Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |       
Autore: summers001    18/05/2016    3 recensioni
Captain Swan | AU | Nel mondo reale senza magia.
Dal testo:

"Allora," fece la poliziotta sexy "chi è lo sposo?"
Dal fondo della sala partirono una serie di urla di ragazzi e uomini più adulti che gridavano una serie di "io, io, io" per cercare di convincere la spogliarellista.
L'uomo alzò la testa al cielo e cominciò a ridere. Si morse le labbra quando vide la spogliarellista scendere le scale con fare aggressivo ed avvicinarsi. Gli si sedette addosso, mentre dal fondo della sala qualcuno ululava.
L'amica gli passò sul tavolo una serie di banconote. L'uomo le strinse, non sicuro di voler mettere le mani in tutta quell'abbondanza.
"Che direbbe tua moglie?" gli sussurrò la spogliarellista.
"E chi lo sa!" rispose l'uomo quasi intimorito. Non s'aspettava di scoprirsi timido in quella situazione.
"E dai, Killian!" lo spronò l'amica, che s'avvicinò alla spogliarellista e le infilò un paio di banconote nel reggisenoA Killian faceva comodo di sicuro avere un'amica lesbica e così estroversa. Non sapeva infatti cosa aspettarsi per il suo addio al celibato e a tutto poteva pensare eccetto che ad uno strip tease.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1.
 

18 aprile 2016, mezzanotte
Una giovane ragazza, forse di ventidue, massimo ventitre anni, uscì da dietro una porta, sorpassò le tende di velo rosate e si impiantò sul palco scenico, accanto ad un palo da lap dance, immobile per farsi ammirare. Era bella, anzi no, di più. Aveva i capelli rossi e mossi, le lentiggini in viso ed un trucco leggero. Ma non era quello che spiccava di più in lei. Era soda, sinuosa, perfetta, una vera 90 60 90, con tutto quello che le serviva al punto giusto. E le si riusciva a vedere tutto chiaramente, da quella posizione in basso e con quei vestiti: un reggiseno blu sulla quale a malapena si distingueva la scritta gialla police, un gonnellino nero con una cintura ingombrante ed un cappellino degli stessi colori con una stella gialla incollata in cima. "Allora," fece la poliziotta sexy "chi è lo sposo?"
Dal fondo della sala partirono una serie di urla di ragazzi e uomini più adulti che gridavano una serie di "io, io, io" per cercare di convincere la spogliarellista.
L'unica altra donna in sala, alta, mora, eccentrica quanto meno con le sue mesches rosse ed il vestiti stretti e corti, seduta al primo tavolo davanti a tutti, si alzò in piedi ed urlò "Eccolo qui!" ed indicò verso il basso, dove seduto alla sedia accanto alla sua c'era un uomo in jeans e camicia dai capelli scuri. L'uomo alzò la testa al cielo e cominciò a ridere. Si morse le labbra quando vide la spogliarellista scendere le scale con fare aggressivo ed avvicinarsi. Gli si sedette addosso, mentre dal fondo della sala qualcuno ululava.
La storia gli piaceva e non poco, si dovette concentrare perché non voleva che quella lo notasse, ma non poteva fare a meno di guardarla dimenarglisi praticamente in faccia. Un po' si sentiva in imbarazzo in effetti e sperò che lei non riuscisse a capire neanche quello.
L'amica gli passò sul tavolo una serie di banconote, tutte in taglio da uno o cinque dollari. L'uomo le strinse, non sicuro di voler mettere le mani in tutta quell'abbondanza.
"Che direbbe tua moglie?" gli sussurrò la spogliarellista all'orecchio.
"E chi lo sa!" rispose l'uomo quasi intimorito. Non s'aspettava di scoprirsi timido in quella situazione.
"E dai, Killian!" lo spronò l'amica, che s'avvicinò alla spogliarellista e le infilò un paio di banconote nel reggiseno. "Uuh!" ululò poi soddisfatta.
A Killian faceva comodo di sicuro avere un'amica lesbica e così estroversa. Non sapeva infatti cosa aspettarsi per il suo addio al celibato e a tutto poteva pensare eccetto che ad uno strip tease. S'aspettava di ubriacarsi ed invece aveva bevuto solo due bicchierini, insufficienti sia per farlo ululare come Ruby (era così che l'amica si chiamava) sia per non fargli ricordare niente la mattina dopo. Killian guardò sul tavolo in cerca di qualcosa da mandare giù. La spogliarellista allora gli si sedette addosso e gli allungò una bottiglia di rum che stava là sopra e gliela inclinò sulla sua bocca in attesa che lui schiudesse le labbra. Killian ne rispose e mandò giù alla fine decisamente più di un sorso, sporcandosi la faccia, la barba e forse il collo della camicia. Ruby ululò di nuovo.
Alla fine la ballerina riuscì a metter su uno spogliarello ed uno spettacolino come si deve. Dopo i primi cinque minuti anche Killian Jones riuscì ad infilare tutte le sue banconote nel sottile elastico del perizoma di quella. Non l'avrebbe mai ammesso ma quella era una delle sue dieci cose da fare prima dei trent'anni, anche se con un po' di ritardo.
"Allora?" chiese Ruby che sorrideva e quando lei sorrideva, anzi rideva, le si apriva un sorriso tutto denti, ma nel complesso bello e radioso. Aveva le guance evidentemente in fiamme dall'alcol e dall'eccitazione. Si fece aria infatti, con le mani ai lati della testa, mente si accasciava sulla poltroncina.
"Wow!" disse solo Killian.
"L'hai detto!" confermò lei "Wow!" guardando la ballerina che sculettava ed andava via. "Potei abituarmici."
"Ma sta' zitta!" la rimproverò lui che la conosceva troppo bene e sapeva troppo bene che non sarebbe mai più tornata in quel locale, se non al massimo per il suo addio al nubilato. Attaccò di colpo una musica pop, coprendo le voci degli altri ospiti in estasi che brusiavano nel silenzio.
"Ma io dico, l'hai vista?" urlò lei per farsi sentire. "Con quelle.." e si portò le mani al petto, mimando le tette giganti che lei evidentemente non aveva.
Killian prese un respiro profondo. Si stava da poco riavendo e ripensarci gli mandava in confusione il cervello. Si sistemò i pantaloni ed accavallò le gambe. "Da domani ce ne saranno solo due per me!" considerò poi con una di quella frasi scontante che si dicono sempre a tutti gli addii al celibato che si fossero mai fatti. Mancava solo che qualcuno gli dicesse che da domani non ci sarebbe stato più sesso per lui, ed il quadro era terminato.
"Non mi dispiacciono, se ti devo dire la verità." fece Ruby pensando alla futura signora Jones.
"Lo sa, lo sa." sorrise poi lui, ricordandosi di quel giorno in cui Ruby s'era fatta sfuggire un commento quando l'aveva conosciuta.
Anche Ruby partì a ridere ripensandoci, quasi riuscì a sputacchiare tutto il rum che teneva in bocca. Quando si ricompose, gettò i capelli lunghi all'indietro ed urlò "Il mio amico si sposa!". Tutti in sala urlarono ed alzarono i bicchieri. Killian alzò il suo e fece un cenno di grazie con la testa, sorridendo tra i baffi.
Dopo altri due shots, lo sposo sapeva troppo bene che la sua amica aveva ancora poco di autonomia. Era passata dall'euforia, all'eccitazione, poi di nuovo all'euforia ed infine alla sonnolenza. Si era finalmente appoggiata con la testa sulla mano e il gomito sul tavolo. La guancia si stava deformando con lo scivolare del pugno. Sbandò quando le cadde il braccio di lato ed il mento quasi sul tavolo.
Killian guardò l'orologio, l'una mento venti. In undici ore o poco più si sarebbe dovuto sposare. "Andiamo s'è fatta ora." disse poi, preso un attimo dall'ansia. Avrebbe dovuto dormire per arrivare pronto alle nozze e già alle nove non era sicuro di riuscirci, figurarsi in poche ore.
"No! No!" si riebbe e protestò lei "E' la tua festa!"
"Non muoio domani, possiamo tornarci quando ti pare!" rispose Killian, alzandosi dal tavolo. Era decisamente scettico nei confronti di tutta questa storia degli addii: la vita che finisce dopo il matrimonio, non poter più guardare le altre donne dopo il matrimonio... Nonostante questo la festa e il sentirsi protagonista per una notte gli era piaciuta.
Ruby lo afferrò con entrambi le mani per il polso e lo trascinò di nuovo giù sulla sedia. "No, no, no," protestò di nuovo. "Dai, restiamo, parliamo un po' qui." La vide versarsi e scolarsi un altro bicchierino e non la fermò, anche se sapeva che più tardi l'avrebbe pagata. In effetti aveva immaginato che non si fosse alzata in piedi perché non ci riusciva. Lei gli alzò la testa poi e gli chiese "Ti ricordi quando tutta questa storia è iniziata?"


3 aprile 2013
Emma Swan, cacciatrice di taglie, all'occorrenza investigatrice privata, s'avvicinò alla macchinetta del caffé con in mano le due tazze. "Vuole dell'altro caffè?" chiese alla sua prossima cliente.
"No, no, grazie." rispose la donna. Tamburellava con le dita sulla scrivania, visibilmente nervosa. Era ordinata, precisa. Aveva capelli neri perfettamente sistemati in una complicata coda alla base della testa, con due riccioli larghi che le cadevano ai due lati della testa. Era una compulsiva. Portava una camicia bianchissima, larga, infilata perfettamente nei pantaloni blu scuro, con una giacca dello stesso precisissimo colore, evidentemente costosa, dalle cui maniche venivano fuori i polsini della camicia, tenuti fermi un unico bottone a forma di perla dorata. Stava con lo sguardo basso a fissarsi le dita della mano, su cui figurava un anello con un diamante sufficientemente grande. Prese poi a rigirari l'anello attorno all'anulare.
Emma si riempì la tazza, tornò a sedersi dietro la scrivania e tornò ai suoi affari. "Quindi mi dica se ho capito bene." cominciò riassumendo tutto "Lei vuole che segua il suo attuale fidanzato che deve sposare tra venti giorni, che scatti qualche foto quando le dice che va al bar, che scopra eventualmente qualcosa sul suo passato e che le dia tutto entro una settimana dal matrimonio."
La donna fece sì con la testa. "Le sembra pazzesco, vero?" chiese poi.
"Affatto!" rispose Emma, fingendo un sorriso sincero. Recuperò dalla scrivania un paio di fogli spillati tra di loro e glieli allungò. Un contratto standard. La donna firmò.
Emma si ristudiò il contratto, cercò diretta gli spazi da dover compilare e lesse il nome della sua cliente: Milah. A proposito, pensò. "Come si chiama il suo uomo?" chiese poi, mentre riempiva i campi lasciati in bianco del contratto. La data, il compenso..
"Killian Jones." rispose lei.
Le strinse poi la mano e se ne andò.

Nei giorni successivi Emma cominciò a lavorare al suo caso. Recuperò in un batti baleno tutti i rapporti della polizia relativi al suo uomo. Si era dato parecchio da fare, pensò leggendoli: furto con scasso, guida in stato d'ebbrezza, violazione di domicilio. Non che lei fosse stata una santarellina e non era tipa da giudicare in base alla fedina penale, ma questo le diceva molto di quella persona. La lista si fermava al 2008 quando improvvisamente tutte le attività illegali si fermavano. Oppure l'uomo s'era fatto furbo. Era stato assunto nel 2009 come commerciante. Il suo ruolo nell'azienda, in base al contratto di lavoro, era quello di acquistare beni alle aste e rivenderli ad un prezzo più alto a ricchi facoltosi. Doveva essere una specie di esperto d'arte o d'antichità. Tuttavia non viaggiava molto, probabilmente lavorava al computer tramite internet. L'unico viaggio di lavoro per cui erano stati consegnati scontrini e ricevute risaliva al 2011. Emma escluse allora un possibile traffico illegale che potesse celarsi dietro.
Dai pedinamenti non ottenne niente, o quasi. Di giorno l'uomo andava a lavoro, si fermava al chioschetto del caffè e lo beveva nero, accompagnato da una ciambella. Si fermava a pranzo ad una mensa sotto al suo ufficio, pranzava per lo più da solo o con più persone, ma mai sempre con le stesse. Dopo l'orario di lavoro andava davvero al bar, chiacchierava con la barista lesbica e la sua ragazza, le guardava scambiarsi qualche bacino al massimo e poi se ne tornava a casa. Aveva promesso di non seguirlo però alla sera. Emma scattò qualche foto comunque, tanto per essere sicura di avere del materiale da consegnare.
All'ultimo giorno di pedinamenti, decise di avvicinarsi un po' di più, guardargli le mani, cercare magari segni di tabacco, annusargli l'alito se ci riusciva per sapere se beveva e magari guardargli le pupille. Il momento migliore per non essere notata era la mattina, in fila al chiostro del caffé. Si portò una giacca nera, annodò i capelli, tenne la testa bassa e si mise in fila proprio dietro di lui. Aveva un sottile odore di colonia. Si chiese se magari non dovesse nascondere la puzza di qualcos'altro. Tuttavia pareva pulito e ordinato. Decise che l'unico neo in quel tipo era la fidanzata paranoica. Lo lasciò perdere allora e si avviò di nuovo verso l'auto che aveva lasciato ad un isolato di distanza, tanto per star sicura. Se non altro era riuscita a rimediarsi un caffé. Girò l'angolo, tenendo lo sguardo basso verso il telefono e poi l'unica cosa che sentì fu prima un urto poi il caffé bollente addosso. "Ma che diavolo!" urlò Emma. Alzò lo sguardo e si trovò davanti proprio Killian Jones.
Quello se ne stava lì davanti a lei, fermo impalato, con la giacca pulita, senza neanche la minima intenzione di scusarsi. "Oh, andiamo, mi sembra il minimo dopo che mi hai seguito per almeno una settimana." fece lui.
Diavolo, pensò Emma. "Che?" finse.
"E' Milah che te l'ha chiesto? Cos'è una sua amica o l'ha pagata?" sbraitò Jones visibilmente arrabbiato. Una reazione spropositata, pensò Emma.
"Milah, chi è questa Milah?" continuò a pretendere di non saperne niente.
"La mia ex che non riesce a mettersi in testa che è finita. Giuro che è l'ultima volta che la avviso, le dica di lasciarmi in pace."
Questa era nuova. Ex? Non era affatto la storia che conosceva lei. Le stava bene spiare mariti e fidanzati, mettere il naso dove non doveva, scoprire crimini da non poter dichiarare alla polizia, ma essere presa in giro per collaborare ad un reato di stalking non era tra le sue principali aspirazioni. Decise di vederci chiaro, capire chi dei due la stava fregando. "Ehi! Non conosco nessuna Milah, si calmi. E poi credo che lei mi debba un caffé ed un giro in lavanderia." fece. Doveva parlarci allora, sentire l'altra controparte e poi mettere insieme i pezzi.
Quel Jones si rilassò. I tratti cupi del viso s'ammorbidirono e quel che ne rimase fu un paio di occhi azzurro mare e un'espressione probabilmente preoccupata. "Certo, venga." le fece lui e la riportò indietro al chioschetto. L'uomo portava una mano nella tasca della giacca ed agitava l'altra, sfregandosi i polpastrelli del pollice e l'indice tra di loro. Nervoso?
Emma buttò via il cartone ormai svuotato, ordinò di nuovo il suo caffé con panna e latte e passò a studiare il suo nuovo conoscente. Killian Jones tirò fuori dalle tasche un portafogli di pelle marrone scuro. Cacciò una banconota da dieci, si riprese il resto di cinque e lasciò il resto in mancia. L'anziana donna dietro al bancone lo ringraziò chiamandolo per nome.
"Allora come devo chiamarla? O le sta bene uomo del caffé?" fece Emma cominciando a camminare, di nuovo in direzione della macchina.
"Killian." rispose lui. Si guardava attorno con viso preoccupato. Emma ne concluse che sì, era nervoso o più che nervoso era preoccupato ed in cerca di qualcosa.
"Swan. Emma." si presentò lei, allungandogli la mano.
"Ah sì, mi scusi." si indicò la testa, allundendo ad una banale distrazione. "Killian Jones." rispose poi e le strinse la mano. Aveva una stretta forte e decisa, segno di un carattere forte e sicuro di sé.
"Allora, Killian Jones, come ha fatto ad uscire con la sua ex di cui blatera tanto?" chiese lei. Voleva vederci chiaro in quella faccenda. Aveva visto in effetti una vena di maniacalità in quella donna, ma l'aveva solo affibiata ad una ossessione al controllo per un uomo probabilmente incontrollabile.
"Non lo so neanch'io, mi creda." fece poi lui un po' più rilassato guardandola in viso. "E' pazza, lei non immagina quanto." spiegò con un sorriso. Era una di quelle persone carismatiche, che quando sorridono ti portano a sorridere. Emma sapeva che doveva farsi trascinare per scoprirne di più e così sorrise. Sapeva di non potersi fidare, ma la sua storia pareva convincente. Quando non urlava poi la sua voce era pacata, parlava con un accento morbido sulle vocali e duro sulle consonanti. Si rese conto di aver dato per scontato che si trattasse di un americano, ma chiaramente non era così.
"Credo di averne un'idea." rispose poi lei.
Killian Jones si fermò. "Posso raccontarle tutta la storia a cena." disse poi con voce ferma, naturale e forse un po' dolce. Si morse le labbra in trepidante attesa della sua risposta. O forse c'era una certa malizia?
"A cena?" chiese Emma. La situazione era completamente cambiata ed Emma non era sicura che le piacesse. Non le piaceva non avere sotto controllo la situazione. Chi era la maniaca del controllo adesso?
"Certo! Domani sera alle otto."
Emma si rese conto che lui non le avesse mai chiesto se le stava bene. Tutto quello che aveva detto fino a quel momento erano solo affermazioni, col punto esclamativo, non c'era neanche una domanda per di mezzo. Non era di sicuro la povera vittima che le voleva far credere. "Dove?" chiese allora lei che ormai aveva deciso di volerci vedere chiaro in quella faccenda e se non altro quell'invito poteva essere la prova della sua scarsa fedeltà. Qualora la storia di Milah fosse vera ovviamente. Anche di questo cominciava comunque a dubitarne sul serio.
"Mi lasci organizzare qualcosa di indimenticabile." disse lui. Le allungò la mano di nuovo per salutarla. Era educato almeno.
"Va bene, uomo del caffè." lo salutò lei.

La sera seguente Emma non aveva ancora scoperto dove quel Killian Jones la volesse portare. Sembrava un segreto di stato. Lui l'aveva chiamata quella mattina, si era scritto l'indirizzo di casa sua, che poi era lo stesso del suo ufficio, e le aveva detto di indossare qualcosa di elegante. Emma non voleva strafare e non voleva dare l'idea di dare importanza a quell'appuntamento, anche se in effetti non le dispiaceva per niente. Non usciva con un uomo da quelli che potevano essere secoli. La sua ultima relazione, per lo più instabile, risaliva ad un paio di anni prima e da allora solo storie occasionali. D'accordo, un'unica storia occasionale. Non era di certo un tipo facile. Si poteva dire che le mancava tutto quello che era collegato agli appuntamenti: una buona cena, un uomo con cui parlare, una persona con cui confrontarsi, i baci, quelle carezze innocenti, il sesso. Oh dio, il sesso. L'aveva guardato bene quel Killian Jones, doveva ammetterlo. Con tutta onestà capiva perfettamente la sua cliente, che fosse in torto o ragione. Si ammonì pensando che appunto quei due erano la sua cliente ed il suo lavoro. Cancellò tutto, si guardò allo specchio, indossò un'espressione risoluta e s'avviò fuori dall'edificio.
Decise di aspettare quel Killian Jones davanti al portone. Aveva deciso di indossare un vestito rosso, non troppo corto, il cappotto nero e i capelli sciolti. Se ne stava là, appoggiata al muro in tutta la sua figura slanciata ad aspettare. Guardò l'orologio e notò che quello era già in ritardo.
Ci vollero altri dieci minuti perché finalmente quello si presentasse. Conosceva già l'auto, ma si ricordò giusto in tempo che lui questo non doveva saperlo. Si schiodò allora dal muro solo quando lo vide accostare ed abbassare il finestrino. Si scusò per il ritardo e la invitò a salire. La prima cosa che Emma notò fu la fragranza di quel deodorante per ambienti a forma di alberello appeso allo specchietto.
"Come va?" chiese lui, ripartendo. Teneva un occhio su di lei ed un altro sulla strada. Ad Emma non era mai piaciuto restare in auto mentre guidava qualcun altro, figurarsi se questo non stava attento ai semafori. Tenne le mani tese sul cruscotto ed ogni tanto indicò la via con l'indice perché lui la guardasse.
"Molto bene, grazie."
"Sono molto contento che abbia accettato! Non credevo davvero che lo facesse!"
Emma si girò a guardarlo. Sorrideva guardando prima lei, poi si girò di colpo, in attesa d'essere ammonito di nuovo da quel suo dito e sorrise di nuovo. Anche ad Emma scappò un sorriso.
"In effetti non mi piace non sapere dove sto andando." disse lei. Killian Jones sorrise di nuovo, questa volta divertito.
Alla fine raggiunsero un bel ristorante, elegante, dalle calde luci giallo aranciate che partivano da una serie di plaffoniere lungo i muri dipinti di un rosa antico. Sui tavoli erano disposti delle morbide tovaglie bianche a fiori e su ognuna di queste era posta già una brocca d'acqua, due piatti e le posate. Ovunque erano disperse superfici riflettenti, da specchi a cristalli che scendevano come pendenti dal soffitto. Era un tripudio di luci. Sembrava un piccolo ristorantino in stile francese che fino ad allora Emma non aveva mai visto.
Killian Jones si presentò all'ingresso e si fece mostrare il tavolo che gli era stato riservato. Prima che Emma si riuscisse a sedere, la aiutò a sfilarsi la giacca, poi le spostò la sedia e gliela riaccostò sotto al tavolo dopo che lei si fu avvicinata. Ordinò della carne e lasciò a lei tutto il tempo necessario per decidere. Si stava comportando gentilmente e tutte quelle premure erano una delizia anche se inutili. Non aveva ancora deciso se potersi fidare oppure no.
"Allora che lavoro fa?" chiese lui ad un certo punto, mentre lei sorseggiava del vino bianco da un bicchiere.
"Puoi darmi del tu." fece lei, che non era mai stata portata per le formalità.
"Che lavoro fai, Emma?" chiese di nuovo lui e s'appoggiò col mento sull'indice e il pollice, sporgendosi in avanti per studiarla meglio.
"Io-io.." cominciò a pensare lei, balbettando per guadagnar tempo per recuperare una scusa. E poi bingo! "Polizia. Lavoro per la polizia." Sapeva però che quella bugia le sarebbe potuta costare l'opportunità di vederlo di nuovo. Sempre nel caso in cui la sua storia fosse quella giusta. Sì, le piaceva in fin dei conti.
"Oh, allora puoi aiutarmi col mio piccolo problema." fece lui. Era sempre gentile e posato, ma in più c'era quella sfumatura di malizia che credeva di aver colto nel giorno precedente.
"Milah?" chiese lei divertita, giocherellando coi bordi del piatto con le dita.
Killian Jones fece solo segno di sì con la testa. Poi guardò l'orologio.
"Certo, puoi passare al mio ufficio quando ne hai voglia." rispose Emma in automatico. Ormai era entrata nella parte. Sperò soltanto che non gli chiedesse dettagli tecnici per la sua posizione.
Poi lui fece una cosa strana. Alzò la testa, salutò qualcuno dietro di lei con cenno del capo, fece "Ehi, tesoro." e si alzò.
"Tesoro?" fece Emma, girandosi indietro per guardare. Quello che vide la lasciò basita. Tesoro? Tesoro? Davvero? La sua dolce fidanzatina Milah era appena entrata nel locale, vestita di tutto punto con un tailler color cammello e i capelli mossi lasciasti sciolti sulle spalle. Killian Jones le andò incontro ad ampie falcate, facendosi spazio tra i tavoli. La raggiunse, la abbracciò e le diede un bacio sulle labbra. "Ehi!" fece lei sorridendo. Il suo stupido diamante spiccava tra le sue dita avvinghiate alle spalle di lui.
"Che ci fai qui?" chiese Killian, pretendendo che niente fosse.
"Sono col signor Gold," rispose Milah indicando un uomo dietro di lei con il pollice. Si girò poi per guardarsi attorno evidentemente spaesata "il mio capo, te l'avevo detto ieri sera, non te lo ricordi?" Era chiaro che neanche lei ci capiva niente e tuttalpiù si stava chiedendo che cosa lui ci facesse lì e per di più con l'investigatore che lei stessa aveva assunto. "Signorina Swan, ma cosa..."
Emma sorrise. L'aveva fregata per bene. Era così sorpresa che decise addirittura di ignorare che le avesse fatto fare una figuraccia per l'ammirazione. Poteva considerare il suo silenzio come un complimento. S'alzò, recuperò il suo cappotto e se lo infilò.
Killian Jones le si avvicinò con sorriso soddisfatto sul viso, le mani in tasca e tutto gongolante e trionfante. La guardò recuperare la sua dignità ed avviarsi via. Quello di sicuro era un sorriso malizioso, forse addirittura un po' cattivo. Solo allora Emma riconobbe il bullo che descrivevano le sue ricerche. "L'avevo detto che sarebbe stato indimenticabile." le fece poi lui quasi con cattiveria. Killian Jones tornò dalla sua fidanzata, la abbracciò di nuovo e sussurrò "Ma certo che me lo ricordo, tesoro, va' alla tua cena. Ci vediamo a casa stasera."
Ora era troppo.
Emma si voltò, recuperò il calice di vino dal tavolo e glielo versò in faccia. Sorrise soddisfatta, mentre lui stava con gli occhi chiusi e la faccia strizzata, tutto bagnato, con una serie di gocce di vino che gli cadevano dal naso. Milah la guardò sconvolta con la bocca aperto.
"E' pulito." le disse poi. "E ringrazia che non sia rosso." fece a lui e se ne andò.

 




Angolo dell'autrice
"Kids, this is the story of how I met your mother.." pa pa pa... Lol, no, no scherzo!
Buona sera, italiani!!! Allegria!!! COme va? Qui non c'è male, grazie. 
Tornando seri.
Riguardo alla storia: l'ispirazione nasce dall'ultima stagione di how I met your mother" che ho rivisto di recente (che netflix sia lodato!). Ogni capitolo è ambientato ad un'ora prima dal matrimonio, per un totale di dodici, con pretesti per richiamare qualche flashback che ci porteranno a capire chi è la futura signora Jones. Ovviamente il 2016 è dal punto di vista di Killian (per ora) e il 2013 da quello di Emma. Lo so che le avete già capite leggendo queste cose, ma tenevo a precisare che questa è la struttura di ogni capitolo.
Che ne dite, che ne dite, che ne dite? Ci riempirà il vuoto che lascerà prossimamente "Il mio posto"? Sono molto curiosa delle vostre reazioni, perché con questa storia faccio io uno sforzo "nuovo" nello scriverla. QUindi lasciatemi un commentino qui sotto. 
Alla prossima! ;)
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: summers001