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Autore: eugeal    24/05/2016    2 recensioni
I piani di Vaisey sono stati sventati e lo sceriffo è morto.
Ora Robin Hood non è più un fuorilegge e lui e Guy possono affrontare una nuova vita in una Nottingham governata da un altro sceriffo.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Seth rimase immobile, pietrificato, a guardare l’assassino che entrava nella stanza di Adeline.
Avrebbe voluto gridare, chiamare aiuto, ma non riusciva nemmeno a respirare.
Una figura femminile scivolò nella stanza seguendo l’uomo mascherato e quest’ultimo si voltò verso di lei.
- Non si sveglieranno?
- No. Ho drogato il loro vino. Ucciderai entrambe?
- È ciò che vuoi?
Anne indicò Adeline.
- Soprattutto lei. Della balia non mi importa, ma voglio che lei muoia. - La donna rise con disprezzo. - Si crede così virtuosa, così premurosa con la sua sdolcinata carità, ma non le importa affatto di me, voleva solo convincermi a tenere il bambino. Non lo voglio, non l’ho mai voluto e ho già sofferto abbastanza per darlo alla luce, ma a lei importava solo di quel moccioso. Dalle ciò che si merita, prima di tagliarle la gola falle capire che è stata lei a causare la rovina dei suoi cari, falla soffrire.
Rowan sogghignò.
- Con piacere, ma dopo. Prima devo occuparmi del cucciolo di Gisborne e della mocciosa di Robin Hood. Una volta morti i bambini la sveglieremo e toccherà a lei.
Anne trasalì.
- Arriva qualcuno!
- Vai a vedere chi è.
La ragazza si affacciò alla porta con aria indifferente e vide che era un servitore che stava portando della legna per il camino di qualche altra stanza. Anne gli sorrise, seducente e il giovane si fermò volentieri a parlare con lei, poi la ragazza gli fece cenno di seguirla in una delle stanze vuote lungo il corridoio. Un attimo dopo, Rowan li seguì in silenzio, pronto a mettere a tacere per sempre il malcapitato.
Solo quando Rowan fu uscito dalla stanza di Adeline Seth riuscì a muoversi di nuovo: era terrorizzato e avrebbe solo voluto mettersi a gridare e a chiamare suo padre, ma sapeva che quell’uomo malvagio lo avrebbe sentito. E poi, se avesse chiamato il suo papà, forse quell’uomo lo avrebbe ucciso di nuovo! Adeline dormiva, ignara del pericolo, e Seth avrebbe voluto svegliarla, ma non si azzardava ad andare nella sua stanza, perché l’assassino mascherato sarebbe tornato, entrando da quella porta.
Doveva scappare! E doveva farlo in silenzio come gli aveva insegnato zio Robin!
Il bambino sapeva che nella sua stanza c’era un’altra porta che si affacciava su un corridoio di servizio, usato solo raramente perché portava alla parte più vecchia del castello. Giorni prima aveva chiesto al padre se in quel passaggio ci fossero i fantasmi e Guy gli aveva fatto vedere che era solo un corridoio vuoto e buio, poi, per farlo stare tranquillo, aveva preso un piccolo ciondolo a forma di croce dal cofanetto dei gioielli di Marian e lo aveva attaccato alla porta, dicendogli che così nessuna creatura maligna avrebbe potuto attraversare la soglia.
Guy gli aveva detto che era stata sua madre a insegnarglielo e Seth aveva annuito, fiducioso in quella nonna che non aveva mai conosciuto e che invece suo padre ricordava con tanto affetto.
Seth aveva paura di quel corridoio buio, ma l’uomo mascherato gli faceva ancora più paura e forse il crocefisso gli avrebbe impedito di seguirlo, perché quell’uomo era sicuramente il diavolo.
Il bambino fece per correre alla porta, ma si fermò nel vedere la culla di Ghislaine: quell’assassino voleva ucciderla, lo aveva detto chiaramente!
Seth esitò: zia Isabella ogni tanto gli permetteva di prendere in braccio la cuginetta, ma solo se lei era presente. Quella però era una situazione particolare, non poteva lasciarla da sola con quell’uomo, pensò Seth, e si chinò a prendere la bambina tra le braccia.
- Non piangere, Ghizzy, ti prego, non piangere. - Sussurrò Seth, iniziando a muoversi verso la porta. Sapeva che se la bambina avesse iniziato a gridare, l’assassino sarebbe tornato subito e avrebbe ucciso entrambi, ma per fortuna Ghislaine sembrò accontentarsi di giocherellare con i capelli di Seth.
Il bambino aprì la porta, fece un passo nel corridoio buio e se la richiuse alle spalle, sussurrando una delle preghiere che gli erano state insegnate da Adeline. Ghislaine era pesante tra le sue braccia e la luce lunare che entrava dalle finestre disegnava ombre spettrali intorno a lui, facendogli venire voglia di piangere, ma Seth iniziò a camminare lungo il corridoio buio.
Un giorno sarebbe diventato un cavaliere come il suo papà e un cavaliere aveva sempre il dovere di proteggere le donne e gli indifesi, anche se aveva paura. La bambina che stringeva tra le braccia apparteneva a entrambe le categorie e per di più era un membro della sua famiglia, condividevano lo stesso sangue e lui le voleva bene. Pensare che qualcuno potesse volerle fare del male lo riempiva di rabbia, dandogli la forza di tenere a bada la paura che lui stesso provava.
- Non aver paura, Ghizzy. - Sussurrò alla piccola. - Ti difenderò da quell’uomo cattivo.
Ghislaine gorgogliò pacificamente e Seth continuò a camminare, inoltrandosi in quel passaggio buio e sconosciuto.

Anne guardò il servitore steso a terra: una pozza di sangue si allargava sotto di lui e il suo corpo fu percorso da deboli fremiti convulsi prima di restare immobile. La donna scavalcò il cadavere facendo attenzione a non sporcarsi le scarpe o l’abito e si strinse a Rowan, accogliendo il suo bacio, la lingua che si insinuava tra le sue labbra per imporre anche su di lei l’enorme potere che aveva appena dimostrato di avere.
- Il mio signore… Padrone della vita e della morte… - Sussurrò la ragazza, quasi in estasi. Quello era vero potere: Rowan sapeva togliere la vita con un semplice gesto, senza lasciarsi trascinare da banali motivi o da emozioni. Poteva uccidere e lo faceva senza il minimo rimorso, solo perché ne aveva la possibilità.
Anne lo invidiava e lo ammirava, avrebbe voluto avere anche lei tanto potere, non essere costretta a piegarsi davanti a nessuno, eliminare dalla sua strada chi la intralciava, ma non aveva abbastanza coraggio per farlo. Lei non era abbastanza forte, però accanto a Rowan aveva l’impressione di diventarlo.
Aiutare lui la innalzava al suo livello e forse prima o poi anche lei sarebbe stata capace di togliere una vita senza esitare. Forse, pensò, avrebbe potuto iniziare con Adeline…
Rowan si staccò da lei.
- Sai quello che devi fare?
- Sì.
- Ripetilo.
- Aprirò la porta del magazzino e il passaggio della cantina per lasciare entrare i tuoi compagni, poi, mentre loro si faranno strada nel castello, andrò alla sala del banchetto per accertarmi che anche quelle porte restino aperte.
- Ricordi cosa dovrai dire a Gisborne?
- Che tu hai ucciso il suo cucciolo bastardo e anche la mocciosa di Hood e che ora lo stai aspettando per vederlo piangere.
Rowan la baciò di nuovo.
- Ora vai.
Anne si allontanò in fretta, mentre Rowan si voltò per tornare nella stanza dei bambini: era ora di dare all’usurpatore ciò che si meritava.

Guy mascherò uno sbadiglio bevendo un altro sorso di vino e si augurò che il principe si stancasse e si decidesse a concludere il banchetto. Sospirò mentalmente nel notare che invece il principe Giovanni sembrava molto divertito dalle buffonate del giullare che aveva appena iniziato a parlare e che altri artisti e musicisti erano già pronti a esibirsi per intrattenere gli ospiti.
Gisborne era stanco dopo aver combattuto per buona parte della giornata e sapeva che anche il giorno successivo sarebbe stato impegnativo, ma come ospite di onore della serata non aveva la possibilità di congedarsi prima degli altri.
I servitori portarono altri vassoi colmi di piatti raffinati e Guy si servì dal più vicino a lui. Se proprio era costretto a restare fino alla fine del banchetto, tanto valeva gustare almeno il cibo.
Lanciò uno sguardo a Marian e pensò che in fondo non avrebbe dovuto lamentarsi, cos’era la noia di poche ore davanti al dono prezioso che aveva ricevuto quel pomeriggio? Marian gli sorrise, radiosa, e cercò la sua mano sotto il tavolo per tenerla stretta. Guy intrecciò le dita alle sue e, seppur stanco, si sentì completamente felice. Marian aveva ritrovato i suoi ricordi e Guy non poteva fare altro che ringraziare il Cielo per la sua guarigione.
Pensò che avrebbero dovuto parlare di quello che era successo dopo il rapimento, di come potesse essere arrivata in Germania e della sofferenza che aveva dovuto subire, ma per quello ci sarebbe stato tempo in seguito, in un momento e in luogo più tranquillo.
All’improvviso sentì la mano di Marian serrarsi sulla sua e restare rigida. Si voltò a guardarla, stupito, e vide che la ragazza non aveva cambiato espressione e sorrideva pacatamente, ma allo stesso tempo Guy era certo che la sua fosse solo una facciata per nascondere l’angoscia che le leggeva nello sguardo.
Si chinò verso di lei come per offrirle un boccone particolarmente prelibato e ne approfittò per parlarle sottovoce.
- Cosa c’è?
- Quella donna. Quella con la brocca in mano…
Guy la guardò, gli sembrava una servitrice come tante altre, non aveva nulla di particolare ai suoi occhi, ma Marian era sconvolta dalla sua presenza.
- Quella col vestito marrone?
- Sì. L’ho vista insieme ai banditi, era con loro quando ero loro prigioniera! Credo che sia la donna del capo!
- Cosa?! Ne sei certa?
Marian rabbrividì.
- Sì. È rimasta a guardare mentre mi picchiavano.
L’istinto di Guy lo avrebbe spinto ad avventarsi sulla donna, ma si costrinse a calmarsi a ragionare lucidamente. Se era lì nella sala del banchetto doveva esserci un motivo.
La vide avvicinarsi a una delle porte chiuse, appoggiandovi la schiena come per riposarsi, e Guy si rese conto che il braccio che non reggeva la brocca stava trafficando con la serratura.
Vuole aprirla!
Guy si alzò in piedi di scatto, cercando il fratello con lo sguardo.
- Archer! - Gridò, scavalcando la tavola del banchetto per correre verso la donna. - Fai sbarrare le porte, subito! Hood, con me!
Anne sussultò vedendosi scoperta e si voltò per aprire del tutto la porta e fuggire attraverso di essa, ma un pugnale, lanciato da Guy, si piantò vibrando nel battente e un attimo dopo Gisborne fu su di lei, afferrandola per i capelli e tirandola indietro con uno strattone, mentre i soldati di Archer accorrevano a sbarrare l’entrata.
Al tonfo della sbarra fecero eco altri colpi furiosi provenienti dall’esterno e gli ospiti del banchetto iniziarono ad agitarsi, spaventati da quella situazione.
- Gisborne! - Esclamò il principe Giovanni, indignato. - Cosa significa tutto questo?
Anne cercava di divincolarsi per sfuggire alla presa di Guy, scalciando e graffiando come un gatto furioso, ma Gisborne non lasciò la presa e anche Robin venne in suo aiuto, afferrandole le braccia per bloccarla, costringendola a inginocchiarsi a terra.
- Già, cosa succede, Guy?
- Sta con i banditi! - Gisborne indicò la donna. - Ha tentato di aprire le porte per lasciarli entrare qui dentro.
Archer si voltò verso di lui.
- È vero: qualcuno sta cercando di sfondare la porta!
Il principe impallidì.
- Vogliono ucciderci?! Fate qualcosa!
Archer aveva già schierato le guardie per tener chiuse le porte, dando istruzioni perché fossero in grado di attaccare chiunque fosse entrato.
- Quanti sono? Come sono entrati nel castello?! - Chiese lo sceriffo, rivolgendosi duramente alla donna e Anne scoppiò a ridere istericamente.
- Troppi per voi e pericolosi come lupi! Ormai le vostre guardie saranno tutte morte senza essersi nemmeno accorte del pericolo! E sono stata io a farlo! Io a lasciarli entrare! Perché io ho il potere sulla vita e sulla morte!
Archer fece un cenno a una guardia e l’uomo si avvicinò a una delle finestre.
- Non vedo gli uomini di guardia al cancello, signore!
- Perché sono tutti morti! I miei compagni li hanno colti alle spalle e li hanno sgozzati come maiali! E lo stesso toccherà a voi! - Ululò Anne, in preda all’esaltazione.
- Non credo proprio. - Ringhiò Guy, lasciandole andare i capelli. Si pulì la mano sui pantaloni, disgustato dal contatto con quella donna chiaramente folle e impugnò la spada, preparandosi a estrarla. - Possono anche provare a entrare qui, ma saremo pronti ad accoglierli.
Robin legò le braccia della donna a una delle colonne che sostenevano le scale mentre uno dei soldati le bloccava le gambe. Anne smise di divincolarsi e guardò Gisborne, con un odio gelido negli occhi.
- Può essere, ma per il tuo cucciolo bastardo è troppo tardi. Dovevi morire quando era il momento e lui si sarebbe salvato. Come ci si sente a vivere col sangue di tuo figlio sulle mani?!
Guy impallidì.
- Bugiarda! Non avete modo di arrivare a Seth! Nessuno può avere accesso a quella parte del castello!
- Giz!
Il grido di Allan era talmente angosciato che indusse Guy a voltarsi per guardarlo: l’amico era mortalmente pallido e sembrava sul punto di svenire.
- Cosa c’è?!
- La conosco! Conosco quella donna! Ha avuto un bambino e Adeline l’ha aiutata! Se ha la fiducia di Adeline potrebbe averla ingannata per avvicinarsi ai bambini!
Guy vacillò e se Marian non gli avesse preso una mano probabilmente si sarebbe avventato su Anne per ucciderla.
Invece fu Robin ad avvicinarsi a lei e a puntarle un pugnale alla gola.
- Dicci tutto quello che sai. Immediatamente.
La donna cercò di sputargli in faccia, ma Robin si spostò in tempo e la punse con il coltello, facendola sanguinare.
- Parla!
- Anche tu sei condannato a soffrire! Ho visto la tua mocciosa, sai? È così piccola e graziosa, ma è una parassita come tutti voi! Il latte migliore spetta a lei, al mio solo gli avanzi! Ma oggi i vostri figli divideranno la stessa culla… All’inferno!
Non aveva ancora finito di parlare che Isabella si era avventata su di lei, cercando di afferrare il pugnale di Robin per tagliarle la gola. Per un attimo Robin fu tentato di lasciarla fare, ma all’ultimo momento le bloccò la mano.
- Non merita di morire in fretta. - Disse duramente. - Cosa hai fatto ai nostri figli?
- Forse lui sta tagliando le loro piccole gole proprio ora... Se correte forse farete in tempo a vederli morire...
Guy e Robin corsero verso la porta, ma Archer li fermò.
- Se apriamo queste porte, in molti moriranno. I banditi sono troppi e qui abbiamo solo poche guardie armate.
- Non importa, non mi impedirai di salvare Seth! - Gridò Guy e Robin si mise al suo fianco.
- Fratello, non puoi fermarci.
- Vi proibisco di aprire la porta! - Disse il principe Giovanni. - Chiunque si azzarderà a disobbedirmi verrà giustiziato!
Lo sceriffo guardò Guy, disperato. Sapeva che il “lui” a cui si era riferita la donna era sicuramente Rowan e sapeva anche che se lui in passato avesse trovato il coraggio di giustiziarlo, non sarebbe stato versato tanto altro sangue innocente.
- Andiamo, Gisborne, è il momento di porre termine a questa storia.
- Non mi impedirete di salvare mio figlio, signore! Dovesse anche costarmi il collo, io proteggerò Seth.
- Lo stesso vale per me. - Disse Robin e un attimo dopo anche Marian e Isabella si schierarono accanto ai mariti.
- E per noi.
- Non ho intenzione di impedirvelo, ma di aiutarvi a farlo.
- Non potete aprire le porte! - Gridò nuovamente il principe Giovanni, con una nota di isteria nella voce.
Lo sceriffo si avvicinò a una delle pareti della sala e batté le nocche sui pannelli di legno che la rivestivano fino a trovare quello che stava cercando, poi premette con forza e lo spostò di lato, rivelando un passaggio stretto e buio.
Guy lo fissò, allibito.
- Dove conduce?
- Da una parte ci sono delle scale che portano fino alle segrete, dall’altra sbuca in una stanza vuota, un deposito di armi e divise, che si affaccia sul corridoio.
Archer sogghignò e fece cenno ai propri uomini di entrare nel passaggio.
- Aspettate nella stanza vuota, quando ci saremo radunati li attaccheremo di sorpresa. Guy, tu e Robin nel frattempo andrete a salvare i bambini.
Gli altri due non persero tempo a discutere, annuirono e si infilarono nel passaggio, seguiti da Marian, Isabella, Allan e Sir Arthur.
- Aspettate di sentirci combattere prima di uscire. - Disse Archer. - Dateci il tempo di impegnarli in combattimento, poi correte, manterremo un varco aperto perché possiate passare. Allan, tu esci dal castello e vai a chiamare i soldati che pattugliano le mura, per ora siamo in minoranza, ma possiamo tenerli a bada fino all’arrivo dei rinforzi.
Guy annuì, cercando di restare calmo. Le parole di Anne lo angosciavano e avrebbe voluto solo precipitarsi da Seth, ma sapeva di dover mantenere il controllo se voleva avere qualche speranza di salvarlo.
- Come facevate a conoscere questo passaggio, signore? - Chiese allo sceriffo, per distogliere la mente da quell’attesa forzata.
- Me ne ha parlato Elisabeth, lo ha scoperto vagabondando per il castello. Credevo che ne foste a conoscenza, deve averlo fatto costruire il mio predecessore.
- Deve essere stato dopo che Barrett ha cercato di ucciderlo. Non lavoravo più per lui, allora, ma non mi sorprende che dopo aver rischiato la vita abbia deciso di costruirsi una via di fuga segreta.
- Guy? - La voce di Isabella era quasi un sussurro, strozzata dal panico. - Perché vogliono fare del male a Ghislaine? Lei è innocente, chi potrebbe volerla uccidere?
- La salveremo. - Disse Robin. - Nessuno toccherà i nostri figli.
Guy guardò l’amico: il suo tono era sicuro, ma l’espressione dei suoi occhi molto meno, Robin era angosciato come lui.
- Giz… - Allan era fermo accanto alla porta, a testa bassa. - Avrei dovuto dirti quello che stava facendo Adeline, ma non pensavo che ci fosse nulla di male. Non prendertela con lei, voleva solo solo aiutare quella giovane in difficoltà e il suo bambino…
Guy fu tentato di scrollarlo e di gridargli che anche se Adeline era stata ingenua, lui non avrebbe dovuto esserlo, lui avrebbe dovuto essere in grado di intuire il pericolo.
Non si mosse. Ci sarebbe stato tempo per discutere in futuro, in quel momento avrebbero solo sprecato tempo ed energie. Si rivolse a Marian, invece, porgendole una delle spade attaccate al muro.
- Ricordi quello che ti ho insegnato?
- Sì. - Disse la ragazza, stupita. - Non vuoi che resti indietro?
- Sarebbe inutile chiedertelo, immagino. Tanto vale che tu sia in grado di difenderti e lo stesso vale per te, Isabella. Lasciate che siamo noi a combattere, se ne avrete la possibilità il vostro compito è quello di prendere i bambini e fuggire. Marian...
Il suono di metallo contro metallo in lontananza lo interruppe e lui e Robin si scambiarono un cenno d’intesa prima di slanciarsi nel corridoio, seguiti dalle due donne e dallo sceriffo. Allan li imitò un attimo dopo, ma si diresse dalla parte opposta per andare a cercare rinforzi.
Guy e Robin corsero più veloci che potevano, senza voltarsi indietro. Marian, Isabella e lo sceriffo li avrebbero raggiunti, ma loro non potevano permettersi di aspettarli.
Archer era stato di parola: lui e i suoi uomini stavano tenendo a bada i banditi e avevano liberato il corridoio che portava alle scale per permettere loro di passare. Lo superarono senza fermarsi e si diressero verso la stanza dei bambini, come lupi all’inseguimento della preda.
Entrambi avevano il terrore che potesse essere troppo tardi, ma quell’ipotesi era troppo tremenda per poterla prendere in considerazione.
Dovevano essere in tempo.
Dovevano salvare i loro figli.
   
 
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