Film > Captain America
Ricorda la storia  |      
Autore: lilyhachi    23/05/2016    4 recensioni
(Bucky Barnes; one shot; leggeri accenni a Civil War)
Un lampo di luce rossa e blu gli esplode dietro le palpebre. Forse Steve è riuscito a recuperarlo?
No, questa è una bugia. Può immaginare Steve, ancora aggrappato al vagone da cui è precipitato: ha il capo chinato e lacrime amare gli scorrono lungo le guance rosse per il troppo freddo. Bucky avrebbe desiderato almeno dirgli addio, ma il destino ha voluto diversamente, programmando piccoli eventi all’apparenza insignificanti che hanno portato a tutto questo. Il caso ha voluto che quel pezzo di metallo si staccasse, lasciandolo crollare nel vuoto per poi farlo atterrare su una coltre di neve. Tempo fa, qualcuno gli ha detto che nessun fiocco di neve è mai caduto nel posto sbagliato, ma Bucky non ricorda: la sua mente cede sempre di più, il sangue aumenta e lui vorrebbe scorgere la fonte da cui sta sgorgando ma i suoi occhi si stanno chiudendo mentre quel turbinio di bianco e rosso continua a scatenarsi ancora, ancora e ancora.
James Buchanam Barnes è caduto, c’è soltanto oscurità e nulla più.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James 'Bucky' Barnes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa storiella senza pretese nasce dal forte disagio causato dai film Marvel e, in particolare da quelli di Capitan America e dal personaggio di Bucky Barnes, a cui ho dichiarato il mio amore indiscusso. Grazie a tutti coloro che leggeranno, spero vi piaccia :)
 
 
Titolo: “Remembrance”; one shot.
Rating: giallo/arancione.
Genere: introspettivo, angst, malinconico.
Contesto: post-The First Avenger, pre/post-The Winter Soldier, Civil War (leggeri spoiler).
Personaggi: James “Bucky” Barnes.
Pairing: nessuno; leggeri accenni Steve/Bucky (brotp).
Avvertimenti: missing moment, spoiler. 
 
 
“Call all your friends, tell them I'm never coming back.
Cause this is the end, pretend that you want it, don't react”.
 
~ You’re losing your memory now ~
 
 http://i64.tinypic.com/m83dc4.gif

Remembrance
 
 
“It’s just another day. It’s just another year.
One step at a time, they say. One trip, and you’re back that way”.
 
 
All'inizio, non è altro che neve: bianca e immacolata, che si disperde in piccoli fiocchi intorno alla sua figura inerme.
Bucky Barnes non ha più forze, la fiamma che ardeva nel suo petto si è spenta violentemente, estinta da una bufera di neve. Poi, alla neve subentra il sangue, scia viscosa che imbratta il candore sotto di lui. Il bianco viene brutalmente cancellato, sovrastato, come se non meritasse alcuna visibilità, così come la purezza, l'innocenza, l'onestà e tutti quei buoni sentimenti che hanno abitato il suo cuore fin da ragazzo.
Bucky non prova vergogna nell’ammettere che parte di essi gli sono stati insegnati da Steve. Forse trovarsi ad un passo dalla morte rende tutto più chiaro, mettendo da parte ogni dubbio o imbarazzo e lasciando il posto a ciò che normalmente si tenta di celare.
Bucky ha paura, crede di sentire il suo corpo scosso da fremiti e torna ad essere un ragazzino, quello spaventato dall’idea di crescere.
Il coraggio lo ha sempre acquisito grazie a Steve, che non ha mai avuto paura di nulla, che nonostante la sua figura minuta si è sempre gettato a capofitto in imprese troppo grandi, troppo maestose, ma questo non lo ha mai costretto a fermarsi, a fare un passo indietro e dire: “questo è troppo per le mie capacità”. A Bucky viene da ridere, ma non sa nemmeno se sia in grado di farlo, mentre i fiocchi di neve gli piombano addosso e gli appannano la vista già compromessa dallo stordimento dovuto alla caduta. Non riesce a percepire del tutto il suo corpo, lo sente incompleto, come se gli avessero strappato qualcosa. Sente freddo: una sensazione che gli gela il petto e gli smorza il respiro.
Distingue le montagne innevate e le vede farsi sempre più piccole.
Si sta forse allontanando? E dove sta andando? Qualcuno grida il suo nome.
Qualcosa si spezza definitivamente come una corda tesa troppo a lungo.
Qualcosa nel suo corpo si incrina, forse le sue stesse ossa.
Un grido gli trapassa il cervello come una lama affilata, per un attimo crede sia Steve: Steve sottoposto all’esperimento che lo ha reso Capitan America, Steve che sente ossa e muscoli aumentare di grandezza, insieme al resto del suo corpo.
Fasci di luce saettano davanti ai suoi occhi. E’ tutto confuso, Bucky vorrebbe piangere o urlare, qualunque cosa possa aiutarlo a percepirsi, a rendersi integro e palpabile: vivo, anche se per poco.
Un lampo di luce rossa e blu gli esplode dietro le palpebre. Forse Steve è riuscito a recuperarlo?
No, questa è una bugia. Può immaginare Steve, ancora aggrappato al vagone da cui è precipitato: ha il capo chinato e lacrime amare gli scorrono lungo le guance rosse per il troppo freddo.
Bucky avrebbe desiderato almeno dirgli addio, ma il destino ha voluto diversamente, programmando piccoli eventi all’apparenza insignificanti che hanno portato a tutto questo.
Il caso ha voluto che quel pezzo di metallo si staccasse, lasciandolo crollare nel vuoto per poi farlo atterrare su una coltre di neve.
Tempo fa, qualcuno gli ha detto che nessun fiocco di neve è mai caduto nel posto sbagliato (1), ma Bucky non ricorda: la sua mente cede sempre di più, il sangue aumenta e lui vorrebbe scorgere la fonte da cui sta sgorgando ma i suoi occhi si stanno chiudendo mentre quel turbinio di bianco e rosso continua a scatenarsi ancora, ancora e ancora.
James Buchanam Barnes è caduto, c’è soltanto oscurità e nulla più.
 
 
“I don’t recognize these eyes. I don’t recognize these hands.
Please believe me when I tell you that this is not who  I am”.
 
 
Bucky Barnes ha pensato spesso alla sua vita dopo il servizio militare: era un pensiero che lo aiutava ad andare avanti, uno di quelli belli e luminosi a cui aggrapparsi negli attimi più tenebrosi.
Ogni tanto, nella sua mente balenavano stralci di una possibile vita futura: erano immagini per lo più sconnesse ma intrise di un calore confortante verso il quale Bucky non poteva fare a meno di sentirsi spinto, coinvolgevano sempre una donna e un bambino. Lo chiamavano come il canto di una sirena, lo esortavano a rifugiarsi in quella realtà fittizia ancora lontana ma Bucky resisteva e andava avanti.
 
§
 
Il Soldato sa di essere vivo, adesso prende coscienza del suo corpo, lo sente possente e pulsante ma non accade lo stesso per la sua mente.
C’è una nube grigia ad avvolgerla e copre tutto: i suoi ricordi, la sua vita, persino il suo nome è come irraggiungibile.
Cerca di allungare le dita verso quelle memorie lontane, ma senza risultato.
Alza leggermente il capo e incontra il suo riflesso in un pezzo di vetro appeso ad una parete non troppo lontana: l’incontro con il suo stesso volto lo stordisce. Inclina la testa, si studia, prende familiarità con i suoi occhi troppo azzurri.
Il suo sguardo poi vaga per la stanza: ci sono troppe scaffalature, bottiglie, strumenti dall’utilizzo sconosciuto; la luce lo colpisce dritto in faccia e lo acceca, qualcuno si avvicina, ha un camice bianco e una siringa nella mano destra.
Mentre lo osserva, volge gli occhi sul suo braccio sinistro.
Dov’è la pelle? Dov’è la carnagione chiara? I muscoli? Le vene? Le nocche? Il palmo della mano? Le dita?
C’è una patina di metallo a sostituire il tutto. Il battito aumenta, sente un bip molesto che gli tartassa i timpani, si amplifica, lo agita, lo spinge a muoversi, ad alzarsi e capire cosa diamine gli stiano facendo. Qualcuno gli piomba addosso.
Attorno a lui ci sono soltanto mani che lo tengono fermo, lo immobilizzano, voci confuse che sembrano urlare imposizioni.
Il Soldato prova un sentimento simile alla paura, vorrebbe qualcosa a cui ancorarsi mentre un ago lungo e freddo gli viene infilato nella pelle. Gli occhi si socchiudono e immagini distorte iniziano a scorrergli davanti, come la proiezione di un film a colori.
Vede un bambino: ha i capelli chiari e gli occhi blu, grandi e accesi come due fari, agita le braccia per attirare l’attenzione di qualcuno.
A quel punto una donna solleva il suo corpicino e lo stringe forte a sé: è bella, si muove come se danzasse, avvolta in un abito bianco che le accarezza il corpo esile come se fosse stato fatto apposta per lei. I capelli castani le ricadono sulle spalle, mossi da un venticello leggero. Sorride, scoprendo i denti bianchissimi mentre gli occhi verdi si accendono di una luce nuova e intanto porta lo sguardo su un punto indefinito dinanzi a sé. Il bambino scalpita, ha visto qualcosa e allora lei lo lascia andare. “Corri da papà”.
La voce di lei è ovattata ma il Soldato distingue ugualmente le parole e trema solo a sentire l’ultima mentre aspetta di scorgere il volto del terzo componente di quella scenetta così rasserenante che il cuore quasi vuole esplodergli nella cassa toracica.
La sua stessa figura va incontro a quella del bambino, lo solleva in braccio con gioia, sorride: il volto è pulito, sereno, senza graffi o grumi di sangue, i capelli sono lucidi e ben pettinati.
E’ così bello che quasi non si riconosce. Sembra felice…è davvero lui?
Bacia la donna che gli si avvicina e le sfiora il naso, chiudendo gli occhi come se si stesse beando di quel momento. Il Soldato non capisce: di cosa si tratta? E’ un ricordo? Qualcosa nel suo petto gli dice di no, ma il cuore batte freneticamente, bramoso, come se sperasse in una realizzazione, come se agognasse quello scenario meraviglioso quanto improbabile.
Lei sussurra qualcosa ma il suono comincia a non essere più chiaro come prima.
Lo ha chiamato James?
Quell’ultima domanda e poi il buio incombe nuovamente su di lui, ma questa volta in maniera permanente. Una striscia nera ricopre quel nome, lo cancella, lo espelle definitivamente dalla sua mente e lo allontana dal suo ospite come se fosse infetto.
James Buchanam Barnes non esiste più.
 
 
“But my photographs remind me of who I used to be.
If only I could go back when I was me”.
 
 
Il Soldato d’Inverno, o ciò che rimane di lui, si muove tra le strade di Bucarest con dimestichezza, le conosce, le ha memorizzate, ha imparato delle scorciatoie per raggiungere in minor tempo il banco di frutta, quello gestito da un vecchietto sempre sorridente e cortese.
Ogni tanto una ragazza lo aiuta, lui crede sia sua nipote. Lo tratta con gentilezza, lo aiuta a capire come riconoscere le prugne più mature, gli fa un piccolo sconto perché ormai lo vede spesso: come se fosse un cliente affezionato, un ragazzo qualunque con una predilezione per le prugne, non un assassino a sangue freddo dotato di un braccio metallico. Potrebbe farla fuori in qualsiasi momento, allungare la mano e stringerla attorno alla sua gola, mentre lei gli porge la busta con un sorriso cordiale.
Ma non lo fa, l’istinto di uccidere si è dissolto, lasciando spazio ad una confusione strana che lo annienta, lo stordisce, lo spinge a farsi domande di cui prima ignorava l’esistenza o che forse aveva soltanto chiuso in una scatola, sepolta sotto cumuli di terra brulla.
Quel nome, “Bucky”, pronunciato da Steve Rogers, lo ha costretto a scavare, a ritrovare quella scatola e aprirla, cercando disperatamente una risposta alle sue domande. Allo Smithsonian, tempo fa, ha visto una sua gigantografia con un nome scritto a caratteri cubitali: James Buchanam Barnes, detto Bucky. Era davvero quello il suo nome?
Per giorni ha cercato nel suo volto tratti che lo associassero ad esso, perché James è un nome elegante, gentile, adatto a qualcuno di buon cuore: lui è un soldato, un killer che ha sempre eseguito gli ordini senza mai obiettare, senza avere pietà di chi lo guardava dal basso, implorando di risparmiarlo. Almeno lo ha un cuore? Ogni tanto, quando è solo nel suo appartamento piccolo e lurido, adatto a chi è pronto per scappare da un momento all’altro, si porta una mano all’altezza del cuore per assicurarsi che ci sia un organo.
Vorrebbe squarciare il suo stesso torace, lacerarlo come ha fatto con i corpi di alcune delle sue vittime e vedere cosa ci sia al suo interno. Sente un battito, e allora si tranquillizza, comprende di essere vivo, di essere umano ma gli incubi tornano ogni notte.
Vede i volti di coloro a cui ha tolto la vita, il sangue che ha lasciato scorrere senza guardarsi indietro; quest’ultimo si mischia alla neve, fondo di uno scenario sconosciuto ma in qualche modo familiare.
Vede anche altri volti, nuovi, che gli rivolgono sorrisi come se lo conoscessero.
Vede un ragazzo bassino che lo abbraccia, gli dice di fare attenzione.
James Buchanam Barnes è lì da qualche parte dentro di lui, si sta svegliando.
 
 
“Give me strength to fight. Help me feel alive again.
Make me whole inside. Instead, this hole inside is killing me”.
 
 
C’è una parte di Bucky che è in uno stato di dormiveglia: si riscuote e si assopisce a suo piacere, provocandogli scariche di ricordi improvvise che lo investono come fossero elettricità. E’ allora che Bucky ricorda ogni cosa: Steve che cerca di entrare a far parte dell’esercito, l’odore della polvere da sparo nel campo di battaglia, il sapore del sangue nella sua bocca, le giornate trascorse con Steve che si cacciava nei guai e lui che lo tirava fuori, le risate, i pensieri sul futuro.
“Un giorno vorrei sposarmi”.
Bucky ricorda quelle sue stesse parole e un sorriso gli increspa le labbra.
Sono tante le cose che avrebbe desiderato per sé stesso: una vita modesta, una bella casa, una donna da amare, una famiglia tutta sua, Steve come padrino di suo figlio. Questi pensieri, Bucky non credeva di averli ma si sa, la guerra ti fa aprire gli occhi su molte cose.
Solo che adesso Bucky Barnes non può sperare in una vita normale; quella che ha portato avanti fino ad ora non è stata altro che una menzogna, una macchia di sangue nero che si è allargata a dismisura, ricoprendo ogni centimetro del suo corpo.
Bucky vorrebbe lavare via ogni traccia di ciò che ha fatto ma sa che è impossibile quindi neanche ci prova…a cosa servirebbe? Nessuno lo guarderebbe mai per quello che è realmente o per quello che ha dovuto subire ed eseguire, soggetto alla volontà di qualcun altro.
Il sangue sulle sua mani si è incrostato, gli è entrato sottopelle, lo ha marchiato e reso un mostro: Bucky non può raschiarlo via, è parte di lui. Chi potrebbe amarlo? Quale donna potrebbe stargli accanto senza la paura di essere uccisa nel sonno? Si chiede se esista qualcosa per cui valga la pena andare avanti, poi pensa alla sua amicizia con Steve, a ciò che ha sacrificato per salvargli la vita: lui non merita tanto.
Il Soldato d’Inverno e James Buchanam Barnes lottano tra loro per eliminare l’altro, dando inizio ad una guerra per la supremazia che non sembra voler finire ancora.
Bucky non può fidarsi di sé stesso, ha paura, vive nel terrore di svegliarsi un giorno e scoprire che qualcuno a cui tiene è morto per mano sua. Vede altro sangue, gli arriva alla gola, lo disgusta, sente di nuovo mani gelide che lo afferrano, vorrebbe vomitare.
Deve fare un passo indietro…per tutti, per Steve, per sé stesso.
James Buchanam Barnes è sveglio, ma non è ancora pronto per tornare alla vita.
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
  • Il titolo “Remembrance” (in italiano: ricordo) è tratto da una playlist dedicata a Bucky Barnes che ho trovato su 8tracks (http://8tracks.com/breadandbutterfly/remembrance);
  • Il verso iniziale è tratto dalla canzone “Losing your memory” – Ryan Star;
  • I versi sparsi vengono dalla canzone “I was me” – Imagine Dragons;
  • (1) proverbio zen;
  • Le varie parti della shot riprendono diversi momenti della vita di Bucky;
  • Prima parte: il ritrovamento del suo corpo privo di un braccio, qui Bucky è stordito e sta perdendo conoscenza, ma ricorda ancora il suo nome e il suo passato;
  • Seconda parte: Bucky si risveglia, è affetto da amnesia, ho fatto riferimento a lui in maniera generica come “il Soldato”, non è stato sottoposto ancora a lavaggio del cervello, quindi non è stato ancora riprogrammato come Soldato d’Inverno;
  • Terza parte: Bucky è a Bucarest (come si vede in Civil War), non ha ancora rincontrato Steve ma sta riprendendo lentamente familiarità con il suo passato;
  • Quarta e ultima parte: anche questa è ambientata nel contesto di Civil War (dopo gli eventi a cui non accenno per non spoilerare), e prima che Bucky decida di farsi congelare.
 
Sono molto nervosa per il mio esordio in questo fandom, ho paura di aver combinato un pastrocchio bello e buono ma il disagio ha vinto anche questa volta. La visione di The Winter Soldier e, successivamente, di Civil War hanno accentuato il mio amore per il personaggio di Bucky che, secondo il mio parere personale, è uno dei più bei personaggi costruiti in questi film. Ho adorato la sua storia, il suo rapporto con Steve, il suo conflitto interiore, il suo sguardo da cucciolo ferito, insomma: Bucky Barnes va protetto a tutti i costi e visto che ho disagiato molto, non ho potuto evitare di scrivere qualcosina. Ho voluto esplorare un po’ questo personaggio e provare ad immaginare come tutta la sua situazione lo abbia fatto sentire. Spero davvero di non aver fatto un casino e spero tanto di ricevere anche qualche commento al riguardo. Mi auguro che vi sia piaciuta e mi scuso per tutte le precisazioni ma, appunto, sono un po’ ansiosa quindi ci tengo ad essere chiara.
Se avete dubbi, correzioni, o qualsiasi altra cosa, chiedete senza problemi.
Grazie a tutti voi che siete arrivati fin qui, fatemi sapere cosa ve ne pare!
Alla prossima,

Lily.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: lilyhachi