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Autore: Ria-chan    18/05/2016    5 recensioni
“Hey, doc. Lo conosci il gioco della bottiglia?”
“Siamo un po’ cresciuti per quello, non trovi, Eustass-ya?”
“Girate una bottiglia, ad ogni membro della mia ciurma indicato, io ti spaccherò un arto. O più.”
Ed ancora, dalle quelle labbra violacee, proruppe una sonora risata.
“Chi ti dice che riuscirai a colpirmi?”
“Heat. Sei il primo.”
L’uomo-zombie, seduto a terra poco distante da Kidd, afferrò una bottiglia dalla quale ne svuotò il contenuto direttamente sul ponte e la fece girare:
“Wire, capitano.”
“Ottimo.”
Kidd partì all’attacco rapido come un fulmine e, caricando il destro, puntò dritto allo stomaco di Law:
“Fammi divertire, Trafalgar! Non voglio ucciderti subito.”
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“I giochi sono finiti. Ma forse… un ultimo giro possiamo concedercelo, no? Eustass-ya.”
Con la punta dello stivale, non senza un minimo di fatica, Law colpì il collo della bottiglia che iniziò a roteare velocemente su se stessa.
“A cosa vuoi rinunciare, Eustass-ya? Una mano? Il braccio? Che ne dici di…” e si era avvicinato al viso del rosso pericolosamente “della testa?”
...
“Penguin, cosa dovrei prendermi dal Capitano Eustass-ya come regalo d’addio?”
“Mhhh… che ne dice del suo cuore, capitano?”
Genere: Azione, Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buon salve bimbi e bimbe belle! 
Beh, non se ne può proprio più di me e della mia testolina malata... lo so, me ne rendo conto, ma le idee rimaste sopite per anni, purtroppo, stanno tornando prepotentemente a galla e se poi ci aggiungete i nuovi spunti dati dai fatti recenti... beh, mi vedrete in giro ancora per molto XD
Ad ogni modo, questa one shot è nata come storia partecipante ad un contest ma, siccome il limite superava di gran lunga il numero di battute accettato, ho deciso ugualmente di postare questa versione e nel caso inviare quella modificata e semplificata.
Il contest prevedeva di scegliere un gioco e da qui il "gioco della bottiglia" a cui io ho fatto riferimento: ovviamente rendendolo Law-Kidd style.
Inoltre, regole necessarie erano che:
1. I due "giocatori" non si fossero mai scambiati effusioni, baci e quant'altro e che utilizzassero il gioco appunto per poter sviluppare il loro sentimento o dichiararsi.
2. Doveva necessariamente figurare un bacio a fine gioco.
Ammetto che avrei voluto spingermi un po' più oltre del bacio ma... ho trovato che, non potendo fare riferimento a trascorsi passati di sesso e quant'altro, in questa storia che Kidd e Law si fermassero al bacio era più appropriato.
Detto questo, mi auguro la storiella possa piacervi e vi invito, qualora vogliate, a lasciare qualche commentino (sapete, fa sempre piacere ed è uno dei migliori sproni possibili :D) 

Il gioco della bottiglia: piccola variante


Law accavallò le gambe e sollevò la testa quanto bastò appena da rivelare gli occhi affilati che brillarono alla luce di un pallido raggio di luna che, attraversando il vetro dell’oblò, si riversava dritto all’interno del sottomarino.
“Capitano, non ti unisci a noi?”
Uno dei suoi sottoposti, uno dei pochi a dir la verità che aveva il tacito consenso di rivolgersi a lui con tanta familiarità, richiamò la sua attenzione benché ben sapesse che lo sguardo del suo capitano era concentrato su di loro ancor prima che fosse lui a richiamarlo.
“No Shachi, io resto a guardare.”
Quella sera, a qualche mese di distanza dai fatti avvenuti sulle isole dell’arcipelago Sabaody, la sua ciurma aveva deciso di concedersi una più che meritata festicciola e ciò includeva quindi un abbondante uso di alcol, di canzoni cantate e per lo più storpiate a voce alta ed anche uno o più giorni attraccati ad un porto sicuro per poter smaltire la sbornia e fare rifornimento. Ecco per cui che, quella sera, il sottomarino giallo della supernova Trafalgar Law aveva fatto porto in una qualche isola della Grand Line e lì sarebbe rimasta per almeno uno o due giorni.
Per la verità, nonostante avesse deciso di osservare i festeggiamenti seduto sul piccolo divanetto posto al centro della sala più grande, Law era stato più che favorevole alla proposta di festeggiare ed anzi, se la richiesta non fosse giunta a sorpresa da parte dei suoi sarebbe stato lui ad “imporla”. Avevano molto da festeggiare, infondo: l’aver imboccato la rotta per il nuovo mondo, l’aver affrontato ed aggirato Kuma, l’aver avuta la possibilità di studiare i temibili opponenti che come Law stesso erano annoverati tra le file delle supernove ed infine, seppur come festeggiamento personale, l’aver anche trovato un nuovo interessante hobby oltre quello della vivisezione umana.
Sì, anche Trafalgar ne aveva da festeggiare ma, oltre al fatto che non era un grande bevitore, trovava quasi più divertente e rilassante l’osservare la varietà del comportamento umano che la sua stessa ciurma stava fornendogli e del resto, da bravo osservatore e studioso qual era, aveva sempre ritenuto che una buona conoscenza delle cose e degli uomini poteva permettergli meglio di manovrare i fili e raggiungere quindi i suoi scopi in maniera più efficace.
Ma quella sera, dopotutto, complice forse la pace e l’allegria che riempivano l’aria e la luna che ormai piena riempiva il cielo, Law sentì il bisogno di dedicarsi un po’ di tempo e magari, passeggiando per le vie della cittadina in cui avevano fatto porto, scoprire anche qualche nuova informazione.
“Bepo, io scendo a terra per qualche ora. Tieni d’occhio tutti gli altri. Ti lascio il comando.”
“Hay! Capitano!”
In risposta, come segno d’assenso, Law abbassò poco il capo e picchiò la nodachi sulla spalla: di Bepo si fidava. Si fidava di tutta la ciurma, invero, ma del suo secondo più che di tutti.
“Torno presto.”
 
L’aria quella sera era calda ed umida, eccezione fatta per una leggera brezza che proveniva dal mare ed investiva il porticciolo sviluppato lungo la circonferenza dell’isola. Era davvero singolare: camminando per un tragitto non molto lungo, Law aveva potuto capire come il porto di quell’isola potesse essere paragonato ad un sole i cui raggi erano pedane in legno  poste a due o tre chilometri di distanza l’una dall’altra. Una bella isoletta, a dirla tutta; originale ed anche a suo modo interessante.
Arrivato al quarto raggio, dopo aver raccolto una discreta quantità di informazioni su quell’isola e sulle successive, Law decise che era tempo di tornare al sottomarino e si avviò lungo quella strada se non fosse che qualcosa di decisamente grande e di poco gusto attirò la sua attenzione.
La nave attraccata al terzo ponte era grande, illuminata e la polena era un orribile accozzaglia di teschi ed ossa varie. Ed il tutto, senza il ben che minimo senso dell’estetica, era accompagnato da una folta pelliccia rosso sangue. Da quale animale avesse ricavato una pelle tanto orribile, Law avrebbe un giorno trovato occasione di chiederglielo ma ora, ciò che più gli premeva, era il non perdere la ghiotta occasione di studiare quell’uomo che non solo si era guadagnato il suo interesse in quanto supernova con la taglia maggiore ma che,  forse di più, aveva catturato la sua curiosità in quanto soggetto umano di discutibili gusti, di infinita superbia ed immensa crudeltà. Un pirata davvero interessante sotto molti aspetti. Ed il fatto che poi anche da quella nave provenisse un vociare concitato, grida, risate e qualche canzone stonata, rappresentarono per Law un incentivo maggiore per avvicinarsi e dare un’occhiata. Che fosse pericoloso lo aveva messo in conto ma che ne valesse la pena e che poteva sempre ricorrere al suo potere per sfuggire da una situazione troppo compromettente, lo aveva al pari valutato. Per cui, semplicemente, si incamminò verso la nave dei pirati di Eustass “Captain” Kidd.
 
Di tutto si sarebbe aspettato tranne che trovare l’esatta scena che si era figurato in mente: certe volte persino lui stesso si stupiva di quanto bene sapesse rielaborare le informazioni ottenute per creare un profilo ideale del soggetto interessato e, del resto, era una ciurma di pirati che se la dava alla pazza gioia, quanto diversi potevano essere dai suoi sottoposti?
Non molto, infatti. Beh, almeno mettendo da parte i gusti orribili nel vestire.
Tutti radunati sul ponte maestro, gli uomini di Kidd erano divisi in vari gruppetti: c’era chi tracannava alcol senza ritegno seduto per terra o appoggiato con la schiena lungo le balaustre del ponte stesso, chi chiacchierava animatamente, chi cantava a squarcia gola e, infine, c’era chi era stato tacitamente incaricato di tenere il tutto sotto controllo. “Il massacratore” se ne stava infatti seduto a gambe incrociate sul teschio che ornava la polena e, di spalle al resto della ciurma, controllava l’orizzonte a difesa della nave e dei compagni. Ed infine… infine c’era il capitano stesso che, spettacolo sublime, se ne stava stravaccato a terra a gambe larghe con in mano una caraffa di liquido scuro ed il gomito dell'altro braccio era poggiato su di una botticella anch’essa probabilmente piena di alcol. La pelliccia non era poggiata sulle spalle e ciò rivelava il suo petto scolpito e qualche rigagnolo di alcol colava su di esso fuoriuscendo dalle labbra tinte di scuro. Davvero un pirata rozzo. Ma decisamente anche molto interessante.
“Yare Yare, Eustass-ya. Non offri da bere ai tuoi ospiti?”
Killer fu rapido, tanto rapido che nessuno quasi riuscì a vederlo se non prima che puntasse, al collo di un Law ghignante, le lame attaccate al dorso delle mani.
“Che devo fare con questo ratto, Kidd?”
“Killer-ya, un po’ di educazione. Sono venuto a trovare il tuo capitano. Lasciami andare, da bravo.”
Killer non indietreggiò né si mosse dalla sua posizione: attese un  cenno di Kidd, che non tardò ad arrivare.
Il capitano, infatti, sollevato il capo e lo sguardo verso di loro, si asciugò la bocca con il dorso della mano sbavando il rossetto ad un lato delle labbra e, quando Law si leccò le sue in segno di provocazione, sorrise malevolo:
“Kira, lascialo andare. Diamo al dottorino un bel benvenuto sulla nostra nave!”
E si premurò anche di ridere sonoramente, per l’infinito divertimento del suddetto dottorino.
Law allora si incamminò sicuro verso il centro del ponte, attraversando le varie canaglie sedute a terra:
“Hey, doc. Lo conosci il gioco della bottiglia?”
“Siamo un po’ cresciuti per quello, non trovi, Eustass-ya?”
“Girate una bottiglia, ad ogni membro della mia ciurma indicato, io ti spaccherò un arto. O più.”
Ed ancora, dalle quelle labbra violacee, proruppe una sonora risata.
“Chi ti dice che riuscirai a colpirmi?”
“Heat. Sei il primo.”
L’uomo-zombie, seduto a terra poco distante da Kidd, afferrò una bottiglia dalla quale ne svuotò il contenuto direttamente sul ponte e la fece girare:
“Wire, capitano.”
“Ottimo.”
Kidd partì all’attacco rapido come un fulmine e, caricando il destro, puntò dritto allo stomaco di Law:
“Fammi divertire, Trafalgar! Non voglio ucciderti subito.”
Con un balzo laterale, prova di abilità e buoni riflessi, Law schivò un colpo che poteva ritenersi dannoso se non fatale:
“Eustass-ya, secondo quale logica scegli dove colpire? Sai che i bravi bambini non barano?”
“Secondo la mia, ovvio! Heat, gira.”
A quella risposta Law dovette seriamente trattenere una risata divertita, ma purtroppo il sorrisino sbieco che gli spuntò sul viso fu visibile a tutti: quell’uomo era davvero uno spasso. Ed eccitante.
“E dimmi, quando dovrebbe essere il mio turno di attaccare?”
“Quando cazzo ti pare!”
“Eddie. Capitano.”
“Ma fossi in te mi darei una mossa, Trafalgar!”
Ed ancora, rapido ed improvviso, Kidd scattò in avanti puntando questa volta al braccio sinistro. Law però anticipò la sua intenzione leggendo lo sguardo ambrato che si posava appunto proprio in quel luogo. Ma Eustass era molto più furbo di quanto non sembrasse e, con un rapido movimento della gamba, colpì con una ginocchiata lo stomaco appena sotto lo sterno.
“Questo è per prima, bastardo.”
Law rovinò a terra sputando saliva: il colpo era stato centrato e ben assestato ma, per fortuna, anche lui era stato abbastanza previdente da contrarre gli addominali per difendersi.
“Brief. Capitano.”
Ed in quella posizione, troneggiando su di lui, Kidd caricò la gamba destra a mezz’aria per calciare alla spalla.
“Shambles.”
Ma Law, capito il gioco e divertendosi come non mai, ricorse al suo potere per sostituirsi ad un povero sventurato ubriaco poco lontano da lui e, appoggiato alla polena battendo la nodachi sulla spalla, assistette con sommo divertimento al capitano Kidd che colpiva e metteva al tappeto uno dei suoi uomini.
“Brutto bastardo! Questa me la paghi!”
“Miles. Capitano.”
Questa volta, però, elettrizzato dallo scontro, fu Law il primo ad entrare in azione: ancora un volta utilizzò la tecnica “shambles” per sostituirsi ad una botte posta proprio davanti a Kidd e, sorprendendolo, gli fu così possibile colpirlo al ventre con l’impugnatura della nodachi.
“Che ne dici di renderla più interessante, Eustass-ya? Ogni volta che manchi il colpo, io posso tagliarti un arto. Mi sembra equo.”
Kidd dovette almeno concedersi il tempo di respirare nuovamente prima di poter ridersela dalla grossa e mandare dove di dovere quell’essere fastidioso e irritante: certo, non avrebbe fatto l’errore di sottovalutare Trafalgar Law, chirurgo della morte, ma era anche conscio che non avrebbero finito con l’uccidersi. Non almeno in quel frangente.
“Se ci riesci, doc. Se ci riesci!”
“Nike, capitano.”
“Ma non credo ci riuscirai!”
Eustass partì carico per un nuovo attacco: attrasse a sé qualche ferraglia sparsa in giro e scattò verso Law. Lo ferì alla guancia con un pezzo in lamina di ferro maltagliato e, allo stesso modo, Law riuscì a fargli sanguinare la gamba con un fendente della nodachi.
Quando si staccarono, balzando all’indietro per preparare un nuovo affondo, dovettero concedersi qualche attimo per osservarsi: si stavano divertendo e, se il divertimento di Kidd era palesemente scritto su quel suo ghigno purpureo, quello di Law era più nascosto eppure era pura esplosione dentro il suo corpo. Quell’uomo davanti a lui, quell’assassino spietato che si era guadagnato un nome ed un titolo agendo senza scrupoli, era quanto di più attirasse la sua attenzione ed interesse. Non solo per i motivi che aveva elencato prima, quelli legati alla psiche di un uomo fuori dal comune, ma ora, guardandolo da vicino come non aveva potuto ben fare a Sabaody, poteva anche notare quanto quell’uomo lo attraesse fisicamente. Il petto largo e dalla palle chiara, con i muscoli guizzanti e gli addominali scolpiti era più vicino alla perfezione di qualsiasi altro cadavere gli fosse capitato sotto le mani e, il pensiero di imbrattare con il sangue quella pelle dal pallore lunare, lo eccitava da matti. Anche quelle labbra, tinte di un violaceo tendente al nero, gli ricordavano particolarmente le tumefazioni che aveva visto su centinaia di cadaveri. Ed infine, quei capelli rosso fuoco, così brillanti e dritti, potevano ben rappresentare un fascio di vene che si diramavano all’interno di un corpo umano. Era uno spettacolo. Eustass Kidd, supernova dalla taglia stratosferica, era un vero spettacolo da osservare.
“Hoi! Trafalgar! Cosa hai da guardare con quella faccia da pesce lesso? Ti stai eccitando?”
“Non sai quanto.”
Kidd dovette ammettere che quella risposta, così immediata e sicura, un po’ lo aveva inquietato ma, più di tutto, lo aveva divertito.
“Questa volta la bottiglia la giro io, e alla prossima ti spacco quella faccia da culo che ti ritrovi. Wire, dammi la bottiglia.”
La bottiglia girò più di una volta su se stessa: indicò più volte con il suo collo la ciurma seduta a terra e Kidd stesso, tornato in piedi dopo esserci accovacciato per darle la spinta. Law attendeva con un sorrisetto sadico.
“Killer. Capitano.”
“Lo vedo, Wire.”
Affermò sarcastico e poi:
“Che ne dici se la finiamo qui, Trafalgar? Kira è il mio uomo migliore, il che significa che ti spetta il mio colpo migliore.”
“Non vedo l’ora, Eustass-ya.”
Ma, invece di attendere come aveva appena detto, Law gli si era lanciato contro a folle velocità e, afferrandolo con le dita sottili alla gola e facendovi pressione, era riuscito a far rovinare il rosso al suolo schiacciandogli la testa a terra. Da quella posizione, seduto a cavalcioni sul suo petto, con la mano che stringeva il collo pallido, Law dovette trattenersi a stento dal chinarsi e tracciarlo tutto interamente con la lingua.
“Bastardo.”
“Non dare la colpa a me, Eustass-ya. Sei stato lento.”
“Levati di dosso. Trafalgar.”
Kidd assottigliò lo sguardo e ringhiò minaccioso, il tono di voce leggermente più basso e roco di quanto non fosse stato di lì a poco prima.
“E perché dovrei? Ho una bella visuale da qui.”
Gli occhi di Law brillarono ai raggi della luna e, nonostante avesse quasi la certezza che il chirurgo stava solo provocandolo, Kidd ebbe un brivido che non riuscì bene a celare: avrebbe potuto ribattere a tono e sì, avrebbe dovuto, ma al momento gli parve di non aver nulla da dire se non incitarlo quasi a continuare.
Purtroppo, però, ogni allettante pensiero fu spento da una voce proveniente dal molo:
“Capitanooo? Capitano! Sei lì sopra? Tutto bene?”
Law ghignò e questa volta Eustass non fu in torto quando scorse in quel sorrisino tirato un segno di frustrazione:
“I giochi sono finiti.” Allentò la presa sul collo diafano e proseguì:
“Ma forse… un ultimo giro possiamo concedercelo, no? Eustass-ya.”
Con la punta dello stivale, non senza un minimo di fatica, colpì il collo della bottiglia che iniziò a roteare velocemente su se stessa, spostandosi più lontano nel processo.
“A cosa vuoi rinunciare, Eustass-ya? Una mano? Il braccio? Che ne dici di…” e si era avvicinato al viso del rosso pericolosamente “della testa?”
Nel mentre, immobilizzato a terra, non tanto di forza quanto da quel comportamento così ambiguo, Kidd non mosse un muscolo neanche quando la bottiglia arrestò il suo movimento e, coincidenza volle,  con il suo lungo collo puntò nella loro direzione:
“Questa è divertente! Non trovi? A quanto pare posso decidere liberamente cosa prendermi…”
“Fanculo! Malato di un dottore del cazzo!”
“Ah ah ah, attento a quello che dici “Captain”, sono ancora io che comando il gioco, qui.”
“Capitanoo? Si sta facendo tardi! Dobbiamo immergerci!”
“Forse possiamo mettere il tuo destino in mani più clementi. Che ne dici, Eustass-ya?”
Non attese risposta alcuna e continuò:
“Penguin, cosa dovrei prendermi dal Capitano Eustass-ya come regalo d’addio?”
“Mhhh… che ne dice del suo cuore, capitano?”
“Ottima idea…sei pronto, Eustass-ya?”
Quel teatrino era diventato fin troppo seccante per i gusti di Kidd che, se all’inizio aveva solo desiderato divertirsi un po’, complice la notevole quantità di alcol che circolava nel suo corpo, ora voleva chiudere la faccenda una volta per tutta e farla pagare a quel dannatissimo bastardo per averlo ridicolizzato in quel modo. Provò quindi uno scatto di reni per liberarsi dalla presa del moro ma questi, tornando a fare pressione sulla giugulare, con mani precise ed esperte da medico, lo aveva immobilizzato nuovamente.
“Che intenzioni hai, Law?”
Law? Decisamente, ora più che mai Law era conscio di quanto, inconsciamente, Kidd sapeva come attrarlo ed eccitarlo anche più, ed in modo diverso, da ciò che il moro stesso credeva: non si era quindi potuto trattenere dal far scorrere la sua mano libera sul petto del rosso con lenta e calcolata sensualità fino a sfiorare ed afferrare l’elsa del pugnale posto nella cinta accanto alla pistola. Lo aveva estratto e aveva lasciato che la sua lama brillasse sotto la luna per poi, con un rapido gesto, conficcarlo nel legno della nave a poca distanza dal volto e dai capelli di Kidd.
“Ci prendiamo troppe confidenze ora, Kidd.”
Gli aveva soffiato a pochi centimetri dal volto ed ancora una volta Kidd avrebbe voluto ribattere a modo ma quel suono che era uscito dalle labbra di Trafalgar, il suo nome pronunciato con quella voce roca particolarmente sensuale, quel sorrisino diabolico che si allargava sulle sue labbra ed il fatto che visto da quella posizione il dottorino apparisse più provocante di quanto avesse potuto immaginare, gli impedirono qualsiasi movimento.
“Mi prendo il tuo cuore. Infondo la bottiglia ha indicato me. Questi erano i patti.”
Senza pronunciarsi oltre, Law puntò nuovamente una mano sul petto di Kidd all’altezza del cuore, vi conficcò le unghie dentro quel tanto che bastò a segnare la pelle delicata con scie rossastre e, attirata l’attenzione e lo sguardo del rosso su quel punto in particolare, perseguì nel suo scopo. Veloce come Kidd non si sarebbe mai aspettato, Law si calò completamente sul viso dell’altro capitano e ne forzò le labbra tinte di violaceo con la lingua. Kidd serrò i denti con stoica integrità ma, quel movimento sensuale della lingua di Law che gli tracciava le labbra, quel sentiero umido che lasciava al suo passaggio e quella lieve pressione che esercitava per sfondare le sue difese, lo fecero cedere.
Il bacio che seguì fu tutt’altro che romantico: uno scontro di lingue e battere di denti, una lotta per la supremazia perché, ovviamente, nessuno dei due voleva rinunciare a condurre l’altro. Fu di quanto più eccitante ed erotico fosse loro capitato e, sebbene fosse durato fin troppo per l’assurdità di quella situazione, fu arduo per i due fermarsi.
Law si staccò per primo, si sollevò piano e sorrise ancora, conscio dell’effetto che aveva provocato in Kidd e della vittoria ottenuta. Un rivolo di saliva ancora gli scorreva all’angolo della bocca e, con un lento movimento della lingua, che ipnotizzò Kidd, lo leccò via:
“Gioco finito, Eustass-ya.”
Solo a quelle parole Kidd si rinvenne e, ricordando che le sue mani erano effettivamente libere, tentò di bloccare Law nella posizione in cui era: troppo sbronzo forse per rendersene conto, o semplicemente strafottente del resto, quel misero bacio non gli era bastato e per quanto ne andasse dei suoi propositi di massacro e supremazia, in quel momento desiderava solo avere di più da quel corpo.
Purtroppo però, ancora una volta veloce e calcolato, Law si sottrasse a quella presa ricorrendo allo “shambles” e, quindi, sostituendosi ad una fune abbandonata sul molo accanto ai suoi sottoposti, sparì. Fu abbastanza veloce da non concedere neanche a Kidd il tempo di sollevarsi da terra e correre alla balaustra della nave per vederlo allontanare ma, almeno, prima di ciò gli aveva lasciato la proposta di un nuovo “gioco”:
“Eustass-ya, ho il tuo cuore, vienitelo a prendere.”
Doveva ammettere che la sfida lo aveva fatto ghignare e ridere come solo davanti alla promessa di un massacro poteva fare. Quel dottorino maledetto, quel Trafalgar Law, si era rivelato esattamente per quello che era, per quel bastardo sfrontato che gli aveva rifilato un dito medio alla casa d’aste e, soprattutto, per quel pervertito che gli aveva lanciato un’occhiata ambigua nella stessa occasione. Già da allora Kidd aveva nutrito un morboso interesse nei suoi confronti, una particolare voglia di massacrarlo e sottometterlo al suo potere ma, ora, a ben pensarci, nella sua mente si era acceso un modo nuovo, forse più eccitante dei precedenti, di “sottometterlo al suo volere”.
“Fossi in te scapperei lontano, parecchio lontano, Trafalgar.”

 
   
 
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