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Autore: 9Pepe4    30/05/2016    8 recensioni
Il Maestro Qui-Gon Jinn non ha nessuna intenzione di prendere un nuovo apprendista… Ma l’incontro con Obi-Wan Kenobi, un Iniziato di sette anni, potrebbe cambiare le cose.
Peccato che il passato, in un modo o nell’altro, trovi sempre la maniera di fare lo sgambetto al presente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Yoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 18 – Oltre il confine

Poco dopo, Fja Larr fu di ritorno, e venne a sedersi sul divano di fronte a Qui-Gon ed Obi-Wan.
«Eccolo qui» annunciò, posando un oggetto sul tavolo con fare teatrale. «Il dispositivo che crea le interferenze».
Obi-Wan allungò il collo, e anche Qui-Gon si protese in avanti. Si trattava di una semisfera dorata, abbastanza piccola da stare comodamente nel palmo di una mano.
«Ora non resta che disattivarla» proclamò l’artista, soddisfatto. «Vado a chiamare Heri».
Balzò in piedi, e si allontanò con una certa fretta.
Da parte sua, Qui-Gon spostò lo sguardo su Obi-Wan; il bambino stava ancora guardando la sfera con un certo interesse, e fece un gesto come per allungare la mano, salvo controllarsi e ritirarla dopo un momento.
«Di qua, di qua».
Nell’udire quelle parole, Qui-Gon si girò, giusto in tempo per vedere Fja Larr che sollecitava Heri in direzione del dispositivo.
«Come vedi, l’ho recuperato. Ora puoi disattivarlo».
La ragazza gettò un’occhiata verso Qui-Gon ed Obi-Wan, soffermandosi in particolare sul bambino come per accertarsi che stesse davvero bene, poi allungò una mano a prendere l’oggetto. Con una certa cura, svitò la piccola cupola e la tirò via come un tappo, rivelando una serie di ingranaggi scintillanti dall’aria delicata.
«Ammirevole» commentò Fja Larr.
Heri non disse nulla, chinandosi invece a posare l’oggetto sul pavimento… per poi calpestarlo con forza, più volte, e Qui-Gon vide le sopracciglia di Obi-Wan guizzare ai cigolii e agli scricchiolii del povero dispositivo.
Alla fine, la ragazza raccolse l’oggetto – ora con gli ingranaggi tutti spaccati – e lo rimise sul tavolo. «Ecco fatto».
«Però!» osservò Fja Larr, arcuando le sopracciglia bionde. «Pensavo avresti fatto qualcosa di più… scientifico».
Heri si limitò a stringersi nelle spalle.
In effetti, pensò Qui-Gon, anche lui si sarebbe aspettato un metodo diverso. In fondo la ragazza aveva dimostrato di saperci fare come tecnico, costruendo il dispositivo, disattivando i sistemi di sicurezza di Fja Larr e riprogrammando i droidi dell’artista per metterli a guarda della refurtiva.
«Ora dovremmo riuscire a contattare Omnia» concluse Fja Larr.
Obi-Wan guardò Qui-Gon, che si alzò in piedi e si mise le mani sui fianchi. «Posso usare la vostra unità di comunicazione?»

Il giorno successivo, arrivarono tre agenti del Corpo di Polizia di Omnia. Indossavano un’uniforme blu scuro, ma le loro somiglianze finivano lì.
La prima era un’Umana dai capelli castani e il naso sottile spruzzato di lentiggini; la seconda una Togruta dall’espressione impenetrabile e uno sguardo che pareva in grado di uccidere; il terzo un Mon Calamari dalla pelle lucida e l’aria gioviale.
Si mostrarono piuttosto efficienti: registrarono le testimonianze di Qui-Gon, Obi-Wan e della famiglia Larr, chiesero al Maestro Jedi di fornire loro i dati delle sue indagini ed ispezionarono lo studio di Fja Larr e la fabbrica in disuso.
Nel via vai, Qui-Gon notò che Obi-Wan – ancora seduto sul divano – seguiva i movimenti degli agenti ad occhi spalancati, e sembrava un po’ ansioso.
Pensando che un diversivo gli avrebbe fatto bene, l’uomo si avvicinò e gli si sedette accanto. «Allora» esordì, e il bambino puntò subito gli occhi su di lui, «vuoi dirmi cosa ne pensi? Quali credi che saranno le accuse contro Heri ed Hafli?»
Il bambino sbatté le palpebre. Per un istante, rimase a fissare l’uomo, poi abbassò lo sguardo e parve rimuginare sulla risposta.
«Be’» iniziò infine, con una punta di incertezza, «a carico di entrambi c’è il furto… sia delle opere del signor Larr che dei suoi droidi. Penso conterà anche il fatto che i droidi sono andati distrutti… e il possesso d’armi».
«Molto bene» approvò Qui-Gon. «Che altro?»
Obi-Wan mosse la mano verso la propria spalla. «Ecco… Hafli mi ha ferito… E credo conterà anche il fatto che Heri stava per sparare a te… Maestro».
«Sì» disse Qui-Gon, ed era tanto un invito a continuare quanto una conferma.
Il bambino non si fece pregare. «Lei ha messo fuori uso le comunicazioni di tutto il villaggio» ricordò, e contò sulle dita le cose che aveva elencato. «Mi sembra abbastanza illegale».
«Già» annuì Qui-Gon, trattenendo un sorriso. «È abbastanza illegale».
Obi-Wan emise un suono pensoso. «Ma… Maestro? Heri è minorenne?»
«Penso di sì» rispose Qui-Gon, sistemandosi meglio sul divano. «Però ha già l’età a cui si viene considerati capaci di intendere e di volere».
Il bambino aggrottò la fronte. «Vuol dire… vuol dire che sarà punita, ma in modo meno severo rispetto a come verrebbe punita se fosse maggiorenne?»
«Possiamo metterla così, sì» annuì Qui-Gon.
I dettagli, immaginava, sarebbero dipesi dall’avvocato che avrebbe difeso i due fratelli, e dalla legislazione a cui avrebbero deciso di appellarsi – se quella di Omnia, di Nihilo o del loro pianeta natale.
Obi-Wan si sfregò il mento con una mano, e in quel momento Fja Larr venne dritto verso di loro.
«E così» esordì, sedendosi sul bracciolo del divano accanto a Qui-Gon e posandosi le mani sulle gambe, «siamo quasi giunti alla fine di quest’avventura».
Il Maestro Jedi inarcò un sopracciglio. «Così sembrerebbe».
Fja Larr rimase in silenzio per un lungo momento, e la sua espressione si fece decisamente più seria. «Heri è una brava ragazza» mormorò infine. «Non mi sarei mai aspettato che facesse una cosa del genere».
Qui-Gon indugiò un istante, poi si allungò verso l’altro uomo. «A quanto mi ha detto, l’hanno fatto perché Hafli voleva pagarle una plastica facciale».
Fja Larr girò di scatto la testa verso di lui. «Oh!» esclamò, allargando gli occhi azzurri in modo quasi comico. Tornò a voltarsi dall’altra parte e ripeté, stavolta in tono sommesso, quasi pensoso: «Oh».
A quel punto, gli agenti del Corpo di Polizia si radunarono in salotto, portando con loro Heri ed Hafli. La ragazza pareva completamente atterrita, anche se l’agente umana le stava spiegando qualcosa in tono gentile.
In quanto ad Hafli, aveva l’aria decisamente avvilita. Forse era deluso di non averla passata liscia, forse era preoccupato per la pena che gli sarebbe toccata.
Personalmente, Qui-Gon pensava che fosse anche colpa dell’atteggiamento freddo e distaccato che sua sorella stava tuttora mantenendo nei suoi confronti.
In ogni caso, questa poteva essere l’ultima volta che vedeva i due fratelli, a meno di non essere chiamato a testimoniare in prima persona. E data la registrazione della sua testimonianza e il numero considerevole di prove raccolte, dubitava sarebbe successo.

Lui e Obi-Wan lasciarono Nihilo poco tempo dopo la partenza degli agenti di Omnia.
Un’astronave arrivò da Coruscant per prelevarli, e al momento dei saluti Maya Larr si abbassò ad abbracciare il bambino, attenta a non fargli male.
Obi-Wan ebbe abbastanza presenza di spirito da rispondere con un buon inchino ed un educato «arrivederci, signora Larr» ma i suoi occhi chiari erano enormi mentre fissava la donna.
Durante il viaggio, fu abbastanza silenzioso, e Qui-Gon notò che si sfregava distrattamente le braccia tra loro.
«Maestro» chiese il bambino, mentre si preparavano ad entrare nell’atmosfera di Coruscant, «credi che i signori Larr avranno un figlio?»
Qui-Gon gli scoccò un’occhiata. «Se è quello che desiderano, glielo auguro».
«Già» disse Obi-Wan, e non aggiunse nient’altro sull’argomento.
Come prima cosa, quando giunsero al Tempio Jedi, Qui-Gon avrebbe dovuto presentarsi a fare rapporto nella Sala del Consiglio, ma decise che era più urgente portare il bambino nell’Ala dei Guaritori.
«Ma adesso sto bene, Maestro» azzardò Obi-Wan, che sembrava tutto fuorché contento di trovarsi lì.
Qui-Gon si limitò a sospingerlo in avanti. «Penso sia comunque meglio fare una visita di controllo».
Ad occuparsene fu Von Le, che esaminò quel che restava della ferita di Obi-Wan con estrema attenzione. «Il tuo primo viaggio fuori da Coruscant ed hai ricevuto un colpo di blaster» commentò. «Per qualche motivo non ne sono affatto sorpreso».
«È stato un colpo di striscio» puntualizzò Obi-Wan.
Il Vultan non rispose. «Per tua fortuna» disse invece, «chi si è occupato di te sapeva il fatto suo. Dovrebbe guarire perfettamente nel giro di qualche giorno. Nel frattempo, sei esentato dagli allenamenti».
«Ancora?!» gemette Obi-Wan, e poi si batté una mano sulla bocca.
Qui-Gon finse di essere intento ad osservare il muro più vicino, ma sentì nitidamente lo sguardo apprensivo che il bambino gettò nella sua direzione.
Dati gli ultimi eventi, aveva smesso del tutto di schermarsi dal legame mentale tra lui ed Obi-Wan, e da quando si erano allontanati da Nihilo aveva percepito molte delle emozioni del suo nuovo Padawan.
«Voglio dire… Ho già dovuto saltare degli allenamenti perché mi ero fatto male…»
«Ma guarda un po’» disse Von Le, e gli diede una piccola pacca sul braccio per fargli capire che la visita era finita. «Evita di farti male e potrai seguire tutti gli allenamenti che vuoi».
«Sissignore» rispose Obi-Wan, un po’ contrariato, prima di tornare a vestirsi.
Quando fu pronto, Qui-Gon lo portò con sé nella Sala del Consiglio. Fece rapporto, tenendo il bambino davanti a sé e posandogli le mani sulle spalle con fare confortante.
Anche senza guardarlo, sapeva che Obi-Wan osava a malapena respirare, e che alternava delle occhiate nervose tra i Consiglieri e il pavimento decorato sotto i loro piedi.
Il comportamento del bambino su Nihilo venne discusso, ma non ci furono sanzioni. Certo, aveva disobbedito all’ordine diretto di un Maestro, ma Yoda osservò che doveva aver seguito il volere della Forza, visto come si era conclusa la missione.
Ci fu un momento di silenzio, poi Qui-Gon si schiarì la gola.
«Maestro Qui-Gon» disse Yoda, fissandolo con aria estremamente interessata. «Chiederci qualcosa tu vuoi?»
«Sì, mio Maestro». L’uomo accarezzò col pollice la spalla sinistra di Obi-Wan. Trasse un respiro. «È mia intenzione prendere Obi-Wan Kenobi come mio nuovo Padawan».
Immediatamente, i Consiglieri attorno a loro iniziarono a scambiarsi occhiate eloquenti, in una danza di teste che si inclinavano e dita che si univano. Qui-Gon era ormai abituato a quelle conversazioni silenziose, ma Obi-Wan si tese ansiosamente sotto le sue mani.
«Molto bene» concluse Yoda, e nella sua voce c’era una punta di pura soddisfazione. «La nostra approvazione tu hai».
Qui-Gon accennò un inchino, mentre il sollievo e la felicità di Obi-Wan lo investivano come un’onda.
Venne stabilito che la cerimonia per il passaggio del bambino da Iniziato a Padawan si sarebbe svolta il giorno seguente, dopodiché Obi-Wan e Qui-Gon furono congedati.
Erano appena usciti dalla Sala del Consiglio, quando udirono dei passi zoppicanti, e Yoda li raggiunse.
«Maestro Qui-Gon» disse. «Parlare con te, io desidero».
L’uomo inarcò un sopracciglio. Accanto a lui, Obi-Wan si mosse con una certa inquietudine.
Qui-Gon poteva sentire la fiducia del bambino nel Gran Maestro, ma sentiva anche il suo nervosismo – sembrava sempre esserci qualcosa che gli impediva di diventare il Padawan del Maestro Jinn.
«Obi-Wan» disse perciò l’uomo, gentilmente, «perché non mi precedi? Recupera le tue cose, e va’ ad aspettarmi davanti al mio alloggio».
Obi-Wan esitò. «Va bene, Maestro» rispose, e rivolse un inchino a Yoda prima di allontanarsi.
Non appena se ne fu andato, Qui-Gon inarcò un sopracciglio e guardò il Gran Maestro, ma quest’ultimo si limitò a scrutarlo da capo a piedi.
«Ebbene?» incalzò l’uomo, dopo cinque minuti buoni di quell’esame silenzioso.
Yoda lo guardò in volto con aria speculativa. «Fruttuosa, la tua missione è stata».
Qui-Gon seppe immediatamente che non parlava della cattura dei ladri, e probabilmente nemmeno di Obi-Wan. «Tu lo sapevi» accusò, senza rancore. «Del mio secondo apprendista. Sapevi che dopo aver lasciato l’Ordine aveva vissuto con Maya e Fja Larr».
Siete rimasti in contatto? avrebbe voluto chiedere. Ti ha chiesto aiuto? O ti sei semplicemente tenuto informato sui suoi spostamenti?
«Mmm» disse Yoda. «Saputo lo hai».
Qui-Gon sospirò, ripensando alla propria conversazione con Maya Larr. Avrebbe voluto chiederle altro, sinceramente, ad esempio se sapeva dove si trovasse adesso il ragazzo, ma alla fine non ci era riuscito.
«Per questo mi hai affidato quest’incarico» disse, tornando a guardare il Gran Maestro. «Volevi che scoprissi cosa gli era successo».
«Successo?» ribatté Yoda. «Successo a chi? Che tu catturassi i ladri, io volevo!»
E su quella nota, senza lasciare a Qui-Gon il tempo di obiettare, tornò zoppicando nella Sala del Consiglio.
Rimasto solo, l’uomo scosse la testa tra sé e sé. Vecchio troll enigmatico.
Per qualche istante, restò fermo dov’era, poi pensò ad Obi-Wan che probabilmente lo stava aspettando, e si diresse verso il proprio alloggio.
Come aveva immaginato, il bambino era già davanti alla porta con una sacca sulla spalla. Come non aveva immaginato, era in compagnia di un Maestro Jedi dai capelli ricci e l’aria molto familiare.
«Taren» salutò Qui-Gon, avvicinandosi.
«Qui-Gon» replicò l’altro, in tono leggero. «Mi sono imbattuto nel giovane Kenobi, qui, e lui mi ha dato la grande notizia».
Qui-Gon notò che Obi-Wan gli lanciava un’occhiata, come per assicurarsi che non fosse contrariato.
«Capisco».
Taren continuò a guardarlo per un altro momento, poi sorrise e fece un passo in avanti per dargli una pacca sulla spalla. «Congratulazioni» gli disse. «Era ora».
«Ti ringrazio» concesse Qui-Gon, mentre Obi-Wan spostava gli occhi da un Maestro all’altro.
«Forse» insinuò Taren, «dovrei dire meglio tardi che mai».
«Oh» si lasciò sfuggire Obi-Wan, sorpreso, «è stato quello che ha detto la Maestra Yula quando le ho spiegato che il Maestro Jinn mi ha preso come Padawan».
Qui-Gon sbatté le palpebre, e a Taren la notizia parve piacere sin troppo. Si astenne dal commentare, però, limitandosi a sorridere e a dire: «Ci vediamo presto, Maestro Jinn. Padawan Kenobi» prima di scivolare via.
Una volta solo con Obi-Wan, Qui-Gon aggrottò la fronte. «Veramente la Maestra Yula ti ha detto così?»
«Sì, Maestro» rispose il bambino, abbozzando un sorriso.
Qui-Gon cedette e sorrise a sua volta, quindi digitò il codice d’accesso ed entrò con Obi-Wan nel proprio alloggio. Nel loro alloggio, d’ora in avanti.
Siccome il bambino conosceva già il posto, non ci fu bisogno di fargli fare un giro, e Qui-Gon lo guidò direttamente in quella che sarebbe stata la sua stanza.
Nei lunghi anni in cui nessuno l’aveva utilizzata, la polvere sembrava aver deciso di prenderne possesso. Si era depositata sul letto, sulla scrivania, sul guardaroba, sugli scaffali… su ogni superficie disponibile, in effetti.
«Lo so» disse Qui-Gon, dirigendosi subito ad aprire la finestra. «C’è un po’ di polvere».
Obi-Wan lo fissò. «Un po’» enfatizzò, e il suo nuovo Maestro non riuscì a trattenere un sorriso.
Non credeva che sarebbe riuscito a sorridere di nuovo, in quella camera da letto.
Nelle ore che seguirono, si dedicarono alla pulizia della stanza. Mentre strofinava la scrivania con uno straccio bagnato, Qui-Gon notò una piccola bruciatura in un angolo. Aggrottò la fronte e venne colpito da un ricordo: il suo secondo allievo che scommetteva con un’amica sulla vicinanza necessaria perché la lama di una spada laser danneggiasse la superficie.
Si riscosse, e fu rapido a rivolgersi ad Obi-Wan. «Allora» disse, «vuoi che ti spieghi come si svolgerà la cerimonia di domani?»
Il bambino era impegnato a fare il letto con delle lenzuola pulite, ma alla domanda si fermò e si girò verso l’uomo. Era probabile che avesse già studiato quella cerimonia di passaggio, ma ciononostante annuì vigorosamente.
«Sì, Maestro».
Era abbastanza semplice, in realtà. Di fronte al Consiglio, il Maestro doveva assumersi il compito di istruire e proteggere il proprio allievo, mentre il Padawan doveva promettere di rispettare il Maestro e seguire i suoi insegnamenti.
Dopodiché, il mentore doveva comporre la treccia da apprendista, i cui tre ciuffi simboleggiavano il Maestro, il Padawan e la Forza.
«L’Ordine Jedi» lo corresse Obi-Wan, aggrottando la fronte. «Abbiamo studiato che il terzo ciuffo rappresenta l’Ordine Jedi».
«Sì, immagino esistano interpretazioni discordanti in proposito» ammise Qui-Gon. «A parer mio, rappresenta la Forza. In fondo, è più importante che il cammino comune di Maestro e Padawan si sviluppi attorno al volere della Forza, non a quello dell’Ordine».
Obi-Wan sembrava un po’ confuso. «Ma non è la stessa cosa, Maestro? Il volere dell’Ordine coincide col volere della Forza».
«Così dovrebbe essere» concesse Qui-Gon, «ma non è sempre vero».
Corrucciato, Obi-Wan si voltò verso il cuscino ed iniziò ad infilarlo nella federa. Non sembrava molto convinto, ma Qui-Gon decise di lasciar cadere l’argomento. In futuro, ragionò, avrebbero avuto tutto il tempo di discutere questi dettagli.

A pulizie terminate, l’uomo si armò di forbici e tagliò i capelli del suo nuovo apprendista, legando in un codino il ciuffo più lungo che gli lasciò dietro la nuca e stando attendo a lasciare intatte le ciocche accanto al suo orecchio destro.
Obi-Wan aveva dei capelli spessi e molto folti, e Qui-Gon si meravigliò della voluminosità del mucchietto che alla fine raccolse e buttò nella spazzatura.
«Se li avessimo tenuti» considerò, «avremmo potuto usarli per imbottire un cuscino».
Obi-Wan, che si stava toccando cautamente la nuca, si fermò e lo fissò. «Un cuscino piccolo» disse infine. «Uno di quelli del divano».
Qui-Gon sorrise e, siccome era ormai ora di cena, si recò a controllare se aveva qualcosa da mangiare. Dal momento che Obi-Wan si era appena trasferito da lui, infatti, gli sarebbe piaciuto cenare nel loro alloggio e non dover scendere in mensa.
Alla fin fine, riesumò l’occorrente per una zuppa di verdura, alcune uova, qualche tozzo di pane congelato e un paio di frutti. Poteva bastare, decise.
Durante la cena, Obi-Wan gli rivolse un paio di domande su come sarebbe cambiato il suo programma giornaliero, e Qui-Gon rispose senza problemi.
Nel guardare il bambino che gli mangiava di fronte, fu colpito dal ricordo della prima volta che si erano incontrati.
«Obi-Wan?»
Nella fretta di inghiottire il proprio boccone per rispondere, il suo nuovo apprendista rischiò di strangolarsi. «Sì, Maestro?»
«Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?» domandò Qui-Gon, dopo avergli dato un momento per riprendersi. «Hai detto che sapevi chi ero…»
L’espressione di Obi-Wan si fece improvvisamente guardinga. «Sì, Maestro».
«Come lo sapevi?»
Il bambino indugiò un istante. «Be’… Avevo sentito parlare di te. Il Maestro Kun ti ha nominato, una volta, perché sei un Maestro della forma Ataru…»
Generoso da parte di Taren, pensò Qui-Gon.
«E poi, ecco, giravano voci sul perché non volevi un nuovo Padawan».
La cosa non gli era nuova. Qui-Gon annuì. «Ma hai anche avuto una visione su di me» osservò.
Obi-Wan quasi si ritrasse. «Sì» ammise, cauto, «anche se non avevo capito che eri tu. È stato solo quando ci siamo visti… quando ho sentito la tua presenza nella Forza… che ho capito che eri la persona che avevo visto».
«Capisco» disse Qui-Gon, ed indugiò un momento.
Personalmente, era restio a dar troppo peso a cose come visioni e premonizioni… ma voleva mostrare ad Obi-Wan che lo stava prendendo sul serio, così che il bambino sentisse di potersi confidare con lui anche in futuro.
«Hai detto che cambierò una vita» ricordò.
Da teso com’era, il bambino parve rilassarsi appena. «Esatto, Maestro».
«La vita di chi?»
Obi-Wan scrollò le spalle con una piccola smorfia, forse segno che la sua spalla destra non era ancora guarita del tutto. «Non lo so» rispose, poi parve pensarci su e sorrise con aria deliziata. «Forse la mia».
«Forse» concesse Qui-Gon, sorridendo di rimando. «Spero solo di cambiarla in meglio».
«Sarà così di sicuro» affermò Obi-Wan, con tutta la fiducia e la lealtà di un bambino di otto anni.
Se non fossero stati due Jedi, Qui-Gon si sarebbe alzato ed avrebbe aggirato il tavolo per andare ad abbracciarlo.
Dopo cena, rimasero seduti ancora per qualche ora, conversando. A lungo andare, Obi-Wan cominciò a sfregarsi gli occhi e nascondere degli sbadigli dietro una mano… Finché, riportando lo sguardo su di lui, Qui-Gon non lo trovò addormentato con la testa sul tavolo.
Lo osservò in silenzio per qualche istante. Pensò di svegliarlo ed invitarlo ad andare a dormire, ma era probabile che Obi-Wan sarebbe stato fulminato dall’orrore, nel rendersi conto di essere crollato mentre parlava col suo Maestro, e non avrebbe più finito di scusarsi.
Così, dopo aver riflettuto per qualche momento, Qui-Gon sollevò il bambino tra le proprie braccia, facendogli posare il mento sulla propria spalla e dirigendosi lentamente verso la sua camera.
Obi-Wan dormiva profondamente, i respiri lenti e regolari, appena un po’ rumorosi.
Senza svegliarsi, passò le braccia attorno al collo dell’uomo, e Qui-Gon si bloccò nel mezzo del corridoio.
Il bambino si stava stringendo a lui come ad un cuscino o ad un pupazzo, ma… ma non era spiacevole.
Qui-Gon scosse impercettibilmente la testa e riprese a camminare, raggiungendo la stanza di Obi-Wan ed andando depositarlo sul letto.
Impiegò qualche istante per fargli lasciare la presa, poi lo mise sdraiato e gli tolse gli stivali. Lo lasciò vestito, perché temeva di non essere in grado di mettergli il completo da notte senza svegliarlo, ma tentò comunque di infilarlo sotto le coperte.
Durante l’operazione, Obi-Wan si rigirò più volte, emise sospiri sonnolenti e quasi diede un pugno in faccia al Maestro Jedi.
Qui-Gon era quasi colpito. Il bambino non si era certo mosso così tanto, mentre dormiva sul sofà dei Larr per recuperare le forze.
Alla fine, comunque, lui riuscì ad imboccargli le coperte in modo soddisfacente, ed uscì dalla stanza cercando di fare meno rumore possibile.
Era incredibile, si disse una parte della sua testa, quanto tutta quella procedura gli fosse sembrata naturale.
Ripensò alla loro conversazione durante la cena. Non sapeva se la visione del bambino si sarebbe mai avverata. Non sapeva se avrebbe cambiato la vita di Obi-Wan o quella di qualcun altro, ma alla luce degli ultimi eventi una cosa era certa: il bambino stava già cambiando la sua, in meglio.














Note:

Prima di tutto, chiedo scusa per aver rimandato l’aggiornamento. Tecnicamente avevo già scritto il nuovo capitolo, ma non mi convinceva per niente (probabilmente dovrei chiedere perdono a Dragasi per tutti i miei piagnucolii su quanto non mi piaceva la prima versione di questo capitolo).
Questa versione è nuova e, spero, migliore. Cioè, ho dei dubbi anche su questa, ma sono meno atroci.

Che altro? Ah, la storia è conclusa, ma va anche detto che è stata concepita come la prima di una serie di long su Obi-Wan e Qui-Gon (e sui Nuovi Personaggi introdotti qui), e spero di iniziare presto a lavorare sul seguito.

In conclusione, ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito, e chi ha aggiunto questa fanfiction tra le preferite, le seguite, e/o le ricordate. Grazie mille, davvero!
  
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