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Autore: _Fedra_    24/05/2016    6 recensioni
Raffaella è un Angelo Caduto condannato a reincarnarsi in forma umana e confinata a vivere in uno squallido quartiere di periferia alle porte di Roma.
Riuscirà ad adattarsi alla nuova vita?
"Questo posto in realtà non esiste.
Noi pochi che viviamo davvero qui siamo come tante ombre in una città di ombre, dove tutto ciò che vedi non è altro che una finzione, un’apparizione, un videogioco di serie B ambientato nella realtà.
[...]
Uno di quelli a sfondo horror, in cui ti aspetti che il demone esca fuori da un momento all’altro.
Vi giuro, io quella notte i demoni li ho attesi fino alle prime luci dell’alba, ma di essi nemmeno l’ombra".
[la storia partecipa al contest SFIDA DELLE REGIONI]
Genere: Introspettivo, Satirico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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*
Non c'è più posto in Paradiso.

*




 
L’Inferno è vuoto
E tutti i diavoli sono qui.
(William Shakespeare)
 
 
 
 


Gli umani credono che l’Inferno somigli a un’immensa spelonca piena di zolfo, fiamme e orrori.
In realtà, non è niente di più simile alla stanza bene illuminata di un appartamento qualunque, pulito e in ordine.
I dannati ci sono eccome, solo che tu non li vedi.
 
Mi chiamo Raffaella e sono qui da poco.
A dire la verità, quando sono arrivata in questo posto ci ho messo un po’ a capire dove fossi finita davvero.
Cercate di capirmi, su ai piani alti, tra i marmi dei palazzi, le nuvole e i giardini delle delizie, ci è difficile concepire come vada veramente il mondo al di là di quei cancelli dorati.
Senza contare che, essendo qualcosa che si trova decisamente più in basso, è inevitabile che si riveli puntualmente più squallido e scadente rispetto a ciò che i nostri occhi sono abituati a vedere ogni giorno della nostra eternità.
Sì, avete capito bene: sono un angelo.
O meglio, lo ero.
Figlia di una delle più potenti famiglie angeliche di tutto il firmamento, sissignore.
Il fatto che ultimamente abbia combinato un po’ di casini con il Sommo Capo è un problema mio, fatto sta che di punto in bianco mi sono ritrovata qui, priva delle mie ali, dei miei poteri, della mia immortalità, persino della mia spada.
Quanto mi mancano, le mie ali!
Erano immense, bianche e forti.
Di certo, in questo mondo che vive al metro quadrato mi avrebbero creato più di qualche problema, quindi sorvolo e mi adatto.
Ma i miei capelli biondo grano, quelli li rimpiango ancora con amarezza.
Erano bellissimi, lisci e perfetti.
È stata la prima cosa che ho notato quando ho ripreso conoscenza, sulle rive di un laghetto artificiale che Dio solo lo sa come è spuntato.
Erano diventati neri come il peccato.
Quasi fossero un marchio di infamia.
 
Appena piombata nel mondo dei mortali, ho avuto da subito qualche problema.
Primo, mi trovavo in una terra sconosciuta, era notte fonda e per di più faceva un freddo bestiale.
E, cosa più imbarazzante di tutte, ero completamente nuda e ricoperta di fango.
Fantastico, come inizio.
Mi sono avviata tra le erbe alte cercando di non pestare qualcosa di spiacevole (ora che sono mortale, non sono affatto immune dalle malattie che si beccano di solito gli umani) e ho raggiunto con molta fatica quella che sembrava una stazione del treno abbandonata.
In lontananza si scorgevano le sagome immense di quelli che sembravano degli enormi grattacieli, molti dei quali in costruzione.
L’ho trovata da subito una visione molto strana: quelle torri di vetro e acciaio erano buie e cieche come se fossero ancora disabitate.
Si intravedeva giusto qualche luce accesa sui balconi spogli, che emergevano dalla nebbia gelida che ammantava ogni cosa.
Era una visione spettrale e inquietante.
Credo che sia stata la prima volta in cui ho provato veramente paura.
Una sensazione ben più infida e sottile del panico che si è impossessato di me nel momento in cui i miei superiori mi hanno cacciata dal Paradiso.
È difficile e imbarazzante da spiegare, per me.
 
Fatto sta che, nella speranza di incrociare qualche umano, ho lasciato la stazione e mi sono inoltrata tra i palazzi.
E lì mi sono fatta la domanda: mi trovo all’Inferno o nel Purgatorio?
No, non c’era traccia di anime dannate o sofferenti lì nei paraggi.
Non c’era proprio nessuno.
Solo quei viali immensi al disotto di quegli alti palazzi simili a torri, che si perdevano a vista d’occhio secondo i quattro punti cardinali.
Sembrava la città ideale creata da una mente particolarmente perversa: era tutto dannatamente ordinato, studiato e perfetto, ma allo stesso tempo immenso, inospitale e inumano.
Le case apparivano come tanti alveari entro cui stavano rintanate le svariate anime, le strade e i negozi sbarrati in una terra di nessuno dove non sostava nemmeno un’ombra.
Era finto, eppure allo stesso tempo dannatamente vero.
Persino gli alberi, piantati ordinatamente all’interno di vasi di cemento, sembravano fatti di plastica.
Avete presente quelli che si vedono nelle ambientazioni dei videogames?
Ecco, mi sembrava di essere capitata dentro uno di questi giochi infernali con cui gli umani si divertono a passare il tempo, credendosi potenti.
Uno di quelli a sfondo horror, in cui ti aspetti che il demone esca fuori da un momento all’altro.
Vi giuro, io quella notte i demoni li ho attesi fino alle prime luci dell’alba, ma di essi nemmeno l’ombra.
Prima di perdere i sensi, intirizzita e febbricitante, sono arrivata a un’unica conclusione: sì, sono all’Inferno.
Ero caduta e da lì non avevo più speranza di redenzione.
E solo un demonio poteva accogliermi in un posto simile.
Non servivano le pene infernali a farmi uscire di senno.
Bastava confinarmi in un corpo umano e negarmi la mia umanità, a partire dal fatto di possedere dei vestiti, una casa, delle cure.
 
Ho ripreso conoscenza dopo un tempo interminabile.
Un addetto alla vigilanza mi ha trovata esanime e ha chiamato un’ambulanza.
Credevano tutti che fossi morta.
Ho conosciuto la degenza e il dolore.
Poi tutte le difficoltà che può incontrare una ragazza sola, senza documenti, senza una famiglia, senza un lavoro.
Alla fine, quando hanno minacciato di rinchiudermi in qualche ospedale psichiatrico, mi sono inventata una storia degna di un romanzo di quelli che piacciono tanto alle ragazzine, secondo cui ero un’orfana tenuta segregata per non so quanti anni non so dove e che alla fine ero riuscita a fuggire per miracolo.
Se la saranno bevuta?
Non ne sono certa, fatto sta che un po’ con i pochi sussidi che ho ricevuto, un po’ grazie all’affetto di alcuni umani che ho avuto la fortuna di incontrare durante la mia degenza, sono riuscita a iniziare a costruirmi la mia vita da umana.
Sono tornata nella città fantasma dove sono arrivata, il luogo della mia caduta.
Certo, ho Roma a pochi chilometri, il tempio della Cristianità eccetera eccetera, ma non voglio andarci.
Qui sono caduta e qui voglio rimanere, punto.
È come se ci fosse una specie di legame fra me e questo posto.
Un punto di fine e di partenza.
 
Il mio nuovo Palazzo Celeste si trova al quarto piano di uno dei tanti casermoni di questo luogo d’ombra.
Il complesso è stato costruito da meno di un anno ed è ancora vuoto per tre quarti.
Sono praticamente l’unica a occupare il piano.
Da una parte, la solitudine non mi dispiace: posso tenere la TV accesa o lo stereo a palla senza disturbare nessuno.
Ora che mi sono procurata anche una chitarra e mi sto esercitando a suonarla, la cosa volge tutta a mio vantaggio.
Ho trenta metri quadri tutti per me!
A dire il vero, appartengono a una tizia la cui figlia è andata a vivere a Milano e di certo non ha intenzione di trascorrere la vecchiaia lì.
Come la capisco.
È stata carina a farmi un buon prezzo per l’affitto; al resto ci penso io facendo qualche lavoretto nell’appartamento dove abita, a qualche chilometro da lì.
Ci arrivo con il treno, quando si ricorda di passare in quella desolazione.
Pare strano che un angelo debba lavorare, vero?
Be’, sappiate che, in quanto ex Custode, lavoravo anche troppo!
Solo che, essendo eterna, non mi accorgevo di quante energie spendevo appresso alle paturnie degli esseri umani.
Adesso me la cavo facendo i turni alla biglietteria del cinema qui sotto.
È un posto enorme tutto scale mobili e corridoi da perdersi ancora peggio del labirinto del Palazzo Celeste, solo che è senza siepi potate al millimetro e fontane zampillanti.
E puzza dannatamente di fritto, pop corn e non so quale altra schifezza che gli umani si portano dietro.
Ma, perlomeno, mi sto guadagnando da vivere.
 
Se vado in chiesa?
A essere sincera, non ne sento l’esigenza: io e il Capo siamo un po’ ai ferri corti e sinceramente non so che cosa accadrebbe se mettessi piede in un qualsiasi edificio sacro.
Probabilmente, verrebbe giù una tempesta di fulmini.
Anche perché quaggiù non ho visto nemmeno l’ombra di una chiesa.
Nemmeno di quelle brutte, fatte di cemento armato, che ricordano più una fabbrica abusiva che un luogo dedito alla preghiera.
In compenso, abbiamo un sacco di altre cose.
C’è il cinema, ovviamente, con 24 sale diverse su non so quanti piani; un’autentica città nella città che se lo vedi da fuori neanche ti rendi conto di quant’è grande.
Poi c’è il centro commerciale, che si estende a perdita d’occhio fin quasi all’aeroporto lì nei pressi.
Ah già, non parliamo di volare che è meglio: ne ho già abbastanza del rombo dei motori degli aerei quando decollano o atterrano a meno di un chilometro dalla mia nuova casa!
E poi ci sono i ristoranti: dal fast food al giapponese, dalla bisteccheria alla pizzeria, ho mille e uno modi per rovinarmi il fegato.
 
Amici?
Un fidanzato?
A essere sincera, fino a questo momento non ho socializzato molto.
Non che ci siano molte persone con cui fare amicizia, eh!
Oltre al condominio semideserto, la maggior parte della gente che transita qui proviene dal centro e, come arriva, si volatilizza non appena le serrande dei negozi iniziano ad abbassarsi.
Questo posto in realtà non esiste.
Noi pochi che viviamo davvero qui siamo come tante ombre in una città di ombre, dove tutto ciò che vedi non è altro che una finzione, un’apparizione, un videogioco di serie B ambientato nella realtà.
Non ha storia, non ha radici, non ha tradizioni.
I nomi degli artisti con cui hanno nominato le vie non bastano a dare una dignità ai casermoni di cemento armato: credo che se Michelangelo vedesse a che cosa l’hanno associato, tirerebbe una secchiata di acqua ragia sul Giudizio Universale della Cappella Sistina per la vergogna.
È tutto un eterno presente, sospeso nel nulla.
È nata così, nella desolazione, e in essa regna sovrana.
Questo è il mio nuovo regno.
L’Inferno in cui sono caduta, in cui i demoni ci sono, ma non li vedi.
Sono anime sole e rinnegate, come me e come te.
Eppure, andiamo avanti e viviamo come tutti il nostro nuovo giorno.
Vieni con me: sta per spuntare l’alba.




 
 
 
Fine
(o un inizio?)





 
Salve a tutti! :)
Lo so che non mi si vede spesso da queste parti e soprattutto è un bel pezzo che non pubblico qualcosa in rating verde...ma non fateci troppo l'abitudine, sappiatelo! XD
Come accennato nella presentazione, questa storia partecipa al contest efpiano SFIDA DELLE REGIONI indetto dal gruppo Facebook EFP FAMIGLIA: ogni partecipante deve scrivere una storia ambientata nella propria città o regione e io, nel mio caso, ho scelto Roma. O meglio, un aspetto di Roma, quello più nascosto, lontano dalle cartoline dei turisti, che a mio parere nasconde in sé un carico di fascino misto sterminato squallore che farebbe andare in brodo di giuggiule gli sceneggiatori di Silent Hill! * citazione di una mia carissima amica che vive da quelle parti e difatti ha sfornato una fanfiction ispirata a Devil May Cry che è a dir poco un capolavoro! *
Insomma, ho scelto la località Parco Leonardo, a un passo dall'areoporto di Fiumicino e dalla Fiera di Roma, non per denigrarla o sparlare della mia città, ma piuttosto perché quel posto mi ha affascinata. Un po' come Raffaella: da una parte prova orrore per un posto simile, lei che è vissuta fino a quel momento nel Paradiso, ma allo stesso tempo ne è attratta. Perché, per quanto spettrale, questa città fantasma è abitata da esseri umani che vivono, pensano e si emozionano. E la cosa la attrae più di un ago alla calamita.
Spero di essere riuscita a trasmettere anche a voi queste sensazioni.
Nel mentre, vorrei ricordare che questa piccola One Shot è anche un piccolo esperimento letterario: mi piacerebbe poterla sviluppare in una long originale, non appena troverò la trama giusta. Per questo sono curiosa di conoscere i vostri pareri, se il personaggio di Raffaella funziona, se l'ambientazione vi intriga, insomma, se posso cavarne qualcosa di concreto oppure no.
In ogni caso, spero che questo piccolo delirio sia stato di vostro gradimento, senza alcun impegno ma con il solo fine di divertirvi :)
A presto!

Fedra

 
   
 
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