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Autore: AwkwardArtist    15/06/2016    0 recensioni
Attenzione! contiene spoiler e speculazioni sulla quarta stagione di Orphan Black.
Canon ma non troppo.
La storia si vive dal punto di vista di Rachel e va idealmente a completare la parte "Stanotte e per il resto della mia vita".
I titoli dei capitoli e dell'intero lavoro sono presi in prestito da canzoni.
Genere: Generale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, Rachel Duncan, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 - Sights

 

Ci sono un prima e un dopo nella mia vita.

Prima tutto era potere, assenza, rabbia.
Adesso qualcosa è cambiato.

Ho perso molto altro, oltre all'occhio e alla capacità di muovermi.
Ancora non riesco a capire se sia un bene o un male.
Non sono abituata ad essere debole.
Non lo sono mai stata.

Quando avevo sei anni e sono rimasta sola ,già ero stata informata di ogni cosa.
Rachel Duncan, il clone consapevole.
Consapevole della propria inusuale natura.
Consapevole di avere un ruolo da rivestire.

Un progetto, un investimento, non una semplice persona.

Nella mia vita niente è stato semplice ma tutto è stato programmato.
La mia infanzia ha come una linea d'ombra che non riesco ad attraversare.
Non ricordo l'amore, i giochi, la vita familiare.
Non ricordo se avessi dei sogni e se il vederli morire fu motivo di tristezza.
Ricordo tutto del dopo.
Della vita nelle strutture della DYAD, site nella vecchia Europa
ma che sarebbero potute esistere dovunque, immutabili.

Chissà se sentivo la mancanza dei miei genitori.
Chissà come venne estirpato tutto da me.

Anche la capacità di sentire dolore.

La rabbia invece era l'unica emozione che potessi riconoscere.
Mi ha sempre dominata.
Probabilmente è stata la gabbia invisibile che non mi ha permesso di vedere altro.
Curioso come io abbia visto più cose da quando ho perso l'occhio,
rispetto a quante ne vedessi prima.

E' come se quell'orbita vuota avesse diretto uno sguardo all'interno,
a tutto quello di cui non avevo mai voluto o potuto essere consapevole.

'Povera Rachel' sono state le ultime parole di Ethan Duncan, mio padre.
Mentre moriva davanti ai miei occhi spalancati che però erano ancora ciechi.
Il suo ultimo appello a ricordare l'amore che un tempo ci aveva legati, era caduto nel vuoto.
Così come la sua richiesta di permettere al midollo di Kira di aiutare Cosima.
Lo sapeva che non lo avrei permesso.
Volevo il potere e quale potere più grande esiste se non quello di avere potere di vita o di morte?

Non provavo niente per le mie sorelle. Ma odiavo Sarah Manning.
Lei era tutto quello che io non avevo mai potuto essere, ed era libera.
Una figura detestabile, che non avrebbe ottenuto un secondo della mia attenzione
in qualsiasi altra circostanza. Eppure saturava tutti i miei pensieri.
Volevo tutto quello che lei aveva. Pensavo di meritarlo di più.
Pensavo che una vita di ubbidienza alle regole,
mi dovesse garantire il diritto a vivere per come volevo.

Niente di più sbagliato. Per me non era prevista la possibilità di scegliere.
Almeno fino a quando Sarah non mi aveva conficcato una matita nel cervello.

Non mi ha uccisa, questo è certo.
Mi ha tolto tutto in una manciata di secondi e così facendo,
mi ha tolto il peso enorme che reggevo sulle spalle.
Quando mi sono risvegliata una parte di me era andata distrutta.
Quello che è rimasto deve ancora lottare per risalire.
Chi sarà e chi diventerà è ancora difficile dirlo.
La strada è ancora lunga.

Questa sorta di diario è un esercizio che faccio con me stessa.
E' il filo invisibile che mi sosterrà nel tentativo di uscire da questo posto.
Da questo luogo che è un non luogo.
Sospeso in una bolla di spazio e tempo, dove l'unica signora e padrona non sono di nuovo io.

Accenno un sorriso alla donna che mi siede davanti.
Ho capito che sfidarla non serve.
Mi allontana ancora di più dalla possibilità di uscire da qua.

Susan Duncan, mia madre. La mia carceriera.
Solo ora mi rendo conto che è stata lei la linea d'ombra di tutta la mia vita.
Che era dietro ogni cosa,
come un'apparizione terrorizzante di notte nella tua stanza dove pensi di essere al sicuro.

Una fugace impressione che non puoi focalizzare.

Ho solo un piccolo vantaggio su Susan. Lei non mi conosce.
Lei crede ancora che io sia solo quello che sono stata creata per essere.

Ma ci sono un prima e un dopo nella mia vita.
E io non voglio assolutamente tornare indietro.

"Rachel, hai sentito quello che ho detto?"
Mi chiede riportandomi al presente.
Alza lievemente un sopracciglio, probabilmente pronta a cogliermi in fallo.
"Sì." rispondo ma senza fretta.
Non voglio darle l'impressione di essermi preparata.

"Avrei alcune idee in proposito se ti andrà di ascoltarle."
Il secondo sopracciglio si alza e raggiunge il livello dell'altro ma vedo che è colpita.
Non ancora convinta ma è sempre un inizio.

"E quando vorresti espormele?" chiede ripiegando il tovagliolo.
"Domani, dopo la fisioterapia se non avrai troppo da fare."
Dico e aziono i comandi della sedia per allontanarmi dal tavolo.

Saluto Ira con un cenno del capo e mi congedo,
con la sensazione di avere segnato un piccolo punto a mio favore
in questa partita di cui sto piano piano imparando le regole.

 

 

 

 

   
 
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