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Autore: _ Silvietta _    15/05/2016    1 recensioni
In un normale liceo, una ragazza abituata a vivere tra stambecchi e casette di pietra scopre uno specchio magico che la aiuterà a scoprire se stessa e a sconfiggere i propri "demoni".
E' una storia ispirata alla mia vita, ma per la maggior parte è inventata. Possiamo dire che è un po' una metafora di una mia esperienza personale...spero possa piacervi!
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sono sempre chiesta che emozioni avrei potuto provare vivendo lontana da casa: lontana dai nonni ossessivamente "innamorati" di me e sempre pronti a viziarmi in ogni modo possibile, lontana dai genitori, forse troppo permissivi, sempre presenti e contenti di rappresentare il mio punto di riferimento e di potermi cavar fuori da qualsiasi impiccio. Mi immaginavo la mia vita in autonomia completa, e non mi dispiaceva...
Ma non credevo che questo potesse succedere sul serio. Era più che altro un sogno, una di quelle storie che ti inventi quando, da bambino, non c'è nessuno con cui giocare e hai bisogno di tenere occupata la testa.
E quando poi ti trovi nella situazione, con le valigie già pronte, a salutare la tua stanza, il panorama dalla tua finestra, i tuoi amati peluches, ti accorgi di quanto fosse bello il tuo "nido", casa tua.  Ti rendi conto della fortuna di avere tutti i parenti attorno, pronti a fare qualsiasi cosa per te. E vorresti restare a casa per sempre. Ma le cose cambiano, si cresce, si deve imparare a cavarsela da soli, a prendersi le proprie responsabilità, anche facendo qualche sacrificio. E' così che si diventa adulti.
Quando scoprii che l'unico liceo classico della zona era a duecento chilometri da casa mia (un bugigattolo di tre stanze a metà strada tra i boschi e l'alta montagna, immerso nel verde e circondato da stambecchi) e che per frequentarlo avrei dovuto per forza trasferirmi in un'altra città, sola, senza i miei genitori accanto, fu un trauma. Il mondo mi crollò addosso. Io, che da sola sapevo a malapena allacciarmi le stringhe delle scarpe. Catapultata nel mondo degli adulti, allo sbaraglio. Provavo un misto di euforia e ansia.
Non che avessi speranza di frequentare una scuola superiore vicina a casa: gli stambecchi non possono certamente insegnare a scrivere...tantomeno spiegare Aristotele! Ero totalmente consapevole del nostro isolamento dal mondo. Però la consapevolezza di dover lasciare la mia adorata cameretta in stile sudtirol mi provocava una fitta al cuore simile a quella di Lucia nell'Addio ai monti.
Era questo quello a cui pensavo mentre mi crogiolavo al sole sulla mia terrazzina, che non avrei più rivisto per i sei mesi successivi. Mi spaventava l'idea di andare in collegio...forse avevo paura di crescere. Avevo paura di trovare persone che non mi facessero sentire a mio agio, di sentirmi esclusa. Il dramma delle timidone cresciute in mezzo alle capre, alla paglia e alle margheritine!
In valigia, giusto qualche vestito e qualche ricordo di casa. Nessun peluche: era già abbastanza difficile integrarsi e fare amicizia, figuriamoci poi se avessi fatto la figura della bambina piccola! Sarebbe stato impossibile sopravvivere alle prese in giro!
Mio padre suonò il clacson della macchina per mettermi fretta e io scesi le scale di corsa, con una spallina dello zaino infilata di traverso, agguantando la valigia al volo. Salii in macchina alla velocità della luce dopo aver scaraventato tutti i pacchi e pacchettini nel portabagagli. "Prima che cambi idea" pensai.
Non sapevo se mi sarei trovata bene o male. Sapevo che sarebbe stata un'avventura.
  
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