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Autore: eugeal    20/05/2016    0 recensioni
I piani di Vaisey sono stati sventati e lo sceriffo è morto.
Ora Robin Hood non è più un fuorilegge e lui e Guy possono affrontare una nuova vita in una Nottingham governata da un altro sceriffo.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Marian appoggiò la fronte a quella di Guy e chiuse gli occhi. La sua mano destra era affondata tra i capelli del cavaliere e gli accarezzava la testa, mentre con l’altra seguiva lentamente la linea della sua mascella, soffermandosi sulla pelle contemporaneamente ruvida e morbida della sua guancia.
- Come ho potuto dimenticare? - Sussurrò. - Come?
Guy si staccò appena da lei per baciarla sulla fronte, sul segno della ferita.
- Ti hanno fatto così tanto male…
La ragazza si rifugiò tra le braccia di Guy e si ritrovò a detestare la cotta di maglia che la separava dal calore del suo corpo. Si guardò intorno rapidamente poi fece scivolare un dito sotto il bordo della cotta e del corpetto imbottito, per arrivare sfiorare la pelle di Gisborne, alla base del collo.
- Non hai un po’ troppi strati? - Sussurrò, maliziosamente, e Guy scoppiò a ridere.
- Forse. Cosa proponi?
- Di farne sparire qualcuno? Questa tunica è molto elegante, marito mio, ma è di troppo. E anche la cotta di maglia. - Marian sorrise. - E il corpetto imbottito…v Guy la guardò, serio.
- La camicia va bene? Quella posso tenerla?v Marian finse di pensarci.
- Per sicurezza toglierei anche quella.
Guy ridacchiò e fece per sfilarsi la tunica, ma si fermò quando Isabella entrò nella tenda di corsa, senza annunciare la propria presenza. Fissò il fratello per un attimo, allibita.
- Guy! Sei impazzito?! Cosa stai facendo?!
Gisborne la guardò, irritato.
- Secondo te? Imparerai mai a bussare alle porte, Isabella?
- Le tende non hanno porte e questo non è il momento di amoreggiare.
- Isabella, ora ricordo tutto! - Intervenne Marian, sorridendo alla cognata.
Isabella la guardò, sorpresa, e sorrise al fratello.
- Sono contenta per voi, davvero, ma ora devi sbrigarti, Guy.
- Sbrigarmi a fare cosa?
- A tornare a combattere. Il principe sta iniziando ad annoiarsi della gara tra Archer e Robin, dice che è troppo monotona perché fanno sempre centro e nessuno dei due riesce a prevalere sull’altro.
Guy sbuffò.
- Quei due potrebbero almeno fare finta di sbagliare qualche tiro ogni tanto per rendere la gara più interessante.
Isabella gli rivolse uno sguardo scettico.
. Perché, tu lo faresti? Devo ancora incontrare un uomo che non sia cocciuto e orgoglioso fino a rasentare la stupidità. - Gli sistemò la tunica, lisciandola e spolverandola con la mano. - Ma ora preparati a tornare in campo, sai che dobbiamo assecondare il principe.
Guy annuì con un sospiro e si chinò su Marian per baciarla ancora una volta.
- A quanto pare devo proprio andare. Ma riprenderemo il discorso più tardi.
Marian gli accarezzò una guancia.
- Cerca di non farti male. Questi tornei possono essere così pericolosi…
- Fino a prova contraria, tu lo sei di più. - Rispose Guy con un sogghigno divertito, e la prese in giro sfiorandosi la cicatrice che lei gli aveva lasciato sullo zigomo tanto tempo prima e il punto del torace dove lo aveva pugnalato.
- Guy! - Lo rimproverò, indignata, poi lo strinse a sé. - Dico sul serio. Torna da me tutto intero.
- Farò del mio meglio. Ora andate e dite ad Allan di venire qui, deve aiutarmi a prepararmi.
Isabella e Marian uscirono dalla tenda e Guy rimase solo. Si sentiva euforico al pensiero che Marian avesse ritrovato la memoria, ma doveva sforzarsi di ritrovare la calma oppure avrebbe finito per essere disattento e non poteva permetterselo.
Versò un po’ d’acqua in un bacino e la usò per sciacquarsi il viso, poi controllò il filo della spada che aveva usato fino a quel momento e, trovandolo segnato da varie tacche, la mise da parte per utilizzare quella di riserva. Esaminò la cotta di maglia e le altre protezioni per accertarsi che fossero in ordine e integre e controllò che ogni cinghia e ogni fibbia fosse salda e ben stretta.
Dopo aver finito quel controllo scrupoloso, si sentiva più calmo: quella sera, dopo il torneo, ci sarebbe stato tutto il tempo di esprimere le proprie emozioni, ma ora doveva restare concentrato perché Rowan avrebbe potuto attaccare in qualsiasi momento.
Allan entrò nella tenda e Guy gli indicò la spada che aveva scartato.
- Falla affilare.
Allan annuì.
- Ho appena controllato i finimenti del tuo cavallo, è pronto a entrare in campo.
- Bene. Anche io.
- Giz, ho ascoltato i discorsi della gente radunata nella tenda degli sfidanti… A parte qualche cavaliere in cerca di gloria, nessuno di loro è davvero interessato a vincere il torneo, vogliono solo vendicarsi di qualche torto subito.
Guy sospirò.
- Ne sono consapevole, ma non posso farci niente. È stato il principe a stabilire le regole.
- Lo so, ma fai attenzione. Non aspettarti che combattano lealmente.

Adeline si tranquillizzò vedendo che Marian era tornata sugli spalti con le sue gambe, insieme a Isabella. Poco dopo, Cedric raggiunse lei e Thomas, sorridendo.
- Va tutto bene. - Disse il giovane, che era andato a informarsi, riprendendo posto accanto all’amico - Lady Marian ha avuto solo un leggero mancamento e tra poco Sir Guy riprenderà il torneo.
Gli arcieri lasciarono il campo e i servitori si affrettarono a portare via i bersagli, poi Gisborne rientrò in campo, accolto dal clamore della folla. Alcuni ricordavano la sua abilità nel torneo precedente e lo incoraggiavano, ansiosi di vedere altri combattimenti emozionanti, altri invece non si facevano scrupolo di esprimere il loro astio nei confronti del cavaliere con fischi e insulti. Il loro vociare però si spense piuttosto velocemente non appena gli araldi annunciarono nuovamente il nome e i titoli di Guy, ricordando a tutti che era il campione del Principe Giovanni.
Opporsi al principe non sarebbe stato saggio, perciò quelli che odiavano Gisborne rimasero in un silenzio teso, sperando segretamente che qualcuno degli sfidanti riuscisse a umiliare il cavaliere.
Adeline rimase a guardare, anche lei in silenzio, mentre Guy affrontava e sconfiggeva un avversario dopo l’altro. Spesso non doveva nemmeno impegnarsi più di tanto perché la maggior parte degli sfidanti erano contadini che al massimo avevano preso in mano un forcone in vita loro e non certo una spada.
Gisborne combatteva contro di loro con un’espressione seria e concentrata, ma Adeline lo conosceva abbastanza bene per rendersi conto che il cavaliere trovava quegli scontri impari estremamente umilianti sia per lui che per gli sconfitti.
Il principe Giovanni, invece sembrava divertirsi ed esultava nel vedere il suo campione che faceva cadere di sella gli avversari, ridendo quando li vedeva rotolare nella polvere.
Il sole aveva già iniziato la sua discesa verso l’orizzonte quando il principe si annoiò di quel passatempo e diede l’ordine di concludere le gare per quel giorno.
- Venite, Gisborne, inchinatevi davanti al vostro principe.
Guy obbedì senza esitare. Era stanco dopo aver combattuto così a lungo e temeva che il principe Giovanni avrebbe iniziato uno dei suoi interminabili discorsi, ma per fortuna anche lui doveva avere voglia di tornare al castello, perciò si limitò a mettere al collo di Guy una pesante catena d’argento come premio per la vittoria.
Il principe arricciò il naso davanti all’aspetto disordinato e polveroso del cavaliere.
- Spero che al banchetto di questa sera vi presenterete in condizioni migliori. - Commentò, sdegnoso, poi lasciò il palco per tornare al castello.
Solo allora Guy si concesse un sospiro di sollievo e sorrise a Marian e a Isabella che si erano avvicinate per raggiungerlo.
- Ma cosa crede, che si possa combattere senza sporcarsi? - Disse Marian, irritata per quelle parole sprezzanti, e gettò le braccia al collo di Guy per baciarlo, incurante delle tracce di terriccio che aveva addosso e del sudore che gli bagnava i capelli.
- Così ti sporcherai anche tu. Il principe non aveva tutti i torti, ho davvero bisogno di fare un bagno.
Marian sorrise senza staccare il viso dal suo collo, respirando l’odore amato e familiare della sua pelle, e gli rispose con un sussurro malizioso.
- Non importa. Vuol dire che lo faremo insieme.
Si staccò da lui quel tanto che bastava per vederlo arrossire e ridacchiò divertita.
Isabella scosse la testa sorridendo.
- Non tardare al banchetto, Guy.
Gisborne sospirò.
- Devo proprio venirci?
- Sarai l’ospite d’onore come campione del principe, non puoi mancare. E cerca di essere presentabile. Marian, costringilo a indossare una delle tuniche nuove, e non lasciarti impietosire, non voglio vedere nulla che assomigli alle sue solite giacche di pelle nera.
Isabella puntò minacciosamente un dito contro il fratello, poi scorse Robin che stava parlando con Archer dall’altra parte del campo di gara e si congedò da Guy e Marian per andare a raggiungere il marito.
Guy giocherellò con la catena d’argento che aveva vinto, pensieroso.
- Ho quasi l’impressione di averla rubata. I miei avversari non sapevano nemmeno tenere una spada in mano.
Marian alzò le spalle.
- Peggio per loro. Ti hanno sfidato con l’intenzione di farti del male, hanno anche pagato la tassa d’iscrizione per farlo. La prossima volta ci penseranno due volte. E gli è anche andata bene, perché avresti potuto maltrattarli molto di più. E ora, marito mio, non abbiamo molto tempo prima del banchetto: preferisci continuare a fissare quella catena oppure sfruttarlo in un modo più interessante?
Un sorriso si allargò sul viso di Guy.
- Qualche proposta?
Marian gli sorrise con aria innocente e gli mise una mano sul petto, appoggiandola alla tunica che copriva la cotta di maglia.
- Io inizierei a rimuovere qualche strato, che ne dici?
Guy non rispose, ma le prese una mano con un sogghigno divertito e si incamminarono insieme verso il castello.

Seth scosse la testa, imbronciato.
- Voglio il mio papà.
Adeline gli fece infilare la camicia da notte e indicò il letto.
- Tuo padre non può venire stasera, il principe Giovanni vuole che sia l’ospite d’onore al banchetto di stasera come suo campione vittorioso.
- Voglio stare con lui, Adeline!
- I bambini non possono partecipare al banchetto e ora è tardi, devi dormire.
- Ma io non ho sonno! Posso restare sveglio ad aspettare il mio papà?
Adeline gli sorrise.
- Tornerà molto tardi.
- Voglio aspettarlo lo stesso.
- Va bene, puoi restare sveglio, ma devi metterti a letto.
Il bambino si arrampicò sul letto e Adeline gli rimboccò le coperte.
- Quando arriverà gli dirò che è stato bravissimo. - Disse, con un mezzo sbadiglio.
Adeline sorrise e si mise seduta accanto al fuoco dopo aver controllato la culla di Ghislaine. La piccola dormiva tranquilla, sazia e serena, e anche la balia che l’aveva nutrita poco prima era profondamente addormentata nella stanza accanto.
Adeline si ritrovò a sbadigliare pensò che avrebbe aspettato che Seth si addormentasse,
conoscendolo non avrebbe resistito a lungo ormai, e poi sarebbe andata anche lei a riposare nella stanza accanto, nel letto accanto a quello della balia. Forse si era preoccupata troppo guardando il torneo, ma si sentiva terribilmente assonnata. Non appena il bambino ebbe chiuso gli occhi, Adeline si alzò per andare a dormire a sua volta.

Seth si svegliò con un sussulto e si guardò intorno: la stanza era illuminata dalla luce del camino e da una candela appoggiata sul tavolo, ma non c’era nessuno a parte lui e Ghislaine, ancora addormentata nella culla. Seth sentiva provenire dalla stanza accanto il russare della balia e i suoni familiari di Adeline che si girava nel letto mentre dormiva, ma di suo padre non c’era ancora nessuna traccia.
Il bambino ricordò il motivo per cui si era svegliato e scivolò fuori dalle coperte per usare il vaso da notte, sollevato di essersene accorto in tempo, poi si avvicinò in punta di piedi alla culla della cugina per guardarla dormire e sorrise: non vedeva l’ora che crescesse un altro po’ per poter giocare con lei.
Seth lanciò uno sguardo colpevole alla porta dell’altra stanza: sapeva di aver promesso ad Adeline che avrebbe aspettato il padre restando a letto, ma sapeva anche che se fosse tornato sotto le coperte si sarebbe riaddormentato e lui voleva proprio vedere Guy prima di dormire.
Arrivò in punta di piedi fino alla soglia e si affacciò per assicurarsi che Adeline stesse ancora dormendo e non potesse sgridarlo: le due donne erano entrambe profondamente addormentate.
Seth sorrise: avrebbe camminato per un po’ per la stanza per non addormentarsi e loro non se ne sarebbero accorte perché proprio quel pomeriggio zio Robin gli aveva insegnato come muoversi senza fare rumore.
Stava per farlo quando si accorse che la porta della stanza di Adeline, quella che si affacciava sul corridoio, si stava socchiudendo.
Seth guardò la striscia di luce proveniente dall’esterno che si allargava man mano che la porta si apriva.
Il bambino si coprì la bocca con una mano per non gridare: aveva paura che in quel vecchio castello ci fossero i fantasmi e pensava che forse era stato uno di loro ad aprire la porta. Tremando fece un passo indietro e si nascose nell’ombra: se c’era un fantasma o un mostro non doveva farsi sentire, doveva nascondersi e restare in silenzio finché non fosse andato via.
Ma quello che entrò nella stanza era peggio di qualsiasi creatura della notte, più terrificante di ogni possibile incubo: sulla soglia della stanza di Adeline c’era l’unica persona che Seth non avrebbe mai potuto dimenticare, quella che spesso turbava il suo sonno facendo svegliare in lacrime e con il letto bagnato...
L’uomo mascherato che aveva tagliato la gola a suo padre.

   
 
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