'm your God or your guardian
Keep your halo tight,
one hand on the trigger, the other hand in mine."
- Marilyn Manson -




Cupid carries a gun



#0

Sotto le sue dita il vestito di Alex è nulla - un velo trasparente e inconsistente.
Respira sulla sua bocca, tra i suoi capelli.
La bacia come se volesse divorarla, la distrugge come se potesse amarla.
Alex schiude le cosce, geme senza vergogna.
"Albert." lo chiama - lo prega.
Wesker è, alla fine, un dio generoso.


It burns into your heart the darkness that you fear.

È così piccolo; così indifeso.
Alex gli sfiora una guancia con la punta delle dita, cerca di aprire l'occhio ferito.
Alle sue spalle la Giant Corporation affonda tra le sue stesse miserie, nel cielo gli elicotteri del BSAA.
Alex snuda i denti, stringe tutto ciò che resta tra braccia ricoperte di sangue e cenere.
"Adesso ce ne andiamo." lo rassicura, trattenendo un gemito quando la rotula torna nella sua sede con un suono secco - ruvido "Non gli permetterò di prenderti."
Il bambino sorride, le afferra una ciocca di capelli.
Alex annusa l'aria e comincia a correre.

#0

Il primo affondo è sempre il più doloroso.
Si fa spazio in lei con un'urgenza disperata, snuda i denti e morde - marchia una pelle che porta già le sue oscene cicatrici.
Rimane immobile alcuni secondi, blandisce una bocca che lo supplica di continuare, di non fermarsi.
Alex è languida tra le sue braccia, muscoli e voglia.
Gli pianta i talloni nella schiena, segue con le dita la linea tesa del collo, delle spalle.  
Albert geme (cede) e comincia a muoversi al ritmo del suo respiro.


You were never free and you never realized.

Alex si aggira inquieta per la cucina, rovista tra gli armadietti e mastica una bestemmia quando i biscotti si rovesciano al suolo, spargendo granella di zucchero ovunque.
"Porca puttana." bercia, chinandosi "Perché devono metterci tutta questa roba sopra, perché?"
Ha ancora le mani affondate tra i biscotti quando il bambino ricomincia a piangere (a urlare) ed è allora che si rialza di scatto, afferrando il biberon.
"Arrivo!" risponde (e si chiede che valore abbia replicare a un bambino di due mesi) e solleva Albert di peso, portandoselo al petto.
"Hai fame?"
Il bambino arriccia le labbra, afferra il biberon e lo scaraventa contro il muro - irritato.
Alex sospira, esausta.
"Sei insopportabile."
Albert aggrotta le sopracciglia, mormora qualcosa d'incomprensibile; versi gutturali che sicuramente nella sua testa hanno un significato, ma che per Alex sono poco più di grugniti.
"Cosa vuoi?" e lo scuote leggermente "Cosa, per la miseria?"
Albert emette un suono nuovo - più profondo - e la studia con occhi inumani, pupille così sottili da risultare quasi invisibili.
Alex lo fissa, perplessa.
"Devi essere cambiato?"
Il bambino  sgrana gli occhi, stupefatto - moderatamente indignato.
Alex non ha esperienza di neonati (e neanche le piacciono) ma sperava che con Albert sarebbe stato più facile; che il suo virus avrebbe parlato per lui - con lei.
Il bambino stende le dita verso il suo viso, le sfiora le guance, arranca verso la fronte.
Alex si china istintivamente verso il basso, accoglie una carezza impacciata e umida.
"Cosa...?"

Nero, rosso, arancione. Dietro gli occhi le esplodono macchie vischiose di sangue e altro - Uroboros.
Qualcuno grida, una donna chiama il suo nome - avevi promesso che avremmo cambiato il mondo insieme!
Ricordi, frammenti, paure; la mente di Albert si rovescia nella sua con la stessa forza di una tempesta: dilania, spreme, svuota.
William, laboratori freddi, asettici; la loro prima volta, il fascicolo di Redfield, il sorriso falso di Ada.
E poi ancora: Spencer, l'Umbrella, Aelita. (la frustrazione, la rabbia, il desiderio.)
Un click - una serratura che scatta; le sue memorie si ritirano come una secca di mare, lasciano solo ossa masticate dal sale e il sapore metallico della paura - del terrore.

Alex si ritrae di scatto - libera un ansito sfiatato.
Albert continua a scrutarla con occhi durissimi, troppo pieni per essere quelli di un bambino innocente.
"Hai... paura?"
Il virus scivola tra le sue sinapsi, dondola come un serpente - minaccioso, ferito.
"Non vuoi rimanere da solo?"
Il Progenitore ricostruisce un legame che neppure la morte ha saputo spezzare; si arrotola attorno al suo cuore, dà voce a un uomo intrappolato - schiacciato dalla sua stessa storia.
Alex abbozza un sorriso, si siede su quel ridicolo tappetino peloso e pieno di animali.
Appoggiata contro al muro, con un coccodrillo peluche a farle da cuscino, Alex si porta Albert in grembo, chiude gli occhi.
"Lo so." è tutto quello che dice, accarezzandogli i capelli "Lo so, Albert."
Il bambino sbadiglia, si aggrappa al colletto della sua camicia - rassicurato.
Il Progenitore canta per loro - vocalizza ciò che le parole non possono ancora dire.

Moonlight Sonata.

Alex accoglie il sonno al ritmo del respiro quieto di Albert.


#0

Tra i suoi fianchi Albert è immobile - un desiderio trattenuto, negato.
La costringe a guardarlo, le stringe il mento tra il pollice e l'indice.
Alex socchiude la bocca, emette un verso soffocato - eccitato.
"Non ti azzardare." lo minaccia, e s'inarca contro il muro, cercando un contatto - uno qualsiasi.
Albert ride, scivola lungo la linea pallida del collo, quella morbida del seno; stringe.
"Altrimenti?"
Alex snuda i denti, lo afferra senza alcun preavviso - lo coglie impreparato.
È umido tra le sue dita e ne percorre la punta con il pollice, premendo.
La pupilla di Albert si restringe, diventa un filo nerissimo e sottile.
Alex gli regala un sorriso sporco d'entrambi.


And love is a word you never heard.

È una notte calda, di quelle che ti lasciano una patina appiccicosa addosso - sudore e fastidio.
Alex si siede in terrazza, incrocia le gambe l'una sull'altra e raccoglie Albert dal suo box, portandoselo in grembo.
Il bambino ride, gesticola verso il cielo.
Alex ne segue lo sguardo, coglie le luci di posizione di un aereo.
"È un aereo, Albert." gli dice, sorridendo "Ne hai presi tanti nella tua vita passata."
Albert la guarda (non la riconosce) continua a ridere come un bambino normale - innocente.
Ci sono momenti in cui è solo questo; un bambino.
Ci sono momenti in cui non ricorda chi o cosa sia stato, ma vive l'attimo - l'istante che appartiene alla sua età e al suo corpo.
Sono i giorni in cui ride al suono del carillon che gli ha comprato, in cui gioca con i suoi peluche come se fossero animali veri e non si offende se qualcuno gli fa un complimento.
Poi ci sono gli altri momenti; quelli in qui è Albert Wesker - scienziato, capitano della S.T.A.R.S, tyrant.
Sono le sere in cui lo trova sveglio nella culla a fissare il nulla, gli occhi pozze rossastre e lucide di rabbia.
Sono le notti in cui gli rimane vicino ad ascoltare versi frustrati e senza ancora un ordine - parole di un dio caduto, strappato al suo destino.
Sono gli oggetti lanciati per la stanza, i gesti violenti, improvvisi; i pupazzi decapitati come tanti soldatini morti. (non - morti)
Alex appoggia il mento nell'incavo della sua piccola spalla, osserva le stelle e il loro silenzio.
"Albert?" lo chiama, e il bambino le riserva un sorriso sdentato, gli occhi un azzurro artico.
Alex sospira, si gode un istante che può svanire da un momento all'altro.
La strada per la memoria è tutto ciò che a volte ci rimane.


#0

L'orgasmo è una corrente liquida tra le cosce, lungo i fianchi.
Risale inguine, artiglia la sua coscienza - gli stritola il cuore.
Non c'è nulla di delicato in loro - nulla di semplice, di poetico.
Bestie allevate per correre più forte degli altri - per fottere meglio degli altri.
Intelligenti, spietati, senza anima. (un fallimento su tutta la linea)
Albert nasconde il viso nell'incavo del suo collo, affonda - vive.
Alex si tende tra le sue mani, diventa un arco di pelle e muscoli - cosce contratte, unghie che lacerano, gridano.
Alle loro spalle la folla esplode in un applauso, Excella conclude il suo discorso.
Albert scivola in ginocchio e raccoglie loro.


Your heart ain't cold, because it burns; a desire to leave the mire.

"Ti ricordi cosa devi dire alla maestra?"
Albert inclina il mento nella sua direzione, la fissa in silenzio.
Una bambina gli corre incontro, la evita all'ultimo secondo.
Alex s'inginocchia davanti ad Albert, gli porge il sacchetto con il pranzo.
Attorno a loro il mondo va avanti; continua la sua putrescente marcia - la sua ironica evoluzione.
Una madre parcheggia in doppia fila, corre verso l'ingresso della scuola.
Una signora anziana saluta il nipote, un padre avvenente raccoglie gli sguardi delle casalinghe insoddisfatte.

(Nel mezzo, loro.)

"Te lo ricordi?" ripete, e Albert solleva lo sguardo.

Una pupilla rotonda, l'altra che vibra ai bordi - che si estroflette verso la sua naturale forma.

"Sì." le dice, e piega le labbra in smorfia.
"Bene." annuisce Alex, sfiorandogli la fronte "Ci vediamo dopo, allora."
Albert curva le spalle, nasconde la sofferenza d'essere intrappolato in un corpo che non risponde ai suoi bisogni - tra le pieghe d'una pelle estranea e troppo piccola.
Alex si chiede se crescere sia stato così doloroso anche la prima volta.


#0

Alex chiude gli occhi, cerca qualcosa a cui aggrapparsi (trova uno dei pesanti tendaggi broccati di cui Excella va tanto fiera)
Tra le sue gambe Albert è un amante spietato - una lingua esigente.
Morde, cerca, lecca fino a quando non la sente cadere - fino a quando non è lei quella in ginocchio, un pugno serrato tra i suoi capelli e l'altro a stracciare quella maledetta tenda.
I giornalisti incalzano con le loro domande, la Tricell Corporation si erge a guida del nuovo mondo - incoscienti alfieri dell'Apocalisse, signori di un futuro senza alcuna speranza.
Alex viene, soffoca sulla bocca di Albert un gemito osceno - libero.
Excella ride, qualcuno dalla folla l'asseconda.
Tra di loro solo pelle umida di voglia e ansiti infranti dal silenzio.


Take your breath 'till nothing's left.

Albert era sempre stato un corpo freddo contro il proprio; un serpente terribile e letale.
Alex ci si era arrotolata più di una volta vicina, una presenza rassicurante e indistruttibile - Zeus sceso dall'Olimpo per vendicarli tutti.
La prima volta che era scivolato nel letto contro la sua schiena aveva sei anni e un incubo dal quale non riusciva a liberarsi.

"Ho sognato che morivo."
"Succede; è naturale. Fa parte del percorso di crescita di ognuno di noi. Non devi averne paura."
Albert si nasconde nell'oscurità della stanza, tormenta una pellicina che comincia a sanguinare - monete rossastre che si aprono come fiori sulle lenzuola bianche.
"Che soffocavo e non potevo fare nulla. Che bruciavo e la lava mi penetrava nei polmoni - in gola. Faceva male."
Storna lo sguardo, lo posa sulla libreria che adorna la parete laterale.
"Era come esplodere dall'interno - come sciogliersi."
Albert trattiene un singhiozzo, evita i suoi occhi.
"Non era un sogno, Alex." e si copre il volto con le mani, piccole e ancora indifese "Era un ricordo. Un fottuto ricordo."

La seconda aveva otto anni e quasi aveva vomitato al ricordo della sensazione del Tyrant che lo eviscerava (c'era sangue ovunque, ovunque!)
La terza dieci (una forma di conforto, gli ultimi residui degli RPG - 7 che gli spappolavano la testa) e l'ultima undici.
A dodici si era allontanato, come tutti gli adolescenti.
A tredici qualcosa era cambiato - si era flesso.
A quattordici la evitava, a quindici sfuggiva persino al suo sguardo.
A sedici aveva capito; una notte si erano fissati dai due lati opposti del tavolo della cucina, Albert con un caffè tra le mani e lei con un libro di spionaggio.

Desiderio. Negazione. Imbarazzo. Dubbio. Voglia.

Qualcosa si era rotto; qualcosa era tornato.
A diciassette anni avrebbe ricordato tutto.


#0

"La Valse", Camille Claudel.
Alex socchiude le labbra, scivola con lo sguardo lungo quelle curve di bronzo e desiderio.
Le dita di Albert risalgono la natica, il fianco; indugiano sulle costole, blandiscono la pelle morbida del seno.
Alex mormora qualcosa, sorride sulla sua bocca.
"Verrà a cercarti."
Le domande dei giornalisti si stanno esaurendo, il loro tempo gocciola come sangue sacrificato.
Albert stringe, una puntura dolorosa attorno all'areola.
Alex ride, gli concede la piega fragile del collo.
"Sento già il suo odore." inspira, espira; gli percorre le vertebre della schiena con la punta dell'indice "Bulgari e sospetto."
Le strattona l'orlo del vestito (Armani; seta bianca e pietre blu) scopre i denti lungo la linea della carotide.
Alex gioca con la cintura dei suoi pantaloni (tre pezzi, nero. Dettagli in raso, gemelli in oro e onice) blandisce un desiderio saziato - affonda le mani nel bagnato di un amplesso sbagliato e vorace.
"Albert."
Lo chiama - lo evoca.
Excella applaude alla folla un'ultima volta e scende dal palco.


Scars of life upon your chest.

Alex sa cosa significhi andare in pezzi.
L'ha vissuto sulla propria pelle e non si può dire che ne sia uscita illesa (o viva, se è per questo)
La pressione aumenta, la paranoia conquista.
Comincia come un inciampo (qualcosa di assolutamente innocuo) continua con una serie di errori dietro l'altro.
La mente si piega, lo spirito si frantuma.
Regrediamo allo stato più primitivo del nostro Es - reazione di attacco o fuga.
E basta poco a superare quel confine - quel limite.
Basta una piccola spinta, un niente.
Crolliamo - ci sbricioliamo.
Diventiamo polvere di carne e sangue, perdiamo il nostro riflesso nella nostra stessa paura.

T - Phobos. Sushestvovanie.

Non ha più difese Albert e la fissa come un animale accecato dalla luce - dalla memoria.
Alex gli porge la mano, resiste al dolore.
Hanno combattuto, si sono scontrati - dilaniati con la stessa forza di una tempesta.
Ha diciotto anni Albert e i ricordi sono veleno giù per la gola (nelle vene, sotto la pelle)
"Va tutto bene." gli dice, e si porta il labbro ferito tra i denti "Non devi avere paura."
Albert la fissa vacuo, le pupille ridotte a due filamenti sottili e nerastri.
Le afferra il polso - crack - lo spezza.
Alex gli artiglia la camicia, oppone resistenza.
Rovinano lungo le scale, una massa di vestiti e sangue e ferite aperte che cerca di guadagnarsi il suo spazio - di fermare tutti quei ricordi, tutto quell'orrore.
Albert la schiaccia al suolo, libera un gemito agonico - fa male, Alex.
Sarà l'ultima (la prima) volta che lo vedrà piangere.


#0

Lo studia in tralice mentre si riannoda la cravatta, nasconde sotto la giacca una macchia biancastra e traslucida - non ti fermare.
Alex raddrizza le spalle del vestito, stringe la cosce tra loro (umide e appiccicose)
Scarpe rosse, labbra ferite - morse fino a sentire il sapore del sangue sul palato, giù per la gola.
"Faccio io." gli dice, e lo anticipa, finendo di sistemargli i polsini della camicia.
Albert la fissa con occhi che non sono suoi (un castano spento, slavato. Un colore sotto al quale brucia tutta l'ambizione di un dio) le sfiora la fronte in un bacio innocente - morbido.
"Sta arrivando."
"Lo so."
Le porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, nega a se stesso ogni possibilità.
"Alexandra..."

No.

Alex arretra, storna lo sguardo.

No.

Excella chiama il suo nome, lo cerca.
Il tempo scivola tra di loro come una lama spietata.


And we run with a lonely heart.
And we run, for this killing love.
And we run, 'till the heavens above.

Quello che ha davanti è Albert Wesker e, allo stesso tempo, non lo è più.
Ne possiede i ricordi, lo spirito, il corpo, ma qualcosa in lui è cambiato.
Chris Redfield ride e infrange il cielo, un uomo invecchiato, ma mai domato davvero.
Albert assottiglia gli occhi, lo fissa - lo studia.
Alex è una presenza pallida al suo fianco, un profilo affilato e rigido.
"Perché?"
Alex inclina il mento, gli rivolge uno sguardo interrogativo.
"Perché mi hai portato qui?"
"Per mettere a tacere i tuoi fantasmi." gli risponde, infilandosi le mani in tasca "Perché tu potessi avere finalmente pace."
Chris si alza, abbraccia una donna poco più giovane di lui (Tu devi essere l'incantevole Claire Redfield.)
"Un uomo normale." mormora, e Alex tace.
"Un uomo come tanti." mastica, e Alex annuisce, il vento una corrente tiepida sul viso.
"Un uomo che mi ha sconfitto - ucciso come un cane."
Alex si volta, gli cerca gli occhi - l'anima.
Albert sorride allora, un gesto improvviso - folle.
"Un piccolo Prometeo." conclude, e dà le spalle a tutto quello che ha conosciuto - odiato, ammirato, sfidato.
Alex libera un respiro che non sapeva d'aver trattenuto.


#0

Excella è giovane; una maschera pesante di trucco e ambizione.
Excella è bella; la grazia e l'eleganza della ricchezza.
Excella è innamorata; una benedizione e una condanna.
"Ti ho trovato."
Accento italiano, cadenza morbida.
Albert sorride (mente) le sfiora una spalla (illude)
Alex è al suo fianco (non tre passi indietro, come Jill. Non tre passi avanti, come Excella.) una statua di neve e sangue.
"Gli investitori sono entusiasti."
Perle e diamanti; un abito azzurro come i suoi occhi - come il cielo sotto al quale morirà.
"L'idea di essere i primi a poter curare l'ebola in maniera definitiva li ha fatti impazzire."
Albert le appoggia una mano sulla schiena, la incoraggia a proseguire.
"Sono così tenacemente attaccati ai loro soldi che farebbero di tutto per un brandello di gloria."
Alex avanza, scopre le lunghe gambe a ogni passo.
"Ho già contattato Irving."
Albert la fissa con la coda dell'occhio, Alex gli restituisce lo sguardo.
"Entro pochi mesi potremo partire per l'Africa e riaprire i laboratori."
Alex gli sfiora il polso, un silenzioso addio.
Albert resiste alla tentazione di trattenerla, Excella continua a parlare di rendiconti aziendali e donazioni benefiche come copertura.
"... e così la nostra immagine ne uscirà pulita: il BSAA si è rivelato più utile di quanto mi aspettassi."
Excella si ferma nel mezzo del corridoio, ascolta l'improvviso vuoto attorno a sé.
"Albert?"
Wesker si volta, Excella nota la scomparsa della donna dal vestito bianco.
"Collega?" chiede, e la gelosia è un rostro marcio nel petto.
"In un certo senso." le risponde.
Per alcuni secondi l'istinto di Excella grida, le suggerisce di scappare - di allontanarsi da quell'uomo senza morale e senza passato.
Albert annusa la sua indecisione (il suo sospetto) le si avvicina.
Allunga le dita verso il suo viso (zigomi aristocratici, polvere dorata a evidenziarli) le cerca la bocca (labbra piene, diverse)
Excella si abbandona al mostro, mette a tacere la coscienza.
Il suo profumo è così forte (così sbagliato - così umano) da essere quasi nauseante.


And we run, 'till we fall apart.
And we run, 'till the heavens above.

Le Famiglie li stanno cercando (li stanno creando)
Albert imbraccia il fucile, spara.
Il cranio della guardia si apre come un frutto marcio, vomita una poltiglia rossastra e molliccia.
Alex estrae la mano dal torace della seconda guardia, gronda rosso e nero.
Sfonda la porta di sicurezza, digrigna i denti come una bestia selvatica.
Gli allarmi cominciano a suonare, gli altoparlanti uggiolano la loro paura.
Zeus ed Era sono tornati per riprendersi l'Olimpo dal quale erano caduti.


#0

Excella la studia da lontano; troppo arrogante per concedersi il lusso della gelosia (troppo insicura per affrontarla)
La donna ha gli stessi capelli di Albert, ma non i suoi occhi - un azzurro artico e privo di sfumature.
Vestito bianco (Armani) scarpe rosse (Louboutin), la donna è un profilo sottile che sembra spezzarsi a ogni folata di vento.
Si rigira tra le dita un  flûte parzialmente vuoto, fissa un cielo terso e pieno di stelle.
Chi sei? si ritrova chiedersi Excella, spostando il peso da un piede all'altro Chi, piccola Colombina?
La donna inclina il collo verso destra, scopre i denti in un sorriso inquietante.
Albert esce dall'ombra (era sempre stato lì?) le sfila il flûte dalle mani pallide e sottili (unghie curate, laccate di rosso)
Le sfiora il polso, butta giù lo champagne in un unico colpo. (Moët & Chandon Dom Perignon, Karl Lagerfeld. Edizione limitata, 1.464 euro a bottiglia)
La donna lo fissa, gli tocca a malapena una spalla.

Un contatto sfibrato - distante. Per nulla intimo.

Excella ingoia un mostro dagli occhi verdissimi e spietati.


And we run with a lonely heart.
And we run for this killing love.
And we long for a heavenly heart.

Hanno vissuto tante vite - forse troppe.
Alex sfoglia una memoria stantia, inutile (dolorosa)
Il sole muore, sanguina sull'orizzonte.
"E adesso?"
Albert rilassa le spalle; ascolta la città riempirsi di rumori e voci.
"Non lo so."
Alex gli cerca gli occhi, la mano.
Intreccia le dita alle sue, stringe.
"L'Inghilterra come ti sembra?"
Albert inspira (fumo e nebbia) espira (speranza - vita)
L'indomani il portiere troverà solo lenzuola sgualcite e sedie vuote.


#0 - inizio

Una bambina; sette anni, non di più.
Un omino di pan di zenzero tra le dita, una smorfia disgustata sul volto.
Un bambino, dieci anni. Forse undici.
Le porge la mano, mutila il suo biscotto - gliene regala un altro.
Da lontano sembrerebbe un gesto grottesco - inquietante.
La bambina guarda l'omino senza braccia e comincia a ridere.

Uno scienziato, trent'anni. Forse meno.
Ambizioso, spietato, crudele.
Una ricercatrice, più o meno ventisei anni. Quasi ventisette, a voler essere precisi.
Si sfidano da dietro vetri di contenimento e tavoli autoptici, competono tra loro come bestie selvatiche (fottono allo stesso modo)
Mordono, graffiano, lacerano.
Scrivono la loro storia nel sangue - infetto, marcio.
L'uomo le stringe la gola, vuole ucciderla - liberarsi di un peso che gli grava il cuore e la mente.
La donna cede tra le sue dita, pelle e fiducia.
L'uomo allenta la presa e riconosce la propria debolezza.

Una macchina da guerra - un'arma biologica.
Un suo simile - imperfetto, rotto.
L'uomo ha adesso un nome - Albert - la donna anche - Alexandra.
Lei sta morendo, lui non può permetterlo.
S'incontrano sul ciglio dell'abisso, dove nulla tutto ha importanza.
Parole non dette, storie incompiute; sentimenti corrosivi come veleno.
Zeus cadrà troppo in fretta perché Era riesca ad afferrarlo: a salvarlo.

Un fantasma, la sua memoria.
Un mostro; tutto ciò che resta di una donna - di una storia.
Due fratelli, due sorelle (Redfield, Wesker); il risvolto di una stessa medaglia.
Un odio che brucia, un dolore che spreme.
Frasi che tremano nelle vene, un destino ingrato - che si aggroviglia su se stesso (Uroboros)
L'oscurità è l'unico luogo in cui possono ancora essere semplicemente Albert e Alex.

Un nuovo inizio; una seconda possibilità.
Una bambina a cui aveva rubato la vita, un bambino che aveva strappato dalle mani di un altro Spencer - di un'altra tragedia.
Un futuro che non credevano di poter avere - in cui non osavano sperare.
Verità che adesso non hanno più paura d'essere rivelate, parole pronunciate tra un ansito e una risata.
Le morde il collo, la spalla; la schiaccia tra il bancone della cucina e il proprio corpo.
Alex sorride a un uomo per il quale non aveva avuto paura di morire e tornare indietro.


e fine.

Non voleva fare del male a nessuno.
In parte è una bugia, in parte la verità.
Alex sfoglia i nomi di fratelli e sorelle che non ha mai conosciuto (solo visto morire) viene schiacciata dalle macerie dell'Umbrella - dal suo delirio.
Getta il fascicolo nel camino, lo ascolta gridare - accartocciarsi ai bordi e diventare solo una massa combusta e nera.
Il corpo di Natalia è forte - giovane.
Risponde bene ai suoi bisogni, le regala la vita che il Progenitore le aveva solo promesso.
Osserva le fiamme divampare, smangiare gli angoli del camino e arrampicarsi lungo le pareti della stanza.
Alex diventa un riflesso rosso e bianco, una dea cinta d'oro e porpora.
Albert l'affianca, tace.
"È finita?" gli chiede, e sa già a cosa si riferisce Alex.

Vuoi ancora conquistare il mondo? Sei ancora sicuro della tua scelta? Gli echi del passato sono ancora l'unica voce che vuoi ascoltare?

La fissa in tralice, la pupilla una fessura nerissima e che si contrae a ogni respiro.
Il ventre della bestia brucia, diventa cenere e morte.
Albert le cerca la bocca, la lingua; mormora sulla sua pelle l'unica risposta possibile.

Sì.

La libertà di vivere (di scegliere) è qualcosa che impareranno insieme.




"Death is for the other people, not for us."
- Philip Lombard, And then there were no one -





Note dell'autrice: Albert Wesker e Alex Wesker non sono fratello e sorella. Non hanno nessun legame di sangue e non sono stati cresciuti nella stessa famiglia come tali (ne hanno avute due ben diverse e distinte) per cui non ritengo che questa storia richieda l'avvertimento incest. Appartengono allo stesso progetto scientifico di selezione genetica (Project W.) e per questo si definiscono "fratello" e "sorella" e possiedono lo stesso cognome (in onore del creatore del progetto), ma nei fatti non lo sono e non hanno mai avuto l'occasione di comportarsi come tali.
Secondo la legge italiana non sono né discendenti né ascendenti, e neppure affini in linea retta, per cui il reato d'incesto non sussiste.
La canzone utilizzata è "And we run" dei Within Temptation.
Per comprendere meglio gli eventi qui narrati, si consiglia prima la lettura di "The biology of evil","Beautiful Life" e "Let us burn".  


   
 
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