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Autore: blackmiranda    29/05/2016    2 recensioni
*INCOMPIUTA* Sette anni dopo la battaglia contro Deep Blue, una nuova minaccia si profila all'orizzonte. C'è solo un problema: le Mew Mew hanno definitivamente perso la loro mutazione e non possono più trasformarsi. Di conseguenza, Ryou è costretto a creare una nuova squadra di combattenti.
Riusciranno le nuove ragazze a sopportare il peso della loro missione e ad uscire a testa alta dal confronto con Ichigo, Minto, Retasu, Purin e Zakuro? E chi c'è dietro a questi nuovi attacchi alla Terra?
I nostri eroi saranno costretti ad affrontare un passato dimenticato e un futuro incerto, riscoprendo, passo dopo passo, l'amicizia e l'affetto che li legavano un tempo.
(Anche se dall'introduzione può non sembrare, in questa storia sono presenti tutti i personaggi dell'anime, più qualche "new entry". Mi impegno a dare a tutti loro il giusto spazio, magari sotto una luce diversa).
Era incredibile come nessuno di loro tre fosse riuscito ad essere immune al fascino di quelle umane ibridate. Cosa avevano mai di così speciale, da farli cadere ai loro piedi in quel modo vergognoso? Che diamine di sortilegio avevano gettato su di loro?(Cap.28)
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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31. Shimmering ice





Quando, quella mattina, Suika la prese da parte, Nasubi le scoccò subito un’occhiata colpevole. Sapeva di avere oltrepassato il limite. Chi era lei per contestare le scelte della sua compagna di squadra, che era anche la leader del gruppo? Poteva avere tutte le ragioni del mondo, ma non erano comunque cose che la riguardavano, pensò aggiustandosi gli occhiali sul naso. Fissò imbarazzata il pavimento in parquet del locale, preparandosi a sentirsi dire di farsi gli affaracci suoi, mentre Suika le prendeva una mano tra le sue. “Nasubi-chan, devo chiederti un favore.” esordì la ragazza, imbarazzata. “Lo so che è chiedere tanto, ma ho bisogno del tuo aiuto per una cosa…”

Si guardarono negli occhi. “Dimmi pure.” disse Nasubi, confusa dal tono titubante dell’amica. Non le sembrava arrabbiata, o infastidita, o in procinto di mandarla a quel paese…

Suika fece una smorfia. “Ho bisogno che quando c’è lui nei paraggi tu mi stia vicina. Per distrarmi, in modo che non…ecco…in modo da…” prese a balbettare, arrossendo e distogliendo lo sguardo.

Nasubi sorrise appena, sollevata. Si sentì improvvisamente apprezzata e degna di fiducia, e una calda sensazione le si diffuse nel petto. “Ma certo, Suika…con molto piacere.” accettò, sorridendo in modo più convinto. “Sono felice che ti fidi di me.”

La compagna sorrise a sua volta. “L’avrei chiesto a qualcun altro, ma ho notato che ti importa in modo particolare, e…”

“No, è che…non voglio farmi gli affari tuoi, è solo che…” cercò di spiegarsi Nasubi.

“…lo so, davvero. Non c’è bisogno di aggiungere altro.” la rassicurò Suika. “Mi aiuterai? Ho davvero bisogno di aiuto…” aggiunse, una punta di sofferenza nella voce.

Nasubi sentì il cuore accelerarle i battiti. “Assolutamente.”
 

***
 

Quella sera avevano chiuso il locale un’ora prima del solito, per dare modo a tutti di festeggiare il Capodanno. Le ragazze si erano congedate, dandosi appuntamento da lì a poco, quando tutte e cinque, con familiari al seguito, sarebbero andate a fare visita al tempio Meiji, nella zona di Shibuya.

Ninjin era al settimo cielo. Da circa un’ora stava passeggiando in mezzo alla folla con sua madre, suo padre e il fratellino Akira nel passeggino, che le avevano anche lasciato spingere per un tratto. Aveva raccolto i capelli con un paio di fiocchi a forma di fiori gialli e rosa e si stava godendo un leccalecca che suo padre le aveva comprato ad un banchetto. Akira era tranquillo, e una volta tanto non stava piangendo: era quasi carino, così, con quel ciuffo rado di capelli rossi che gli solcava la fronte e gli occhi azzurri sgranati ad osservare la gente attorno a lui.

Ninjin aguzzò la vista, togliendosi il leccalecca di bocca, e allungò una mano a salutare la sua oneechan preferita, Nasubi, la quale si avvicinò accompagnata da un uomo sulla cinquantina con gli occhiali, che doveva essere suo padre. “Buonasera.” li salutò, abbassandosi a fare le feste al neonato.

“Nasubi-chan, come sei carina!” la saluto la madre di Ninjin, calorosa. “E lei deve essere Nakajima-san.” continuò rivolgendosi al padre della sua amica. “Sua figlia è un tesoro, davvero. Ninjin è migliorata moltissimo in matematica, da quando le dà ripetizioni!”

Mentre i genitori di entrambe si scambiavano i convenevoli, Ninjin si avvicinò alla compagna, sorridendole. Nasubi le lanciò un’occhiata serena. “Sei carinissima con questi elastici.” le fece, e Ninjin ridacchiò, felice. “Anche tu sei carina, oneechan. E le altre, dove sono?” chiese, tornando a guardarsi attorno nella speranza di vederle. Erano tutte così belle, e Ninjin era felicissima di trovarsi in mezzo a loro: le ammirava tantissimo, tutte quante. Quanto avrebbe voluto essere come loro…

Improvvisamente, una figura catturò la sua attenzione, nella folla: se ne stava in piedi vicino ad un vecchio pozzo in disuso, e sembrava fissare proprio lei. Era una donna smunta, magrissima, dalle labbra blu, con una lunga veste bianca simile ad un kimono e i capelli lunghi e scarmigliati ai lati del volto. Ninjin si inquietò profondamente a quella visione. Cercò di distogliere lo sguardo, ma un secondo dopo tornò a fissarla, incapace di muovere un muscolo. La donna la fissò di rimando, senza tradire alcuna emozione.

“Nin-chan, che hai?” le chiese Nasubi, colpita dal suo improvviso mutismo.

La bambina si limitò a indicare la figura spettrale tra la folla. In quel momento, Masha comparve con un discreto pop a fianco della Mew viola. “Chimeri, chimeri!” esclamò il robottino, mentre Nasubi stringeva forte la spalla di Ninjin. “Visti. Vai a chiamare le altre, Masha!” fece prontamente sottovoce.

Ninjin la guardò, tremante. “S-sembra un f-fantasma. Io ho…ho paura dei fantasmi…” balbettò, le gambe molli e lo stomaco chiuso.

Nasubi le sorrise. “Sono solo Chimeri, Ninjin. E noi li faremo sparire!” la esortò con voce dolce, raddrizzando la schiena. “Io e Nin-chan vorremmo andare a cercare le altre…vi dispiace?” fece in tono fintamente allegro, prendendola per mano.

I tre adulti corrugarono la fronte, ma non protestarono. “Basta che restiate in zona!” si raccomandò il papà di Ninjin. Il padre di Nasubi annuì. “Va bene, ma tornate presto! Intanto vado a recuperare tua madre…” disse, congedandosi educatamente.

Le due si allontanarono in direzione del Chimero, il quale si mosse non appena vide che gli stavano andando incontro, facendo venire a Ninjin un’altra serie di brividi lungo la schiena. La bambina strinse forte la mano della compagna mentre Sumomo, Ichijiku e Suika le raggiungevano, guidate da Masha. “Che succede? Dove sono?” chiese Suika guardandosi nervosamente attorno.

Nasubi corrugò la fronte. “Da quella parte…ma state attente, potrebbe essere una trappola.” rispose in tono guardingo.

Ichijiku le si affiancò mentre iniziavano a farsi lentamente strada tra la folla.  “Perché lo dici?” chiese, seguita a ruota da Sumomo, che le si era aggrappata al polso destro.

“Non stanno attaccando. È come se volessero condurci da qualche parte.” spiegò Nasubi. Sumomo aggrottò la fronte. “Questa sì che è nuova.”

“È come se…non volessero fare del male alle altre persone!” tentò Ninjin. Non sapeva da dove le fosse uscita una frase del genere…ma le sarebbe piaciuto credere che fosse vera.

Le altre le scoccarono delle occhiate poco convinte. “Non lo so, Nin-chan…” esordì Suika, dubbiosa.

Ichijiku scosse la testa. “È probabile che, semplicemente, non interessi loro combattere in mezzo alla calca.”

“Beh, aspettate un attimo! Se è davvero una trappola, non sarebbe meglio evitare di finirci dentro?” protestò Sumomo. Ninjin scoccò un’occhiata a Suika e le altre la imitarono, fermandosi vicino ad uno dei tanti banchetti che vendevano amuleti di buona fortuna per l’anno nuovo. La leader ebbe un attimo di esitazione, poi sentenziò: “Non possiamo semplicemente ignorarli…cerchiamo di stare attente, e muoviamoci in modo compatto, così nessuna resterà da sola.” Si presero tutte quante per mano. “Ninjin, tu stai in mezzo.” aggiunse Suika scoccandole un sorriso di incoraggiamento.

Ripresero a camminare. La bambina si sentiva improvvisamente più fiduciosa. Non doveva avere paura, si ripeté. Aveva tutte quelle sorelle maggiori che si preoccupavano per lei; era al sicuro. Avrebbero risolto questa cosa in un battibaleno, lo sentiva.

La folla sembrava non finire mai. Andavano in senso contrario alla calca, facendosi strada a suon di “permesso” e “mi scusi”. Dopo parecchi minuti di cammino, immerse in un teso silenzio nel bel mezzo della folla chiassosa, riuscirono finalmente a dirigersi verso uno spiraglio, Suika in testa.

Bastò uno sguardo per capirsi: mollata la stretta, le cinque ragazze recuperarono i ciondoli per la trasformazione dalle rispettive borse. Suika sembrava tesa, e con lei anche Nasubi, mentre Ichijiku e Sumomo parevano più accigliate che altro. Ninjin si guardò attorno nervosamente: erano sbucate in una via secondaria, non eccessivamente larga, che il passaggio della folla aveva lasciato piena di cartacce. Lungo il lato destro, vicino al marciapiedi, erano stati piantati dei piccoli alberi di ciliegio, tristemente spogli in quella stagione; dal lato opposto della strada, al di là di un basso muretto in pietra, scorreva un piccolo torrente.

Il fantasma della donna che aveva visto poco prima ricomparve, facendola rabbrividire senza che potesse farci niente. Aveva qualcosa di estremamente spaventoso: gli occhi dalla sclera gialla e le iridi rosse, forse, o le zanne che si intravedevano tra le labbra blu, o le braccia pallide dalle lunghe dita abbandonate lungo i fianchi…fluttuava a pochi metri da terra, vicino ad un’auto rosso brillante parcheggiata davanti ad un negozio. La bambina afferrò la gonna di Sumomo, che al momento era quella più vicina a lei, e tirò con urgenza, mentre con la mano libera indicava il fantasma. Era traslucido, come se fosse fatto d’acqua…come se l’avessero appena recuperato dall’acqua gelida del fiume, pensò col cuore in gola. Sentiva già che avrebbe fatto degli incubi in proposito.

Nel frattempo, le sue compagne di squadra si erano schierate una a fianco dell’altra, fronteggiando il Chimero in un silenzio carico di aspettative. Ninjin si augurò che gli alieni buoni loro alleati comparissero presto ad aiutarle.

“Via libera per la trasformazione.” le informò Ichijiku in un soffio, il che, immaginò Ninjin, voleva dire che non c’era nessuno in giro che potesse vederle. Oltre ai negozi dalle serrande abbassate, sulla strada si affacciava una lunga fila di condominii dalle mura esterne verniciate di beige e celeste.

Improvvisamente, il fantasma-Chimero si ripiegò violentemente su sé stesso, quasi accartocciandosi, strappando alla bambina un gridolino di sorpresa. Ci fu un flash improvviso, che rischiò di accecarle tutte, e quando riaprirono gli occhi si ritrovarono davanti due fantasmi fluttuanti, che si lasciarono andare a delle grida acutissime, che non preannunciavano certo nulla di buono…

“Direi che è ora di trasformarsi, ragazze!” esclamò Sumomo prontamente, impugnando il ciondolo; Ninjin non avrebbe potuto essere più d’accordo. Voleva solo sconfiggere quei Chimeri orridi e tornare a passeggiare tranquillamente con la sua mamma e il suo papà.

“Mew Mew Suika…”

“Mew Mew Sumomo…”

“Mew Mew Ichijiku…”

“Mew Mew Nasubi…”

Ninjin strinse tra le mani il suo ciondolo come se stesse pregando. Le tornarono in mente le parole che Nasubi le aveva rivolto poco prima: sono solo Chimeri. E noi li faremo sparire.   

“Mew Mew Ninjin…”

“METAMORPHOSE!” urlarono in coro, e una volta ancora si ripeté quello straordinario miracolo che permetteva loro di usare poteri che andavano ben al di là delle normali capacità di un qualsiasi essere umano. Il cuore le fece un tuffo quando, riaperti gli occhi che aveva chiuso giusto per un attimo, si ritrovò vestita con quel buffo abito arancione acceso, dalle braghe a pagliaccetto. Doveva ancora abituarsi a quella sua nuova forma, in tutta onestà. Ogni volta le sembrava di stare sognando. Era come quando Cenerentola veniva trasformata dalla fata madrina per andare al ballo col principe…

“Umpf. Ce ne avete messo di tempo…” sbottò una figura vestita in modo anche più bizzarro del loro, facendo la sua comparsa tramite un portale dimensionale. Ninjin non aveva mai visto per bene in faccia la ragazza grande chiamata Ichigo, ma aveva sentito le proprie compagne parlare di quanto quello strano Chimero fosse identico a lei. Nasubi glielo aveva spiegato come meglio poteva, dicendole che l’aveva clonata, cioè imitata come una fotocopia. Shirogane aveva detto loro che era una cosa molto pericolosa, quella che si trovavano di fronte, e che dovevano cercare di eliminarla a tutti i costi. La bambina evocò la propria arma, giusto per essere preparata, osservando con la coda dell’occhio Nasubi fare lo stesso.

Il Chimero-clone, intanto, sorrise apertamente, mentre i due Chimeri-fantasma gli si affiancavano. Ninjin tremò una volta di più, disgustata.

“Allora, come vogliamo fare questa cosa? Con le buone o con le cattive?” chiese il clone coi capelli rossi, stiracchiando le braccia e socchiudendo gli occhi, come se la cosa non gli importasse più di tanto.

Sumomo non attese oltre: “Ribbon air blast!” esclamò, scagliando il suo boomerang azzurro. La traiettoria curva dell’arma luminosa travolse in pieno uno dei due Chimeri-fantasma, che esplose in una pozza d’acqua, mentre il Chimero-clone riuscì ad evitare il colpo, e così anche l’altro mostro.

“Bel colpo!” esclamò Suika, ammirata, mentre Nasubi balzava davanti a Ninjin per difenderla, come sempre. Un secondo dopo, il Chimero-clone, abbandonata la facciata di imperturbabilità, ricambiò l’attacco: “Ribbon Strawberry surprise!”

Ninjin schizzò istintivamente da un lato, evitando l’attacco, dopodiché si assicurò che le altre, specialmente Nasubi, avessero fatto lo stesso. Raddrizzando la postura, si disse che era ora che provasse ad attaccare anche lei. Il suo Ribbon earth club andò ad unirsi agli attacchi di Ichijiku e Suika, schiantandosi con violenza addosso a entrambi i mostri, in una combinazione brillante di colori vivaci. “Sì!” si lasciò sfuggire, emozionata, cercando automaticamente la Mew viola con lo sguardo. Impiegò qualche secondo per accorgersi con sgomento che non solo era appena comparso, poco distante, l’alieno cattivo con la cicatrice in faccia, ma che i Chimeri-fantasma erano tre invece che uno. Come era possibile?

Le ragazze non fecero in tempo a capire da dove fossero sbucati che questi ultimi lanciarono i loro attacchi. “Attente!” gridò MewSuika, ma la sua voce risultò appena udibile al di là del rumore assordante di centinaia di proiettili di ghiaccio che si infrangevano sull’asfalto nero e sui muri dei negozi alle loro spalle. Ninjin spiccò un salto e corse veloce come il vento dietro ad un’auto parcheggiata poco distante. Quando si trattava di schivare, nessuno la batteva: glielo aveva detto anche Taruto, un paio di giorni prima. Prendendo un paio di respiri profondi, il cuore che aveva preso a batterle in modo forsennato, vide che Ichijiku si era riparata dietro l’auto adiacente alla sua. “Ninjin,” la chiamò sottovoce la ragazza più grande, “resta qui, ci penso io.” continuò, lo scudo verde a forma di goccia stretto al petto.

Ninjin annuì prontamente, rincuorata, e osservò in silenzio la Mew verde uscire allo scoperto e lanciare di nuovo il proprio attacco: “Ribbon water shield!”

Rimase ad osservare lo scontro da dietro la macchina per qualche secondo, senonché un improvviso lamento alla sua destra la fece girare di scatto. Boccheggiò, nel vedere MewNasubi bloccata contro uno dei ciliegi poco distanti: era come incollata al tronco da qualcosa di bianco e traslucido…ghiaccio, realizzò la bambina correndo subito ad aiutarla. “Nin-chan…” la chiamò piano la ragazza, il respiro mozzato dai brividi.

Ninjin sgranò gli occhi grigi: la compagna era per gran parte avvolta in un blocco di ghiaccio che aveva tutta l’aria di starsi lentamente espandendo, in microscopiche schegge, lungo le sue gambe, le braccia e il collo. “Aspetta, oneechan! Ti aiuto io!” esclamò la bambina in fretta e furia, evocando la propria arma e iniziando a dare dei colpi di punta al ghiaccio con tutta la forza che aveva nelle braccia. Nasubi, intanto, cercava disperatamente di liberarsi dalla morsa gelida. Il dimenarsi della Mew orso ed i colpi di MewNinjin provocarono, dopo qualche secondo, delle sottili crepe nel ghiaccio, ma sfortunatamente la bambina non riuscì a portare a termine l’impresa: un Chimero le si avventò addosso all’improvviso.

Ninjin gridò, proteggendosi appena in tempo con la clava da un’unghiata di uno dei Chimeri-fantasma. Visti da vicino sembravano molto più solidi rispetto a prima, realizzò mentre il mostro ululante le sparava addosso un’altra serie di proiettili di ghiaccio. La bambina cercò di schivarli come meglio poteva, abbassandosi e scartando a destra in una mossa fulminea, il suo istinto che le intimava di scappare a gambe levate…ma non poteva lasciare lì la sua oneechan! Non poteva semplicemente fuggire

In quel momento, un’ondata si levò alla sua sinistra, colpendo in pieno il Chimero e spruzzandola appena di bruciante acqua salata. Il mostro fu sbalzato a metri e metri di distanza, finendo sonoramente contro il muretto che separava la strada dal fiumiciattolo. Solido era solido, constatò la piccola Mew Mew mentre riprendeva fiato e abbandonava ogni tipo di timore soprannaturale. Nasubi-oneechan aveva ragione, come sempre del resto!, pensò sorridendo appena. Ichijiku le si affiancò e insieme si precipitarono ad aiutare Nasubi, senza che ci fosse bisogno di dire una parola.

“G-grazie…” mormorò la ragazza, battendo i denti per il freddo. Sotto i colpi di entrambe le Mew Mew, il ghiaccio si spaccò con un crack e MewNasubi fu finalmente libera. Aveva la pelle del busto e delle braccia piena di puntini rossi e la mano sinistra gocciolante di sangue. “Mi sono tagliata, maledizione!” esclamò con astio, portandosi la mano alla bocca.

“Ottimo! Spero tu non me ne voglia, ma ne approfitterei…” commentò il Chimero-clone, facendole sobbalzare tutte e tre. Fluttuava a pochi metri di distanza, le braccia incrociate sotto il seno fasciato dal top nero. Sembrava del tutto illeso…e, cosa anche peggiore, il Chimero che MewIchijiku aveva atterrato si accartocciò su sé stesso, come era accaduto prima…ma questa volta, invece di sdoppiarsi, si quadruplicò. “No!” esclamò Ninjin, avvertendo come un macigno nello stomaco. Improvvisamente, erano otto contro tre…
 

Dopo aver fatto esplodere un Chimero con il suo attacco luminoso, MewSuika si guardò attorno freneticamente. Ce n’erano altri due da fare fuori, se aveva fatto i conti giusti, e Sumomo si stava già occupando di uno dei due. A una ventina di metri da lei, vide Ichijiku insieme a Ninjin, e fece per andare loro incontro, ma avvertì uno strattone deciso ad una gamba. Si girò per vedere quale fosse il problema, perplessa, e si rese conto che il suo stivale destro era rimasto inglobato in un blocco di ghiaccio saldamente fissato al terreno. La ragazza tirò, sbilanciandosi con il busto, ma il piede non si mosse di un millimetro, anzi: il ghiaccio pareva starle lentamente risalendo la gamba…

Suika si inginocchiò e, impugnato il proprio scettro, prese a picchettare il ghiaccio con forza, augurandosi di non rompere l’arma. Alle proprie spalle poteva udire distintamente Sumomo combattere contro il Chimero…quando d’un tratto, preceduto dal rumore della smaterializzazione, davanti a lei comparve Kue, sogghignante, la lunga cicatrice orribilmente tirata sul volto cereo. “Bene bene, chi abbiamo qui?” chiese l’alieno, evocando la falce dal nulla.

La ragazza sgranò gli occhi, in preda al panico. La falce era davvero grossa e, sapeva, estremamente affilata. Nonostante impugnasse a sua volta la propria arma, in quel momento era completamente indifesa. Scattò in piedi, tirando con tutte le sue forze, ma il piede restò incollato all’asfalto. Poteva avvertire in modo doloroso il gelo farsi strada nella sua carne, mentre l’arto iniziava ad addormentarsi…

“Mu ha già il tuo DNA, ergo posso ucciderti senza problemi.” continuò l’alieno, avvicinandosi di un passo. “Aspettavo da tempo questo momento!” esclamò deliziato, sollevando la falce…

…che venne deviata all’ultimo da un colpo di Sumomo, mentre Suika, gemendo terrorizzata, indietreggiava quel tanto che poteva, proteggendosi istintivamente la testa con lo scettro rosso e bianco. Il cuore le batteva all’impazzata. Deglutendo, ringraziò mentalmente la compagna, la quale, sorvolandola, aveva attirato momentaneamente l’attenzione di Kue. Cercò di approfittare del tempo guadagnato per tentare disperatamente di liberarsi. Le mani le tremavano; il ghiaccio le spruzzava schegge su braccia e volto ogni volta che lo colpiva ed era maledettamente scivoloso, per cui almeno un colpo su tre andava a vuoto. “Shirogane, se ci senti…qui si sta mettendo male!” implorò, spaventata a morte, pregando che Kisshu e gli altri arrivassero presto.
 

MewSumomo, dall’alto, aveva una visuale quasi completa dello scontro. Non si capacitava di come, all’improvviso, i Chimeri fossero raddoppiati in numero; aveva perfettamente chiara la situazione di svantaggio in cui erano Ichijiku, Nasubi e Ninjin, ma in quel momento non avrebbe potuto fare niente per aiutarle, perché, lo sapeva, si era appena scelta un avversario molto pericoloso. Ed era da sola.

Kue la fissava con malevolenza, fronteggiandola, la falce stretta tra le mani. Sumomo ricordò di come avesse cercato di decapitarla, durante lo scontro al molo, e si concentrò sull’odio che quel ricordo le ispirava, sperando di scacciare la paura che le serrava lo stomaco. Con la coda dell’occhio, controllò la posizione di Suika, cercando di allontanarsi ancora un po’ ma senza osare troppo, per paura che l’alieno tornasse ad attaccare la compagna di squadra.

“Tu manchi alla collezione.” le fece lui. “Ma non credere che ti risparmierò il dolore.”

“Ribbon air blast!” gridò la ragazza in tutta risposta, improvvisamente infervorata. Collezione, l’aveva definita! Non doveva lasciarlo parlare, l’avrebbe solo distratta, pensò mentre sentiva il sangue andarle alla testa.

L’alieno ruggì, mulinando la falce, e l’attacco della ragazza venne respinto, andando a cozzare sonoramente col lucido metallo nero della lama ricurva. Sumomo sobbalzò al suono, mentre la propria arma le passava a pochi centimetri dall’orecchio destro, fendendo l’aria con un fischio. Non fece minimamente in tempo ad andare a recuperarla: Kue le si slanciò contro e lei riuscì a malapena ad evitare il suo attacco. Si ritrovò a ringraziare gli allenamenti dei giorni precedenti, che l’avevano aiutata a migliorare i propri riflessi.

Coraggio, Sumomo, puoi farcela! si disse, volando più in alto per evitarlo. Posso farmi rincorrere per un po’…posso farcela…devo solo recuperare…eccolo! Si lanciò in picchiata, pregando di arrivare prima al suo boomerang di quanto l’alieno arrivasse a lei…
 

Ichijiku sapeva che il clone avrebbe puntato Nasubi, dato che era ferita. Ninjin era solo una bambina, quindi non poteva essere granché di aiuto, e Sumomo e Suika erano impegnate a una ventina di metri di distanza…

Tocca a me, risolse, maledicendo i loro alleati alieni, che sembravano non avere alcuna intenzione di farsi vivi. Stringendo saldamente il proprio scudo, si preparò ad attaccare. Non sapeva come, ma si era ritrovata a dover fronteggiare una decina di Chimeri, compreso quello speciale, che in teoria avrebbe dovuto essere il primo da eliminare, ma che era anche diventato dannatamente forte.     

“Ribbon Strawberry surprise!” esclamò il suddetto Chimero, mentre la schiera di mostri alle sue spalle lanciava all’unisono il proprio attacco di ghiaccio.

“Ribbon water shield!” urlò la Mew verde, imprimendo quanta più forza di volontà possibile al suo colpo.

“Ribbon…” esordì Ninjin per darle manforte, ma Nasubi la bloccò con un’urgenza estrema nella voce, intimandole di aspettare. Un secondo dopo, il muro d’acqua andò a scontrarsi con l’attacco multicolore del clone, riparandole allo stesso tempo dalla maggior parte delle schegge di ghiaccio.

Questa volta devo averli colpiti per forza!, pensò Ichijiku con soddisfazione, il cuore che le batteva a mille. Le sue aspettative, tuttavia, furono deluse appena una manciata di secondi dopo, quando, passata la foschia, si rese conto che non solo nessuno dei Chimeri si era dissolto, ma che, anzi, si stavano tutti ripiegando di nuovo su sé stessi…

“N-non è possibile!” esclamò, la paura che le attanagliava le viscere. Ma cosa diamine mi succede?!

“È l’acqua!” le gridò allora MewNasubi, evocando la propria arma. “Si moltiplicano con l’acqua!”

Fu come se un fulmine l’avesse colpita in pieno. All’improvviso le fu tutto chiaro: la trappola a cui aveva accennato Nasubi poco prima, il fatto che i Chimeri le avessero condotte lì, il fiumiciattolo che scorreva proprio lì vicino: la sua compagna aveva ragione. I suoi attacchi venivano assorbiti e i Chimeri li usavano per moltiplicarsi…

E adesso cosa faccio?!, pensò in preda all’orrore, schiacciata dalla rivelazione e dall’improvvisa realizzazione di non avere alcun potere offensivo a disposizione.
 

MewNasubi si slanciò in avanti ad arma sguainata, seguita a ruota da MewNinjin. “Tu pensa a loro, io penso a lei!”, ebbe giusto il tempo di dire prima di gridare: “Ribbon fire blade!”

Il Chimero di fronte a lei non riuscì a parare il colpo e urlò di rabbia e dolore. Brucia, eh, maledetta?, pensò la ragazza, il sangue che le rombava nelle orecchie. Adesso facciamo i conti io e te!

In un’intuizione improvvisa le era stato finalmente chiaro il perché i Chimeri-fantasma le avessero condotte in quel posto invece di attaccarle in mezzo alla folla dove le avevano trovate. Avevano evidentemente bisogno dell’acqua, per funzionare. Non a caso attaccavano col ghiaccio…e Ichijiku aveva involontariamente contribuito a renderli un piccolo esercito, da due che erano all’inizio…

Il clone scartò a sinistra, ma Nasubi non aveva intenzione di lasciarselo scappare. “Ribbon fire blade!” ripeté rabbiosamente, disegnando un arco di fiamme viola di fronte a sé. La colpì di striscio, ma non fece in tempo ad esultare perché i proiettili di ghiaccio scagliati dagli altri Chimeri la travolsero, in una gragnuola di colpi, facendola cadere rovinosamente a terra. L’asfalto ruvido le spellò un gomito e buona parte della spalla, il ghiaccio che l’aveva avvolta poco prima le si incollò nuovamente addosso…e dov’era Ninjin? Era stata colpita anche lei? La ragazza cercò disperatamente di guardarsi attorno, sollevando con fatica il busto da terra, e si accorse di avere le gambe bloccate. “Maledizione…” gemette, conficcando la punta del suo stocco nel ghiaccio inamovibile. Si sentiva le braccia pesanti e le girava la testa...un attacco dopo l’altro, un colpo dopo l’altro, le forze la abbandonavano…

“Nasubi-oneechan!” si sentì chiamare, scorgendo la figurina arancione di MewNinjin con la coda dell’occhio. Subito si sentì sollevata. La bambina le corse incontro e prese nuovamente a tirare colpi al ghiaccio, zelante, senza accorgersi minimamente che il clone le era arrivato silenziosamente alle spalle. “Attenta!” gridò Nasubi, allarmata, ma il Chimero fu più veloce e afferrò Ninjin per uno dei lunghi codini, strattonandola brutalmente.

La bambina urlò di dolore, portandosi entrambe le mani alla testa e lasciando cadere la propria arma al suolo. “Zitta!” sbraitò il clone, un’espressione di puro odio che deformava il suo bel volto di donna umana. “Mi avete proprio stancato! Credete che per me faccia differenza quale di voi assorbo per prima?!” Sollevò la piccola Mew Mew da terra, preparandosi a mettere in atto le sue minacce; Nasubi, disperata, tirò e spinse con tutte le sue forze per liberarsi… “Ichijiku! Suika! Sumomo!” chiamò, incapace di arrendersi, la gola che bruciava per le lacrime e lo sforzo…

Oneechaaan!!” gridava intanto Ninjin, spaventatissima, scalciando l’aria nel vano tentativo di liberarsi…

E dal nulla spuntò Kisshu, così, come se in qualche modo l’avessero evocato magicamente con le loro suppliche. Nasubi fu incredibilmente felice di vederlo, nonostante tutto. L’alieno rifilò un cazzotto ben assestato allo stomaco del Chimero, facendolo piegare in due. Ninjin, libera, cadde a terra con un tonfo, tremante da capo a piedi.

 
Sumomo si ripromise che avrebbe abbracciato Taruto non appena ne avesse avuto l’occasione. Accasciata a terra, la mano destra premuta sul fianco sinistro, cercò di pensare positivo: in fondo, si disse, sarebbe potuta andarle molto peggio. Aveva il fiatone, si accorse in quel momento. Cercò di regolarizzare il respiro, alzando gli occhi al cielo stellato per distrarsi.

Al di sopra di lei, Kue e Taruto avevano ingaggiato battaglia. Era la seconda volta, a pensarci bene, che l’alieno le salvava la pelle, spuntando sempre nei momenti giusti. Non si sarebbe stupita, in tutta onestà, se fosse venuto fuori che se ne stava nascosto da qualche parte, durante gli scontri, giusto per entrare in scena nei momenti più drammatici…

Il suo sangue era appiccicoso e caldo, disgustoso da sentire sulle dita, al di là del tessuto leggero dei guanti…e le stava imbrattando la gonna, la sua bella gonnellina azzurra. Quanto amava il suo vestito da Mew Mew…si augurò che non restassero le macchie…

“Sumomo, oddio, Sumomo..!” sentì esclamare all’improvviso Suika. Girato appena il capo nella sua direzione, se la vide correre incontro, in lacrime.

“Ehi, Suika…” la salutò, sorridendo debolmente. “Sei fortunata, su di te scommetto che le macchie di sangue non si vedono…” biascicò, la testa pulsante.  

La compagna si inginocchiò accanto a lei, singhiozzante. “È tutta colpa mia…oddio…è tutta colpa mia…” farfugliò, il respiro affannoso. Sumomo la vide guardarsi attorno, poi addosso, come se stesse cercando qualcosa. Avrebbe voluto chiederle cosa, ma aveva la bocca impastata…

“Ecco, ecco…” fece intanto Suika, slegandosi il fiocco rosso dal polso e ripiegandolo su se stesso con mani tremanti. Lo avvicinò alla ferita, aiutandola a premere. “…grazie…” soffiò Sumomo. Faceva davvero male, ma davvero davvero. Peggio dell’appendicite che aveva avuto due anni prima.  

“Shhh.” mormorò l’altra, tirando su col naso. “Non preoccuparti, ci sono io qui…e ti giuro che lo ammazzo, quel maledetto, se prova ad avvicinarsi…te lo giuro, lo ammazzo!”

Sumomo sorrise. “Ci pensa Taruto-oniichan…sta’ tranquilla…” Poi le uscì una risata nasale. Ehi Suika, sei rimasta bloccata da un pezzo di ghiaccio come una scema! Ti rendi conto?! Ma si può?! Ti sei quasi fatta ammazzare da…da…da un pezzo di ghiaccio! Ridacchiò ad occhi chiusi, posando la testa sul marciapiedi, mentre Suika piangeva, la mano poggiata sulla sua, a premere forte sulla ferita.
 

Il Chimero barcollò, portandosi le mani allo stomaco, piegato in due dal dolore. Sembrava davvero lei…in ogni dettaglio, era identico a Ichigo. Avrebbe potuto fregare persino lui, considerò Kisshu guardandolo fisso, se non fosse stato per quei vestiti…che comunque sarebbe stato più che felice di vedere addosso alla vera Ichigo…

L’odio con cui il clone lo guardò lo fece sorridere amaramente. Non gli era nuovo, quello sguardo…

“Togliti di mezzo!” ringhiò il Chimero. Anche la sua voce era quella di Ichigo – l’avrebbe riconosciuta tra mille – ma, notò, l’inflessione era diversa e il tono era più basso.

“Spiacente di deluderti.” replicò Kisshu allegramente, stringendosi nelle spalle. Avrebbe potuto evocare i propri sai, ma preferì aspettare e concedersi di studiare la creatura ancora per un po’, inclinando leggermente la testa verso sinistra.

Che assurda ironia, che il Chimero assumesse proprio l’aspetto della ragazza di cui era ancora ostinatamente e dolorosamente innamorato. Quei lunghi capelli rossi come il sangue…i suoi begli occhi scuri, dal taglio dolce e vivace al tempo stesso…il volto a cuore, le labbra rosee…eppure, allo stesso tempo, più la guardava più iniziava a notare, a dispetto delle somiglianze iniziali, alcune sbavature…la voce, la postura, o anche – soprattutto – il profumo…

No, quella non era Ichigo, pensò nel momento esatto in cui il Chimero si mosse per aggirarlo…

…ma, anche se ne era perfettamente conscio, quasi quasi avrebbe voluto illudersi ancora per un po’…

Bloccò il suo tentativo di fuga afferrandola saldamente per la vita e sbattendola con violenza al suolo. La creatura gridò di rabbia e frustrazione, graffiandogli la faccia con le unghie affilate, nel tentativo di cavargli gli occhi.

Kisshu scoppiò a ridere, godendosi immensamente la colluttazione. “Un’imitazione niente male!” esclamò, sedendosi a cavalcioni sopra di lei e serrandole le mani attorno ai polsi sottili.

Sì, forse avrebbe potuto fingere ancora un po’…

“Lasciami!!” sbraitò la ragazza, cercando di divincolarsi con tutte le proprie forze. Ed era parecchio forte: Kisshu dovette impegnarsi seriamente per tenerla bloccata a terra. Le fece alzare le braccia sopra la testa, schiacciandole al suolo, contro l’asfalto ruvido e freddo. “Che c’è, non ti stai più divertendo?!” inveì, avvertendo un improvviso pizzicore agli occhi. Il sorriso gli morì sulle labbra, mentre aumentava la stretta sui polsi della creatura sotto di sé, pervaso da una rabbia lacerante e improvvisa.

Si chiese cosa diamine stesse facendo…si chiese cosa fosse venuto di nuovo a fare, su quello schifoso pianeta, in quella schifosa città, che era arrivato a detestare con tutto il suo essere…

Si chiese cosa mai avesse sperato di ottenere, in fondo, tornando lì…e come si fosse ritrovato a cavalcioni sopra una cosa che sembrava messa lì apposta per torturarlo, che lo provocava impunemente con il suo aspetto, che poteva toccare e stringere e, perché no, anche punire, ma che non era lei…era solo un miraggio, sebbene così tangibile e concreto…

Applicò altra pressione sulle braccia della creatura, pervaso da un piacere sadico nell’udire le urla di dolore del Chimero…come si permetteva, di rubare l’aspetto di Ichigo, di sporcarlo con la sua arrogante imitazione? Come osava fargli vedere e toccare quello che, lo sapeva, non avrebbe mai potuto avere?!

Improvvisamente, sentì i polsi della ragazza scivolargli via dalle mani, e, sgomento, osservò Ichigo svanire sotto i suoi occhi, ridotta ad un essere gelatinoso e traslucido dalle forme solo vagamente umane…un essere che aveva già visto, quella notte in cui era arrivato sulla Terra ed era subito corso a salvare Ichigo, gettandosi nella mischia senza pensare. Per lei, solo per lei…sempre per lei.
 

Nasubi si allungò in avanti, sfiorando con la punta delle dita il dorso della piccola mano di Ninjin. La bambina sobbalzò, mettendola a fuoco al di là delle lacrime, e dopo un attimo di esitazione le strinse la mano fredda e sudata, aggrappandosi ad essa come un naufrago ad un salvagente, illuminandosi di azzurro…

Nasubi sgranò gli occhi, incredula, mentre la luce che stava illuminando Ninjin le risaliva il braccio e tingeva anche il suo corpo di un morbido celeste, che rischiarò il buio della notte attorno a loro. Le due si guardarono, l’espressione sbigottita di una perfettamente riflessa sul viso dell’altra, dopodiché si girarono all’unisono in direzione del Chimero mutaforma, e di Kisshu…e di qualcos’altro…qualcosa di vivo, di palpabile, come una sorta di vibrazione che impregnava tutto, cielo e terra, e che, per quanto impossibile potesse sembrare, sembrava chiamarle a sé…come se, pensò Nasubi a bocca aperta, come se quel qualcosa avesse una coscienza, e volesse che loro lo vedessero e lo ascoltassero.

Un grido di atroce sofferenza si levò all’improvviso, mentre il Chimero si sollevava in aria, ridotto ad una massa di carne argentea, e iniziava anch’esso ad emettere luce: pura, chiara, bellissima, divina. Era quella luce a chiamarle, capì Nasubi, ipnotizzata dal calore e dal suono cristallino che emetteva…
 

Ichijiku aprì gli occhi e sollevò il capo, dolorante. Aveva le braccia spalancate e bloccate da due lastre di ghiaccio contro il muro di un negozio, e il cuore gonfio di sconforto e risentimento. Aveva fallito, aveva mandato tutto a rotoli…come volevasi dimostrare, non era fatta per essere un’eroina…non era capace di fare nulla di buono…

Le braccia le dolevano terribilmente, imprigionate in quei blocchi di gelide schegge…

…ma cos’era quella luce? Sbatté le palpebre più e più volte, cercando debolmente di mettere a fuoco. Tutto era offuscato, non vedeva nulla, a parte quella strana luce bianca…pensò che forse stava morendo, e che tutte quelle cose sul non seguire la luce dovevano essere vere…

…ma per quanto si sforzasse, non poté fare a meno di tendersi con tutta sé stessa in quella direzione…perché la luce la stava chiamando…e le veniva da piangere, perché era bella, così bella…e forse, lei l’avrebbe perdonata, le avrebbe fatto scivolare le sue colpe e le sue debolezze di dosso…

“…mamma..?” sussurrò fra le lacrime, mentre la luce si faceva accecante.
 

Suika sobbalzò al rumore di una frenata stridente seguita dal rombo rabbioso della moto che aveva appena girato l’angolo e si avvicinava ad una velocità da togliere il fiato. Inebetita dalla stanchezza, la paura e il dolore, senza pensare lasciò la presa sulla stoffa ripiegata del suo bracciale e si alzò in piedi, a braccia aperte, di fronte alla compagna ferita.

La moto frenò, mettendosi di traverso, e un uomo smontò di sella ancora prima di spegnere il motore. Non appena si tolse il casco, Suika lo fece passare, incredibilmente sollevata: Shirogane, con la valigetta del pronto soccorso al seguito. Le aveva sentite, aveva capito che erano in pericolo e si era precipitato ad aiutarle…la ragazza si sentì scaldare dentro, riconoscente, mentre l’uomo si inginocchiava a fianco di Sumomo, dal lato della ferita…

E improvvisamente si levò un grido atroce, lungo e rauco, che le fece accapponare la pelle, e non fece nemmeno in tempo a girarsi che la strada fu rischiarata da una luce bianca che, notò con orrore, sembrava provenire dal Chimero-mutaforma…

“Non è possibile!” esclamò dopo qualche attimo Shirogane, con un tono di voce che non gli aveva mai sentito usare.

“Che cosa sta succedendo?!” chiese la ragazza, mentre una strana, calda vibrazione le accarezzava la pelle come una lieve onda sul bagnasciuga, e il suo sguardo vagava poco distante dal Chimero, posandosi sulla figura di Kisshu, rischiarata a giorno dalla luce che diventava sempre più intensa…lo vide schermarsi gli occhi, abbacinato...

Mew Aqua…” sillabò intanto Shirogane alle sue spalle, in preda ad un’emozione che Suika non capì fino in fondo.

Poi, un’altra figura si avvicinò alla luce, fulminea, scura, armata di falce…e Suika scattò immediatamente in avanti, allarmata, decisa a fermare qualsiasi cosa quel maledetto di Kue avesse in mente di fare. Percorse i metri che la separavano dalla fonte di luce in un lampo, allungando una mano, una forza misteriosa che la spingeva indietro, come un vento che soffiasse forte contro di lei…non vedeva più niente, tanto la luce era intensa…

E poi, in una frazione di secondo, tutto svanì.

Suika udì a stento il rumore del teletrasporto alieno alla sua destra. La forza che le remava contro cessò, e con essa anche la luce, la vibrazione, il rumore cristallino che le pulsava nelle orecchie di tigre, il calore…tutto sparì all’improvviso, e lei si ritrovò ad avanzare nel nulla di un paio di passi, sbilanciata in avanti, la mano tesa ad afferrare il vuoto. Sbigottita, si guardò intorno freneticamente. Kue era scomparso, e dedusse che si fosse portato via anche il Chimero-mutaforma. Gli altri Chimeri erano spariti anch’essi, lasciandosi dietro solo tante piccole pozzanghere luccicanti sul manto stradale.

Evitando accuratamente Kisshu, il suo sguardo si posò su MewNinjin e MewNasubi, strette l’una all’altra a pochi metri da dove si trovava lei. Le due la guardarono di rimando, smunte. MewIchijiku era poco distante, affissa al muro come una farfalla sotto vetro, il capo chino in avanti.

Suika andò loro incontro, sollevata: almeno non sembravano ferite. Era finita, realizzò mentre aiutava Ninjin ad alzarsi da terra, abbracciandola forte. Non sapeva come, né capiva cosa fosse successo, ma l’importante era che fosse finita. Socchiuse gli occhi, sospirando stancamente. Le sembrava di essere invecchiata di cent’anni tutti insieme...

Spostò la sua attenzione su Nasubi, intrappolata dalla vita in giù da un blocco unico di ghiaccio, il quale tuttavia si stava rapidamente sciogliendo. La ragazza si dimenò, facendo crepare il blocco in più punti. “Stai bene?” le chiese Suika, abbassandosi a darle una mano.

“Ce la faccio…tranquilla.” la rassicurò la compagna, liberando la gamba destra con un sonoro crack.

Suika annuì, volgendo lo sguardo su Ichijiku. Anche il ghiaccio che teneva bloccata lei sembrava starsi sciogliendo, ma corse lo stesso ad aiutarla. “Stai bene?” ripeté, cercando di guardarla in faccia al di là dei lunghi capelli scuri. Ichijiku annuì in silenzio. Sembrava esausta, notò Suika: a differenza di Nasubi, non stava facendo il minimo sforzo per liberarsi. Quando il ghiaccio si spaccò, per poco non cadde a terra: Suika la sostenne prendendola sotto le ascelle. “Vuoi sederti? Ce la fai a camminare?” domandò, preoccupata, ma la ragazza non fece in tempo a rispondere che la voce di Shirogane le interruppe: “Suika, prendi la Mew Aqua!” gridò in tono urgente.

La ragazza si girò verso di lui, perplessa. Quale Mew Aqua? La luce non c’è più…, pensò subito, ma poi notò la presenza, per terra, di un piccolo oggetto rotondo e baluginante, fatto di quello che sembrava vetro. Mosse un passo in avanti, sempre sostenendo la compagna, ma Kisshu la anticipò, raccogliendo l’oggetto da terra e studiandolo da vicino, le sopracciglia sottili aggrottate. Le si contorse dolorosamente lo stomaco e maledisse ogni secondo in cui era costretta a posare gli occhi su di lui.

Nasubi si alzò in piedi, traballante, con Ninjin a fianco, e tutte e quattro si avvicinarono all’alieno, mentre un Taruto ansimante gli atterrava alle spalle. I due osservarono il globo luminoso con un’espressione corrucciata che non prometteva nulla di buono, scambiandosi un paio di parole che Suika non capì. Quando lei e le altre arrivarono a un passo da Kisshu, la ragazza deglutì, il cuore in gola, incerta sul da farsi.

L’alieno prese ad osservarla, distogliendo lo sguardo dalla Mew Aqua che teneva in mano. Sembrava attendere la sua prossima mossa, realizzò la Mew Mew mentre, suo malgrado, il sangue le fluiva alle guance. Distese il braccio in avanti senza dire nulla – non aveva la forza per parlare con lui in quel momento -, il palmo della mano aperto e rivolto verso l’alto.

Lui parve rifletterci su, prima di consegnarle l’oggetto. Era serio, serissimo, notò la ragazza: il peso del suo sguardo era troppo per lei.
Lasciò scivolare la Mew Aqua sulla sua mano e Suika la ritirò subito, per evitare anche il minimo contatto con le dita affusolate dell’alieno.

Era tiepida, al tatto, notò mentre mormorava un grazie appena percepibile.

Shirogane le chiamò tutte a raccolta. Non si era mosso di un centimetro, occupandosi di tamponare la ferita di Sumomo al meglio delle sue capacità. “Cos’è successo?!” esclamò Nasubi una volta che si furono avvicinate; Ninjin gemette e Ichijiku si staccò da Suika, reggendosi sulle proprie gambe, come se la visione della compagna ferita e svenuta le avesse ridato un po’ di forza.

Suika si sentì pizzicare di nuovo gli occhi alla vista di tutto quel sangue. Kue l’aveva colpita al fianco sinistro in profondità, facendola schiantare al suolo. Se Taruto non fosse intervenuto al momento opportuno…Suika si sentì girare la testa.

Shirogane le fece cenno di avanzare. “Avvicinala.” la invitò, il volto tirato. Aveva le mani sporche di sangue, come lei del resto…la ragazza ubbidì, reggendo lo strano oggetto con entrambe le mani. Ninjin si sporse in avanti per vedere meglio.

Bastarono un paio di secondi a far aumentare il brillio della sfera. La vibrazione che aveva percepito prima tornò, e con essa anche lo strano suono, mentre le loro figure venivano rischiarate dalla luce bianca…e per poco la ragazza non lasciò la presa per l’immenso stupore, nel vedere la ferita sul fianco di Sumomo illuminarsi di azzurro e rimarginarsi ad una velocità che aveva dell’incredibile.

Questa è…magia! Dev’essere magia!, pensò strabiliata, trattenendo il respiro per l’emozione. Le altre erano altrettanto sorprese, a giudicare dalle esclamazioni alle sue spalle.

Quando la ferita si rimarginò completamente, la Mew Aqua smise di brillare, opacizzandosi. Sembrava davvero che fosse appena accaduto un miracolo.

Vide Shirogane rilassare i muscoli delle spalle e prendere un respiro profondo. “È andata. Starà benissimo.” fece, restando tuttavia rigidamente serio. Le ragazze si guardarono tra loro, poi Ninjin urlò, correndo ad abbracciare Sumomo, che aveva appena aperto gli occhi. “Sumomo-chan!” esclamò Suika, il cuore che faceva un tuffo. “Sumomo! Grazie al cielo!” fece Nasubi, imitata da Ichijiku e Ninjin, mentre la Mew azzurra si alzava sui gomiti, poggiando le mani sul gradino del marciapiedi. Dopo un attimo di smarrimento, ricambiato l’abbraccio di Ninjin, la ragazza sbottò: “Sapete una cosa, sono stufa di dover sempre ripetere la solita battuta, ma…Che è successo?”

Suika rise. Era incredibilmente felice, si sentiva leggera, quasi esaltata. “Te lo spiegherei, ma non l’ho capito nemmeno io!” scherzò, mentre Nasubi le si attaccava al braccio, gli occhi lucidi.    
 
 
  
 
 
 
       
 
 



Ehilà! Sono riuscita ad aggiornare. ^3^ Spero che vi sia piaciuto! In tutta onestà, questo capitolo...mah, non lo so, non è uno dei miei preferiti...ma serviva per mettere un altro po' di carne al fuoco. Sono curiosa: l'inghippo dell'acqua l'avevate capito prima che Nasubi ci arrivasse? Sono curiosa di capire quanto sono prevedibile. :P
Ecco che è rispuntata la Mew Aqua...nel prossimo capitolo se ne discuterà abbondantemente. Sono sotto esami, quindi spero perdoniate eventuali ritardi. Questi esami sono i più importanti della mia carriera universitaria e voglio farli bene. ^^

Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate. Ne ho bisogno. <3 
   
 
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