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Autore: Nocturnia    14/06/2016    6 recensioni
Heizo strizza le palpebre verso il margine della strada, si assicura di aver visto bene.
"Ha bisogno d'aiuto?" chiede, e la donna inclina il mento nella sua direzione "Si è fatta male?"
La donna lo fissa in tralice, occhi così scuri da sembrare neri - il colore del sangue coagulato, pensa.
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert Wesker, Alex Wesker, Jake Muller, Sherry Birkin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Devil in I'
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Rebirth
Disclaimer: Albert Wesker, Alex Wesker, Excella Gionne, Jill Valentine e tutti gli altri personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


“ - I was waiting for the longest time, she said, I thought you forgot.

- It's hard to forget, he said, when there is such an empty space when you are gone.”
-  Brian Andreas -




Rebirth




Giappone, 2032

Heizo strizza le palpebre verso il margine della strada, si assicura di aver visto bene.
"Ha bisogno d'aiuto?" chiede, e la donna inclina il mento nella sua direzione "Si è fatta male?"
La donna lo fissa in tralice, occhi così scuri da sembrare neri - il colore del sangue coagulato, pensa.
Heizo nota i pesanti stivali da combattimento che porta ai piedi, i pantaloni militari e il contrasto insolito che generano con il camice bianco che si stringe al petto.
"Signora." ripete, e si sporge un altro po' in avanti "Ha per caso avuto un incidente?"
Non vede macchine nelle vicinanze (e nemmeno ne ha incontrare prima) ma l'aspetto stravolto della donna non gli suggerisce altro.
La donna tace, capelli biondi e labbra esangui.
"Signora?" riprova, e qualcosa si muove tra le sue braccia.
Heizo alza un sopracciglio, scende dall'auto.
"Se vuole posso portarla all'ospedale più vicino. Ha un telefono? Vuole per caso contattare..."
Il pianto di un bambino inghiotte ogni altra parola.


Giappone, 2032

L'ha fatta salire in macchina.

Non potevo fare altro, no? Aveva un bambino con sé, d'altronde.

La donna non ha aperto bocca; si è limitata a fissarlo con quei suoi strani e inquietanti occhi troppo grandi e troppo...

È rosso quello che vedo intorno alla pupilla?

Il bambino è un fagotto di un mese, forse due.
Cerca la pelle della donna con un'insistenza quasi anomala, si nasconde nell'incavo del suo braccio.
Heizo sorride quando nota il colore dei suoi capelli (così biondi da essere quasi bianchi) e allunga una mano per accarezzarlo.

No.

Il bambino sgrana gli occhi all'improvviso, l'iride che si scioglie in un rosso cupo e la pupilla che si assottiglia fino ad assomigliare a quella di un serpente.
Heizo ritrae la mano spaventato, rialza lo sguardo.

Splatch.

Natalia Alex fissa il cranio di Heizo frantumarsi sotto le sue dita e sfracellarsi contro il finestrino in un unico getto.


Giappone, 2032

C'è un vecchio laboratorio dell'Umbrella abbandonato sotto tutta quella terra - uno sperduto pugno d'alberi e bestie selvatiche a nord di Kesennuma.
Alex studia il suolo con lo sguardo, batte il piede un paio di volte tra l'erba alta.
Il bambino si agita tra le sue braccia (ha fame) e il Progenitore le ruggisce nelle tempie - nel cuore.
"Ci sono quasi." gli dice, e si ferma quando tocca qualcosa di metallico "Ancora cinque minuti."
Il bambino singhiozza un'ultima volta e fissa un cielo vuoto di stelle.


Giappone, 2032

La cicatrice è una linea pallida che le attraversa l'addome dal pube al processo xifoideo.
Alex ci passa un dito sopra, la sente ancora tenera e debole sotto i polpastrelli.
Le luci del laboratorio non sono tutte funzionanti e l'acqua calda è durata solo due minuti, ma per Alex sono stati più che sufficienti - nonché una fortuna inaspettata.
Si volta, fissando il bambino da sopra la spalla.

È così piccolo.

Ha trovato del latte in polvere (vecchia gloria di un'azienda sempre pronta a fuggire dalla propria apocalisse) e ha sperato che andasse bene.
Il bambino ha storto prima il naso, poi ha serrato così forte la bocca da farle temere di dovergliela aprire a forza.
Alex aveva sospirato, scuotendo il biberon improvvisato e sentendo un moto di frustrazione salirle fino in gola.
Il bambino doveva averlo percepito perché si era rassegnato a bere quella brodaglia inguardabile  - non senza prima averle assestato una manata in un occhio.

Il solito stronzo.

Il bambino borbotta qualcosa nel sonno, Alex finisce di vestirsi e si siede in una delle stazioni operative.

Vediamo se questi aggeggi funzionano ancora.

I monitor partono con un singulto sfiatato ma costante.


Spagna, 2032

Natalia Burton è morta; ufficialmente, questa volta.
Alex scorre la notizia senza alcun apparente interesse, accavalla le gambe sotto il tavolino.
"I Burton seppelliscono un'altra vittima del bioterrorismo." dice, e intanto spinge avanti e indietro un passeggino "Un vero peccato."
Il cameriere le porge un caffè freddo e due torrijas, Alex accenna un sorriso.
"Vuole che le scaldi il biberon per il bambino?" le chiede, indicando il passeggino.
"Certo." replica Alex, e amplia il sorriso "Mi farebbe un immenso piacere."
Il cameriere rientra all'interno del bar, il bambino la fissa ostile.
"Che c'è?" replica Alex, chiudendo di scatto il giornale "Mica posso farmi venire il latte per davvero; dovrai accontentarti di quello il polvere. Se vuoi qualcosa di più solido fatti spuntare i denti."
Albert aggrotta le sopracciglia e le lancia addosso l'unica cosa che riesce a sollevare; il suo misero orsacchiotto di pezza.


Spagna, 2032

"Stai fermo."
Albert schiaccia il papero fino a fargli esplodere la testa, gioca divertito con il gatto.

Abbiamo capito; le papere non ci piacciono, i felini sì.

"Stai. Fermo." gli ripete Alex, ma il bambino la ignora, sollevando un pugno d'acqua che va a bagnarle tutta la camicia.
"No." sibila Alex "Non è che perché sei piccolo puoi far finta di passare per cretino."
Albert stira le labbra in un sorriso inquietante sul viso di un bambino di soli sette mesi, emette una serie di sillabe fin troppo chiare.

La mente di un uomo intrappolata nel corpo di un neonato.

"Hai davvero detto quello che penso?"
Albert amplia il sorriso, snuda i denti (quei pochi che hanno cominciato a spuntargli)
Alex sospira e medita di lasciargli scivolare tutto il sapone negli occhi.


Spagna, 2033

"Non so montarlo."
Una risatina nervosa; gelida.
"Io, che ho piegato virus interi al mio intelletto e la morte stessa alla mia volontà, non so montare un dannato lettino."
Albert distoglie lo sguardo dalla televisione, lo posa sul viso contratto di Alex.
A un anno e due mesi è già in grado di completare frasi di senso compiuto e precede ogni altro bambino - divora lo spazio che lo divide dalla completa e corretta sintassi di un adulto.
Alex sbatte al suolo un pezzo del lettino, frustrata.
Albert si avvicina, le cerca le mani, il volto.
"Non so neanche come ho fatto a portarti fino a qui."
Il lettino giace sul tappeto, piegato - rotto.
"Ho rischiato di ucciderti più volte di quante riesca a ricordare."
Albert alza un sopracciglio, scettico.
"A momenti affogavi nella vasca."
Albert soppesa l'informazione, si scrolla nelle spalle.
"Quasi ti davo fuoco sul fornello."
Un'altra scrollata di spalle.
"E non dimentichiamoci di quando ho rischiato di farti cadere dalle scale."
Albert sembra valutare anche quel ricordo, abbozza un mezzo sorriso.
Alex sospira e decide che il lettino lo comprerà già assemblato.


Germania, 2034

È nero il cielo sopra Berlino, solido e grumoso come fango secco.
Alex osserva le nubi aggredire l'orizzonte, cani rabbiosi che stracciano le ultime tracce di luce rimaste.
Domina la città dall'attico che hanno affittato, scivola con lo sguardo sulle persone sottostanti - vite intere che dondolano sul filo della fine.
"Mi piace." la sorprende Albert, una mano nella sua e occhi così da azzurri da essere quasi trasparenti.
Alex non distoglie lo sguardo dalla tempesta in arrivo, rafforza la presa attorno alle sue piccole dita.
"Non ci rimarremo molto; Claire Redfield è sulle nostre tracce."
Albert inclina la testa in avanti, aggrotta le sopracciglia.
"Claire... Redfield?"
"Non te la ricordi?"
Wesker emette un verso irritato, si scosta dal suo fianco.
"No." e ingoia frustrazione e sconfitta.
"È tutto a posto." lo rassicura Alex "Torneranno." continua "La tua mente non è ancora pronta ad accettarli, ma i tuoi ricordi ci sono ancora tutti. Devi solo aver pazienza."
Il primo tuono scuote la vetrata, la pioggia è densa e pesante come sangue.
Albert si siede sul pavimento spoglio e aspetta.


Germania, 2035

"Chi è William?"
Alex chiude lo sportello del frigorifero, lo fissa con ancora in mano una tagliata di manzo grondante sangue.
"William?" ripete, e la butta in padella, accendendo il fornello.
"William Birkin." specifica Albert, e la sua voce ha una piega quasi adulta.
Alex osserva la carne cominciare a cuocersi, il sangue e le proteine raggrupparsi in piccoli grumi mollicci.
"Un tuo collega."
"Era più di questo." ribatte Wesker, e adesso ne è sicura; la sua voce ha indubbiamente una sfumatura adulta.
"Un amico." ammette poi, e gira la bistecca dall'altro lato.
"È morto." e non è una domanda.
"Sì."
"È morto e io l'ho abbandonato."
Alex aggiunge un rametto di rosmarino, controlla l'orologio.
"Ho abbandonato lui e Annette. E Sherry."
Alex stringe le labbra in una linea sottile, i ricordi un pugno di vetri giù per la gola.
"È colpa mia."
Alex si volta, Albert evita il suo sguardo.
Il senso di colpa è un sentimento nuovo per entrambi.


Grecia, 2036

Natalia Dubrova, agente turistico.
Dietro questa maschera Alex ha nascosto il suo volto; attorno a questa menzogna ha costruito un altro breve istante di felicità.
Il sole le ha colorato la pelle, il cuore; sorride più spesso, ride più spesso.
Ha imparato che esisteva un altro modo di vivere oltre le mura dell'Umbrella (sepolcri a cielo aperto) e che valeva la pena di scoprirlo.
Albert socchiude gli occhi al suo fianco, lascia che il mare gli blandisca le caviglie.
È un bambino silenzioso (più degli altri) intelligente (troppo)
Ha quattro anni adesso e il suo profilo già ricorda l'eco di un passato che sarà anche futuro.

Affilato - spietato. Una lama nell'oscurità che l'aveva sempre circondato.

Inspira, e il mare ruggisce - un'onda che scuote l'intero orizzonte.
Alex gli accarezza una spalla e torna a osservare il sole morente.


Francia, 2037

All'ombra della torre Eiffel le hanno regalato una rosa.
È nel pieno della sua bellezza e profuma già di morte (questione di poche ore.)
Alex può vederne i parassiti intaccarne i petali, il nucleo.
Può vedere la decomposizione aggredirne i bordi, accartocciarli su se stessi e lasciarli grondare nero e veleno.
Alex sorride al venditore, gli rivolge un tiepido cenno del capo.
Albert invece fissa la rosa come incantato, allunga le dita nella sua direzione.

Verso di lei.

La morte è sempre stata la sua puttana preferita.


Scozia, 2038

La memoria è un pungolo rovente nella mente, un morso che non concede requie.
Strappa, sbrana, strazia senza alcuna pietà.
Albert trattiene un singhiozzo, si raggomitola su se stesso.
"È normale." cerca di rassicurarlo Alex "I ricordi sanno essere dolorosi."
Albert apre la bocca, la richiude.
Cerca di resistere alle immagini che lo schiacciano tra le lenzuola, ma sono troppe - troppo.
Uomini squarciati, donne sventrate nel silenzio di un laboratorio sterile.
Bambini strappati alle loro famiglie, cresciuti per essere sudditi di un Crono malato e putrescente.
Città distrutte senza un rimorso, vite spezzate come valessero nulla.
Fiducie calpestate, tradite, svendute.
Amori bruciati nella sua ambizione, possibilità divorate dalla sua arroganza.
Albert serra le palpebre, si nasconde nell'esplosione di luci che accompagna il suo gesto.
"Albert." lo chiama Alex, e intreccia le dita nei suoi capelli "Guardami."
Wesker sospira, apre gli occhi.

Alexandra.

Il vecchio Albert Wesker avanza di un altro passo.


America, 2039

Raccoon City è polvere e ricordi - macerie che dicono ancora troppo.
Alex si arrotola la sciarpa attorno al collo, un nastro di sangue con cui il vento si diverte a giocare.
Osserva l'erba muoversi attorno alle sue caviglie, il cielo tingersi d'una sfumatura più scura - quasi una contusione.
"Adesso ricordi?"
Albert strappa un ciuffo d'erba, ascolta il silenzio.
"Sì." dice, e batte la mano un paio di volte nel terreno "Laboratorio 5, settore A." rialza lo sguardo, la cerca "Abbiamo perso i contatti con loro almeno cinque giorni prima di Villa Spencer."
Affonda le dita nella terra umida, inclina il capo verso destra.

Ascolta.

Sotto, la triste marcia di chi non ha mai smesso di morire.


Inghilterra, 2040

Claire è una regina senza corona; una giovinezza bruciata in pochi istanti.

Raccoon City. Rockfort. Sushestvovanie.

Aveva fissato Albert, lei.
Aveva osservato un bambino che mangiava un biscotto al miele e sua madre.
Aveva cercato una risposta che non potevano darle; l'orribile paradosso di una storia arrivata al suo ultimo capitolo.

"Non... non ricorda nulla?"
"Non sempre."

Alex si era protesa in avanti (attacco) Claire aveva lasciato cadere la pistola (resa)
Ucciderlo non era mai stata la soluzione.


Svizzera, 2041

Un peso dall'altra parte del letto; il materasso che s'inclina, mani piccole che le cercano la spalla, la scuotono.
"Sei sveglia?"
Un pigolio fragile; infantile.
"Ho avuto un incubo."

Un ricordo.

"Alex." la chiama, e lei risponde - sempre.
"Chris Redfield mi ha ucciso."
Gli cerca il volto nell'oscurità della stanza; trova solo lacrime asciutte e un profilo sgualcito.
"Quel figlio di puttana mi ha colpito con un RPG - 7 dritto in faccia."
Alex si solleva sui gomiti, gli blandisce la curva delicata della nuca.
"Nella lava. Mentre soffocavo in un dannato vulcano."

Kijuju.

"E sai qual è la cosa peggiore di tutte?"
Alex arresta i movimenti della sua mano, ascolta.

Conosce già la risposta.

Nel buio della camera gli occhi di Albert assumono una sfumatura rossastra, lucciole infernali che ne illuminano gli zigomi, le labbra.
"Che aveva ragione."

"È finita, Wesker; sei solo, ormai. Non c'è più nessuno che possa aiutarti. Non sei altro che l'ennesimo avanzo dell'Umbrella."

L'Uroboros si era rivelato il suo fallimento peggiore.


Spagna, 2042

"Per quanto?" chiede, e Alex scruta con occhi critico la loro nuova casa.
"Per un po'." risponde, e scivola con lo sguardo nella sua direzione.
"Ci stanno ancora cercando." dice Albert, e appoggia la sua piccola valigia contro il muro.
"Non i Redfield."
"Ma le Famiglie sì."
Alex scosta le tende, regala al panorama solo una debole occhiata.
"Ti ricordi di loro?"
"Purtroppo."
Alex ispeziona la cucina, il terrazzo; annuisce, soddisfatta.
"Per adesso siamo al sicuro."
Albert sposta il peso da un piede all'altro, la segue su per le scale.
Ci vorranno almeno quattro anni perché il pericolo torni a bussare alla loro porta.


Austria, 2046

Conti offshore, vestiti costosi.
Alex si presenta a tutti come una giovane madre divorziata con un adolescente di cui prendersi cura e una triste storia d'amore alle spalle.

Una verità a metà.

Ascolta le parole dei professori, sorride.
Vanessa le mima gesti annoiati da lontano, Alex risponde con un cenno del capo.

Stupida puttana.

Ha provato a integrarsi tra di loro; ad ascoltare i loro insipidi discorsi e le loro vuote lamentele.
Ha provato a comprenderle, anche solo per un istante.
Ha provato a dimenticare le sue origini, la tragedia da cui è nata e per la quale è morta.
Ci ha provato.

Non ha funzionato.  

Alex sospira, gioca con l'anello che porta al dito (Bulgari, oro rosa diciotto carati e marmo blu)
Vanessa chiama il suo nome (basta) e Alex si chiede che sapore avrebbero le sue grida se le strappasse la faccia mentre ancora respira.


Svezia, 2049

Una puntura improvvisa, inaspettata.
Una strana irritazione che prendeva il sopravvento ogni volta che fissava il suo viso (capelli pallidi, occhi castani. Un'espressione dolce, un sorriso sincero) l'inquieto ringhiare del Progenitore tra le radici dei suoi pensieri.
Il desiderio di schiacciarla, di smembrarla - pezzo per pezzo.
Il bisogno di saperla in ginocchio, soffocata dal suo stesso sangue, agonizzante nella sua stessa carne.
La brama di sentire le sue ossa rompersi tra le mani, incastrarsi sotto le unghie - distruggerla, fino a trasformarla in un'inutile pozza molliccia e umida sotto i piedi.
Alex fissa il caffè scendere nella tazza, stringe le dita sul bancone della cucina.

Ingoia aria e rabbia.

"Hilda." dice, e alza un sopracciglio "Sembra una ragazza interessante."
"Dipende." replica Albert, e cerca i suoi occhi "È un po' noiosa."
Alex si porta la tazza alle labbra, lo soppesa in silenzio.
La gelosia è un veleno a cui nessuno dei due è immune.


Marocco, 2053

Lo spettacolo è al suo ultimo atto, le maschere non reggono più.
Albert le cerca la bocca, la curva morbida dei fianchi.
Alex gli artiglia la nuca, stringe - mormora il suo nome.
Sulla carta sono ancora madre e figlio - due identità senza valore.
Sotto la lingua, quello che erano sempre stati - Albert e Alex Wesker, enfant prodige.

Bambini distrutti, adulti spezzati.

Alex sorride all'unico uomo mostro per cui sia mai valsa la pena morire vivere.


Italia, 2055

"Prima o poi dovrai farlo."
"Lo so."
"Il virus deve essere attivato prima di poter esprimere il suo pieno potenziale."
Alex sospira nel cuscino, si rilassa sotto il tocco di Albert.
"Conosco il funzionamento del Progenitore."
"Ma non lo vuoi fare."
Le percorre le vertebre con la punta delle dita, respira tra i suoi capelli.
"Non ancora."
Alex gli appoggia una mano sul petto, ascolta un cuore che pulsa e vive e batte.
"Non ancora." ripete, e chiude gli occhi - gli cerca le labbra, il corpo.
Il tempo giace adesso ai loro piedi, sconfitto.


Portogallo, 2061

"E quello cosa sarebbe?"
Alex fissa il piano della cucina interdetta, incrocia le braccia al petto.
"Un tentativo." replica.
Albert alza un sopracciglio, trattiene una risata.
"Di cosa?"
Le labbra di Alex si stringono in una linea sottile, le narici si dilatano.
"Una torta."
Silenzio.
"Una torta al limone."
Imbarazzante silenzio.
"Cosa?" incalza "Credi che non ne sia capace?"
Ulteriore, terribile, silenzio.
Albert arriccia un angolo della bocca, studia in tralice la sagoma informe che giace sul tavolo.
"Dico solo che forse Lisa Trevor avrebbe saputo fare un lavoro migliore."
Alex esce dalla cucina sbattendo la porta e masticando una serie interminabile d'insulti.


Brasile, 2066

C'era qualcosa di grottesco e magnifico nella loro relazione; una complessa dinamica di ruoli che si erano modificati di anno in anno.
Erano nati cent'anni prima, mentre Kennedy vinceva le elezioni e in Italia usciva La Dolce Vita di Fellini.
Erano cresciuti all'ombra di un'azienda che aveva dominato il mondo (e lo faceva ancora.)
Allevati per essere quello che erano, spronati a combattersi a vicenda - a scalare la gerarchia del comando.
I Wesker Children erano figli di una guerra che ancora bruciava nel cuore dell'Europa, i sogni deliranti di un uomo che credeva di poter creare gli alfieri perfetti per la propria apocalisse.
Avevano attraversato l'epoca del Vietnam, del Progetto Gutenberg e della presidenza di Reagan.
Si erano conosciuti come rivali, colleghi, amanti.
Si erano separati quasi umani - erano tornati a incontrarsi da mostri e dèi.
Avevano lottato insieme per abbattere Crono (sorella e fratello) erano morti da soli (Alex e Albert)
E poi era stata data loro una seconda possibilità; una nuova pagina su per cui riscrivere l'epilogo.

Natalia Alex e Albert. Di nuovo, ancora - sempre.

Madre e figlio, sorella e fratello, uomo e donna.

Personaggi e maschere; identità rubate, indossate come una seconda pelle - sempre troppo piccola, troppo scomoda.

Alex sobbalza quando l'aereo dà uno scossone per una turbolenza, si aggrappa al suo braccio.
Albert le rivolge uno sguardo in tralice, abbozza un sorriso divertito.

Soggetto #12, soggetto #13.

Alla fine solo due creature troppo sole uniche per non cercare consolazione una ragione l'una nell'altra.


Russia, 2070

Avrebbe dovuto farlo lei; avrebbe dovuto dargli ascolto.

Farà male.

Alex osserva il suo corpo cadere, il petto squarciarsi - le costole rompere la pelle e schiudersi come una bocca ingorda e grottesca.
Sa che questa non è la fine (ma solo l'inizio.)
Sa che sarebbe dovuto succedere comunque (ma avrebbe potuto farlo lei: evitargli tutto quel dolore - quella sofferenza.)
Sa che il Progenitore è più forte delle loro armi (della morte) ma ciò non cambia quello che prova.

Quello che minaccia di schiacciarle il petto e il cuore.

Albert crolla sulle ginocchia, vomita sangue e bile.

Sbavature rosse lungo il mento, tra i denti.

I proiettili scivolano tra di loro - uggiolano.
Albert le cerca gli occhi (tornerò) Alex li osserva spegnersi e diventare pezzi di vetro opachi e senza alcun colore.

Non di nuovo.

I mercenari avanzano, calpestano il suo corpo senza vita.
Alex snuda i denti e scatta in avanti.


Russia, 2070

Il Progenitore non uccide, non permette di vivere.
Ti lascia, sospeso in quel nulla senza colore e senza odore.
Nel mezzo Wesker è tutto e niente - bambino, adulto, vecchio, vivo e morto - eterno.
Non c'è suono, non c'è sapore; il Progenitore è una medicina insipida, un parassita pallido e smorto.
Aggredisce le sue cellule, le loro membrane.
Spinge la mitosi a una velocità impossibile, protegge i telomeri.
Espande i suoi polmoni, stringe il suo cuore - lo costringe a battere, a vivere.
Il Progenitore è tutto quello che ha conosciuto - che è sempre stato.
Inspira (fa male), su per la gola un grumo di sangue coagulato e saliva.
I primi movimenti sono scoordinati, dolorosi.
Qualcosa gli sfiora il fianco (un piede) la sua mano scatta prima dei suoi pensieri (istinto)

Crack.

Qualcuno cade. Qualcuno muore.
Il Progenitore (Albert) ringhia, scivola sul corpo di uno dei mercenari (affonda fino al gomito dentro l'addome sventrato, si veste di morte e rovina)
L'odore di Alex lo induce a voltarsi verso destra (cordite e adrenalina) una sagoma gli esplode davanti.

Braccia divelte e viso tumefatto; tutto ciò che resta dopo aver incontrato la rabbia di Alex.

Alex incrocia i suoi occhi, penetra nei suoi pensieri.
Gronda sangue e altro - membra umane e frammenti d'ossa.
Ha il respiro spezzato, la pupilla dilatata - un animale in caccia.
"Una donna può diventare vecchia mentre ti aspetta, Albert."
Wesker sorride e ascolta i passi degli altri mercenari affrettarsi su per le scale.


Russia, 2070

Diversa nazione, laboratori sempre uguali.
Pareti metalliche, pavimenti bianchi; ovunque il logo dell'Umbrella.
Alex conosceva a memoria tutte le loro locazioni, ogni codice di accesso, tutti gli esperimenti che vi erano stati condotti.

Essere stata il braccio destro di Spencer le aveva regalato qualche vantaggio, almeno.

Controlla la ferita di Albert, ne percorre i bordi slabbrati con la punta delle dita.
"Ti fa male?" gli chiede, e intanto comincia ad applicare le garze.
"No."
Alex annuisce, osserva piccole gocce di sangue fiorire a ogni respiro.
"Il Progenitore ha fatto il suo dovere." nota, e ferma il bendaggio "Ironico come tu abbia la stessa età della prima volta."
Albert inspira bruscamente, percepisce l'odore di Alex - sulla pelle, tra le cosce.
"Non eri più abituato?"
Alex si sfila la camicia intrisa di sangue e parti mollicce, la lascia cadere a terra con un plof umido e soffice.
Albert inclina il mento nella sua direzione, percorre con lo sguardo il profilo elegante del collo, la curva piena dei seni, la linea piatta dell'addome.
Si stupisce di quanto il Progenitore abbia modificato; della forza della memoria genetica.
Natalia era morta sotto il peso di Alex e persino il suo corpo si era dovuto piegare alla brutalità della sua coscienza - occhi né castani né azzurri, capelli sempre più chiari.
Albert rialza lo sguardo, cerca il suo.

Il cerchio è completo, la storia conclusa; l'Uroboros ha trovato il suo inizio e la sua fine.

Il desiderio è un morso al cuore e sulle labbra.


Russia, 2070

Egoisti entrambi; affamati sempre di troppo.
Alex percorre la sua erezione con la lingua, la bocca; stringe.
Albert le rovescia la testa all'indietro, la costringe a guardarlo mentre la cerca tra le cosce - mentre la porta così vicina all'orgasmo e...
"Figlio di puttana." mastica, e gli affonda le unghie nelle spalle.
Albert ride nell'incavo del suo collo, scende poi a lambire l'areola chiara del seno.
Pelle umida di sangue e sudore, ansiti spezzati.
Alex scivola lungo la parete (gelida), morde.
Albert reprime un gemito, l'afferra per la gola e preme.
Gambe nude attorno ai suoi fianchi, un abbandono che ha lo stesso sapore della morte (della vita)
Le solleva il mento con il pollice, preme l'indice nella pelle tenera della guancia.
Gli occhi di Alex brillano (una luce malata, insana) la sua bocca cede sotto quella di Albert.
Non ha paura, non ha limiti.
Il dolore ha una qualità squisitamente sessuale per Alex, un corpo nuovo che le permette di fare tutto (di provare tutto)
Lo colpisce al petto, lo costringe a rafforzare la presa sui suoi fianchi - a lasciarle le impronte violacee di quell'amplesso vorace.
Albert emette un verso a metà tra il ringhio e il sospiro, la schiaccia tra sé e il muro - affonda.

Oh.

Alex sgrana gli occhi, incide mezzelune di sangue e voglia.
"Questo..." e stringe i denti quando Albert comincia a muoversi tra le sue natiche "Questo non me l'aspettavo."
Albert sorride (crudele) percorre in punta di lingua un filo di sangue ormai rappreso.
Alex s'inarca all'indietro e libera un gemito che non ha quasi nulla d'umano.


Cina, 2072

Il mondo è cambiato (loro no)
Alex osserva l'economia asiatica crollare, l'Europa affondare tra le sue stesse macerie.
Ci sono voluti più anni del previsto, ma nulla è davvero eterno (forse nemmeno loro)
Albert evita una scarica di proiettili, si chiede se questa sia l'anticamera della terza guerra mondiale.

Se l'Uroboros non sarebbe stato solo in anticipo sui tempi.

La letteratura li avrebbe chiamati vampiri, il mito dèi.
La storia li avrebbe consacrati come immortali, la religione come risorti.
La verità avrebbe invece parlato di due esperimenti, due cavie da laboratorio, non poi così diversi dai topi sui quali avevano lavorato per anni.

Soggetto #12, soggetto #13.

Un numero a due cifre; un nome sbiadito in un elenco spuntato.

Due bambini soli e dimenticati.

Il cielo si tinge di rosa, l'alba infrange il silenzio della notte.
Il mondo va avanti e loro con lui.


America, 2075

La quotidianità è qualcosa di strano - caldo vicino al cuore, inquietante per la mente.
Le Famiglie sono distrutte (quelle che conoscevano il loro segreto) il mondo muta senza morire mai (come loro)
Si erano trovati a fare i conti con lavori fittizi, nomi falsi, appartamenti provvisori.
Si  erano sorpresi a discutere per una scemenza, a litigare per l'ultima vaschetta di gelato.
Avevano assistito alla nascita dei loro vicini, c'erano il giorno della loro morte.
Non avevano mai stretto amicizie (bastavano l'uno all'altro) erano rimasti fermi mentre tutto il resto crollava - cresceva e poi appassiva.
Alex incrocia le gambe sotto il corpo, osserva con occhio critico il sacchetto di biscotti.
"Cosa stai facendo?"
Alex rovista nel sacchetto, alza un sopracciglio.
Albert sospira, si stringe la radice del naso tra il pollice e l'indice.
"Alex?"
"Trovato!"
Albert la osserva ritirare la mano trionfale e brandire una calamita a forma di cupcake.
"Non ci posso credere." mormora, e scuote la testa.
"Che c'è?" replica Alex, e si alza "Mi mancava solo questa."
Albert accenna un sorriso a quel breve istante di normalità.


America, 2078

"Sta morendo."
Silenzio.
"Forse dovresti andare a vederlo."
"No."
Alex si avvicina, gli sfiora una spalla.
"È tutto ciò che resta di te - di noi - Albert."
Un suono strano - contrito.
"Non posso."
Alex china il capo, sospira.
"Mi ha salvato. Ci ha salvato."
Un singulto. Un gemito trattenuto.
"È tuo figlio, Albert. È Jake."
Wesker storna lo sguardo e abbandona ogni altra replica.


America, 2078

È così che apparirei se potessi invecchiare, pensa mentre scivola con lo sguardo sul profilo esangue di Jake.
Sherry sembra leggermente più giovane (un regalo del virus G) dorme raggomitolata sulla sedia vicina.
Alex è due passi dietro di lui, contrae le labbra in una smorfia dolorosa - piena di rimorsi.
"Assomiglia terribilmente a William. E ad Annette."
Albert annuisce, continua a fissare Jake.
"Ha i tuoi occhi."
"Lo so."
"È stato un buon guerriero."
Silenzio.
"Era persino diventato amico di Redfield; l'ironia, eh?"
Alex stringe le mani in pugni chiusi dentro le tasche del cappotto, ingoia bile e lacrime.
"Dio, mi sono proprio rammollita."
Albert allunga le dita verso il suo viso, gli sfiora la fronte.
Jake non apre gli occhi, non fa nulla; affida ciò che resta della sua vita al monotono suono delle macchine ospedaliere.
"Forse se Aelita..."
"Non sarebbe cambiato niente." la interrompe Albert "Le cose sarebbero solo peggiorate. Per lei, per lui. Per tutti noi."
Alex si morde il labbro, distoglie lo sguardo.
"Non manca molto."
"Lo so."
Il cuore di Jake è un battito incostante, debole; fragile.
"Vuoi..."

Restare?

Albert chiude gli occhi, li riapre; si chiede se sia giusto esserci adesso - in questo momento - quando non c'è mai stato prima (quando ancora poteva)
Sherry si muove nel sonno, cerca la mano di Jake - stringe.
"No." replica, e abbandona le mani lungo i fianchi "Non voglio. Non posso."

Non ne ho il diritto.

Sherry libererà le lacrime che ha trattenuto solo quando li percepirà uscire dalla stanza e diventare nuovamente cenere e ricordo.


Giappone, 2080

Ciò che era rimasto è ora polvere e memoria.
Non c'è più niente che parli di loro, nessuno che possa raccontare la verità.
Raccoon City è ormai un trafiletto nei libri di storia, il Kijuju e Sushestvovanie cronache di anni difficili per il bioterrorismo.
Di Spencer rimane solo il profilo di un uomo che ha distrutto la sua stessa azienda, un vecchio corrotto e non più folle di molti altri che l'hanno seguito.
Albert e Alex Wesker sono due nomi morti, un retaggio che continua solo nei figli di Jake e Sherry - in una linea di sangue che il tempo sta bevendo con sempre più avidità.
Alex alza lo sguardo verso il cielo, raccoglie un petalo di ciliegio appena caduto.
Il parco di Ueno si è riempito di profumi e suoni, una tradizione che ha attraversato i secoli immutata - resistente come il paese a cui appartiene.
Albert si porta il bicchiere alle labbra, ascolta gli alberi fiorire e morire - un ciclo senza fine, eterno.

Uroboros.

"Vorrei chiederti cosa faremo." mormora Alex, e si porta le ginocchia al petto
"Vorrei chiederti perché lo faremo; se c'è ancora spazio per noi adesso che tutto ciò che conoscevamo è morto."
Albert osserva l'orizzonte, il sole ancora alto.
"Ma conosco già la risposta."
Alex strappa un filo d'erba, lo arrotola attorno al dito.
Wesker la studia in tralice, il profilo rilassato, il viso pulito; tra i capelli una corona d'oro e rosa.

Petali di ciliegio e riflessi di luce.

Alex inclina il mento nella sua direzione, occhi limpidi come un cielo invernale.
Zigomi alti, labbra sottili; il volto di Albert assomiglia a uno di quegli idoli antichi, sgretolati dalla storia, ricostruiti dal bisogno della memoria umana.
Sorride, e  gli porge la mano, intrecciando le proprie dita alle sue.
"Quando vuoi andiamo." gli dice, e Albert annuisce - le cerca la bocca, la piega morbida del collo.
I ciliegi liberano nel vento tutto ciò che resta delle loro ombre.




"They say war is hell,
so peace should be holy,
but darling, the only thing I ever held sacred
was your name in my mouth.
They said do not take the lord's name in vain,
so I muffle the sounds against your neck,
and hope the heaven are not listening."
- Unknown -





Note dell'autrice: Albert Wesker e Alex Wesker non sono fratello e sorella. Non hanno nessun legame di sangue e non sono stati cresciuti nella stessa famiglia come tali (ne hanno avute due ben diverse e distinte) per cui non ritengo che questa storia richieda l'avvertimento incest. Appartengono allo stesso progetto scientifico di selezione genetica (Project W.) e per questo si definiscono "fratello" e "sorella" e possiedono lo stesso cognome (in onore del creatore del progetto), ma nei fatti non lo sono e non hanno mai avuto l'occasione di comportarsi come tali.
Secondo la legge italiana non sono né discendenti né ascendenti, e neppure affini in linea retta, per cui il reato d'incesto non sussiste.
Per meglio comprendere lo svolgersi degli eventi qui narrati si consiglia la lettura delle one-shot "The biology of evil","Beautiful Life","Let us burn" e "Cupid carries a gun".

   
 
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