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Autore: kiliaduicaps    11/05/2016    1 recensioni
Castiel è vittima di… qualcosa, Sam prova malinconia, Dean esprime delle emozioni da ragazzo grande. Finisce in star gazing.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
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Titolo: Nell’Attico
Fandom: Supernatural 
Personaggi/Pairing: Dean Winchester, Sam Winchester, Castiel
Genere: Hurt/comfort? Si può classificare così? 
Avvertimenti: What If?
Parte: 1/1 
Rating: Verde, verdissimo 
Conteggio Parole: 2.736
Riassunto: Castiel è vittima di… qualcosa, Sam prova malinconia, Dean esprime delle emozioni da ragazzo grande. Finisce in star gazing.
Note: OH MIO DIO NON È UNA DESTIEL COSA MI È SUCCESSO. Anche se ormai mi riferisco a tutte le mie FF su questo telefilm come Destiel. (Storia vera.)
Sono stanca, devo ancora studiare, ma la pubblico per levarmela, dato che è ormai troppo che stagna nei miei file. Colpa della Beta - Yellow_, cagatela, mi sopporta fin troppo.
Ambientata nella… 8x07? Quando Castiel torna sulla Terra.
Spero vi piaccia perché ho sputato l’anima per scriverla. Il titolo riprende da questa canzone. Byeee.


Nell’Attico

 

È un'assolata giornata di luglio, sono le nove del mattino e la strada scorre solida e brillante sotto le ruote della sua bambina. È uno di quei rari giorni in cui il più vecchio dei fratelli Winchester sente il vento fischiare affianco al finestrino, il sole riflettere sul parabrezza e l'odore dell'estate saturare i suoi sensi, e ha voglia di tirare indietro il sedile e lasciarsi sorprendere da quello che gli riserva la vita.

Sam si sta grattando la barba, il colletto della camicia sbottonato a causa del caldo e un paio di occhiali da sole calati sugli occhi. Ha di recente adottato il senso estetico di un hipster, il che rende più facile ignorare le sue chiacchiere inutili. «È solo che non puoi andare avanti in una dieta che consiste di soli hamburger, è disgustoso,» sta borbottando, googlando il diner a loro più vicino, mentre Dean alza gli occhi al cielo e mima di sbattere la testa contro il volante, per mancanza di un’ulteriore reazione. 

È talmente impegnato ad illustrare al fratello i numerosi modi in cui non gliene frega niente da non accorgersi della sagoma insanguinata lungo la strada, portandolo al frenare bruscamente una volta che tale sagoma si lancia di fronte alla sua macchina.

Dopo lo spavento, una sgommata e qualche bestemmia, Sam è il primo a scendere dalla macchina e accorrere in soccorso della persona che hanno quasi investito. Dean, ancora occupato a sfilarsi la cintura e a scendere dalla macchina, si aspetta di sentirlo chiedere va tutto bene? e cos'è successo?, invece quelli a venire sono secondi di completo silenzio, finché il suo sguardo non cade sulla figura malridotta di Castiel. 

E ringhia.

«Hai appena, davvero ringhiato?» sussurra il fratello, accigliato, lanciandogli un’occhiata perplessa, mentre prende il moribondo per le spalle e lo aiuta a caricarlo nella macchina. All'altro interessa così poco che, una volta issato l'angelo sul sedile posteriore, marcia dal lato opposto della macchina e inizia a battere una mano sulla sua spalla per farlo svegliare.

«Allora, amico,» domanda, irato, osservando i suoi occhi aprirsi, «ti va di raccontarci cos'è successo?» 

Il sorriso di Cas è piccolo e ha l’aria di costargli più di qualsiasi altro movimento, scivolando via dopo qualche secondo. «Sembri adirato,» osserva, curioso, inclinando la testa, mentre Sam lo aiuta a tirarsi sugli avambracci e sedersi. Dean vorrebbe dirgli di stare attento, che quello non può essere il vero Castiel, che il loro amico è ormai perso nei meandri del Purgatorio e che l’angoscia, la colpa e il lutto lo stanno consumando, ma se è un demone a giocare con le sue emozioni deve trattarsi di un demone che lo conosce a fondo, perché sembra essere proprio lui.

Ed è per questo che non riesce a credergli.

Aspetta per qualche secondo di sentirlo continuare a parlare, le braccia conserte e il cipiglio diffidente. Il fratello lo sta fissando, confuso dal suo atteggiamento, e Cas sospira. «Nel Purgatorio sono morto,» comincia, abbassando lo sguardo e giocherellando con la manica del trench. Sai la novità. «Uno dei Leviatani è riuscito ad arrivare alle mie spalle, e una volta atterrato non è stato difficile finirmi.» Inspira, chiudendo gli occhi, con quella stanchezza millenaria che permea l'aria intorno a lui da… sempre, più o meno. «Ricordo solo di essermi svegliato sul ciglio di questa strada una mezz'oretta fa.»

Sam annuisce. A Dean non resta che concedergli il beneficio del dubbio. «Come mai sei in questo stato?» Ha la barba lunga, la pelle sporca di sangue, scarpe e vestiti sudici e l'aria di chi non dorme da giorni, con occhiaie così scure da essere gonfie, seppur per il resto sia stranamente illeso. 

La schiena e la testa di Castiel s'inclinano all'indietro, in un gesto così abbandonato da apparire fuori posto, enfatizzato dal suo sospiro rassegnato.

«Sono umano,» risponde. 

Dean pensa che Dio abbia un senso dell'umorismo insolito.

Lo lasciano riposare, tornando in macchina a loro volta, e nonostante il silenzio e l'aria tesa continuino ad aleggiare dopo diversi minuti Sam ritiene giusto continuare ad istruire Dean sui benefici di una dieta ipocalorica e a lamentarsi per l'ennesimo mixtape dei Led Zeppelin, lasciando all'altro il compito di illustrargli dove può ficcarsi la sua vita sana e di reiterare come fosse un suo diritto di scegliere la musica da sentire, sfidandolo a trovare da qualsiasi parte cassette con musica diversa da quella al momento nell'Impala. 

Si fermano ad un diner, svegliando Cas e dirigendolo verso il bagno. Lo lasciano solo a spogliarsi e a cambiarsi in qualcosa di più pulito, camminando nervosi davanti alla porta e aspettandosi di sentirsi chiamare a causa di qualsiasi problema; invece ne esce quasi del tutto ripulito da sangue e sudore, cambiato e con qualche taglio qua e là causato dalla lama da barba, senza la quale sembra ringiovanito di cinque anni. «Colazione,» li implora, e i fratelli non fanno in tempo ad ordinare e a vedersi arrivare le portate che l'ex angelo ha già addentato il proprio hamburger come se fosse questione di vita o di morte.

Una volta finito si alza in piedi. «Vado in macchina,» comunica loro senza guardarli, incurante della loro colazione ancora a metà e del conto non pagato.

Dean osserva la sua schiena andarsene, sotto shock, per un totale di due minuti, prima di ricordarsi di non avergli lasciato le chiavi dell'Impala.

 

Castiel rimane addormentato per quasi tutto il giorno, una presenza tranquilla e rassicurante nel sedile posteriore della macchina, il rumore della radio a coprire il suo russare leggero. I fratelli Winchester hanno percorso ormai così tante volte la Route 51 che potrebbero farla ad occhi chiusi. Sam ne approfitta per leggere un libro, schiacciare un breve pisolino e conquistarsi il diritto di non essere il responsabile della biancheria sporca vincendo un round di morra cinese con Dean.

Hanno fretta di andarsene dall’Illinois, e non solo per concentrarsi meglio sul nuovo caso a cui devono lavorare. Lo stereo dell’Impala è impostato su una stazione radio che nessuno dei due passeggeri svegli sta sentendo, e il più giovane vorrebbe fare una battuta al cantilenare distratto e incessante del fratello - molto somigliante all’ultimo singolo uscito alla radio - ma è preceduto dall’annuncio delle previsioni del meteo, che promettono, «con grande gioia da parte dell’intero stato,» tempo sereno per tutto il giorno e cielo limpido di notte.

Sorride. «Ehi, ti ricordi il Giorno dell’Indipendenza in cui finimmo al Navy Pier?» chiede a Dean.

L’altro ridacchia e risponde: «Come non ricordare l’anno in cui ce ne dimenticammo!» strappando anche a lui una risata. «A papà prese quasi un colpo, ci raggiunse e ci trovò fuori dalla macchina!»

«Dean,» invoca Sam, in un’imitazione divertita del genitore, «cosa ci fate qui? Cosa vi avevo detto?!» Erano le uniche parole che era riuscito a dire, il resto del suo rimprovero coperto dal primo fuoco d’artificio, seguito a raffica dagli altri, costringendolo ad osservarsi intorno e ad alzare la testa al cielo. Tutta la banchina brulicava di persone con in mano macchinette fotografiche di ogni sorta, fatta eccezione per i due fratelli, i cui occhi fissavano lo spettacolo pirotecnico con aria talmente rapita da costringerlo a chiudere l’Impala e unirsi a loro.

Suo fratello continua a ridere. «Ehi, ricordi la ragazzina che ci provava con te?» Sam vorrebbe protestare, aveva otto anni, Dean, ma realizza quanto sia inutile. E fu memorabile, la prima volta che mangiò dello zucchero filato, offerto dalla bambina in questione: «ciao, sono Karen,» aveva attaccato bottone, i capelli biondi tirati su in due code laterali, una gomma da masticare a distorcere la sua pronuncia, «ed è la prima volta che vengo qui.» Odorava di fuochi d’artificio e di rugiada. Dean lo avrebbe preso per il culo, se solo lo avesse saputo, ma aveva trascorso anni alla ricerca di qualcuno che gli ricordasse di lei, che aveva strappato un filamento del suo zucchero per cederglielo, accompagnando l’offerta confidandogli non faccio spesso queste cose, ma per il più bello di Chicago… e facendolo arrossire. Avrebbe voluto dirle che lui non era di lì, tantomeno il più bello, ma la mano di John aveva stretto con urgenza la sua spalla e la realtà gli era caduta addosso come una secchiata d’acqua fredda, perciò l’unica risposta a lui concessa, vedendo la schiena di suo padre e suo fratello ormai voltata, era stata di sporgersi verso la bambina e ringraziarla con un abbraccio.

«Sì,» risponde, quindi: «Me la ricordo, sì.»

Poi cade il discorso e il suo interlocutore gli chiede di chiamare Kevin e la madre, risultando in dieci minuti di lamentele riguardo la condizione dei motel americani e di sì, Linda, abbiamo mangiato, non ti preoccupare, siamo pieni - fin troppo pieni, borbotta la terza volta, mentre Dean alza gli occhi al cielo e gli strappa il telefono di mano. Kevin ha fin troppo tempo libero nelle sue mani, così Dean decide di istruirlo su quali libri leggere e telefilm vedere, e Sam, ormai esperto nelle sue preferenze in merito a personaggi fittizi, sorride nel sentirlo concludere la telefonata con «goditi Mattatoio n.5, giovane Kevin!»

«Come ce la passiamo, là dietro?» Castiel, troppo alto per stendersi per intero sul sedile posteriore, incrocia il suo sguardo, allunga le gambe e sospira, stiracchiandosi. Il più giovane dei Winchester sente il petto stringersi alla vista di quel movimento così umano da stonare sul rigido e freddo essere celestiale con la quale si è relazionato fino a quel momento, e si sente ancora peggio al pensiero che la condizione possa non essere momentanea.

«Temo… temo di dover rimettere.» C’è del terrore vero e proprio negli occhi di suo fratello quando sterza all’interno del parcheggio di un motel e frena, precipitandosi fuori dalla macchina per aiutarlo a scendere. Una volta svuotato il suo stomaco l’ex angelo arranca verso l’auto e torna a stendersi, seguito da Dean, che rimette in moto l’Impala senza dire una parola, gli occhi scuriti dalla preoccupazione.

Vorrebbe parlare della situazione, ragionare su cosa renda l’umanità di Cas così miserabile, ma nel lettore c’è una cassetta dei Bad Religion e Sam non è così ingenuo da non sapere cosa significhi. Stupidamente, gli torna in mente Karen, il suo aspetto indifferente e gli occhi maturi, i suoi capelli così chiari da stonare con l’oscurità intorno a loro e l’atteggiamento di chi è abituato alla propria vita. Se aprisse la borsa, così strappata da durare ancora per poco, troverebbe i vestiti macchiati di fuliggine e di sangue, risultato dell’ultima caccia. Qual è stata l’ultima volta che non ha dovuto lavarsi via l’odore della tappezzeria della macchina? Da quanto tempo non porta dei fiori a sua madre? Quanti dei suoi amici sono rimasti vivi?

Amelia è stata davvero la sua ultima possibilità di avere una vita normale?

«Dobbiamo trovare il figlio di puttana che ha ridotto Castiel in queste condizioni e sistemarlo per le feste,» dichiara Dean, le dita strette con violenza intorno allo sterzo. Ha l’aria di qualcuno che si sta accusando con durezza di un destino inevitabile, ma quando mai non l’ha fatto? Non è che lui ne sia così sorpreso, in verità. E forse è positiva, la sua caduta, forse è un segnale divino, un invito a far parte della specie che lo ha spinto a tradire la propria, a godere appieno dei vantaggi e degli svantaggi che l’umanità ha da offrire, ad apprezzare le gioie e a soffrire dei dispiaceri che affliggono la loro esistenza. Al suo posto, Sam non ne sarebbe del tutto dispiaciuto.

Ma Sam annuisce, inghiottendo l’invidia e la malinconia che gli stringono il cuore.




Si sveglia da solo, il sole da poco tramontato, sentendo la portiera del bagagliaio sbattere con violenza e delle voci soffocate discutere. L’interno dell’Impala è ancora tiepido col calore del giorno, e la coperta attorno a lui lo invita a chiudere di nuovo gli occhi, ma Jimmy Novak ha sempre avuto problemi di reumatismi, e la sua recentemente acquisita umanità protesta contro l’indolenzimento del suo fondoschiena. Non gli resta altro da fare se non uscire dalla macchina, lasciandolo disorientato dal ritrovarsi circondato dagli alberi, in mezzo ad una radura, il cielo colorato del blu scuro postumo al crepuscolo ma abbastanza limpido da non lasciarlo al buio totale.

I fratelli Winchester sono di fronte al bagagliaio aperto, da cui Dean sta tirando fuori una borsa termica, fischiettando la canzone che sta trasmettendo la radio dell’Impala. «Ehi,» lo saluta Sam vedendolo raggiungerli, un sorriso preoccupato, accarezzandogli una spalla: «Tutto bene?»

Tutto bene? Castiel sbatte gli occhi, disorientato, e vorrebbe rispondere, ma sente la gola chiudersi e gli occhi umidi. No, non pensa che vada tutto bene, non quando ha le mani così sporche di sangue non suo, non quando non è lì che dovrebbe essere, inutile nella sua umanità e incapace di darsi pace. È forse quella la punizione che Dio ha deciso di infliggergli constatato il suo comportamento - privarlo della possibilità di espiare i propri peccati, obbligarlo all’impossibilità di essere perdonato e di dover convivere con il ricordo delle proprie azioni?

Alza gli occhi, fissandolo. «Non lo so,» afferma, serio, osservando il pomo d’Adamo del minore dei Winchester muoversi mentre deglutisce, un brivido di freddo ad attraversare quel suo corpo su cui ormai non esercita nessun controllo. «Non lo so,» ripete, quasi disperato, sopraffatto dall’intensità delle proprie emozioni. «E non so cosa sto facendo né cosa farò, o per quale motivo io sia in queste condizioni, o se io debba - meriti - stare qui.» Vorrebbe chiedergli com’è sopravvivere al senso di colpa, alle nottate piene di incubi, senza soccombere all’orrore di cui lui stesso è la causa, senza lasciarsi consumare dal rimorso e dall’impotenza; vorrebbe chiedergli se è sempre così difficile, essere umano, essere facile preda di un’irrazionalità così intensa e ingombrante, prepotente con le sue necessità e nei suoi bisogni, costringendolo ad una difensiva perenne e rendendolo schiavo e dipendente dalle proprie sensazioni.

Sam, le sopracciglia aggrottate, che non ha bisogno di sapere cosa intenda sul serio, pare poter rispondere.

Lo precede Dean, piegato ad estrarre una birra dalla borsa ai loro piedi. «Ascolta, Cas,» comincia, inchiodandolo con lo sguardo, la voce ferma, «non so cosa sia successo in Purgatorio, ma non è questione di cosa ci fai qui. Ormai ci sei, amico. E ci sei sempre stato dentro, fino al collo, dal momento in cui hai realizzato di essere l’eccezione in una famiglia piena di cazzoni. Diavolo, non so per quale motivo tu sia voluto rimanere in Purgatorio, se i Leviatani ti abbiano fottuto tanto da causarti istinti suicidi o se siano i resti della vecchia cara insanità mentale, ma…» Abbassa la testa, giocherellando col tappo della bottiglia che ha in mano e stappandola, sorridendo lieve, vulnerabile. «Non ci sono rimaste molte persone,» mormora, indicando se stesso ed il fratello. «Non abbiamo quasi nessuno su cui contare. Non potremmo mai lasciarti andare, dopo quanto hai fatto per noi.»

Sam annuisce, silenzioso. Seppur sia buio, quando i loro sguardi s’incontrano gli occhi del maggiore dei Winchester sono chiari e affettuosi e le sue mani calde, mentre sfiorano le sue nel passargli la birra. «Sei un Winchester, ormai.»

Buon Quattro Luglio!, esclama il dj alla radio, e il bosco intorno a loro risuona dello scoppio del primo fuoco d’artificio della serata. Cas alza gli occhi al cielo, rimanendone rapito. C’era un tempo in cui non era molta la differenza fra se stesso ed una stella, entrambi figli di Dio, freddi e irraggiungibili, ma splendenti di una gloria sconosciuta a chi non sia famigliare alla beatitudine divina. Nonostante ciò, stretto in una maglia troppo sottile per proteggerlo dalla brezza serale e commosso dalla visione della volta celeste, la birra scivola amara nella sua bocca, e realizza di voler vivere quella vita. Non sa come rimedierà ai propri errori, ma crede sia proprio quello il punto: riuscire a perdonarsi da solo, elaborando l’accaduto, così da andare avanti, ritrovando il senso della propria esistenza o reinventandolo da capo, dandosi una seconda chance e non gettare la spugna. È per quel motivo che Dio lo ha ricongiunto con i Winchester - è quindi un premio, la sua rinascita, e non una punizione? Ne è abbastanza sicuro.

«Avremmo dovuto comprarli anche noi», si lamenta Sam, facendo sorridere l’ex angelo nel sentire il fratello replicare con «era il tuo turno» e l’evolvere della questione in una discussione sull’attitudine a mentire di uno e la poca memoria dell’altro, e Cas?

Cas sente che potrebbe davvero andare tutto bene.

   
 
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