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Autore: Ria-chan    12/05/2016    2 recensioni
Piccola storiella a sfondo Heart Pirates.
Su come viene reclutato Shachi e altro...
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“..ma, ti ho spogliato io per farti curare comunque..”
“TU-tu COSA???”
Penguin non risponde, ride ancora, apre la porta e la richiude velocemente alle sue spalle perché, in qualche modo, deve evitare la cuscinata che Shachi gli appena lanciato rosso in viso e con la voce tremante.
“Fa presto, ti aspetto qui!”
La voce attraversa la porta ed arriva fino a Shachi che si è tuffato nuovamente sotto le coperte per mascherare l’imbarazzo e l’agitazione anche se, ne è certo, Penguin l’ha visto arrossire e sentito balbettare e dal sorrisino che gli ha rivolto in quel momento deve essergli chiaro che lo trova dannatamente bello
“Zitto! ..Pervertito..”
Sospira pesantemente e tenta ancora di vestirsi. Una cosa è certa, non vuole farlo aspettare e mentre pensa questo due paroline appaiono chiare nella sua mente:
“Sono fregato”.
“Pervertito a chi????”
Cosa può farci Penguin se non può neanche dargli torto dal momento che, dopo averlo svestito per permettere a Law di curarlo, non riesce a togliersi quell’immagine dalla mente? Infondo non è colpa sua ma tutta di quel ragazzo eppure, sospirando e sorridendo, realizza infine:
“Sono fottuto."
Genere: Avventura, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Penguin, Pirati Heart, Shachi, Trafalgar Law
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La fatalità è roba da sfigati
 
Parte Prima
 
Un ragazzo corre per le stradine di un paesino semi-deserto; ansima, inciampa, è ferito e proprio non ce la fa a correre ancora ma deve, se vuole sopravvivere, deve farlo.
Si stringe con una mano il braccio ferito: sanguina copiosamente e in qualche modo deve arrestare l’emorragia.
Si sfila velocemente la camicia violetta che indossa e ne strappa un lembo di stoffa; lo avvolge al braccio e lo lega stretto, più stretto che può, con l’aiuto dei denti affilati.
Non è un medico e non sa se davvero quell’azione lo aiuterà, ma ci prova lo stesso.
E’ troppo giovane per morire così, è troppo presto per arrendersi e abbandonare il suo sogno di fare il pirata, è davvero troppo presto…
La sera sta scendendo lentamente; nonostante qualche raggio del sole al tramonto illumini ancora le figure degli edifici e dei rari passanti, il buio avvolge piano le stradine e gli spiazzi della cittadina e piano piano anche il vicoletto che il ragazzo ha imboccato, viene inghiottito dal buio.
Shachi ansima, si appoggia alla parete ed avanza ancora, strusciando lungo il muro di mattoni che delimita da un lato il vicolo stretto.
E’ troppo presto per cedere, se l’è ripetuto cento e più volte durante la folle corsa e se lo ripete ancora, come un ritornello, una ninna nanna che presto lo fa sopire:
scivola con la schiena lungo la parete di mattoni e si lascia cadere fino a terra.
Si tiene ancora il braccio con una mano e la ferita alla gamba con l’altra e continua, benché i sensi lo stiano abbandonando, a ritersi quelle due parole all’infinito: Non. Ancora.
Sente solo il freddo pungete e la durezza delle mattonelle in pietra sotto di sé e, per un attimo, pensa che quella sia davvero la fine.
Sorride mesto chiudendo gli occhi celati dagli occhiali scuri.
Non li leva, neanche adesso che non vede altro che il buio intorno a sé e la vista si sta ormai annebbiando; ha rischiato la vita per recuperarli e sono troppo importanti per lui per poterli perdere ancora.
Se deve morire, se davvero sta per lasciare questo modo adesso, non vuole separarsene ed anzi, se possibile, vorrebbe portarli con se anche nell’aldilà. Non gli importa di null’altro, perché a null’altro  è tanto legato da rischiare la vita e da pentirsene. Nulla vale di più.
Gli occhi ormai gli si stanno chiudendo e fatica davvero a tenerli aperti, anche solo a fessura. Li sbatte qualche volta ancora mentre intravede una figura andargli incontro, parlargli piano, muovere le labbra a pochi centimetri dal suo viso. La visione è troppo annebbiata perché Shachi riesca a capire o almeno a vedere nitidamente il volto dell’uomo che adesso lo sta sollevando di peso, stringendolo al suo petto e sottraendolo al freddo che quella notte e quel pavimento di mattoni gli stavano regalando.
La sola cosa che riesce ad intravedere con un minimo di chiarezza però, è un buffo cappello con alla fine uno strano pon-pon.
Forse dovrebbe avere paura, forse non ha da essere felice per quell’apparente salvataggio, ma un sorriso ormai, tenue, gli è già spuntato sulle labbra.
Se fosse in sé probabilmente starebbe già ridendo come un matto per quell’orrendo capo d’abbigliamento e quello stupido pensiero lo porta a decidere che si, vuole fidarsi di quell’uomo, non ha altra scelta infondo.
Così si lascia andare completamente, cerca solo di mormorare un leggero “Gra-zie” con le ultime forze che ha in corpo e poi sviene, inghiottito dal buio e dalla visione di un ragazzo che indossa i suoi preziosi occhiali e poco accanto, un buffo cappello compare. Shachi non sa ancora il perché ma gli è inevitabile pensare che, se nulla vale di più di quegli occhiali e del ragazzo che era solito portarli, ha trovato forse qualcosa che vale altrettanto.
 
******
 
“Ridammi i miei occhiali bastardo!!”
“Ahh?” L’uomo alto, massiccio, muscoloso e calvo che gli stava davanti, aveva agitato gli occhiali scuri in aria, facendoli roteare attraverso le stanghette:
“Parli di questi mocciosetto?”
Una risata sguaiata e rimbombante aveva seguito, accompagnata da quella degli altri due uomini che erano alle spalle di quest’ultimo e che lo seguivano. Dovevano essere i suoi scagnozzi senza dubbio. Shachi li aveva osservati bene a partire dall’uomo grosso che era al centro: una grossa bruciatura gli attraversava parte della testa calva e altri segni erano visibili sul torace nudo e lungo la guancia sinistra. Un orecchino pendeva ad un solo lobo e il ghigno sinistro e orripilante rivelava un dente d’oro che neanche ai pirati più carenti di gusto, aveva mai visto. Aveva infine dedotto il ruolo minore degli altri due non solo perché se ne rimanevano, come per una sorta di rispetto, qualche passo più dietro rispetto all’uomo calvo, ma erano anche più anonimi e non mostravano segni particolari o evidenti cicatrici, a conferma che non erano soliti affrontare combattimenti o quanto meno che non erano “al seguito” dell’uomo da molto tempo. Probabilmente anzi di sicuro, erano pirati ma a Shachi al momento non interessava; voleva solo riprendersi quell’oggetto così caro per lui e avrebbe fatto di tutto pur di riuscirci:
“Ho detto ridatemeli! Altrimenti non so cosa potrei farvi!”
Il corpo magro e minuto del ragazzo aveva rivelato subito agli uomini che lo avevano preso di mira che quello, altro non era, che un misero bluff: non credevano minimamente che quel ragazzetto castano dagli occhi grandi e solari, potesse trasformarsi per loro in una seria minaccia ed anzi, divertiti dalle parole e dalla prospettiva di trascorrere qualche momento di divertimento, avevano infine deciso di provocarlo ulteriormente.
Gli occhiali erano stati lanciati da un uomo all’altro e, mentre li afferravano al volo, facendoli volare pericolosamente in aria, Shachi era rimasto immobile con la testa china ed i pugni stretti.
Li aveva minacciati, questo era vero ed era vero anche che avrebbe voluto affrontarli e che forse, trovando un po’ di coraggio, presto l’avrebbe fatto ma era altrettanto vero che sapeva di non avere una forza sufficiente non solo ad affrontarli tutti e tre, ma probabilmente neanche sufficiente ad affrontare uno solo di loro.
“Allora ragazzo, sei solo chiacchiere o ci mostri davvero qualcosa?”
Il dolore delle unghie che, piano, perforavano la carne della mano e i denti che stridevano arrossando le gengive, non fecero altro che aumentare il divertimento dell’uomo calvo che, dopo essere scoppiato in una nuova, prorompente e chiassosa risata, aveva recuperato gli occhiali per poi sventolarli sotto al naso del povero ragazzo che, spaventato ed adirato, non riuscì neanche a sollevare la testa per fissare i suoi occhi in quelli dell’altro.
“Allora moccioso? Mi sto annoiando. Se non hai niente di interessante da farci vede….muori!”
Il pugno che investì Shachi colpendolo allo stomaco bastò per farlo rovinare a terra e battere violentemente fondoschiena e schiena contro la dura pietra che costituiva la strada.
Il dolore era forte e Shachi aveva tentato inutilmente di rialzarsi voltandosi e facendo leva con un braccio verso il suolo, mentre con l’altro si teneva lo stomaco che faceva dannatamente male. Sputò sangue e prima ancora che potesse alzare la testa un violento calcio lo colse sotto il mento facendolo nuovamente cadere a terra a pancia in giù.
“Sei davvero inutile moccioso!! Non vai bene neanche per giocare un po’” gli sputò addosso uno degli uomini.
“Ammazziamolo subito capo” continuò una voce poco distante.
“No no, perché non lo teniamo come giocattolino?” e tre sonore e vomitevoli risate accompagnarono quell’ultimo commento.
Avrebbe vomitato Shachi, se avesse potuto e, per la paura e per il sangue che gli colava ad un angolo delle labbra, era quasi sul punto di farlo.
“Rida-te-mi……que-…i miei….o-occ-occhiali!”
Il fiato era corto e la voce, bloccata nella gola, uscì più come un rantolo sussurrato che una vera e proprio minaccia.
Forse era giunta la sua ora, forse fare il pirata per lui, che di forza ne aveva ben poca, era solo una folle utopia.
“Però, un po’ di fegato ce l’ha il marmocchio!”
L’uomo calvo rise ancora, facendo vibrare l’aria intorno con quella sguaiata e fastidiosa risata e poi, con un gesto rapido, sollevò il pesante stivale da terra e lo schiacciò con forza sulla testa di Shachi.
Muovendolo da destra verso sinistra prese a schiacciare maggiormente la testa del ragazzo verso il suolo, lasciando che la polvere fine, adagiata sulla strada, imbrattasse il viso di Shachi e si mescolasse al sangue, alle lacrime e alla saliva che il poverino non poteva trattenere.
Per un breve attimo, che a lui parve infinitamente lungo, davvero troppo lungo, Shachi chiuse gli occhi stringendoli fino quasi a sentire dolore: pregò che tutto fosse un incubo, che da un momento all’altro potesse risvegliarsi nel suo letto e dimenticare quel brutto sogno. Ma faceva tutto troppo male, dannatamente male e un sogno, allora, non poteva essere. Pregò allora che tutto finisse in fretta, se proprio doveva morire almeno sperò di non soffrire abbastanza ma, non appena un nuovo calcio lo colse alla testa, un ricordo, un’idea, balzò alla mente del ragazzo.
Lasciò scivolare la mano lungo il fianco fino a raggiungere la tasta larga dei pantaloni verde mimetico che indossava.
Strinse la stoffa per saggiarne il contenuto ed assicurarsi che quello verso cui aveva rivolto le sue speranze fosse effettivamente lì.
C’era.
Quel maledetto coltellino che aveva sempre ritenuto inutile e aveva lasciato a marcire nelle tasche di quel pantalone, ora si dimostrava essere la sua luce di salvezza. Lo afferrò per il manico stringendolo con quanta più forza possibile, attendendo il momento giusto per poterlo utilizzare e cogliere l’altro di sorpresa.
Ad essere sinceri non sapeva neanche quale e se il momento giusto fosse arrivato davvero, ma al momento non poteva fare altro che attende, schiacciato al suolo com’era.
Chiuse nuovamente gli occhi serrando la mascella per sopportare quell’atroce dolore che dalla testa si diramava per tutto il corpo e, quando sentì un leggero rumore accanto al viso, li riaprì di scatto.
“Riprenditeli se ci tieni tanto, potrai sempre usarli all’inferno!”
“Oh si, c’è una gran luce lì, magari gli tornano utili!”
“Ma che luce cretino!”
“Ah? Cretino a chi idiota?”
Shachi ascoltò le odiose voci farsi sempre più distanti e indistinte nella sua mente, spostò poi lo sguardo avanti a sé e, prima si avvertire una nuova, violenta e dolorosa fitta alla testa, vide i suoi occhiali al suolo.
Per fortuna erano integri, fu la prima cosa che pensò, ma subito dopo la nuova scarica di dolore gli aveva nuovamente annebbiato la mente e annullato i sensi.
L’uomo calvo si accovacciò accanto alla testa del ragazzo che sanguinava e che non accennava a muoversi; con la mano lo scosse per le spalle controllandone lo stato e, con una nuova risate, concluse infine
“Mi sa che l’ho ucciso con qualche calcetto”.
Gettò il capo all’indietro e, accompagnato dalle risate degli altri due, si lasciò andare a quel delirante piacere che si prova nel sopraffare i più deboli e, proprio in quel momento, Shachi capì che era finalmente giunta la sua occasione.
Squarciò la stoffa della tasca con la lama e lo portò davanti a sé; facendo raccolta di tutte le energie rimaste si sollevò con l’aiuto dell’altro braccio e della gamba piegata e poggiata saldamente a terra e scattò in avanti.
Cogliendo di sorpresa l’uomo inginocchiato lo colpì al volto, di striscio si, ma la ferità sull’occhio fu abbastanza precisa e colse un punto così fragile che l’uomo cadde di spalle tenendosi le mani sull’occhio sanguinante e ferito.
Uno dei due scagnozzi, quello a loro più vicino, gli corse incontro mentre l’altro sfoderò a sua volta un pugnale parandosi davanti al ragazzo che, afferrati gli occhiali, gli si stava lanciando contro tentando la fuga.
Non fu abbastanza svelto da evitarlo Shachi: il pugnale lo colpì al braccio provocandogli un profondo e pericoloso taglio ma, per fortuna, fu abbastanza lesto da spintonare l’altro nella foga della corsa e farsi spazio per aprirsi la strada.
Corse senza mai voltarsi indietro, stringendo in una mano il coltellino dal quale gocciolava qualche goccia di sangue e nell’altra gli occhiali miracolosamente intatti.
Erano un regalo, un ricordo, una speranza che avrebbe protetto con tutto se stesso e che, non si spiegava ancora come, era davvero riuscito a salvare con le sue sole forze.
Corse fino ad un vicolo buio e, ansimando per la fatica e per il dolore, dopo aver nuovamente indossato il suo più prezioso oggetto, si lasciò scivolare a terra.
L’ultima cosa che vide fu un’ombra sollevarlo e raccoglierlo tra le braccia. Un buffo cappello. E un ragazzo che conosceva bene e che, davvero, gli mancava infinitamente.
 
***
Shachi si sveglia e si porta una mano alla testa.
Gli fa ancora tremendamente male ma il dolore al resto del corpo sembra invece sparito.
Si guarda prima intorno e poi lungo il corpo.
L’ambiente assomiglia a quello di un ospedale: le mura sono bianche, i letti puliti e ordinati, niente di particolare in giro; sembra proprio una stanza d’ospedale, pulita e candida ma, a ben vedere, nota qualche oggetto sparso qui e lì che attira la sua attenzione.
Sul comodino c’è una curiosa sveglia a forma di pinguino, l’anta di un armadio è aperta a rivelare maglie scure e strane tute grigie e soprattutto, verso la fine della parete, alla quale è addossata la spalliera del suo letto, vi è un oblò.
“Un oblò?? Ma dove sono finito?”
Se lo dice a voce talmente bassa che potrebbe benissimo essere un pensiero non espresso.
Si guarda poi il corpo e nota che i suoi vestiti sono stati tolti e sostituiti da un pantalone largo e grigio e una canotta nera aderente. Le fasciature bianche gli ricoprono il braccio e la mani ed allora Shachi non può fare a meno di pensare nuovamente ad un ospedale.
Si stringe ancora la testa tra le mani e cerca di pensare a mente lucida e ricordare come diavolo ci è finito là…là dove poi??
Gli viene infine in mente l’uomo che lo aveva aiutato e di colpo arrossisce, non la sa perché ma si sente imbarazzato e mentre nasconde nuovamente il volto tra le mani sente la maniglia della porta muoversi e qualcuno entrare:
“Come ti senti ragazzo?”.
Shachi alza subito lo sguardo e senza pensarci risponde un frettoloso:
“Bene grazie”.
Vorrebbe aggiungere anche un
“dove diavolo mi trovo??”
Ma la visione di quello strano cappello lo blocca all’istante e gli ferma le parole in gola.
“T-tu, tu s-sei..”
Non riesce a completare la frase ma avverte chiaramente il calore che dipinge di rosso le sue guance.

Parte Seconda
 
“Sta fermo, sei ancora debole. Ti ho trovato svenuto in un vicolo e ti ho portato qui e poi il mio capitano ti ha curato.”
“Capitano?”
“Non mi sembrava avessi subito danni alla testa…ehm si, capitano…Trafalgar Law”
“Chi?”
“Andiaaaaaamooooo, ma da dove vieni??”
“Eh?”
Ok, Shachi ha subito un forte colpo e le ferite, per quanto curate, fanno ancora molto male ma sinceramente non crede affatto di aver subito anche danni al cervello; per quanto si sforzi quel nome non gli dice proprio nulla e inoltre, dal momento che per “capitano” intuisce si possa parlare infondo di pirati, non è neanche più certo di essere al sicuro.
“Mmmmh come posso spiegarti… Trafalgar Law è…Trafalgar Law. Se non lo conosci, lo capirai presto.”
“O-ok”
Ottima spiegazione, davvero. Quel ragazzo dallo strano cappello, nonostante continui a dargli sicurezza e nessun motivo di temere, gli sembra si diverta particolarmente a prenderlo in giro nonostante la situazione. E’ una sua impressione forse, del resto è ancora debole ma quell’uomo sembra un completo idiota, diversamente invece da quello che l’ha salvato non molto tempo prima.
“Ehm…sei stato davvero tu ad avermi portato qui?”
“Fammi pensare” il moro si porta una mano sotto il mento e guarda distrattamente verso l’alto da qualche parte nella stanza. Shachi cerca di rubare dal suo viso qualche particolare ma, anche in quella posizione, il cappello gli copre quasi completamente lo sguardo e non riesce ad intuire davvero quale sia la personalità di quell’uomo che ora sembra preda dei pensieri più complessi e profondi che si possano immaginare.
Lo vede poi abbassare lentamente il capo, piegarlo verso un lato e voltarsi verso di lui:
“….si mi pare di si”
“Ti pare??? Ma che problemi hai tu??”
Il ragazzo avvolto nella strana tuta grigia abbandona l’uscio della porta che, lentamente, si è chiuso alle spalle e si avvicina al lettino su cui Shachi è disteso. Shachi trema appena al vederlo avvicinarsi così silenzioso e non può fare a meno di arrossire ancora, ma per cosa poi?
“Allora? Non-non rispondi?”
“Io sono Penguin e tu?”
Penguin si siede sulla sedia metallica poco distante dal letto e sfoggia uno dei suoi migliori sorrisi: uno di quelli che adori o vorresti solo rompere a pugni e Shachi risponde, come ipnotizzato.
“Shachi”
“ohhh Chi-chan!”
“Si..”
Ma come si? Quel sorriso lo sta inebetendo a tal punto da dimenticarsi anche quello che aveva chiesto poco prima, ma non può farci proprio nulla Shachi, se non rimanere ancora una volta incantato e sognante, preda di un ricordo che riaffiora nella mente quando meno se l’aspetta.
“Ma! Non mi hai riposto!”
“Ah già…mmm sei tu al momento”
“Io-io cosa?”
“Il mio problema” e sorride ancora. Sia maledetto quel sorriso che gli manda in pappa in cervello! Non ci è riuscito l’uomo calvo picchiandolo e ferendolo a sangue e ci riesce quest’uomo misterioso di cui non sa ancora nulla. E’ ironico, davvero e Shachi trattiene a stento una risata. Anzi, non appena si ricorda di quello strano cappello e di quello che aveva pensato non appena l’aveva visto, non può proprio trattenersi oltre e scoppia a ridere con tutta l’aria che ha nei polmoni. Ride, fino a che non gli lacrimano gli occhi e la sua risata allegra, solare e sincera, invade la stanza.
Penguin rimane tremendamente sorpreso nell’udirla; non è facile sorprenderlo ma, in effetti, non è tanto l’imprevedibilità del gesto ad averlo meravigliato quanto la bellezza di quella risata spontanea e cristallina. Guarda il ragazzo di sottecchi e sorride anche lui, trasportato dalla solarità e dall’allegria dell’altro. Quel ragazzo gli piace, ancora non sa spiegarsi il motivo ma l’ha notato subito: quegli occhi castani sembrano riflettere il sole e quel volto da ragazzino è tremendamente seducente.
“Eh dimmi… perché ti hanno pestato?”
“Non mi hanno pestato!”
“E cosa? Giocavate ad acchiapparello e ti sei fatto male? Ah ah! Lo dico sempre io che correre è pericoloso!”
“Ma sei scemo?? Ti pare che cadendo mi pugnalo un braccio?”
Penguin fa spallucce; lo ammette, che si sta divertendo da morire ma certo non ad alta voce se non vuole che il ragazzo gli pianti un calcio e fugga via:
“Hey hey non ti scaldare. Dicevo per dire.”
Shachi lo squadra pensieroso, effettivamente si, se quel ragazzo è davvero così, si è sbagliato di grosso sul suo conto. Mai dare retta alla prima impressione. Mai pensare che il destino ci abbia portato quello che volevamo così, per puro caso, senza chiederci in cambio null’altro.
“La fatalità è roba da sfigati…si si Tew, lo so lo so..”
Non si accorge neanche di aver pronunciato ad alta voce quelle parole ed aver addirittura annuito a se stesso con fare convinto. Lo intuisce solo quando Penguin scoppia a ridere divertito e lo indica tenendosi la pancia e quasi rotolandosi a terra gli rivolge di nuovo parola:
“Bella filosofia di vita! Davvero geniale” lo biascica tra una risata e l’altra e benché veda perfettamente il volto contrariato di Shachi non riesce proprio a trattenersi. Una parola però, un nome in particolare, stona leggermente in quel momento e Penguin fa finta di non farci caso ma, in realtà, vorrebbe sapere. Ovviamente ha i suoi metodi per farlo e dal momento che il ragazzo è appena reduce da un momento poco piacevole e forse si fida ancora poco, non gli sembra l’ideale domandarglielo apertamente, ma sa già come arrivarci e non ha dubbi che Shachi lo condurrà dritto dove intende arrivare.
“Aaaaallora, perché ti pestavano?”
“Ti ho già detto che non mi pestavano!”
“E co- aspetta!”
“Ah?”
“Questa cosa mi sa di dejà-vù”
“Perché me l’hai già chiesta”
Doveva avere ancora dubbi? E’ idiota. Punto. Quel ragazzo è terribilmente bell- idiota! Anche bello questo si, ma soprattutto fuori di testa e non ci vuole certo un genio per capirlo, dal momento che a Shachi sembra chiaro come il sole; eppure quel carattere strano, ambiguo, lo attrae terribilmente: si sente a suo agio anche se non si conoscono che da qualche ora e stare in sua compagnia lo fa sorridere, incazzare anche ma soprattutto sorridere.
“Si, mi pestavano.”
“Vedi che avevo ragione!”
“Non esserne felice almeno!”
“E perché se si può sapere?”
Quando Penguin torna nuovamente serio, accavalla le gambe e poggiando un gomito sul ginocchio e con il mento nella mano si sporge verso di lui, Shachi si trova a ritrattare nuovamente tutto. Lo vede adesso così serio che non gli sembra più la stessa persona di pochi attimi fa e l’attrazione che ha provato all’inizio diventa più forte ancora. Vorrebbe strappargli quel capello e poter vedere il suo viso ma ha paura che, vedendo quanto imprevedibile quell’uomo possa essere, possa succedergli qualcosa e quell’attimo di complicità e divertimento che stanno vivendo, possa spezzarsi del tutto.
Deve considerare anche che Penguin è un pirata e che, a dispetto del suo modo di agire e comportarsi, il suo capitano potrebbe non essere tanto gentile e comprensivo.
Risponde pensando a queste e molte altre cose eppure finisce con il rispondere ugualmente ed anche nel modo più sincero possibile:
“Mi avevano rubato una cosa a cui tengo molto”
“Intendi quelli?”
Penguin indica con un cenno del capo gli occhiali poggiati sul comodino accanto al letto e Shachi in risposta annuisce con il capo:
“Si. Sono molto importanti per me.”
“E ti sei fatto malmenare per quelli?”
“Si. Non posso perderli”
A dispetto della situazione e dell’eccitazione che prova nello stare accanto a quell’uomo che lo ha aiutato e l’ha salvato, Shachi non può fare a meno di intristirsi non appena pensa a LUI..
“è..è un regalo importante”. E’ un SUO regalo, di Tew, vorrebbe aggiungere ma non ne ha la forza, non osa dirlo e non lo fa. China solo il capo e stringe di più i pugni e non osa dire altro.
Penguin l’ha visto privo di sensi, ferito, sofferente, dormiente, ridente e innervosito e il tutto in qualche oretta scarsa eppure, mentre lo guarda in quello stato, triste e abbattuto, avverte una fitta al cuore. Quei grandi occhi nocciola sembrano parlare per lui e dicono solo la verità, cosa che Penguin ha notato subito e che lo ha attratto più di qualsiasi altra cosa.
“Anche questo..”
Cerca di sviare i pensieri di Shachi costringendo la sua attenzione su di lui e indicandosi il cappello:
“anche questo è un regalo importante per me. Posso capirti. Ma non giustifica quello che hai fatto! Potevi rimetterci le penne! Fortuna che c’ero io a salvarti. Una bella casualità ti pare?”
“La fatalità è roba da sfigati”
“Anche questo mi sembra un dejà-vù”
“Perché l’ho già detto Penguin.”
“Anche ques-“
“Ok ok basta”
Penguin vuole vederlo e sentirlo ridere nuovamente. E ci riesce. Non può credere di essere già drogato di quella splendida risata ma al momento non vuole pensarci, gli basta essere riuscito nel suo intento e, contagiato, ride anche lui. Se possibile vorrebbe tenersi quel ragazzino spaventato, ferito e solare con sé ma questo è qualcosa che deciderà il capitano e a lui resta solo che attendere il verdetto.
Nel frattempo Shachi è diventato curioso, anche lui vuole sapere e non si fa certo problemi nel domandarlo:
“Chi te l’ha regalato il cappello?”
“Il mio capitano”
“Ah, capisco.”
Quel ragazzo è davvero splendido. Penguin non può fare a meno di pensarlo ora che lo vede di nuovo leggermente imbronciato e dal suo sguardo si capisce chiaramente il piccolo fastidio che ha appena provato a quella risposta. Gli sembra quasi un cucciolo, nonostante a occhio e croce sembrerebbero avere più o meno la stessa età e la voglia di abbracciarlo è davvero forte ma non può lasciarsi andare, non adesso almeno.
“E il tuo? E’ un regalo di?”
“Mio fratello.”
Lo vede chinare nuovamente il capo ed intrististi maggiormente ma stavolta neanche Penguin riesce a trattenersi e vuole saperne di più.
“Ne vuoi parlare?”
“C’è poco da dire. Voleva fare il pirata ma è morto prima di riuscirci. Mi ha lascia-“
“Andiamo andiamo.”
No, non ce la fa proprio Penguin; se lo vede nuovamente in quello stato il suo cuore muore. In teoria, non riesce proprio a spiegarsi perché dovrebbe farsi trasportare da un ragazzo che conosce appena…passi il capitano che conosce da anni ormai e tra loro c’è sempre stato un particolare interesse… mentre in pratica ormai neanche ci pensa più a quanto sexy e eccitante sia il suo capitano e pensa solo a quanto bello e innocente sia Shachi. Deve essere impazzito, magari la botta in testa l’ha presa lui ma, quando?
Leggermente gli poggia la mano sulla testa castana. Scompiglia appena i capelli lunghetti e con tutta la delicatezza che possiede lo carezza prendendolo in giro:
“Su su, ora ci siamo noi. E se vorrai potrai diventare tu un pirata, in questa ciurma s’intende. Non avere paura..”
“Ma chi ha paura!? E smettila di trattarmi come un moccioso!”
“Ma non ti sta mai bene niente, Chi-chan??”
“Sei tu che non stai bene! E….Chi-che??..ripeti un po’?!”
Penguin scoppia a ridere: Shachi ha il volto arrossato e quando si arrabbia è davvero adorabile. Adorabile? Si, è già arrivato a questo punto ma ormai non gli importa più perché ha seriamente intenzione di tenersi quel ragazzino divertente e di chiedere al capitano di accoglierlo nella ciurma; certo, non è che possono ributtarlo per la strada.. in verità si, potrebbero e come pirati dovrebbero anche ma per fortuna Penguin conosce Law e sa che lui non lo farebbe.
“Vestiti da bravo, che ti porto a conoscere il capitano, Chiiiiiii-chaaaaaan”
“Va-va bene. Ma tu esci!”
“Che c’è, ti imbarazzi Chi-chaaaaan?”
“Non è questo…io-fuori! Mi vesto ed esco.”
“Ooook, ti aspetto fuori allora. Ma…”
Penguin si avvia alla porta e sta per aprirla;  cavoli se quel ragazzino lo fa divertire. Quasi quasi pensa che un tipetto così divertente potrebbe fare la felicità del capitano, nel prenderlo in giro è ovvio ma adesso che ha appena deciso che è suo, non crede lascerà al capitano altro spazio oltre al prenderlo un po’ in giro.
Apre la porta e si volta un’ultima volta verso Shachi, lo vede armeggiare con le coperte e impacciato tentare di rivestirsi sotto di esse e non può fare a meno di sorridere ancora. Quante volte l’ha già fatto da quando quel ragazzo è nella sua camera?
“..ma, ti ho spogliato io per farti curare comunque..”
“TU-tu COSA???”
Penguin non risponde, ride ancora, apre la porta e la richiude velocemente alle sue spalle perché, in qualche modo, deve evitare la cuscinata che Shachi gli appena lanciato rosso in viso e con la voce tremante.
“Fa presto, ti aspetto qui!”
La voce attraversa la porta ed arriva fino a Shachi che si è tuffato nuovamente sotto le coperte per mascherare l’imbarazzo e l’agitazione anche se, ne è certo, Penguin l’ha visto arrossire e sentito balbettare e dal sorrisino che gli ha  rivolto in quel momento deve essergli chiaro che lo trova dannatamente bello anche se non è riuscito a vederlo ancora bene in viso.
“Zitto! ..Pervertito..”
Sospira pesantemente e tenta ancora di vestirsi. Una cosa è certa, non vuole farlo aspettare e mentre pensa questo due paroline appaiono chiare nella sua mente:
“Sono fregato”.
“Pervertito a chi????”
Cosa può farci Penguin se non può neanche dargli torto dal momento che, dopo averlo svestito per permettere a Law di curarlo, non riesce a togliersi quell’immagine dalla mente? Infondo non è colpa sua ma tutta di quel ragazzo eppure, sospirando e sorridendo, realizza infine:
“Sono fottuto!”
 
***

“Sei sicuro che si vada per di qua?”
Penguin si ferma un attimo; quei corridoi sono lunghi e bui e perdersi non è affatto difficile…
“mmmh…ma certo! Vivo qui, ti pare che non sappia dove vado?”
“E che ne so. Rintronato come sei”
“Io sarei cosa?”
Se qualcuno li vedesse in quel momento, qualche membro della ciurma, il vice peloso o chiunque altro, classificherebbe subito i due come amici di vecchia data, non sapendo invece quanto poco Penguin e Shachi si conoscano in realtà. Vederli battibeccare così, ridere insieme e spintonarsi come ragazzini confermerebbe subito la tesi a colpo d’occhio eppure, se invece li vedesse Law, capirebbe molto di più.

“Penguin”
“Ca-capitano”
Shachi si volta di scatto all’udir quella parola. E’ terribilmente curioso di vedere che genere di capitano avrà, se la fortuna lo aiuta ad entrare in quella ciurma e soprattutto che genere d’uomo ha fatto quel regalo a Penguin a cui lui è tanto affezionato.
“Vedo che il nostro paziente sta meglio”
Shachi dovrebbe rispondere, almeno dirgli grazie per quello che ha fatto per lui ma non riesce a spiccicare parola davanti a quel ragazzo che sembra avere la sua età e che gli sorride in modo tanto malizioso e seducente.
“Gr-grazie”
Balbetta quel “grazie” senza neanche accorgersi che il suono esce dalle sue labbra e resta ancora a fissare l’uomo che, se non ricorda male, Penguin ha chiamato Trafalgar Law.
Lo osserva nella sua intera figura: è slanciato e proporzionato, ha la pelle leggermente olivastra e due occhi taglienti e profondi. E’ bello. Lo è terribilmente, quasi quanto Penguin. Quasi. Non si accorge neanche di quella piccola parolina che, nel suo cervello, fa una differenza  enorme.
“Io-io”
“Penguin, starà in stanza con te, spero non ti dispiaccia”
“Certo che no, capitano.”
Penguin da’ una gomitata a Shachi e poi lo guarda sorridendo,
“Dovresti ringraziare, Chi-chan”
Shachi guarda i due come fossero alieni; si sente stupido in quel momento, non sta capendo nulla a parte che, in quel sottomarino, sembrano essere tutti estremamente belli e lui, invece, si sente fuori luogo. Annuisce distrattamente reagendo alla gomitata del moro e con quel gesto impercettibile fa capire a Law che gli è grato per tutto quello che ha fatto e sta facendo per lui.
Li guarda ancora, spostando lo sguardo dall’uno all’altro fino a inchiodarlo sulle spalle di Law che si allontana lungo i corridoio prima di aver sorriso ancora ad entrambi. Quel sorriso è strano, sembra di scherno e forse lo è davvero eppure, ugualmente, Shachi non riesce a non fidarsi di quell’uomo quasi quanto si fida di Penguin. E’ davvero shoccante per lui ritrovarsi a dare la sua fiducia a due perfetti estrani; sa che i pirati non sono sempre persone a cui accordare la proprio fiducia ma, d’altronde, le eccezioni esistono e ringrazia il cielo di averle incontrate sul suo cammino.
“Vieni, torniamo in camera mia”
Gli dice Penguin risvegliandolo dai suoi pensieri.
“La tua? E perché mai?”
“Chiiiii-chaaaaan, non hai sentito?? Saremo compagni di stanza e poi…ci sei stato dentro fino a qualche attimo fa.”
“A si si….che cosa???”
Troppi shock, troppe casualità, Shachi non ce la fa più, quel giorno lo sta stremando davvero e a questo punto, se davvero la fatalità è roba da sfigati…beh lui comincia a sentircisi anche!
Silenzioso segue la schiena grigia del moro che cammina pochi passi davanti a lui e s’arresta quando, a pochi passi di distanza, Penguin fa lo stesso davanti ad una porta in metallo chiusa.
Anche di schiena quel ragazzo è bellissimo e, anche se è coperto da quella sformata tuta, Shachi non riesce a non immaginare un corpo snello ma muscoloso e proporzionato al di sotto di essa. Vorrebbe vederlo, vorrebbe sfiorare la sua pelle, vorrebbe vedere il suo viso, toccare i suoi capelli, accarezzare le sue labbra..
“Non entri?”
“A-arrivo”
Avanza sicuro e a testa china per nascondere il rossore che tutti quei pensieri gli hanno procurato e s’infila come un fulmine nella stanza che ormai ha imparato già a riconoscere.
Penguin lo guarda tirare dritto come un toro e sorride tra sé nel vederlo nuovamente imbarazzato anche se, questa volta, non si spiega il motivo. Vorrebbe solo poter prendere quel viso tra le mani e vederlo arrossire nel momento in cui, lo sguardo di entrambi, viene incatenato l’uno nell’altro. Vorrebbe ma non osa farlo, ha paura di ferirlo, di spaventarlo e, ad essere sinceri, non vorrebbe mai costringerlo a fare qualcosa che non desidererebbe; questo perché Penguin lo sa: se Shachi lo guarda ancora arrossendo e con gli occhi lucidi e spalancati, lui non potrà resistere.
“Non male come stanza”
“Certo! Ti ricordo che è la mia”
“E che vorrebbe dire?”
“Oh beh, che è bella come me”
“Ah però…modesto, Pen-chan”
Penguin non ha capito se il castano si è accorto di aver pronunciato quel nomignolo o se gli è scappato per puro caso ma, la cosa, lo rende immensamente felice: è un passo più vicino al non riuscire a trattenersi e lo sa bene eppure, vuole prima essere certo di essere altrettanto desiderato.
“Oh, dimenticavo! Tieni.”
il moro gli porge una di quelle tute grigie e sformate e Shachi vorrebbe proprio evitare di indossare quell’orrore ma, prima ancora che possa ribattere con un
“ma neanche per sog-“
si ritrova steso sul letto con Penguin sedutogli addosso che cerca di spogliarlo ed infilargliela tra una risata e l’altra.
Shachi ride, è felice come non mai e si sta davvero divertendo con quel ragazzo che, ormai, crede sia diventato il suo punto di riferimento nella vita. Si dimena e gli fa il solletico per liberarsi dalla sua presa e contrattaccare ma Penguin non demorde e, tra una risatina e l’altra, continua a solleticarlo a sua volta e guardarlo nascosto dal cappello.
E’ talmente preso da quel volto, quegli occhi e quel sorriso, che per un attimo molla leggermente la presa ed una gomitata di Shachi gli scopre la testa.
Sembrano attimi infiniti e visti al rallentatore quelli in cui, il cappello di Penguin, si stacca dal capo del suo proprietario e rovina dolcemente a terra.
Scopre i capelli neri, lucidi, lisci e setosi e quello sguardo fino e seducente che Shachi ha fin ora solo immaginato.
Come reazione Penguin non si accorge nemmeno di essere scattato in avanti, di aver afferrato un braccio di Shachi ed averlo costretto contro il letto sulla sua testa. Lo fa principalmente per abitudine di difesa e, quando si trovano vicini, troppo vicini, l’uno ad un soffio dal volto dell’altro, ringrazia quella sua abitudine che invece avrebbe potuto rovinare quel momento.
Come resistere adesso? Adesso che, proprio come aveva immaginato poco prima, sono occhi negli occhi e, il volto arrossato di Shachi è tanto bello da non poter proprio fargli desiderare null’altro che baciarlo, ovunque?
Il cuore gli esplode nel petto durante quegli attimi eterni e non gli era mai successo prima, neanche con Law, neanche con il suo amatissimo capitano.
Deve. Deve farlo. Non vuole impazzire. Ma sta impazzando. Non vuole rischiare di rovinare un’amicizia appena nata ma l’ha appena fatto.
Si cala con lentezza sulle labbra di Shachi e le scopre morbide, carnose, esattamente come sembrano e, quando lascia le braccia del castano e queste si stringono attorno al suo collo, Penguin vince anche l’ultima resistenza contro se stesso.
Sta baciando Shachi; l’ha appena conosciuto ma non importa, non ha desiderato altro dal primo momento che l’ha preso tra le braccia salvandolo e, se davvero la fatalità è per gli sfigati, è davvero contento di esserlo adesso.
 
Parte Terza
 
Le mani calde di Penguin scorrono lungo tutto il suo corpo e Shachi ansima, freme, cerca di controllare il suo respiro pesante ma non ci riesce.
Si porta un braccio alle labbra, tentando di coprirle con quest’ultimo e soffocando i gemiti che incontrollati si liberano dalla sua bocca, ma Penguin non glielo permette.
Vuole sentirlo, vuole godere di ogni suo gemito, ansito e invocazione che esce da quelle carnose labbra. Vuole averlo tutto e vuole che nessuno possa mai toccarlo come ora sta osando fare lui. Vuole farlo impazzire, vuole legarlo a sé e vuole vederlo felice. Vuole entrargli nell’anima e nel corpo e vuole farlo piangere e urlare quando i loro corpi si uniranno.  Il tutto insieme, senza capire quanto le cose che sta pensando siano opposte e contraddittorie, quanto siano irrazionali e avventate. Perché sì, Penguin è attratto da quel ragazzo ma non può certo dire di essersi innamorato! Non dopo qualche giorno almeno, non dopo così poco tempo passato insieme, non…perché non può? Forse lo è già e se ne rende anche conto e allora scosta dolcemente il braccio e guarda il ragazzo: ha le guancia arrossate e le lacrime agli occhi e lo trova bellissimo, Dio se lo trova bello. Gli sorride sincero prima di gettarsi nuovamente sul suo viso e baciarlo con foga e passione.
Shachi non lo crede possibile, eppure tutto ciò sta accadendo davvero.
La lingua di Penguin è dolce e si muove sicura nella sua bocca e sa inspiegabilmente di fragola. Per un attimo pensa al pacchetto di caramelle che ha visto sul comodino accanto alla sveglia a forma di pinguino e si spiega il perché di quel sapore tanto buono, ma subito dopo si dà dello stupido per un pensiero tanto banale: quella lingua gli sarebbe piaciuta comunque,  qualunque sapore avesse avuto e di questo non ha dubbi.
Si sente un po’ impacciato però, non ha mai baciato nessuno né tanto meno un uomo; si lascia allora condurre e quando vede Penguin staccarsi da lui, trasportando un filo di delicata saliva che ancora li lega, ridere piano, Shachi diventa rosso e sbuffa imbarazzato voltando la testa di lato.
“Andiamo Chi-chan! Non volevo farti arrabbiare!”
“Sta zitto!”
“Ma..”
“Zitto!”
“Io..”
“Shhh!! Ma conosci il significato delle parole, pinguino??”
Dannazione! Ma perché deve prenderlo in giro così e perfino in quel momento?? Davvero irritante questo ragazzo, bellissimo sì, ma decisamente irritante e Shachi è quasi tentato di spingerlo via e fare l’offeso se le mani del “maledetto provocatore” non si fossero posate sul suo viso costringendolo a girarsi nuovamente.
“Su su, ho detto che mi dispiace! Sei così carino che non sono riuscito a trattenermi.”
“Ca-ca-carino?? Mollami! Ho detto mollami!”
“Che ti prende adesso??? Fa il bravo su, o ti si aprono le ferite. E poi…mi tocca spogliarti di nuovo…”
“Che- che cosa???”
Penguin scoppia nuovamente e ridere e un po’ gli dispiace che l’atmosfera calda e rovente sia sciolta così in fretta e per colpa sua, ma davvero non può trattenersi, non almeno davanti alle guance gonfie di Shachi che lo guarda innervosito.
Lo vede alzarsi dal letto e dirigersi verso l’armadio a riprendere probabilmente la tuta grigia alla quale dovrà presto abituarsi. Lo vede afferrarla e chiude per un attimo gli occhi, Penguin, conscio che la splendida vista del corpo di Shachi verrà coperta a breve da quello sformato capo d’abbigliamento.
“Ti prego; torna qui.”
Lo sussurra appena, con voce però chiara, limpida, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi e spera che così, in qualche modo, riesca a convincere il ragazzetto arrabbiato.
“Neanche per sogno!”
“Che c’è non ti piaccio?”
“Non ho detto questo!”
“Quindi ti piaccio?”
“Si ma che…ma che c’entra?? Ades—aspetta!! Io non volevo dire questo!!! Maledettooooo!!!”
Penguin ride nuovamente quando Shachi gli si butta addosso e tenta in un modo tutto suo di fargliela pagare a dovere. Ride di cuore non solo per quel gioco infantile ed eccitante a cui non gli capitava di prendere parte da molto tempo, ma ride soprattutto per l’ingenuità, la schiettezza e anche in piccola parte l’infantilismo di “Chi-chan”. Ora comunque sa anche qualcosa in più, qualcosa di davvero importante e che gli scalda infinitamente il cuore. Lui piace a quel ragazzo. Gli piace davvero, a quanto sembra. Il fatto che sia riuscito ad estorcergli la cosa con l’inganno non significa che quelle parole non siano vere anzi! Penguin piace a Shachi. E forse il moro doveva capirlo già dal primo istante in cui sono visti ma evidentemente il cappello gli impediva di vedere molte cose. E dal bacio? Da quello avrebbe forse dovuto accorgersene ma a quanto sembra era troppo preso da altro per riuscire ad accorgersi di simili, importanti, particolari. Piace a Shachi. Penguin ride e ci pensa: lui piace a quel ragazzo ma, ancora più importante, a lui piace immensamente quel ragazzetto.
Sarà una gioia averlo nella ciurma e, se la fatalità è roba da sfigati, forse ora capisce il perché: credere che tutto accada per caso è davvero poco gratificante, sapere che il suo destino era trovare Chi-chan non lo è molto di più.

 

Una belle scemenza XD
Me ne rendo conto. 
Ma era rimasta ad ammuffire insieme alle altre storie mai pubblicate e così... beh era completa, aveva un senso e così l'ho pubblicata.
   
 
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