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Autore: seasonsoflove    11/05/2016    4 recensioni
"Era quasi ora di pranzo alla Storybrooke High School, e Belle era seduta in classe insieme ai suoi compagni.
Belle era la tipica ragazza...atipica.
Graziosa ma di una bellezza antica, di classe. I lunghi capelli rosso scuro leggermente mossi, la carnagione pallida, le guance rosee, gli occhi di un azzurro irreale, il viso tondo, e il corpo minuto."
AU!Highschool - Young!Storybrooke.
Pairing (Rumbelle/SwanQueen e altri possibili)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Belle, Emma Swan, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I know you've tried
But something stops you every time
You cry a little, so do I, so do I
And it's your pride
That's keeping us still so far apart
But if you give a little, so will I, so will I

Tell me I will be released
Not sure I can deal with this



“Sei molto silenziosa.”
Belle alzò lo sguardo dal suo tè e fissò sua zia.
“Davvero?”
L'altra annuì, addentando famelica il suo panino con la marmellata.
“Questa mattina vedo Robert.”
Ruby la guardò per un momento, poi inghiottì un grosso boccone e sorrise.
“Svelato il mistero.”
“Non è niente di che” borbottò Belle “deve restituirmi un paio di guanti...”
“Un po' caldo per dei guanti...no?”
Belle non rispose.
“Ho pensato che magari alla fine possiamo provare ad essere amici.” dichiarò infine.
Non era precisamente la verità. Aveva pensato molto, ci aveva pensato ed era arrivata al punto di fare una lista di pro e contro su tutto ciò che una possibile amicizia con Robert avrebbe comportato.
Alla fine aveva buttato all'aria tutta la razionalità e aveva deciso di seguire l'istinto. Nel weekend erano stati bene, si erano divertiti. Non era stato imbarazzante, nonostante tutto. Certo, a volte era stato un po' triste, ma non si sentiva a disagio con lui. Si sentiva a casa.
Per questo motivo aveva semplicemente deciso di proseguire su quella strada.
“Perchè stiamo molto bene insieme.”
“Sei felice della tua scelta?”
“Non so.” ammise Belle “Ma immagino che lo scoprirò presto.”
 
La conferma la ebbe non appena vide Robert che la aspettava fuori da scuola, i capelli scompigliati al vento, la camicia scura, una giacca leggera sopra e un paio di guanti di lana in mano.
Non appena la vide le lanciò il suo solito mezzo sorriso triste e le fece un cenno con la mano.
Belle respirò a fondo e lì, nella calda aria di maggio, seppe di aver preso la decisione giusta. Non lo capì a livello razionale, visto che evitò di pensarci: le bastò sentire un piacevole tuffo al cuore e un improvviso vuoto di stomaco per realizzare che in qualche assurdo modo, era felice.
“Ciao.” esordì raggiungendolo. Lo scrutò, leggermente imbarazzata, indecisa se chiedergli scusa per il giorno precedente, per come lo aveva trattato o semplicemente ignorare la questione.
“Ecco i guanti.” disse Robert.
Belle sorrise.
“Grazie.”
Seguì qualche secondo di silenzio nel quale la ragazza decise di fare buon viso a cattivo gioco e dimenticarsi casualmente di ciò che era accaduto il giorno prima.
“Come stai?”
Gold inclinò leggermente la testa e inarcò le sopracciglia.
“Bene...credo...tu?”
“Benone. Insomma, meglio dei giorni scorsi.”
“E...a casa?”
“Tutto okay. Più o meno. Da te?”
“Anche.”
“Ottimo.”
“Già.”
Belle annuì e si guardò intorno.
“Hai...studiato per chimica?”
“Sì dai, tu?”
“Sì. Insomma, quanto ho potuto.”
Ancora silenzio.
Gold si schiarì la voce e si strofinò le mani sui pantaloni, salterellando sul posto.
Belle fissò il pavimento e realizzò che forse dopotutto non era una cattiva idea scusarsi per il giorno precedente e chiarire la situazione.
“Robert ascolta io-”
“E' tutto okay. Sto bene e ho capito.”
Lei aprì la bocca a vuoto e la richiuse.
“Non sai neanche cosa volevo dirti.”
“Immagino tu volessi parlare di ieri...”
“Beh io-”
Robert annuì.
“Anche io ho ripensato a ieri e...e non voglio costringerti a fare nulla che ti faccia stare male. Quindi...non devi sentirti in obbligo di parlare con me, ecco. Se vuoi finirla qui, fallo. Non sono arrabbiato.”
Belle sgranò gli occhi.
“Perché pensi questo?”
“Beh, tu hai detto che...che non riesci a far funzionare le cose. Ci ho pensato e...e ho capito che probabilmente hai ragione. Non ha senso forzare le cose, andiamo ognuno per la propria strada e ci lasciamo il passato alle spalle...andiamo avanti insomma.”
Belle rimase zitta e immobile. Questo non l'aveva assolutamente messo in conto. Non faceva parte dei suoi piani e non andava per niente bene.
“In realtà volevo scusarmi.” disse infine, sentendo la gola chiudersi pericolosamente. Respirò a fondo e si calmò.
Gold, che stava fissandosi le scarpe, alzò leggermente lo sguardo su di lei.
“Cosa?”
“Volevo scusarmi per averti dato buca. Non è vero che avevo da fare. Ho avuto paura, tutto qui. E non è stato carino da parte mia.”
“Ah. Va bene.”
“E inoltre volevo dirti che...che ci ho pensato anche io.” proseguì, cercando di rimanere calma. Non le piaceva la piega che aveva preso la conversazione ma non significava nulla. Doveva proseguire nel suo intento come aveva deciso la sera precedente.
“E anche io ho curiosamente pensato che tu avessi ragione. Che è più doloroso...allontanarci per sempre. Ed ignorarci. Quindi ti ho chiesto di riportarmi i guanti perché volevo parlare con te di questo. E chiederti se ti andava di...non lo so. Vederci e chiacchierare ogni tanto.”
Robert rimase zitto, lo sguardo indecifrabile.
“Ma” riprese Belle, osservandolo attentamente “A quanto pare tu avevi altri piani...” non terminò la frase.
Un tremendo sospetto si era appena destato in lei.
“Altri piani?” chiese Robert a quel punto.
“Hai appena detto che non vuoi forzare le cose.”
“Non ho detto questo.” esclamò lui precipitosamente “Ho detto solo che FORSE tu hai ragione.”
Belle strinse gli occhi. Aveva ragione di pensare che i suoi sospetti fossero estremamente fondati e che presumibilmente Robert avesse deciso di reagire in quel modo per prepararsi al peggio.
“Beh se tu credevi che io ieri avessi ragione allora non ha senso tentare. Non ci sono le basi per un'amicizia e-”
“Non lo credo.” Dichiarò Robert improvvisamente agitato. “No, assolutamente. Ho detto una cosa stupida prima, non so perché l'ho detta. Probabilmente ero solo nervoso, ho mangiato poco a colazione e Bobik mi ha bucato un calzino a furia di morderlo.”
Belle incrociò le braccia.
“C'è qualcosa che devi dirmi?”
Gold si grattò la testa imbarazzato.
“Io...ho detto così perchè...volevo solo sembrare più maturo e consapevole.” borbottò poi, la faccia bollente, consapevole di essere appena stato smascherato.
“Idiota” mormorò Belle scuotendo la testa.
“Dai, non dirmi così...ci sto davvero provando a fare le cose per bene.” disse tristemente.
Un mezzo sorriso scappò alla ragazza, vedendolo così avvilito e realizzando l'assurdità di quanto era appena successo.
Eppure era anche questo che le mancava del loro rapporto. Quel continuo battibeccare, le situazioni assurde, Robert che si impegnava per compiacerla mentre non capiva che a Belle lui piaceva così com’era. Che l’unica cosa che aveva sempre voluto era che lui fosse semplicemente lui.
“Entriamo?” chiese infine.
“Sì, certo. Ti porto la borsa?” esclamò lui, grato che il discorso fosse stato riportato su un piano più comprensibile.
“No, grazie.”
“Sicura?”
“Sì, tranquillo, ce la faccio da sola!”
Camminarono in silenzio.
“Quindi siamo amici?” domandò poi Robert speranzoso.
“Non allarghiamoci troppo. Una specie.”
Lui annuì allegramente trotterellandole accanto.
“Mi sembra un buon inizio.”
Appena entrati a scuola, tre ragazzini di prima li superarono spintonando Robert e facendosi largo tra la folla di studenti che in quel momento si era accalcata davanti alla bacheca degli avvisi.
“Quelle matricole di merda...” borbottò Robert furioso massaggiandosi la spalla.
“Cosa succede?” chiese Belle perplessa, alzandosi sulle punte per vedere al di là della calca.
“Non ne ho idea. Vediamo...”
Una volta arrivati vicini alla bacheca, dopo aver spintonato numerosi ragazzi e ragazze che proprio non ne volevano sapere di spostarsi, videro che un grosso avviso coi colori della scuola era stato appeso appena sopra la tabella degli orari.
“No...” mormorò Belle con sommo orrore.
“Già.”
“Dimmi che non è quello che penso.”
“Ho paura di sì.”
“Quando?”
“La prossima settimana. Sabato pomeriggio...”
“Non possiamo dare forfait?”
Lui stava per ribattere qualcosa quando un ragazzo diede una spallata a Robert, che si girò e lo guardò con fare bellicoso.
Belle lo prese per un braccio e lo trascinò via.
“Il prossimo che mi spintona, giuro che gli-”
“Stai zitto. Non mi interessa. Aiutami.” esclamò Belle disperata.
“Ma Belle, quei ragazzini non hanno nessun rispetto! Io alla loro età-”
“Hai ancora la loro età!”
Robert si zittì improvvisamente.
“Non voglio giocare.” riprese Belle agitata.
“Non è la fine del mondo!”
“Non voglio giocare!” ripetè lei “Non ne voglio sapere. Hai visto cos'è successo l'ultima volta? Per poco non morivo. Non giocherò di nuovo, non voglio che qualcuno mi rompa il naso!”
“Va bene. Belle?” Robert le appoggiò le mani sulle spalle. “Ricordi quando ho iniziato a fare il pazzo al pronto soccorso per quella puntura?”
Belle annuì deglutendo.
“Ecco, mi preoccupavo per niente. E questa è la stessa cosa!”
Cercò di sorridere incoraggiante.
“Ascolta, è solo una partita a dodgeball. E' un gioco. Uno stupido gioco! Durerà poco e poi sarai libera!”
La ragazza continuò a fissarlo, l'espressione disperata.
“Davvero!” riprovò lui.
“No!” esclamò infine Belle. “Morirò!”
“Non morirai.”
“Giocherò malissimo e tutti rideranno di me!”
“Non succederà.”
“E se succederà?”
“Io non riderò di te. Mai. E picchierò chiunque rida di te. E ti difenderò durante la partita.”
Belle inarcò le sopracciglia.
“Come l'ultima volta?”
Robert si zittì e fissò il pavimento, le guance bollenti.
Si ricordava bene l'ultima amichevole per scegliere la squadra e ricordava bene cosa Zelena aveva fatto a Belle. E ricordava bene anche di essere rimasto immobile e zitto nel momento decisivo.
“Scusami.” disse poi la ragazza mortificata. “Non volevo ritirare fuori quella storia. Non è esattamente il modo migliore per aiutare la nostra amicizia. Stavi solo cercando di essere carino...”
Lui annuì.
“Io sono sempre carino.” disse poi, guardandola di sottecchi.
Belle sorrise.
“Quasi sempre. Riuscirai a farmi esonerare?”
“Non credo.”
“Devi fare qualcosa.”
“Te l'ho detto, ti difenderò. Mi prenderò tutte le pallonate per te. Lo giuro.”
Proprio in quel momento Regina li raggiunse.
“Sparisci topo, voglio parlare con Gold.”
Belle aprì la bocca per protestare ma il ragazzo fu più rapido.
“Non puoi trattare così una mia amica.” dichiarò con fare pomposo.
Nè Regina né Belle dissero nulla ma si guardarono vagamente perplesse.
“Hai capito!?” chiese Robert.
“Certo. Come no! Non lo farò mai più, puoi starne certo.” rispose Regina alzando gli occhi al cielo.
“Scusami Belle, posso parlare con il tuo amico Robert?”
Belle inarcò le sopracciglia.
“Vado a lezione...ci vediamo dopo!” rispose poi infastidita scrollando le spalle.
“No!” protestò Robert.
Ma Belle li aveva già salutati con un cenno ed era sparita nella folla.
“Sei una stronza di merda!” esclamò Robert furibondo rivolgendosi all'amica appena arrivata.
“Potrete riprendere il vostro siparietto dopo che mi avrai aiutata. Sono sicura che Belle possa aspettare dieci minuti.”
“Io non ti voglio aiutare! Hai mandato all’aria tutta la mia mattinata!”
Regina lo guardò male.
“Ho un appuntamento venerdì.” disse poi.
“E a me che me ne frega!?” abbaiò Robert. Afferrò la borsa rabbioso e si diresse verso il suo armadietto.
“Non so cosa indossare!”
Gold si girò incredulo verso Regina che per tutta risposta lo fissò di rimando con tanto d'occhi.
“Che c'è? Ho bisogno di un consiglio!”
Il ragazzo raggiunse finalmente la fila di armadietti blu nel corridoio, l'amica alle calcagna.
“Non sai scegliertelo da sola?”
“Non questa volta.”
“E non...non puoi andare dalle tue amiche? Cosa c'entro io, sono anche un maschio, cosa vuoi che ne capisca.”
Aprì seccato l'anta dell'armadio ed estrasse due libri.
Regina nel frattempo gli gironzolava intorno inquieta.
“Sai meglio di altri cosa mi sta bene addosso.”
Non ottenne risposta.
“E poi non ho amiche.” Ammise schiettamente.
O meglio, un’amica ce l’aveva. Si dà il caso che però quell’amica fosse anche la persona con cui doveva vedersi venerdì.
“Allora!?”
Gold si girò esasperato.
“Non lo so.” disse stanco “Indossa quello che vuoi e che ti fa sentire a tuo agio. Non mi importa niente!”
“E se ti proponessi uno scambio?”
“Sarebbe?”
Regina sorrise candidamente.
“Io ti do una mano con quella specie di criceto a cui ti ostini a sbavare dietro. E tu in cambio mi dai una mano con questa cosa.”
Robert non rispose.
Chiuse l'armadietto e guardò Regina.
“Io e Belle...stiamo bene ora. Non abbiamo bisogno di una mano.”
La Mills annuì sarcastica.
“Ovviamente.”
Gold rimase ancora un po' in silenzio.
“Chi è il fortunato?”
“Non ti riguarda.”
“Allora vuol dire che lo conosco e te ne vergogni.”
Regina sbuffò.
“Non è un fortunato.” disse poi semplicemente.
Robert spalancò la bocca e la richiuse.
“Ecco perché sei venuta da me.” Concluse trionfante.
“Va bene, va bene” acconsentì lei.
“Esci con una rag-
“STAI ZITTO” Sbraitò.
Il ragazzo ghignò.
“Indossa il vestito rosso. Quello che hai comprato lo scorso autunno, scollato.”
“Sei pazzo? E' una cosa informale. Non un vero appuntamento”
“Ah.”
Ci pensò un po' su.
“Allora metti la camicia nera di seta.”
“Non è un po'...seria?”
“Lasciala un po' più sbottonata.”
Regina alzò gli occhi al cielo.
“Immagino che dovrò arrangiarmi.”
“Tu hai promesso che mi aiuterai con Bel-”
“No. Non mi sei stato di alcun aiuto. Motivo per cui ora me ne andrò lasciandoti da solo alle tue paturnie. Ciao.”
Così dicendo si voltò sdegnosa e si allontanò, lasciando Robert confuso e decisamente irritato.
 
 
“Devo dirti una cosa molto importante.” esordì Belle entrando in classe e sedendosi accanto a Tink.
Questa si girò e la scrutò attentamente.
“Io e Robert siamo amici. Insomma, non proprio ma...siamo in rapporti civili. Ci parliamo.” dichiarò infine.
Tink non disse nulla.
Guardò la porta che dava sul corridoio, gli studenti passare, senza realmente vederli.
“Va bene.” disse poi “L'importante è che tu sia felice.”
Belle annuì.
“Lo sono.”
Tink sorrise debolmente e le strinse la mano.
“Davvero. Insomma...mi basta che tu stia bene.”
“Sto bene. Meglio di qualche settimana fa. Non che ci voglia molto.”
Le due si guardarono ancora un momento e poi scoppiarono in una risata liberatoria.
“Allora, con Killian come va?”
Tink rise.
“Diciamo che va.”
“L'ho incontrato in ospedale e sembra piuttosto felice.”
“Sì, suo fratello sta sempre meglio.”
“A-ha. E siete passati in seconda base?”
Tink si girò di scatto e la guardò esterrefatta.
“BELLE!”
“Che c'è?” chiese l'altra innocentemente “Non posso fare qualche semplice domanda?”
“Non sono cose da chiedere!”
“Non mi sembravi dello stesso parere quando mi hai fatto il terzo grado su me e Gold.”
“Questo...questo non c'entra niente” farfugliò Tink.
Afferrò l'astuccio, lo aprì e prese la penna.
“Devo prendere appunti ora. Zitta!” sibilò furiosa.
Belle rise mentre il professore entrava in classe, seguito da Robert che le lanciò un'occhiata veloce e si diresse verso l'ultima fila.
 
Non era che Tink non avesse pensato a ciò che Belle diceva.
Probabilmente, anzi, sicuramente anche Killian ci aveva pensato durante i loro tranquilli pomeriggi passati a casa Jones che al momento era sempre libera.
Diciamo però che non era la sua priorità.
Soprattutto perché non l'aveva mai fatto con nessuno. O meglio: con nessun uomo. L’unico rapporto che aveva avuto, ma non lo considerava tale in quanto era avvenuto in occasioni estreme e non aveva significato molto, era stata quella sottospecie di serata imbarazzante con Regina.
Questo Belle non lo sapeva e Tink non voleva di certo dirlo.
Sapeva che l’amica non l’avrebbe giudicata, eppure non riusciva ad ammettere ciò che era successo con Regina e non riusciva ad ammettere che quella era la cosa più intima che avesse mai sperimentato.
E una parte di lei si vergognava ad ammettere che nonostante le chiacchiere e l'atteggiamento da saputella, sotto sotto era una semplice ragazzina inesperta che non aveva idea di come affrontare la cosa.
Se avesse chiesto a Belle sicuramente le avrebbe dato un sacco di consigli utili. E l’avrebbe aiutata. Ma non era arrivato il momento.
Assolutamente no. Anche se sia lei che Killian ci pensavano.
 

I giorni trascorsero in relativa tranquillità.
Robert ebbe modo di realizzare che le cose erano nettamente migliorate da quando lui e Belle avevano deciso di essere più o meno amici. In realtà non avevano più parlato da quel martedì mattina ma il solo fatto di vederla a lezione e di non dover abbassare lo sguardo ma di poterle sorridere e salutarla, migliorava considerevolmente ogni sua giornata. Per non parlare di quando era lei a sorridergli in mensa o nei corridoi e a fargli un leggero cenno con la mano.
C'erano state tante volte in cui avrebbe voluto scriverle o chiamarla o avvicinarsi a lei e parlarle. Ma non voleva sembrare invadente, così l'idea era caduta nel dimenticatoio. Un passo per volta, tanto alla partita di dodgeball avrebbero sicuramente avuto modo di stare un po' insieme.
Belle d'altro canto aspettava il venerdì con molta ansia: suo padre sarebbe stato dimesso. Lei e Ruby avevano iniziato a preparare la casa in modo da fargliela trovare pulita e molto accogliente. Avevano anche fabbricato uno striscione e comprato dei palloncini.
Belle però non era l'unica ad aspettare il venerdì.
Anche Regina non vedeva l'ora che arrivasse il fine settimana. Certo, quel pensiero che comportava anche un bel po' di stress, tra la scelta dei vestiti e il trovare una scusa che Cora Mills ritenesse valida per starsene fuori un pomeriggio intero.
Quel venerdì sarebbe stato un giorno importante e nessuno doveva interferire. Non aveva idea di cosa sarebbe successo ma era certa che tutto sarebbe andato per il meglio.
 
E fu venerdì. Belle non vedeva l'ora di tornare a casa per sistemare le ultime cose, fare rapidamente la spesa e correre all'ospedale a riprendersi suo papà.
Così, quando all'una uscì da scuola e si ritrovò Robert che camminava qualche metro avanti a lei, era di ottimo umore. Talmente di ottimo umore che, buttando ogni precauzione al vento, decise di compiere un'azione avventatissima.
“Gold!” urlò.
Robert si girò e le sorrise felice.
“Ciao.”
“Rallenta e fammi trotterellare un po' vicino a te.”
Gold si fermò.
“Trotterella finchè vuoi!
“Come va?”
“Tutto bene, tu?”
“Benissimo! Oggi dimettono mio papà!”
Robert la guardò.
“Grande! Davvero...sono felice!”
“Anche io. Bobik come sta?”
Robert borbottò qualcosa.
“Eh?”
“Ho detto che è un piccolo prevaricatore.”
“Dovrebbe trovare qualcuno che gli insegni l'educazione. Qualcuno di adatto.” esclamò Belle appoggiandogli la mano sulla spalla.
“Stai dicendo che-”
“Che tu non sei adatto.”
Gold la guardò male.
“Sono adattissimo.” mugugnò.
Ma non era vero. Bobik era sempre più esuberante e Robert non faceva nulla per fermarlo, neanche quando saltava addosso alle persone e decideva che era assolutamente necessario e legittimo sbavare loro addosso, o quando rubava le cose dai giardini dei vicini. Si limitava a guardarlo con gioia, pensando che almeno qualcuno in quel triste mondo era felice e spensierato.
“Magari un giorno lo portiamo al parco.”
Robert sgranò gli occhi e fissò il pavimento mentre camminava.
Aveva capito bene? Belle aveva parlato al plurale.
Un plurale inteso come 'noi'. Lui e lei, insieme. Al parco, con Bobik. Non osava chiederle di ripetere per paura di aver capito male.
“Pensi che potrebbe servire?” chiese infine. Aveva bisogno di sondare il terreno prima di illudersi.
“Ma sì, magari in due riusciamo ad insegnargli qualcosa.”
Non aveva capito male.
Belle stava proponendo di andare al parco insieme con Bobik. Di uscire insieme, solo loro due. O forse…
“Andiamo noi due quindi...”
“C'è qualcosa che non va?”
“Assolutamente no.” esclamò Robert “Solo che credevo che volessi invitare anche Killian che...che ha avuto già diversi cani in passato.” inventò spudoratamente.
“Oh...beh, se vuoi chiedergli di venire va bene.” disse lei, perplessa.
Robert si maledisse. Perchè non era stato zitto? Adesso era davanti ad un bivio. Se diceva di no, Belle poteva pensare che lui voleva che fossero solo loro due, come in effetti era. Quindi poteva insospettirsi e pensare che lui volesse riconquistarla, cosa in parte vera ma a cui Gold cercava di non pensare.
Se diceva di sì, poteva fraintendere. Se era ancora interessata, come per forza era perché insomma, i sentimenti non potevano essere di certo svaniti del tutto, magari voleva passare un pomeriggio da sola con lui e se avesse chiamato Killian avrebbe potuto pensare che a Robert non interessava stare con lei.
“Sono un po' confuso.” dichiarò infine, raggiungendo la macchina e fermandosi. Optò per la cosa più facile da fare e che con Belle aveva sempre funzionato: la sincerità.
“Come mai?”
Lei lo guardò interrogativamente.
“E' che non volevo chiederti se volevi che venisse anche Killian. Solo che mi sembrava strano che pensassi di andarci da sola con me. Quindi...ora...non so bene come comportarmi.”
Belle aggrottò la fronte.
“Dicono che noi donne siamo complicate ma direi che anche voi uomini non scherzate.”
“Non è affatto vero, è solo che-”
“Se vuoi invita Killian. Non è un problema per me. Non è neanche un problema se non lo inviti e se passiamo un'oretta insieme ad insegnare a quella tua bestiaccia ad ubbidire. Decidi tu, va bene?”
Robert aprì la bocca a vuoto.
“Andiamo io e te.” dichiarò infine convinto.
“Perfetto.”
“Va bene. Benissimo.”
“Vado a casa che poi devo andare in ospedale...okay?”
“Sì. Sì, certo.”
“Allora ci sentiamo nel weekend!”
“Certo!”
Belle sorrise e si allontanò.
“Buon...beh, fai gli auguri a tuo padre da parte mia!” le urlò dietro.
Una volta in macchina appoggiò la testa al sedile e sbuffò.
In vita sua non era mai stato tanto agitato. Quella nuova situazione con Belle era piacevole ma era anche spaventosa. Aveva il terrore di fare un passo falso, di dire o fare qualcosa di troppo che potesse essere frainteso e portasse la ragazza ad allontanarsi di nuovo. Aveva paura che quel momento di pace fosse solo una tregua: che presto Belle si sarebbe resa conto che non voleva più avere niente a che vedere con lui, che si era sbagliata credendo di potergli essere amica e che dovevano assolutamente troncare i rapporti di nuovo. Certo, conoscendo Belle la cosa sembrava altamente improbabile, ma Robert aveva comunque molta paura.
 
Arrivata a casa, Regina si avviò rapida verso lo studio di sua madre.
Una volta davanti alla porta respirò a fondo.
Non c’era nulla di male in ciò che stava facendo. Poteva anche dire a Cora la verità. Dirle che usciva con una sua professoressa. Che erano diventate amiche, che se la stava lavorando per ottenere un voto più alto il psicologia… la paura di Regina, più che fondata, era che Cora avrebbe captato immediatamente la titubanza della figlia. E forse anche l’omissione di certi dettagli, come il fatto che Regina in realtà andava a casa della sua professoressa e anche se, ovviamente, non lo ammetteva nemmeno a sé stessa, forse sperava che qualcosa di magico succedesse quel pomeriggio.
Bussò sulla porta di mogano.
“Mamma?”
“Vieni pure!”
Regina entrò e Cora alzò lo sguardo da alcune scartoffie. Le sorrise.
“Adesso bussi persino? Faccio così paura?”
Regina non disse nulla.
“Non volevo disturbarti, magari stavi facendo qualcosa di importante.” Dichiarò infine.
“Nulla è più importante di mia figlia.”
Ci fu un momento di silenzio.
“Volevo solo dirti che fra poco esco…e starò via qualche ora.”
Cora annuì.
“Dove vai di bello?”
Regina esitò.
Doveva dirle la verità. Quella città era piccola, qualcuno poteva vederla entrare a casa di Emma, qualcuno poteva vederle o sapere della loro amicizia…
“A casa di una mia amica.” Disse semplicemente.
“A studiare, mi auguro.”
“Sì. Nessuna delle due riesce a fare i compiti di chimica e abbiamo pensato di provarci insieme.”
Cora sorrise soddisfatta.
“Chi è lei comunque?” chiese poi.
“Non la conosci…è nuova. Si chiama Emma.”
“Emma…?”
“Sì. Il cognome non me lo ricordo…qualcosa con la ‘S’ credo…è arrivata da poco, tipo due mesi fa…non ci ho quasi mai parlato e mi serve solo per fare quei compiti.”
Attese, il cuore che batteva un po’ più forte del normale e i palmi delle mani sudati.
“Va bene. Torni per cena?”
“Sì, certo.”
“A dopo allora, tesoro”
“Ciao mamma.”
 

Belle non aveva davvero previsto nulla di ciò che sarebbe accaduto quel pomeriggio.
Se l'avesse anche solo lontanamente sospettato, si sarebbe preoccupata di prendere mille e più precauzioni. Ma Belle si fidava della macchina di casa French. Non la usava molto, era vero, odiava guidare ed inoltre le piaceva camminare; ma era una bella macchina. Non nuovissima, certo, non estremamente costosa, ma una bella macchina.
Evidentemente però anche le belle macchine decidono che ad un certo punto è venuto il momento di tradire il proprio proprietario ed abbandonarlo nel bel mezzo di una giornata molto importante.
E questo era successo a Belle, mentre usciva dal supermercato appena fuori da Storybrooke, piena di sacchetti colmi di cibo.
Così la ragazza era uscita dall'edificio, si era diretta traballante verso il parcheggio, aveva acceso la macchina...che con uno strano rumore gracchiante si era messa in moto a fatica. Dopo pochi metri il problema si era palesato, chiaro come non mai.
Belle aveva forato.
Così era uscita furiosa nel parcheggio e aveva cercato di capire come si cambiasse la ruota, se ne avesse una di ricambio. Il tempo però stringeva e suo padre sarebbe tornato a casa in poche ore e Belle voleva assolutamente preparargli una bella torta di frutta da fargli assaggiare al suo ritorno.
Così aveva capito che aveva due possibilità: chiamare un taxi, o chiamare qualcuno che le desse una mano.
Si era trovata di fronte ad una scelta difficile.
Le sarebbe piaciuto poter chiamare Tink ma la ragazza non aveva la patente: diceva che non le serviva e che sarebbe finita con lo spostarsi sempre in macchina e avrebbe inquinato la città. Aveva solo una bellissima bicicletta verde brillante con la quale si muoveva per la piccola cittadina.
Poteva provare a chiedere ad Ariel. Oppure Killian. Non era certa delle capacità di guida del ragazzo ma Tink le aveva menzionato che era stato in grado di pilotare una nave...quindi una semplice macchina non sembrava un problema così insormontabile. Regina era fuori discussione. E poi ovviamente c'era Robert.
Sembrava la scelta più logica. Dopo Tink, era la persona con cui aveva più confidenza e che conosceva meglio. Inoltre i due avevano un ottimo rapporto quando si trattava di venirsi incontro ed aiutarsi a vicenda. Era certa che il ragazzo sarebbe corso da lei – a meno che non avesse altri impegni improrogabili.
Eppure...eppure. Già quella mattina gli aveva chiesto indirettamente di uscire e Robert era rimasto visibilmente interdetto. Magari stava cercando di sistemare le cose a casa o magari era a disagio per la loro nuova situazione e non sapeva come agire.
Belle si appoggiò alla macchina sconsolata.
Erano amici, pensò poi. E lei aveva davvero bisogno di una mano. In cambio gli poteva portare una fetta di torta, una volta fatta.
Afferrò il cellulare e cercò il numero.
Sbuffò.
Scrutò dubbiosa ancora una volta la sua rubrica, in cerca di qualcun'altro da chiamare. Ruby non poteva dato che la macchina ce l'aveva Belle...infine si decise e chiamò.
 
Quando Robert vide il nome di Belle sul display del cellulare rimase immobile per dieci secondi buoni. Dopodichè corse da Bobik che si trovava dall'altra parte della stanza e stava rosicchiando la gamba della scrivania.
“BOBIK! GUARDA!” Urlò “La mamma sta chiamando!”
Il cane sembrò non capire perché lo guardò dubbioso per poi tornare a continuare la sua opera indisturbato.
Così Robert si schiarì la voce – voleva che sembrasse particolarmente profonda – e rispose.
“Pronto?”
“Robert…?”
“Sì. Ciao!”
“Ciao...sono Belle.”
Gold aggrottò le sopracciglia perplesso.
“Sì. Lo so. C'era il tuo nome sullo schermo...”
Sentì qualche secondo di silenzio dall'altra parte.
“Giusto. Senti...cosa stai facendo?”
Era una domanda piuttosto curiosa, pensò Robert.
“Niente. Stavo giocando un po' a scacchi contro il computer...”
“Oh! Ottimo. Ehm...quindi non stai facendo niente di importante?”
“Giocare a scacchi contro il computer non ti sembra importante!?”
Gold sentì chiaramente la ragazza sbuffare dall'altra parte.
“Nel senso, non hai impegni?”
“Non credo. Perchè?”
Non osava credere alle proprie orecchie. Quelle parole sembravano proprio precedere quello che poteva solo essere un invito…
“Avrei bisogno di una mano.”
“Oh.”
Era un po' deluso. Non che gli dispiacesse aiutarla, certo, ma aveva sperato che l'avesse chiamato per uscire, per prendere un gelato o portare un po' fuori Bobik…
“Sono bloccata allo Store fuori da Moncton Street. Credo...credo di aver forato. E ho appena fatto la spesa quindi non posso andare a piedi alla fermata del bus...”
Robert capì dove voleva arrivare.
Saltò su dal letto dove si era sdraiato nuovamente e adocchiò subito i vestiti posati sulla sedia della scrivania. Afferrò una camicia e la infilò rapidamente sopra la maglietta.
“Capito. Vuoi che venga lì?”
“Mi faresti un favore enorme.”
“Non c'è nessunissimo problema. Lo faccio volentieri.” dichiarò Robert allegro, allacciandosi i bottoni e controllandosi allo specchio.
“Sicuro?”
“Assolutamente. Sarò lì in un quarto d'ora...va bene?”
“Va benissimo. Grazie e scusami.”
“Figurati, vengo volentieri. A fra poco!”
Attaccò il cellulare e si guardò euforico allo specchio.
“Bobik.” iniziò “Papà adesso va ad aiutare la mamma.”
Il cane lo ignorò.
“Sarò di ritorno...non so quando. Se arrivo presto non sarà andata tanto bene. Se invece arrivo tardi questa sera festeggiamo e andiamo a farci una corsetta.”
Prese le chiavi della macchina e le infilò nella tasca dei pantaloni. Schizzò in bagno e si lavò i denti. Si sporcò la camicia di dentifricio, imprecò ed andò a cambiarsi.
Bobik apparve dubbioso in soggiorno mentre Robert si infilava le scarpe.
“Non puoi venire oggi, piccolino. Devi stare qui e fare il bravo. Mi prometti che farai il bravo?”
Bobik guaì appena e Gold lo prese come un sì.
“Bravo cagnolino, intelligentissimo come i suoi genitori!” esclamò felice.
Lo accarezzò e rapidamente uscì di casa.
 
“Dunque…”
Robert fissò dubbioso la macchina mentre Belle lo guardava disperata.
“Ti prego. Dimmi che sai cambiare la gomma.”
Lui la guardò incerto.
No, non sapeva come cambiare una gomma. Non gli era mai capitato, poteva ritenersi fortunato ma in due anni non aveva mai forato una volta.
Non voleva deludere Belle. Era venuto fin lì per aiutarla e non poteva tornare a casa a mani vuote. Non poteva tornare a casa e dire a Bobik che non era riuscito neanche a cambiare una gomma.
E non poteva nemmeno essere così difficile. Avrebbe cercato le istruzioni su internet e le avrebbe seguite. Non era impossibile, ce l’avrebbe fatta in qualche modo.
“Io…credo di sì.” Disse infine.
“Credi?”
“Preferisco tenermi un margine di dignità in caso di fallimento.”
Belle buttò la testa indietro.
“Che vita infame.” Soffiò.
Robert sorrise leggermente.
“Non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.”
 
 
 
 
Mezz’ora, numerose imprecazioni e diverse bugne dopo, Robert si sedette sconsolato sul duro e grigio cemento e decise che era decisamente ora di fasciarsi la testa.
“Vaffanculo!” sbraitò Belle tirando un calcio alla macchina.
Il cric fece uno strano rumore e crollò miseramente.
“Non capisco davvero dove sbagliamo!” si lamentò lui.
Rialzandosi, ricontrollò tutto. Aveva fatto come dicevano le istruzioni di WikiHow, avevano tirato fuori ruota di scorta, cric, avevano rialzato la macchina. Eppure…
“Non lo so.” Mormorò Belle. “Non riesco a ruotare la manovella!”
“Fra quanto devi essere a casa?”
“Un’ora!” esclamò Belle disperata.
“Va bene.”
Si grattò la testa dubbioso.
“Hai il collo tutto nero.” Disse poi Belle, guardandolo storto.
“Già.” Mormorò lui pensieroso. Si sfregò il collo ma aveva la mano sporca e peggiorò la situazione.
“Vieni qui che ti pulisco” Gli disse lei.
Si tirò la manica della maglia sopra la mano e la strofinò vigorosamente sulla macchia.
“Ecco fatto.”
Robert la guardò di sottecchi.
“Non so cosa fare.” Ammise infine.
La ragazza si appoggiò alla macchina.
“Dovrò chiamare un carro attrezzi.”
Robert fece un altro giro intorno all’automobile, in cerca di un’ispirazione.
“Ci metteranno un po’ credo”
“Lo so.” Disse lei stanca.
“Ti accompagno a casa intanto?”
Belle lo guardò in silenzio.
“Mi sento un po’ in colpa.”
“Non dovresti.”
“Mi sembra di sfruttarti.”
“Non è così.”
Lei rimase ancora un po’ zitta.
“Non è che lo fai per ricevere qualcosa in cambio, vero?”
Robert aggrottò la fronte perplesso.
“Un giorno mi spiegherai da dove viene questa mentalità secondo la quale una persona ti fa un favore e si aspetta qualcosa in cambio.”
In realtà aveva capito benissimo cosa intendesse Belle.
Non voleva che quella loro ritrovata confidenza venisse scambiata per qualcosa d’altro e che le sue richieste fossero scambiate per un semplice modo di riprovarci.
“Dai, tranquilla. Al massimo mi aspetto qualcosa da mangiare quando arriviamo a casa.”
Sul volto di Belle si aprì quello che sembrava il fantasma di un sorriso.
“Smettila di pensare al cibo.”
“Devo ancora cresce-“
“Andiamo.”
 
 
“Io…ho cercato di fare ordine. Davvero.” Esclamò Emma mentre Regina entrava e scoccava un’occhiata di evidente disapprovazione al divano tutto disordinato.
“Lo apprezzo.” Rispose l’altra impassibile.
“Non ti permetterò di prendermi in giro.”
“Non lo sto facendo.”
Emma incrociò le braccia.
“Posso lasciare la mia giacca da qualche parte…o?” domandò infine Regina.
“Oh. Sì, certo, dammi qui.”
Afferrò la giacca che la ragazza le porgeva e la appese all’attaccapanni nell’ingresso.
Rimase su giusto mezzo secondo, dopodichè rovinò a terra.
“Posso farlo io se lei non ne è capace.“
“Zitta.”
La afferrò di nuovo e la appese, questa volta con maggior cura. Rimase ferma.
“Visto?”
Regina sorrise leggermente.
Magari Emma era agitata proprio come lo era lei, solo che non possedeva il suo autocontrollo e quindi non riusciva a gestire bene la cosa.
Sì, pensò Regina, il ragionamento filava. Doveva essere quello il motivo.
“Capisco che sia emozionata all’idea di avere finalmente qualcuno che la visita in questo…questa casa. Però può stare tranquilla.”
Emma alzò gli occhi al cielo e fece segno di seguirla nella minuscola cucina.
“Ho preparato il tè.”
“L’ha fatto prima così che non potessi vedere il disastro che avrebbe combinato?”
“Sei veramente simpatica oggi. Più del solito. Complimenti, davvero.”
Regina si sedette compiaciuta e si lisciò la gonna. Alla fine aveva cercato di indossare qualcosa di informale ma comunque grazioso e che la facesse sentire a suo agio. La camicia di seta però l’aveva tenuta ben abbottonata.
Emma si era data da fare.
Aveva persino cercato di apparecchiare la tavola come vedeva fare nei film, per fare una merenda come si deve. Se fosse stato per lei probabilmente avrebbe divorato un pacco di biscotti sbriciolando tutto sul divano, ma Regina le sembrava esattamente il tipo di persona a cui può venire una vera e propria crisi di nervi di fronte alla noncuranza o alla sciatteria. Così si era impegnata. Aveva scelto le tazze più carine che aveva – le uniche a dire il vero – una bella tovaglia…aveva persino messo in tavola la zuccheriera.
“Wow. Si è davvero impegnata.” Esclamò Regina colpita.
“So fare anche io le cose come si deve, ogni tanto.” Borbottò l’altra versando il tè nelle tazze.
Il cellulare che era abbandonato sul pianale della cucina lì accanto si illuminò improvvisamente.
“Il suo-“
“Lo so.” Disse Emma, concentrata su quello che stava facendo.
Finita la complicata manovra, afferrò l’aggeggio e lo controllò. Senza dire una parola lo rimise al suo posto.
“Beh? Neanche risponde?”
“Non è importante.”
“Comincio a capire perché non ha amici.”
Emma la guardò male.
“Va bene, va bene” disse Regina “la smetto. Ora sarò gentile. Questo tè è davvero buono.”
Il cellulare si illuminò nuovamente ma Emma lo ignorò.
“Beh Regina, cin cin.” Brindò poi la professoressa “Al pomeriggio più divertente della storia.”
 
 
“Mi dispiace” mormorò Robert sovrappensiero, fissando il computer che inesorabilmente si rifiutava di collaborare. Belle scosse la testa sconsolata.
“Dovrò proprio cambiarlo mi sa.”
“Posso fare un altro tentativo...”
La ragazza si sedette sul letto e sbuffò.
“Dovrò comprarmene uno nuovo.”
“Magari se proviamo a riavviare ancora una volta...” provò Robert speranzoso.
Non ottenne risposta.
Erano arrivati a casa da un’oretta. Belle aveva finito di sistemare le ultime cose e intanto aveva chiesto a Gold di darle un’occhiata al computer che da qualche giorno rifiutava di accendersi. Robert, desideroso di riprendersi dal fiasco con la macchina, aveva accettato di buon grado. Così si era messo a smanettare.
In realtà aveva fatto le uniche cose che gli venivano in mente: aveva tolto e rimesso la batteria, aveva soffiato negli ingranaggi. Aveva soffiato molto negli ingranaggi.
Evidentemente soffiare negli ingranaggi non era un metodo consolidato di riparazione, perché al momento il computer rimaneva inesorabilmente spento.
Scrutò il computer. Voleva così disperatamente farlo funzionare e far felice Belle.
“Dai.” mormorò “Accenditi.”
Lo schermo rimase nero.
“Vaffanculo!” esclamò a quel punto furioso.
“Lascia perdere.” gli disse semplicemente Belle.
Si era buttata tra i cuscini e sgranocchiava tristemente uno dei biscotti al cioccolato.
“Te l'ho detto, ne comprerò uno nuovo. Sarebbe ora in realtà…”
“Ma io volevo farlo funzionare!” protestò Robert pestando i piedi.
Si alzò inquieto e gironzolò per la stanza, lanciando ogni tanto uno sguardo di sbieco al computer. L'aveva presa molto sul personale. Sembrava che il laptop non volesse proprio collaborare nella sua missione di compiacimento di Belle. Esattamente come la macchina.
“Vieni a sederti!”
“Non mi arrendo!”
Belle riemerse dai cuscini.
“Dai. Vieni qui.”
A quel punto, sconsolato, si lasciò cadere sul letto.
“Mi dispiace.” disse fissando il soffitto.
“Non fa niente” rispose la voce di Belle, da qualche parte imprecisata vicino al suo orecchio destro, tra i cuscini.
“Prendi un biscotto, tirati su.”
“Volevo riuscire a sistemare almeno questo, visto il fallimento della macchina.”
Belle rise.
“Cerchi di impressionarmi?”
“No…beh…” lui esitò e sgranocchiò un biscotto, fissando il soffitto. “Non proprio. Cerco solo di riuscire a fare qualcosa di buono.”
“Ci sono un sacco di cose buone che riesci a fare.”
 “Mi prendi in giro?”
“No. Perché dovrei?”
Robert la osservò di sbieco mentre lei sorrideva candidamente.
Rimasero ancora un momento in silenzio, sgranocchiando i loro biscotti e fissando il soffitto, sdraiati sul letto, vicini.
“Mi sei mancata.” Disse infine lui “Mi è mancato…tutto…questo” fece un gesto con la mano, indicando loro due.
Belle lo guardò.
“Anche a me è mancato tutto questo.”
“Pensi che questa specie di amicizia funzionerà?”
Lei non rispose.
“Non lo so. Non ne sono sicura.” Ammise dopo un po’.
“Sei felice?”
“Più di qualche settimana fa. Tu?”
Robert annuì.
“Più di qualche settimana fa.”
 

“Ma tu guardi davvero questa roba?” chiese Emma, fissando perplessa lo schermo del suo portatile.
“Tutti lo guardano!” esclamò Regina indignata. “Game of Thrones è un fenomeno mondiale.”
“Non so. Mi sembra un po’ senza senso. E poi non mi sembravi il tipo da questo tipo di programma…”
In effetti Regina non lo era. Ma Tink aveva continuato a citarle quello stupido telefilm e alla fine, presa dalla curiosità, aveva ceduto. Si era abbassata a livello dei suoi coetanei e aveva scoperto che in realtà Game of Thrones non era affatto male, anzi. C’erano dei bei personaggi, una trama interessante e un sacco di intrighi.
“Chi è il tuo personaggio preferito?” domandò Emma.
“Lei.” Regina indicò una bella donna bionda sulla quarantina “Cersei Lannister.”
“Ci avrei giurato” rispose Emma ridendo.
La ragazza la scrutò un momento, un po’ guardinga.
“Perché?”
“Potresti essere tu.”
“Non sono così cattiva!”
Emma alzò le sopracciglia ma non disse niente.

Erano sedute sul divano. Il computer di Emma era appoggiato sul tavolo di fronte e un pacchetto di popcorn giaceva abbandonato vicino a loro sul divano.
“Non capisco.” Ripetè la professoressa per l’ennesima volta. “Che senso ha fare una guerra per un trono se il Re c’è già? C’è lui e poi ci saranno i figli…e basta! Quanto casino per nulla!”
Regina sbuffò.
“Non c’è niente da capire! Tutti vogliono il potere e basta!”
Emma era comunque perplessa.
“Ma non ha senso. Non capisco.”
Regina la guardò di sbieco.
“Se le fa così schifo possiamo spegnere.” Buttò lì.
Emma la guardò di rimando, sorpresa.
“No! Affatto. Insomma, non lo capisco ma non mi fa schifo.”
La ragazza non disse nulla.
“Sembra che mi faccia schifo?” chiese Emma perplessa.
“Sì.” Dichiarò l’altra.
“No! Mi sto divertendo!”
“Non sembra.”
“E’ così! Te lo assicuro!”
Vedendo che Regina non rispondeva, Emma mise in pausa l’episodio.
“Regina!”
L’altra non disse niente ma si limitò a scrutarla in cagnesco.
“Non mi sto annoiando! Giuro” esclamò Emma disperata “mi dispiace se ho dato questa impressione, in realtà mi sto divertendo, è uno dei migliori pomeriggi che io abbia avuto in mesi e mesi, mi fa piacere guardare questa porcheria e commentarla con te. È una cosa che le amiche fanno. E noi siamo amiche!”
Regina rimase un momento zitta e poi scosse la testa.
“A volte mi fa quasi tenerezza.”
Emma aprì la bocca indignata per ribattere qualcosa ma non gliene fu dato il tempo.
“Sto scherzando, dai. Mi fa piacere che si stia divertendo. Mi piace prenderla in giro, tutto qui. Tranquilla.”
Si concesse un mezzo sorriso di fronte all’espressione basita della professoressa.
“Allora? Continuiamo?”
“Sei assolutamente senza ritegno.”
Ripresero a guardare l’episodio.
“La vedo turbata.” Riprese Regina dopo un po’.
Emma non rispose. Non voleva darle altri pretesti per prenderla in giro. In realtà si divertiva in quella situazione. Insomma, una parte di lei era anche leggermente indispettita da quella mancanza di rispetto da parte di Regina e dalla sua insolenza, ma era giusto così. Tra amiche funzionava così. Si sarebbe sentita più offesa se Regina l’avesse trattata come una vecchia professoressa. Inoltre c’era qualcosa nel modo di fare della ragazza, nel suo modo di guardarla e di scherzare, che la faceva sentire…felice. Non era mai riuscita a darsi una spiegazione, ma Emma era sempre stata molto istintiva e non le piaceva lambiccarsi sui problemi, nonostante spesso fosse piena di paure e di insicurezze. Però se una cosa le piaceva e la rendeva felice, la faceva. E Regina la rendeva felice. Anzi, la faceva sentire speciale. Inoltre era sicura che la ragazza fosse piuttosto selettiva con le sue frequentazioni: se aveva scelto lei come amica, una professoressa, una che fa fatica ad indossare un giubbotto di pelle senza incastrarsi nella manica, sicuramente un motivo c’era. Anche Regina doveva sentirsi felice con lei, nonostante le loro diversità.
“EHI?”
Emma sobbalzò.
“Cosa c’è?”
“Niente. Pensavo si fosse addormentata. Sa, la vecchiaia che avanza.”
“Un giorno di questi qualcuno ti punirà per la tua insolenza.” Mugugnò Emma.
“Non ne dubito.”
Regina rimase un momento in silenzio, poi esitò.
“Mi…mi dica se esagero ogni tanto.” Dichiarò infine, mantenendo lo sguardo ben fisso davanti a sé.
“E’ un barlume di sensibilità quello che vedo?”
“Non si illuda troppo.”
Emma sorrise e guardò lo schermo per qualche minuto.
“No, comunque. In realtà mi diverto. Mi piace molto stare con te.”
Regina non disse nulla. Respirò piano, sentendo lo stomaco agitarsi e il cuore aumentare i battiti rapidamente.
“Adesso però potresti anche rispondere. Dire ad esempio ‘anche a me piace stare con te’…sai. Giusto per non farmi sentire la solita cretina.” Sbottò Emma acida.
La ragazza continuò a stare in silenzio e a guardare il computer.
Cosa doveva fare?
Perché diavolo non reagiva?
Mi piace molto stare con lei, anche troppo avrebbe voluto rispondere.
Avrebbe voluto fare qualsiasi cosa ma aveva paura di sbagliare. Di dire una parola sbagliata, una parola di troppo. Di esagerare, di fraintendere. Aveva paura persino dei sentimenti che stava provando e di sicuro non riusciva a farli rientrare in nessuna categoria di sentimenti che avesse mai provato fino ad ora.
Però non poteva di sicuro stare zitta, non dopo che Emma si era esposta e le aveva detto una cosa così carina, così gentile…
Così amichevole disse una vocina maligna dentro di lei.
Deglutì.
“Mi fa piacere che le faccia piacere stare con me.” Disse infine. Era il massimo che riusciva a fare per ora. Lo disse cercando di simulare indifferenza, col suo solito mezzo sorriso sarcastico stampato in volto.
Emma scosse la testa sconsolata.
E anche questa è andata, di merda ma è andata pensò Regina. Si era salvata. Era tutto tranquillo.
Girò impercettibilmente la testa e con la coda dell’occhio vide che la mano di Emma era vicino alla sua. Non vicinissima. Ma abbastanza vicina per essere raggiunta.
Non ci voleva tanto. L’aveva già fatto una volta. Era andata anche bene.
Poteva rifarlo. Poteva rischiare, aveva già rischiato, cosa poteva esserci di difficile? Se la prima volta funzionato avrebbe funzionato anche la seconda.
Impercettibilmente spostò la propria mano verso destra.
Era una pazzia ma la mano di Emma la attirava così tanto. E il pensiero di cosa sarebbe potuto succedere dopo. Magari Emma aveva gli stessi dubbi, magari non aveva il coraggio di fare qualcosa perchè lei, Regina, era sempre così fredda, scostante e sarcastica. Era così…poco amabile.
Spostò la mano di altri due centimetri. Valutò che ormai la distanza era davvero poca.
“Tieni”
Alzò lo sguardo spaesata.
Emma aveva spostato la mano e ora le stava porgendo il pacchetto di popcorn.
“Ho visto che lo stavi cercando.”
Regina aprì la bocca a vuoto.
“Sì. Tanto è mezzo vuoto perché lei se lo è finito nei primi cinque minuti.” Esclamò poi.
Le uscì un tono di voce piuttosto duro, forse più del dovuto.
“Ce n’è un altro se lo vuoi eh” disse Emma stupita.
“No…no va bene questo. Insomma, tanto sono a dieta.”
Prese il pacchetto sentendo l’entusiasmo di poco prima sgonfiarsi come un palloncino bucato e sentendo improvvisamente il cuore pesante.
“A dieta?”
Regina prese una manciata di popcorn e la mangiò senza averne voglia.
“Già.”
“Non mi sembra che tu ne abbia bisogno. Perché sei a dieta?”
La ragazza continuò a masticare lentamente.
Non significava niente. Emma poteva aver davvero creduto che lei volesse i popcorn. Era plausibilissimo.
“Regina?”
“Boh. Abitudine da cheerleader.”
“Ma stai benone!”
Regina alzò le spalle.
“Lo so.” Disse. Non aveva senso crogiolarsi nel fiasco e dimenticarsi che Emma era ancora lì con lei e le stava parlando. “Insomma, credo. Diciamo che non mi vedo malaccio”
“Malaccio? Fossi stata io come te dieci anni fa…”
Regina lanciò uno sguardo di sottecchi.
“Com’era?”
“Boh. Non un granchè secondo me. Ma non era un gran problema. Avevo altri pregi, anche se magari potevano vedermi brutta.” Cercò di abbozzare un sorriso.
Regina esitò.
“Non riesco davvero ad immaginarla brutta.” Borbottò infine.
Emma la guardò stupita.
“Era un complimento!?”
L’altra alzò le spalle.
“Una specie.” Disse infine.
“Wow.” Esclamò Emma.
“Cosa?”
“Ricevere un complimento da te è una delle cose più incredibili che mi sia mai capitata. Mi sento davvero lusingata.”
Regina si voltò verso di lei.
“Se vuole proprio saperlo, e lo dico un po’ perché mi fa pena e un po’ perché così le dimostro che anche io ho un cuore, penso che lei sia...davvero…insomma” corresse il tiro, doveva pur mantenere un pizzico di dignità, “abbastanza carina”.
Tacque. In realtà, guardando per l’ennesima volta il viso di Emma e concedendosi uno sguardo leggermente più lungo degli altri, pensò che fosse davvero bella. Forse non era bella nel senso classico del termine. Non aveva grandi labbra carnose, aveva un viso abbastanza squadrato, la pelle davvero pallida e i capelli biondo chiaro ondeggiavano tra il disastro perenne e la semi decenza. Eppure quegli occhi verdi le piacevano un sacco. E anche il naso, la forma degli zigomi pronunciati, il modo in cui aggrottava la fronte quando qualcosa la irritava o la confondeva.
E di nuovo, in quel silenzio che era calato tra loro, Regina percepì come se il tempo si fosse fermato. Esistevano loro due e basta. Il mondo fuori andava avanti per i fatti propri e le lasciava in pace.
“Grazie.”
“Di cosa?”
“Del complimento”
“Non si monti la testa adesso.”
Emma aggrottò la fronte.
“Gliel’avranno detto anche i tipi che frequentava giù a Tallahassee.” Buttò lì Regina.
Rimase in attesa della risposta, un po’ in ansia e un po’ curiosa.
“Boh. Non è che frequentassi molti ragazzi.”
“No?” chiese Regina, fingendosi genuinamente noncurante.
“Mah…no.”
“Non mi dica che non ha mai avuto un ragazzo.”
Emma fissò lo schermo senza dire niente. Sembrava che stesse riflettendo.
“Ho…ho avuto un ragazzo. Non...non solo uno ma lui...beh, diciamo che è stato importante. Ma è stata…una storia abbastanza incasinata.” Disse infine.
"Come si chiamava?"
"Neal."
Regina tacque. Aveva avuto un ragazzo e le cose non erano finite bene. Ecco perché forse era così in ansia, ecco perché faceva fatica ad aprirsi. Magari usciva da una lunga storia, magari aveva sofferto.
“E’ per questo che fa sempre la scontrosa? Perchè è andata a finire male?”
Emma la guardò storto.
“Non faccio la scontrosa.”
“Un po’ sì.”
L’altra si guardò le ginocchia senza dire nulla.
“Boh. Forse. Non mi piace parlarne, tutto qua.”
Regina annuì e riprese a guardare lo schermo del computer. Non voleva insistere troppo.
 
 
Quando Belle gli aveva chiesto di fermarsi a cena, Robert non aveva minimamente pensato alle eventuali e probabili complicazioni. Come ad esempio, la presenza di suo padre Moe e il fatto che l’uomo probabilmente non aveva molta voglia di vederlo.
Mentre sentiva il rumore dell’auto nel vialetto realizzò che probabilmente quella era stata una pessima idea. Guardò Belle indeciso sul da farsi, mentre lei sistemava la frutta nel cesto, osservandola criticamente.
“Belle?” provò.
“Secondo te è carino quel cesto di frutta lì?”
“Penso…penso di sì. Posso chiederti una cosa?”
“Dimmi” rispose lei, senza guardarlo.
“Sei sicura che sia una buona idea?”
“Cosa?”
“Che io rimanga…intendo...”
Esitò.
“Non so cosa- beh… insomma, non so come mi veda tuo padre…”
Belle lo guardò un momento.
“Penso che mio padre sappia meglio di me come vanno le cose alla nostra età.” Rispose semplicemente.
Ma Robert non ne era convinto. Ebbe l’atroce conferma dei suoi dubbi non appena Ruby varcò la porta, una grossa borsa in mano e un sacchetto nell’altra, seguita da Moe French.
Ruby salutò allegramente Belle, poi vide Robert e sgranò gli occhi.
Intanto Belle si era letteralmente lanciata in avanti e aveva stretto forte suo padre.
“Bentornato!”
Suo padre la abbracciò goffamente e borbottò qualcosa.
Robert rimase immobile sulla soglia della cucina, indeciso sul da farsi. Si chiese mentalmente perché diavolo fosse lì. Era impazzito? Belle non era più la sua ragazza. Non aveva più il diritto di fermarsi a mangiare da lei, non poteva farlo, l’aveva tradita e aveva fatto un grosso guaio di cui sicuramente suo padre era a conoscenza…ora lo odiava, era palese. Gliene avrebbe dette di tutti i colori e lo sapeva, ma se lo meritava, se l’era proprio cercata…
Si strofinò le mani sudate contro i pantaloni e valutò l’idea di sgattaiolare al piano di sopra e chiudersi in camera. Magari poteva uscire dalla finestra…
“Papà…ho pensato che lui poteva fermarsi a cena.”
Quella frase lo riportò bruscamente alla realtà.
Ruby si chinò, improvvisamente indaffarata sulla borsa e prese a frugarvi dentro.
Nella casa cadde il silenzio.
Moe fece un passo avanti e fissò Robert, vedendolo solo in quel momento, mentre il ragazzo esitava disperato, indeciso se fare un passo in avanti oppure no.
“Ho forato e Robert è venuto a prendermi. Mi…ha dato una mano. Quindi ho pensato che-“
“Fuori.” Disse semplicemente Moe, fissando Gold.
Il ragazzo aprì la bocca a vuoto mentre Belle guardava suo padre basita.
“Io-“ provò Robert.
“Fuori.” Ripeté il signor French, alzando la voce.
Robert esitò, poi annuì rapido e si diresse verso l’ingresso.
“No!” esclamò Belle, ridestandosi improvvisamente.
“Vado subito.” disse Robert.
Moe lo fissò mentre il ragazzo gli passava accanto, le guance bollenti.
“No! Fermati!”
Gold non disse niente e prese rapido la sua giacca.
“Ho detto fermati!” sbraitò Belle. “Papà!” esclamò poi furiosa.
“Belle io-“
“Stai zitto. E TU FERMATI.”
Robert rimase un momento interdetto.
“Belle non voglio-“
“PAPA’ STAI ZITTO.”
“Ascolta io vado, davvero, non c’è problema e-“
“NON VAI DA NESSUNA PARTE!”
“Allora chiariamo una cosa!” esclamò Moe “Questa è casa mia e decido io chi-“
“Non voglio sentire una parola.”
“Maurice…” si intromise Ruby.
“Vado. Scusate il disturbo, dico davvero.”
Robert li guardò un momento mentre Moe lo fissava con astio crescente e Belle rimaneva immobile. Fece un altro breve cenno ed uscì dalla porta.
Insieme a rumore della porta che si chiudeva, si udì chiaramente lo sbattere di qualcosa sul tavolo.
“Ottimo lavoro. Veramente ben fatto.” Esclamò Ruby sarcastica.
Moe si girò verso di lei esterrefatto.
“Ho fatto il mio dovere di padre!”
“Il tuo dovere di padre è quello di decidere cosa fa tua figlia e chi frequenta?”
“Sotto il mio tetto-“
“Basta. Ho sentito abbastanza.”
Belle afferrò la giacca e si diresse verso la porta.
“Dove credi di andare!” le abbaiò dietro Moe.
“Dove preferisco.”
“Non lo accetto!”
“E non accettarlo allora. Ma non puoi fermarmi, nessuno decide cosa devo fare.” Sibilò Belle inviperita.
“Lo faccio perché ci tengo a te-“
“Smettila.”
L’uomo si girò verso Ruby che lo guardò a braccia incrociate.
“Ti ha fatta stare male e tu…tu vuoi ancora che io lo accolga qui?”
Belle si girò verso di lui e respirò forte.
“Mi dispiace papà, ma non accetto una cosa simile. Prima di tutto è la mia vita e non puoi permetterti di reagire in questo modo. Inoltre Robert mi è stato accanto in questi giorni, mi ha aiutata ed è venuto via da Boston per starmi vicino.”
Moe sgranò gli occhi e stava per dire qualcosa ma la ragazza lo bloccò.
“Non mi interessa cosa pensi di lui. E’ successo quello che è successo. Se mi ha fatta stare male, sono affari miei, non tuoi. Siamo amici e voglio cenare con lui. Quindi o lo accetti e lo lasci cenare da noi, oppure lo seguirò e andremo da qualche altra parte e mangeremo fuori insieme. A te la scelta.”
Senza aggiungere niente, uscì dalla porta.
Moe la guardò impotente, si girò di nuovo verso Ruby in cerca di consiglio.
“Non guardare me. L’hai sentita: la vita è la sua e dovresti lasciargliela vivere come preferisce.”
“Tu non c’eri, Belle è stata davvero male e non voglio che soffra di nuovo. E’ mio dovere-“
“E’ abbastanza grande per sapere cosa fare e tu sei suo padre, non il suo tutore o il suo padrone.”
Il signor French bofonchiò qualcosa come “non ho mai pensato di esserlo, però lei deve ascoltarmi”.
Ruby inarcò le sopracciglia.
“Vado a riprenderli?”
L’uomo non disse niente.
“Non è giusto.” Dichiarò poi “Non sono d’accordo con questa scelta. Per niente. Belle mi sentirà dopo. Questa è l’ultima volta che permetto una cosa simile.”
Ruby sorrise mestamente.
“Non devi essere d’accordo. La vita va così.”
Attraversò rapida l’ingresso e uscì.
 
“Fermati! GOLD, BRUTTO IDIOTA, TI HO DETTO DI FERMARTI!”
Robert si voltò stupito.
“Cosa ci fai qui?”
“Ti avevo detto di stare fermo! Perché non mi hai ascoltato!?”
“Ma lo hai visto tuo padre? Non credo che-“
“Tu devi ascoltare me, non lui.”
Gold si fermò e si guardò intorno a disagio.
“Ha ragione” disse poi improvvisamente “Non è carino che io mi presenti così a casa tua dopo quello che è successo. Non è stato educato.”
Belle pestò i piedi frustrata.
“Voi due siete uguali! Perché non posso decidere io cos’è educato o carino? State parlando della mia vita!”
Robert non disse nulla per qualche secondo, fissando l’asfalto del vialetto di casa French.
“Ho fatto una cosa brutta nei tuoi confronti.”
“Sì. E siamo stati male entrambi. Per quanto ancora dovremo parlarne?” si interruppe improvvisamente furiosa “Ma quanto cazzo rompi le palle!? Smettila di pensare! Smettila di essere così complicato e cervellotico e smettila di pensare sempre al passato! Pensi di farcela?”
Il ragazzo la fissò stranito.
“Non sono cervellotico.”
“Lo sei. E invece che cercare di rimediare ai tuoi errori ti ci crogioli dentro. Continui a lamentarti,  a piangerti addosso e a piangere addosso a me!”
“Ma non-“
“Sì che è vero! Ti ho chiesto di cenare insieme perché mi fa piacere. È così complicato? Pensi di poterlo fare?”
Robert non disse nulla.
“Allora?”
“Mi fa piacere cenare con te” borbottò infine.
“Allora adesso seguimi, rientriamo.”
“Tuo padre-“
“Mio padre se ne farà una ragione e capirà che non può pretendere di gestire la mia vita come vuole lui.”
Il ragazzo non si mosse.
“È che…”
“Cosa ancora!?”
Non trovava le parole per esprimere ciò che provava. Frustrazione, vergogna, rabbia, tristezza. Eppure Belle aveva ragione: in quelle settimane non aveva fatto altro che piangersi addosso. Che pensare a quanto la vita era crudele ed ingiusta con lui, a quanto aveva sbagliato, a quanto era stupido…
Invece che cercare di imparare da quanto era successo, non faceva altro che crogiolarsi nel suo dolore, nei sensi di colpa e nella rabbia, senza però cambiare una virgola nel suo atteggiamento.
“Hai ragione.” Ammise infine “Ma non…non è facile per me. Sono fatto così, capisci?”
Belle gli appoggiò le mani sulle spalle e lo guardò.
“Tu sei molto meglio di così.”
La fatica di rispondere fu risparmiata dal tempestivo arrivo di Ruby.
“Potete rientrare. Si è un po’ calmato.” Disse.
Sorrise brevemente a Belle prima di fare dietrofront e tornare in casa.
“Hai visto?” chiese subito Belle.
Robert si guardò intorno a disagio mentre la ragazza gli diede le spalle e trotterellò dietro alla zia.
“Non vieni?” domandò poi, girandosi e sorridendogli.
Gold rimase un momento imbambolato a fissarla, poi la seguì.
  
Una mezz'oretta dopo, erano tutti a tavola. Robert fissò il suo piatto con sguardo vacuo.
La situazione era estremamente critica.
Moe French sembrava sul punto di esplodere. Il suo sguardo saettava furioso da Belle, a Gold, a Ruby, al misero piatto di insalata davanti a lui.
Ruby mangiava e ogni tanto parlava del più e del meno, come se niente fosse. Era palese che lo stesse facendo solo per cercare di mantenere un’atmosfera piacevole: il risultato era però stentato e, nei momenti di silenzio tra un discorso e l’altro, vagamente agghiacciante.
Belle pensò che forse in fondo non sarebbe stata una brutta idea mangiare fuori da sola con Gold, ma ormai era troppo tardi.
“Quindi avevo pensato di andare in vacanza con le mie colleghe…ma potrei prendermi un po’ di ferie per stare qui. Potremmo farci qualche giorno al mare!”
Belle annuì vigorosamente.
“Non a fine giugno però. Sono a Boston con Tink.”
Robert sentì un tuffo al cuore all’idea di Belle e di Boston ma si concentrò sui suoi pomodori e non disse niente.
“Ottima idea.”
Finalmente Moe aveva rotto il suo silenzio.
“Così puoi vedere meglio l’università.”
Belle annuì allegra e riprese a mangiare.
Ruby guardò Robert e decise che era ora di fare un tentativo.
“E tu Robert? Dove andrai?”
“Mhhhhn”
Pessimo tempismo, pensò. Deglutì rapidamente un enorme boccone e rispose.
“A…A N-new Haven” balbettò, mentre la gola bruciava.
Rimase sul vago. Gli pareva davvero brutto rispondere subito ‘Yale’. Già Maurice French lo odiava, se poi avesse detto la verità, sarebbe parso sicuramente supponente o desideroso di mettersi in mostra.
“Ah! Cosa studierai?”
Anche Belle si girò verso di lui. Non ne avevano più parlato quindi non sapeva la decisione del ragazzo.
“Pensavo…giurisprudenza.” Borbottò.
“Cazzo!”
“Zia!”
“Che c’è? Siamo tutti giovani qui. Anche Moe, vero Moe?”
Lui grugnì qualcosa in risposta e cadde di nuovo il silenzio.
“Dove andrai esattamente?”
Era stato il signor French a parlare. Per la prima volta in tutta la serata guardava Robert dritto negli occhi.
Il ragazzo incontrò fugacemente lo sguardo di Belle e seppe che aveva capito perfettamente la situazione.
“A…Al college intende?”
“Sì. Che università hai scelto?”
Robert esitò.
“Yale.” Disse infine.
“Porca puttana!”
“ZIA!”
“Smettila di fare la puritana Belle. Ragazzo, vai a Yale e non dici niente?”
“Beh, non pensavo fosse importante.” Disse semplicemente Gold.
Belle guardò subito suo padre, ansiosa.
Lo sguardo di Moe era indecifrabile.
“Immagino.” Disse infine.
“Sì. È così. Pensavo contasse di più la facoltà del college in sé.” Ribattè Robert piccato.
“Beh, Yale è un’opportunità bella grossa.”
“Così come il college in generale. Per questo ho consigliato a Belle di tentare la borsa di studio, perché è una grande opportunità.”
Guardò Maurice dritto negli occhi. L’uomo non disse nulla ma Robert sapeva di aver fatto centro.
Era anche merito suo se Belle aveva deciso di tentare. L’aveva incitata, l’aveva sostenuta. Questo Moe non poteva certo negarlo.
“Belle ha preparato il dolce…se volete possiamo assaggiarlo…” Iniziò Ruby.
“Come mai hai scelto Yale?” Moe era ripartito alla carica.
“Papà…il dolce?” provò Belle.
“L’ho scelta perché era una buona università.”
“Tuo padre dev’essere felice di avere un figlio così ambizioso. Me lo ricordi un po’ in effetti.”
Robert non rispose ma si morse l’interno della guancia per non ribattere che a lui proprio non poteva fregare di meno se suo padre era felice oppure no.
“Papà…”
Belle aveva visto Robert e aveva visto come si era irrigidito a sentir parlare di suo padre. Moe ovviamente non sapeva come stavano le cose, se l’avesse saputo forse non avrebbe infierito in quel modo.
Ma non c’era modo di comunicarglielo senza umiliare Robert.
“Immagino sia felice. Non lo so di preciso perché non ne parliamo molto.” Rispose infine il ragazzo.
“Comunque dovresti essergli grato di averti dato una simile opportunità…non tutti sono così…fortunati.” Dichiarò Moe freddamente.
Ci fu qualche secondo di silenzio, nel quale Belle si aspettò di sentire Robert esplodere.
Invece quando parlò, lo fece con calma e determinazione, nonostante Belle sapesse che il ragazzo era profondamente irritato.
“Ho lavorato sodo per guadagnarmi un posto in quell’università. Studio molto e mi impegno. Quindi non sono fortunato. Anzi, tutt’altro.” Concluse amaramente.
Evidentemente Moe non trovava più nulla da aggiungere perché si limitò ad infilzare una foglia di insalata e a masticarla con foga.
“E comunque Boston mi è sembrata davvero una buonissima università e ne ho sentito davvero parlare bene. Belle andrà alla grande” Aggiunse dopo un po’, Robert.
Ruby sorrise e tirò un sospiro di sollievo.
Il ragazzo se l’era cavata bene. Evidentemente anhce Moe non aveva niente da ribattere. Si limitò a finire la sua cena, mentre Ruby riprendeva a chiacchierare con Belle e l’atmosfera si rilassava un poco.
 
 
Alla fine Regina si era fermata anche a cena.
Non che avessero mangiato un granché. Erano ancora piene dai due pacchetti di popcorn divorati per merenda. Emma aveva tirato fuori dello splendido burro di noccioline e si erano spalmate il tutto generosamente su una bella fetta di pane.
“Mhmhn” mugugnò Regina finendo di masticare “se mia madre mi vedesse si incazzarebbe tantissimo.”
Emma rise
“Tua madre sembra davvero tremenda da come la descrivi”
“Non…non è proprio così. Insomma, sì. Però a volte ho la sensazione che si senta sola e…incompresa. Per questo fa così. Mi racconta un…un sacco di cose tristi sul suo passato. Magari però mi sbaglio.”
Diede un morso al suo panino.
“Potresti chiederglielo, sai. Se si sente sola.”
“Credo che mi riderebbe in faccia.”
Continuarono a mangiare per qualche minuto, in silenzio.
“E’ complicato.” Disse Regina infine.
Sì, sua madre era complicata. Le cose con Cora erano sempre state complicate. C’erano stati dei brevi momenti in cui Regina si era sentita davvero amata. Ma per il resto della sua vita, la relazione con sua madre le era sembrata una continua sfida a soddisfare le sue ambizioni.
Ci aveva fatto l’abitudine ma a volte le sarebbe piaciuto che le cose fossero diverse.
“Io non so come fai a vivere senza questo tipo di cibo.” Mormorò Emma, spalmandosi del burro sul pane, concentrata.
“Ci sono abituata.”
“Beh, se hai voglia di disabituarti ogni tanto vieni pure da me a cenare.”
Regina sorrise.
“Volentieri.”
 
 
“Beh” iniziò Belle “Non è andata poi così male”
Robert la guardò reprimendo un mezzo sorriso, infilandosi velocemente la giacca e sistemandosi il colletto mentre sentiva i pesanti passi di Moe French in salotto. L’uomo si stagliò minaccioso nella luce che proveniva dalle scale.
“Buona serata.” Dichiarò. Si schiarì la voce con fare eloquente e si spostò al piano di sopra. 
Ruby lo seguì subito dopo, indicò Robert e fece un segno come dire “taglia la corda”, poi sorrise e salì le scale.
“Ti accompagno fuori” disse Belle.
Non aveva voglia di salutare Robert lì nell’ingresso, col rischio che suo padre o Ruby stessero origliando o magari li stessero spiando.
“Non ce n’è-“
“Andiamo.”
L’aria della sera era piacevolmente fresca e benché fosse maggio, quando il sole calava nel Maine non era mai veramente caldo. Belle rabbrividì impercettibilmente e si strinse nel suo cardigan.
“Vuoi la mia giacca?” le chiese Robert automaticamente.
“No, rientro subito.”
Lui annuì.
Camminarono in silenzio sul vialetto e poi, quando furono fuori dal giardino, ancora per un pezzo, sul marciapiede.
Dopodiché, Belle si fermò.
“Volevo salutarti come si deve. Ho la sensazione che Ruby ci stesse spiando.”
Robert sorrise vagamente.
“Lo ritengo probabile.”
La ragazza lo guardò per un lungo istante, poi si sporse in avanti e lo abbracciò.
Sentendolo ricambiare l’abbraccio, lo strinse ancora più forte, seppellendo il viso nella sua spalla. Forse avrebbe dovuto staccarsi ma non aveva nessuna voglia di farlo e a quanto pare neanche Robert. Rimasero immobili per diversi secondi.
“Belle?”
“Dimmi.”
“Guardami un momento.”
Belle si morse il labbro.
“No.” Disse infine.
“Perché no?”
“Perchè so cosa accadrebbe e non voglio.”
Se avesse alzato il viso, si sarebbe trovata inevitabilmente vicina a quello di Robert e a quel punto sarebbe potuta accadere una cosa soltanto. Una cosa che Belle non voleva. O meglio, che voleva disperatamente ma che non era pronta a fare.
Così fece l’unica cosa sensata.
Si staccò e si infilò le mani in tasca.
Robert la guardò da sotto in su.
“Scusa.” Disse infine. “Non dovevo e-”
“Non fa niente.” Lo interruppe lei “Ci lavoreremo su. Sei un buon amico comunque.”
“Mi dispiace se prima…ho sbottato. E’ stata un po’…dura per me.”
“Non hai sbottato” esclamò Belle stupita “Anzi! Dispiace a me per…per tutte le domande. Non te lo meritavi…ma per il momento è così. Mio padre è fatto così.”
Robert sorrise triste.
“Me lo sono meritato.”
“Comunque te la sei cavata benone.”
“Davvero?”
Lei annuì decisa.
Gold esitò, sembrava sul punto di dire qualcosa ma infine annuì anche lui.
“Allora…se…se non c’è altro…ci vediamo domani.”
“Già. E…Grazie ancora di tutto.”
“Figurati! Grazie a te per la cena!”
Belle rimase ancora un momento ferma. Poi si sporse in avanti e gli lasciò un leggero bacio sulla guancia sinistra. Gli lanciò un’ultima occhiata mesta, si voltò e camminò spedita verso casa.
 
 
“Allora, arrivederci.” Dichiarò Regina sulla soglia della porta.
Si guardò intorno un’ultima volta. Chissà quando avrebbe rivisto quella casa. Molto presto sperava.
Emma annuì e si grattò la testa a disagio.
Sembrava sul punto di dire qualcosa. Aprì la bocca ma la richiuse e si guardò i piedi.
“Guardi che non mi aspetto un bacio della buonanotte.”
Si maledisse nel momento preciso in cui pronunciò quelle parole. Respirò profondamente.
“Era una battuta.” Disse scuotendo la testa. “Volevo essere sarcastica. Mi sa che mi è uscita male.”
La professoressa non sembrava particolarmente colpita.
“Volevo chiederti una cosa.” Disse infine.
Regina capì perché non avesse reagito alla sua tremenda uscita di poco prima: probabilmente era concentrata sui suoi pensieri.
“Ti dispiacerebbe darmi del…del tu? Insomma, almeno se ci vediamo il pomeriggio. E’ tutto il giorno che ci penso…Dovrebbe essere una cosa normale. No?”
La ragazza si grattò la testa perplessa.
“Ah. Okay. Sarà un po’ difficile all’inizio ma potrei provarci.”
“Mi fa sentire vecchia sentirmi dare del ‘lei’ da una che avrà sì e no dieci anni in meno di me” borbottò Emma con un mezzo sorriso.
Regina annuì.
“Lei è vecchia.”
“Regina…”
“Ah, già. Tu sei vecchia.”
Emma scoppiò a ridere sollevata.
“Molto meglio.”
L’altra sorrise.
“Bene. Se non c’è altro, me ne andrei.”
“Immagino che ci vedremo lunedì a scuola.”
“Purtroppo sì.”
“Già.”
Seguì qualche secondo di imbarazzato silenzio, poi Emma fece un passo avanti.
Regina la guardò diffidente e fece un mezzo passo indietro.
“Ma che problemi hai!?” esclamò l’altra rabbiosa. “Uno non può neanche salutare!? Sei incredibile!”
“Mi sono solo spaventata.” disse Regina irritata, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Va bene. Va bene. Vai. CIAO.” Sbottò l’altra facendo un brusco gesto con la mano.
“Non mi saluti più?”
“Sì. Ciao.”
La ragazza la guardò male.
“Okay, ho esagerato.” Ammise risentita, beccandosi indietro l’occhiata torva dell’altra.
“Già.”
Regina rimase immobile, poi sbuffò, capendo cosa voleva Emma.
Aprì leggermente le braccia e la guardò.
La professoressa ricambiò lo sguardo.
“Mh” mugugnò infine.
Avanzò e la abbracciò. Era un abbraccio goffo e insicuro ma a Regina sembrò la cosa migliore del mondo. Un curioso calore le invase il petto.
E proprio come quel giorno in macchina, agì semplicemente d’istinto. Girò il viso fino ad incontrare la guancia di Emma e vi lasciò un bacio veloce sopra.
“Beh?” Esclamò la bionda staccandosi improvvisamente.
“Che c’è” esclamò l’altra sulla difensiva.
“Mi stupisci ogni giorno di più.”
“Non so di cosa parli.”
“Quel…bacio?”
“Si usa tra amiche.”
“A cosa devo l’onore?”
“Ma che vuoi! Basta! Ora vado. Ciao.” Dichiarò Regina, il viso bollente. Se rimaneva lì un altro momento, sarebbe letteralmente scoppiata.
Si girò senza dire nulla e scese le scale abbastanza velocemente.
“Era quello il bacio della buonanotte?” le urlò dietro l’altra dal pianerottolo “Torna qui! Sei proprio una cacasotto!”
Una volta uscita dal portone, Regina si incamminò rapida verso casa.
Svoltato l’angolo si fermò e respirò profondamente.
Il cielo era scuro e nell’aria c’era odore di pioggia. Doveva tornare a casa in fretta ma le gambe rimasero immobili, di piombo.
Forse aveva fatto il più grande casino di sempre o forse no.
Non sembrava, in ogni caso, era letteralmente sul filo di un rasoio.
Ogni gesto, ogni parola poteva essere qualcosa di troppo. Ogni piccola cosa poteva compromettere il loro rapporto.
Quello splendido rapporto che erano riuscite a costruire in quei mesi.
Io sono riuscita a fare qualcosa di così meraviglioso pensò Regina incredula.
Per la prima volta nella sua vita, aveva accettato l’affetto di qualcuno, aveva dato in cambio tutto ciò che poteva dare. Aveva costruito qualcosa di splendido.
E se lei, Regina Mills, era riuscita a farlo, allora la speranza esisteva davvero.
Sorrise felice.
Ogni volta che con Emma si era messa in gioco, il destino l’aveva ripagata con felicità.
Ma non era il destino, pensò Regina.
Era Emma. Era Emma che non aveva paura di fronte a lei, che non la guardava come se fosse una specie di aliena. Era Emma che l’aveva invitata a casa sua, che le aveva chiesto di rimanere a cena. Era Emma che si era interessata a lei, che l’aveva aiutata e sostenuta, che c’era sempre stata in quei mesi difficili.
Ogni istante con lei era splendido e valeva una vita intera di attesa.
E in quel momento Regina ammise finalmente a sé stessa di essersi innamorata di Emma Swan.






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Hiding  - Florence and the Machine (
http://www.dailymotion.com/video/x2vap1h qui il link, è una canzone poco rintracciabile in internet ma vale la pena di ascoltarla :3 )

Salve a tutti. Cosa dire? Come potete vedere, sono puntualissima.
Beh, sono tornata. Ho avuto davvero un periodo di mancanza totale di ispirazione ma sono lieta di annunciarvi che ho ricominciato a scrivere abbastanza regolarmente, quindi gli hiatus si ridurranno notevolmente. 
Il mio problema nasce principalmente dal fatto che la serie tv madre non mi dà più del materiale su cui lavorare, insomma, mi sfianca. Non dovrebbe essere così ma lo è. 
Con un po' di terapia dello scrittore sono riuscita a superare il blocco, quindi eccomi qui con un capitolo che spero sarà all'altezza delle aspettative e vi ricompenserà almeno un pochino per tutti questi mesi di attesa. 
Spero non risulti troppo lungo o noioso. Siamo ad un punto cruciale della storia e questo era un capitolo a cui tenevo davvero molto. Nella mia testa doveva contenere molto più fluff e romance, ma una volta su carta mi sono resa conto che forse era meglio andarci piano con ENTRAMBE le coppie + una - Tink e Hook.
La prima questione che mi sta a cuore è Belle: so che può sembrare un po' repentino questo cambiamento, ma per come la vedo io, Belle non è una persona a cui piace tenere il muso e non è una persona a cui piace soffrire e far soffrire gli altri. Anche negli episodi, nonostante tutto, è sempre tornata da Rumple, anche in qualità di semplice alleata. Da qui il loro riavvicinamento. Ma non agitatevi troppo...hanno ancora un po' di strada da fare :3
La seconda questione che mi sta a cuore: Regina ma soprattutto Emma. Ho cercato di rendere come meglio potevo i sentimenti di Regina, tralasciando spesso cosa prova Emma e cosa ne pensa di tutta la situazione. Prometto che presto, PIU' PRESTO DI QUEL CHE PENSATE, scopriremo finalmente qualcosa di più sulla professoressa, sul suo passato e sui suoi sentimenti. ANGST IN ARRIVO.
Terza questione: Moe French. Nella serie tv è proprio una, DICIAMOLO, merdaccia d'uomo. Io tendevo a considerarlo un padre super protettivo, un po' stronzo ed invadente, ma niente di che. Invece è proprio un bastardo. Ho deciso comunque di non volerlo rendere senza cuore e di attenermi ad una versione leggermente più moderata di Maurice French. Non credo che la Belle French che conosco accetterebbe un certo tipo di prevaricazioni da parte di suo padre, quindi ho deciso di rendere sì conflittuale il loro rapporto, ma non al punto da far odiare Moe.
E questo dovrebbe essere tutto.
Mi scuso ancora per lo hiatus enorme e per la mia lunga assenza da EFP. Spero che il capitolo vi piaccia, se avete voglia fatemi pure sapere cosa ne pensate, se vi è piaciuto, se qualcosa vi ha fatti storcere il naso...insomma, ditemi pure cosa ne pensate! 
Come sempre ringrazio tutti quelli che seguono la storia, quelli che la commentano e le povere anime del gruppo rumbelle whatsapp che si devono sorbire tutta l'ingiustizia di questo mondo insieme a spoiler tarocchissimi come "in questo capitolo c'è un limone". Ciao amiche <3
Un bacio a tutti e a presto!
Seasonsoflove

 
   
 
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