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Autore: Lago    16/04/2009    15 recensioni
“Dimmi, Merlin.” La voce di Arthur è un tono troppo bassa. “Tu che modo sceglieresti per far confessare un traditore?” .
Genere: Drammatico, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Merlin non è sicuro di che cosa abbia sbagliato – di come si sia tradito.

Errori ne ha commessi molti, nei suoi giorni a Camelot, pesando sulla sua buona stella più di quanto meritasse, questo è disposto ad ammetterlo – ma ha cercato di essere più attento, ripromettendosi ogni volta che non avrebbe errato ancora, e mantenendo il voto, per un po’. Ed ogni volta che non riesce, Arthur fortunatamente volge la mente altrove, e Merlin si rifugia nel suo ruolo di goffo incapace spensierato, certo di stornare ogni sospetto. Sì, funziona, questo suo vacillare lungo il ciglio dello strapiombo con un sorriso sul volto – ha funzionato egregiamente, fino ad ora. Eppure, qualche cosa deve essere scattato – qualche intuizione fortuita, un incidente di troppo, un pensiero scivolato lungo una china proibita – qualcosa deve essere accaduto.

Perché Arthur, un mattino, dopo averlo trascinato giù dal letto ad un orario infame, averlo preceduto a passo di marcia fino ad una sperduta radura ben distante dal castello – Arthur in un silenzio irritato, Merlin incespicando alle sue spalle e sfregandosi il sonno dagli occhi – Arthur si volta, il sole appena spuntato che riluce ancora fresco nei suoi capelli dorati, nella rugiada sull’erba – si volta, e i suoi occhi sono di ghiaccio.

Estrae lentamente la spada, e la fa roteare con gesti distratti del polso, una volta, due volte. “Ho fatto alcune interessanti considerazioni, ultimamente, Merlin.” Esordisce. “Ho riflettuto su quanto sia perigliosa la vita a palazzo – su quante insidie possa celare. Inganno. Menzogne.” Una pausa, che dura solo un istante più del necessario. “Tradimento.

Inizia a passeggiare lungo la radura, descrivendo un lento, ampio cerchio intorno a Merlin, che lo segue con lo sguardo fra il perplesso ed il paziente, ascoltando con quieta attenzione. “Riesci a immaginare, come dev’essere terribile non potersi mai concedere di riporre fiducia incondizionata in alcuno. Vivere nell’incertezza, e scrutare negli occhi di una persona, magari ogni giorno, senza mai sapere quanto vi sia nascosto.” Tace, per un momento, lasciando vagare lo sguardo sul prato che si risveglia dalla notte. “Non è possibile vivere nel dubbio. Bisogna saper spezzare le menzogne, saperle porre su di un ceppo e schiantare senza fallo – bisogna trovare il momento, il luogo, in cui l’unica via possibile sia la verità. L’unica scelta – l’unico scampo.”

E Merlin lo guarda, i capelli ancora arruffati dalla nottata di sonno, sbattendo le palpebre sugli occhi chiari – ed ancora non ha capito. Poi Arthur solleva la spada, soppesandola nel pugno, e si volta verso di lui. “Dimmi, Merlin,” la sua voce è un tono troppo bassa. “Tu che modo sceglieresti per far confessare un traditore?”

Fissa sul volto di Merlin degli occhi troppo scuri, avanzando un passo verso di lui – e Merlin reprime l’istinto a indietreggiare, mentre una scintilla d’incredula intuizione gli balugina sul volto. Impossibile – ma Arthur snuda i denti in quello che è quasi un ringhio, ed afferra la spada con due mani, preparandosi –

“Io – che cosa stai facendo,” dice Merlin, in fretta, il respiro che gli si mozza in gola mentre allarga le mani, tentando di riportare le cose alla realtà che conosce, di – ma Arthur non gli risponde neppure ed avanza ancora, portando la spada indietro, e prima che Merlin possa realizzare che – mio Dio, sta succedendo per davvero – Arthur gli è addosso, le braccia sollevate, e vibra il colpo. “Arthur, fermo!” Non riesce a trattenersi dal gridare – ma la lama fende l’aria con un sibilo feroce, rifulgendo nel sole per un istante, e Merlin serra gli occhi, le sue mani che scattano d’istinto a riparargli il volto – “Arthur! – ”

L’arma freme e vibra, sospesa a mezz’aria.

Merlin prende un respiro profondo, lottando contro la pressione, ed apre gli occhi – le sue mani sono aperte e ben salde, e fra i suoi palmi pulsa un silenzioso, vacuo bagliore turchino. La spada vi è premuta contro, le braccia di Arthur che tremano per lo sforzo, senza poterlo infrangere. Arthur lo fissa, rabbia ed un acre tradimento che gli si accavallano sul volto frammisti ad un insensato, amaro trionfo – “Avevo ragione,” mormora, affascinato e respinto ad un tempo, gli occhi colmi di riflessi e danze azzurrine.

Ma Merlin – Merlin, che aveva cento volte immaginato di dover blandire, domandare scusa, cento volte almanaccato come spiegare, giustificare – è troppo rabbioso per accettare il ruolo del cattivo. D’impulso flette le braccia, e l’azzurro si gonfia in un’ondata senza suono – Arthur deve indietreggiare d’un passo per reggere l’urto senza che la spada gli sia strappata dalle mani, e Merlin stringe i pugni.

“Tu – tu stavi per uccidermi tanto per controllare?!” Esclama, incredulo – i suoi occhi sono enormi, gonfi di stupore. Ed Arthur ringhia, brandendo la lama con gesti sicuri e taglienti.

“A quanto pare, sei in grado di difenderti,” commenta, in un sarcasmo asciutto che manda il sangue alla testa di Merlin, impregnandogli i pensieri di rabbia, rendendo difficile riflettere.

“E se invece avessi avuto torto – potevi ammazzarmi, idiota!” gli grida, le iridi in fiamme.

“Non sbagliavo, invece!” Gli dà sulla voce Arthur – e si scaglia contro di lui, la spada che si abbatte sul suo fianco sinistro, quindi affonda, piroetta e tenta un fendente dall’alto – Merlin non perde una battuta, la lama sfrigola scontrandosi con argini di crepitante magia turchese, fra tintinnii di vetri infranti. Merlin indietreggia sotto l’attacco di Arthur, la fronte corrugata nello sforzo, ed Arthur non concede nulla – lo incalza senza requie, abbattendo colpo su colpo sulle sue difese, il volto contratto in un ostinato silenzio. Non parlano, non perdono fiato neppure ad insultarsi – ci sono solo i loro passi, irregolari e pesanti, i loro respiri – ansimante quello di Merlin, secco e misurato quello di Arthur. Arthur si china, quindi scatta verso l’alto reggendo la spada a due mani, Merlin respinge il suo colpo e vacilla, solo un istante – il principe è lesto a cogliere l’attimo e sferra un fendente di fianco, riuscendo a far impattare la lama contro il braccio di Merlin. E Merlin perde l’equilibrio e cade a terra con un grugnito di dolore, una linea vermiglia che già sboccia sotto la sua spalla – quando spalanca gli occhi Arthur è erto sopra di lui, fissandolo con occhi che non paiono neppure riconoscerlo, ubriaco di battaglia, e solleva la spada fino all’altezza del torace, per poi lasciarla ricadere

Con un guizzo, Merlin incrocia gli avambracci davanti al volto, e lo scudo azzurrino si genera a malapena in tempo – ma Arthur non demorde, si appoggia all’elsa della spada con tutto il proprio peso, determinato a spezzare l’incanto, trapassarlo. Merlin geme, digrignando i denti, i muscoli che minacciano di cedere sotto lo sforzo – spalanca le palpebre, ed un’ondata di fiamme pare gonfiarsi dal profondo dei suoi occhi, fluendo alle sue braccia e percuotendo la lama in una vampata d’oro.

La spada viene scagliata lontano, ed Arthur stesso viene sospinto all’indietro dalla violenza dell’urto – atterra malamente sulla schiena, senza poter trattenere un gemito sordo. Merlin si arrabatta per rialzarsi, lottando contro il prepotente istinto di correre al fianco di Arthur, accertarsi che stia bene – stringe le labbra per impedirsi di chiamarlo, mentre con prontezza il principe si solleva in ginocchio, quindi in piedi. Una vaga sorpresa ammorbidisce l’ira sui suoi lineamenti. Cielo, come immaginare che Merlin – quell’imbranato, inoffensivo Merlin – avesse le capacità, potesse mai…

Gli occhi di Arthur guizzano alla sua spada, inerte al suolo a pochi, lunghissimi metri di distanza. Quindi tornano sul volto di Merlin, cauti e circospetti – e Merlin si sente morire di vergogna, le sue spalle che si afflosciano, tutta la sua rabbia svanita. Come può essere giusto, usare la sua magia contro Arthur, anche solo per difesa – qual è il suo scopo allora, che cosa resta a giustificarne l’esistenza? Che possa avere un senso per se stessa, svincolata dal dovere di proteggere il suo principe – tutto quel potere, lasciato libero di colpire a propria discrezione – Merlin non è pronto per una simile, terrificante idea. Sarebbe facile, certo, lasciarsi tentare, volgere lo sguardo a quello scuro barlume d’avida possibilità, sepolto in qualche anfratto del cervello di ogni uomo. Ma è Merlin, il ragazzo in piedi nella radura, le mani vibranti di magia – ed il suo sguardo non tentenna, e resta fisso sul suo principe, ben saldo.

Merlin rimane in silenzio, l’ebbrezza dello scontro che sfuma dalle sue vene, le nubi di rabbia dissipate da dietro i suoi occhi – attende, mentre Arthur lo fissa e si muove con circospezione verso la spada, come attendendo un nuovo attacco che gli impedisca di raccoglierla. Merlin si stringe nelle sue magre vesti e gli fa goffamente cenno di procedere, senza minaccia – duole talmente, la guardinga sfiducia sul volto di Arthur, quanto sia stato lesto a catalogare Merlin come nemico – e non sa che Arthur è solamente molto, molto abile a nascondere stupore ed incertezza, perché un condottiero non deve dubitare mai, né mostrarsi vulnerabile. E quindi, anche se la sua testa vortica persa nella sconcertante sensazione che – Dio, non era vero nulla, allora, – mentre si domanda quanta della realtà in cui ha vissuto fino ad allora fosse una bugia, esattamente quanto sia appena franato fra le sue dita – di tutta l’angoscia ed il dolore non emerge nulla, ben celati dietro l’elmo privo d’espressione del suo volto di cavaliere.

Arthur raccoglie la spada, e lascia che il suo sguardo si trattenga sul volto di Merlin – esaminando i continui, minuti cambiamenti d’espressione di cui lui non è cosciente, e che raccontano a chiunque abbia imparato a interpretarli ciò che passa per la testa del loro ignaro proprietario. Arthur andava segretamente fiero di come solo lui paresse conoscerne l’intera gamma, sorridendo di soppiatto ogni qual volta riusciva a stupire Merlin indovinandone i pensieri. Ma ora, invece – proprio come una sera densa e particolare che pare occorsa il giorno prima, e cento anni addietro – quel volto familiare va tendendosi in una serietà che non gli appartiene, che lo fa apparire troppo adulto e troppo risoluto per il ragazzo che nasconde. Ed Arthur non riesce a trattenere un tremito sommesso in risposta alla paura che lo morde nelle ossa; ma non è per sé che teme, ora.

E Merlin lo fissa, con in viso quell’espressione che non concede spazio ad alcun barlume di sorriso, adornata da occhi profondi e silenti. “Vuoi che smetta di difendermi?” Gli domanda, la sua voce bassa, pacata. Arthur si aspetterebbe sconforto, o sfida, quantomeno rassegnazione – qualsiasi cosa, diamine – ed invece, c’è solamente Merlin. Merlin, che abbassa le braccia ai fianchi e gli dice – “Se è questo ciò che vuoi – ciò che vuoi davvero – devi soltanto chiedermi di farlo.”

Arthur lo guarda, gli occhi svelti sotto la frangia scarmigliata – Merlin riesce a leggere con chiarezza il suo sospetto, l’attenta cautela, nel modo in cui le sue dita di flettono intorno all’elsa della spada. “Quand’è così,” dice il principe, le parole grezze e pesanti sulla sua lingua – ma a cosa sta cercando di arrivare? “Desidero che tu – non ti difenda oltre.”

Merlin deglutisce, chiudendo gli occhi per un istante – Arthur vede il suo torace sussultare come incassando un colpo concreto – e, quando torna a schiudere le palpebre, l’oro è sfumato via dalle sue iridi, e le orbite azzurre intorno ai suoi polsi si attenuano, fino a svanire in un baluginare polveroso.

Abbassa lo sguardo, quindi, ed ascolta l’incedere dei passi di Arthur sull’erba appena umida, lenti, così lenti – uno, e poi un altro e un altro ancora, così vicino ormai – Merlin deglutisce e le sue mani si stringono convulsamente, e non riesce ad impedire che un singulto gli sfugga dalla bocca. Serra gli occhi con forza quando sente le sue labbra iniziare a tremare, perché, per quanto sia leale ad Arthur e pronto a dare la vita per lui – questo non vuol dire che non abbia paura. Qualche angolo della sua mente in subbuglio si domanda, in un sussurro innaturalmente calmo, che cosa avrebbe da dire il Drago riguardo la piega presa dagli eventi – quali mirabolanti profezie saprebbe inventarsi dal fatto che Arthur stia per ammazzare come un cane la sua decantata metà –

Ed il corpo di Merlin si ribella brutalmente a quel pensiero, la sua magia che si gonfia come un’onda nel suo torace quasi a difendere se stessa, rifiutando di essere scacciata dal mondo insieme al fragile organismo in cui risiede – Merlin sussulta sotto l’urto interno, con un ansito spezzato, e la sua concentrazione è ora volta ad imbrigliare quella forza, trattenerla all’interno del suo corpo. La sente premere, sforzare – quasi teme possa filtrare dai suoi pori per potersi aprire un varco, per – difenderlo, ora lo sente con chiarezza; come un cane fedele la magia lotta per accorrere in sua difesa, o forse – forse è il suo inconscio che la comanda all’azione, il suo istinto che rifiuta di concedersi alla morte…

Arthur esita, due passi a malapena che lo separano da Merlin, quando vede la sua espressione mutare – affascinato, quasi intimidito dalla visione di cui è testimone. Merlin, che lotta per trattenere il suo potere, che stringe i pugni e combatte contro la paura, offrendo ad Arthur la sua vita con mani tremanti.

“Stupido,” mormora lentamente Arthur – i suoi occhi che d’improvviso sembrano tornare a vedere il mondo sotto la loro consueta luce. La spada gli cade dalle mani e già lui sta colmando la distanza che lo divide da Merlin, gettandogli intorno le braccia e stringendo forte, forte – “Stupido,” sussurra, il suo cuore che pare implodere di sollievo e stramaledetto affetto per quel ragazzo così potente ed imbranato che stringe contro il petto. Lo cinge forte quasi da far male finché non lo sente calmarsi, la tensione che si scioglie e riscalda sotto il suo tocco…

Merlin trasale quando sente d’improvviso il corpo di Arthur contro il proprio, lo stupore che spezza la sua concentrazione e quasi gli fa perdere il controllo – ma la sua magia è facile da riacciuffare per la gola e trattenere, ora, e spontaneamente cede e si riassorbe, placata dal calore che l’ha avvolta. Merlin trae un respiro tremante e si rilassa nell’abbraccio, le sue mani che di riflesso scivolano intorno alla vita di Arthur. “Stupido,” sente Arthur mormorare fra i suoi capelli, le labbra calde premute contro la sua pelle. Ed è di nuovo Arthur – Merlin sente il castello di ansia e cose complicate dentro il suo torace spezzarsi e franare, ed il sollievo è così grande che potrebbe piangere. Forse alcune lacrime riescono a sfuggire alle sue palpebre e vagabondare giù per le sue guance, andando a perdersi nella spessa stoffa della casacca di Arthur mentre Merlin nasconde il viso contro la sua spalla, e sorrise un sorriso luminoso e segreto, senza saperlo trattenere.

Arthur lo stringe tanto forte da rendergli difficile il respiro, ma a Merlin proprio non importa – ricambia come può, con braccia ancora tremanti, e si lascia che le sue emozioni scombussolate annaspino cercando di ritrovare un ordine. Ed è solo prevedibile che il suo gentile senso di colpa si presenti in superficie, con il suo bisogno di spiegare –

Si divincola quanto basta per sollevare gli occhi, e guardare Arthur in viso – ed Arthur non riesce ad ignorare il calore confortante che gli dà ritrovare quegli occhi limpidi e sinceri che affondano nei suoi, così familiari. “Arthur, io… ” La voce di Merlin è urgente, trepidante dall’urgenza di fargli capire – ma Arthur gli posa due dita sulle labbra e scuote la testa con lentezza, un accenno di sorriso all’angolo delle sue labbra.

La sua espressione si attenua ed Arthur è di nuovo serio, o quasi, mentre mormora – “Non potrei mai farti del male.” Prende una pausa ed i suoi occhi sorridono per lui, stavolta, quando aggiunge, “Idiota.”

Merlin lo guarda per un lungo momento, gli occhi luminosi e senza alcuna nube di dubbio. Sorride senza schiudere le labbra, in quel suo modo che è felice e imbarazzato a un tempo. “Ed io non potrei mai farne a voi,” dice. E poi, “Non potrei mai tradirvi.” E, se un silenzioso ‘morirei, piuttosto,’ risuona come un’ombra nelle loro menti, nessuno dei due accetta di ascoltarlo.

“Lo so.” Sussurra Arthur. E chiude gli occhi mentre sente Merlin sospirare contro la sua gola, il sole caldo sul suo viso. Lo strattona contro di sé e lo stringe più forte, ed è soltanto così grato – percepisce il suo corpo, il suo respiro, tiepidi sotto le sue mani, l’odore dei suoi capelli impregnati della luce del mattino –

E non c’è null’altro che gli importi.



  
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