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Autore: Kade    17/04/2009    7 recensioni
"La vita è così strana. Un giorno sei seduto dietro una scrivania, attorniato da colleghi di lavoro, vestito con un completo gessato e rigorosamente firmato, i soldi che traboccano da ogni dove. E il giorno dopo sei seduto all'angolo buio di un vicolo, vestito di stracci e coperto da una coperta chiazzata e consunta, mentre i tuoi occhi osservano spenti il mondo circostante."
Non ci sono coppie, in questa storia. Solo un ragazzo, una ragazza e un pacco di croissant. Stop.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Fan Fiction - InuKag
Vi avverto: la sottoscritta stessa, autrice, pensa che questa OneShot sia uno schifo. Eppure - non riesco a capire perché - l'adoro al contempo. Se non riuscite a capirmi, non importa. Sappiate che la strana sono io. xD











La vita è così strana.
Un giorno sei stravaccato dietro una scrivania, attorniato da colleghi di lavoro, vestito con un completo gessato e rigorosamente firmato, i soldi che traboccano da ogni dove. E il giorno dopo sei seduto all'angolo buio di un vicolo, vestito di stracci e coperto da un plaid chiazzato e consunto, mentre i tuoi occhi osservano spenti il mondo circostante.
Coppie con le mani unite, le mamme e le loro bambine che fanno compere, ragazzi che, con i loro amici, scorrazzano in bibicletta, schiamazzando e facendo del loro meglio per disturbare la quiete pubblica.

La vita va avanti. Per tutti. Escludendo me, ovviamente.

Com'è possibile che, da un momento all'altro, dalla mattina alla sera, la mia vita sia totalmente cambiata?
Tante volte mi sono posto questa domanda, eppure nessuna di queste volte ho trovato la risposta. Ho forse sbagliato qualcosa? Sono stato io a causare tutto ciò? O forse era destino che succedesse ciò che è avvenuto?

E' proprio vero, non riesco a capacitarmi di niente. Le novità mi spiazzano e mi lasciano senza parole. Buttano giù le mie barriere, lasciando che il mio corpo e la mia anima vengano investiti dalla palese realtà. Sono abitudinario e lo sono sempre stato. Sarebbe il caso di mettersi l'anima in pace, un giorno o l'altro. Devo accettare il fatto di essere ormai lontano da tutto ciò che, in passato, faceva parte della mia vita.
I miei vecchi amici mi hanno abbandonato al mio destino, tutt'altro che preoccupati per colui che aveva tante volte scaricato la sua rabbia su di loro, che altrettante volte li aveva abbandonati, non sapendo realmente cosa fare per poterli aiutare. La mia mancanza di esperienza e la propensione naturale per l'egoismo, al giorno d'oggi, mi lasciano senza parole.

Sono sempre stato un bastardo coi fiocchi, sin da quand'ero un bambino. Capriccioso e scansafatiche. Perennemente sul piedistallo e, nonostante tutto, un passo avanti rispetto al mio caro fratello, Sesshoumaru. Lui, così perfetto e così portato per fare qualsiasi cosa. Intelligente, bello, serio e perspicace. Tutto ciò che io non sono, per farla breve.

I miei genitori hanno sempre preferito me a lui, facendo in modo che io avessi sempre a disposizione ciò che desideravo, viziandomi come mai con Sesshoumaru avevano fatto, perdonandomi per le innumerevoli sciocchezze commesse. Io avevo tutto, dalla vita. Tutto.


Ed ora mi ritrovo qui, in un vicolo sporco, seduto accanto ad alcuni cassonetti della spazzatura, intento a guardare i passanti che, a loro volta, mi squadrano. Chi incuriosito, chi indifferente. Altri mi rivolgono occhiate truci, altri ancora si allontanano, come se avessero paura di uno scatto da parte mia. Anche io, un tempo, avrei fatto come loro. Avrei gettato un'occhiata schifata, dopodiché mi sarei allontanato e, armato di occhiali firmati e di chiavi di chissà quale macchina sportiva del costo di migliaia di yen, me ne sarei andato, facendo sì che proprio il vagabondo potesse notare il mio amore per la fastosità e per le cose belle.

Ora che, invece, mi trovo nei panni opposti, sento di provare ribrezzo per quello che ero in passato. Un damerino ingioiellato e riccamente vestito, pieno di soldi, con cellulari di ultima generazione e un atteggiamento spocchioso e superbo. Mi faccio schifo. Seriamente.


Da quando sono diventato un vagabondo, la gente mi ha sempre evitato. Da un lato riesco anche a capirli, in quanto, avendo provato cosa significhi essere ricchi, so come sia difficile riuscire a comprendere le sofferenze che, giorno dopo giorno, un barbone subisce.



Tre settimane fa ho festeggiato il mio secondo anniversario per il mio nuovo status sociale. Ho rubato un pacco di croissant confezionati da un supermercato e, dopo aver seminato il mio inseguitore - un uomo barbuto e grasso con in mano il cordless del negozio -, mi sono nascosto nel mio solito rifugio, freddo e colmo di ragnatele, per gustarmi in santa pace i dolcetti.

Non feci neanche in tempo a sedermi sulla fredda coperta. Mi accorsi subito del fatto che, a pochi passi di distanza da me, vi era una ragazza, che mi osservava incuriosita dall'alto. Inarcai un sopracciglio, stupito di quell'apparizione. Non feci subito caso al fatto che quella fanciulla fosse così bella. Mi resi conto di ciò solamente quando ella s'inchinò di fronte a me, piegata sulle ginocchia.

Aveva capelli neri e mossi, sciolti sulle spalle. Un tenero e perfetto nasino all'insù, labbra rosee e carnose al punto giusto, occhi color caffé, brillanti e vivaci. Indossava una giacchettina di cotone azzurra, una gonna dello stesso colore e una maglietta bianca. Al collo - un particolare che mi aveva subito attirato - era legato un foulard bianco candido, i cui lembi erano leggermente ruotati verso la sua destra.
Bellissima. E profumava di vaniglia, sì. Una dolce e fresca fragranza che colpì le mie narici e che rimase impressa nella mia memoria per tanto tempo da quel giorno.


"Ciao!"
Mi salutò con un sorriso dolce e luminoso, avvicinandosi di un altro passo a me. Fra le mani reggeva una bustina gialla, ma in quel momento non riuscii a capirne il contenuto.
La guardai negli occhi, puntando le mie fredde e penetranti iridi dorate nelle sue, scure come la cioccolata. Da un po' di tempo il mio status da vagabondo non mi aveva permesso di parlare con qualcuno che non fosse uno come me. Una volta parlai con due poliziotti che volevano arrestarmi. Ma quella è un'altra storia, no?
Approfittare o meno dell'occasione di parlare con qualcuno? Il mio animo freddo e calcolatore m'impose di pensare qualche attimo prima di fare qualsiasi cosa.


"Chi sei?"    
Sgarbato come sempre. Perennemente sulla difensiva. Mai abbassare la guardia.


"Sono Kagome. Piacere di conoscerti, ... ?"
Lasciò la domanda in sospeso, come se volesse proprio sapere il mio nome. In un angolo della mia testa, una vocina mi spronava a parlare con la sconosciuta. Eppure pareva che la mia lingua fosse impastata, o che la facoltà cerebrale del linguaggio fosse andata a farsi fottere.
Fu quasi per miracolo che riuscii ad aprire bocca.


"InuYasha."
Risposi, appoggiando il pacco di croissant davanti a me. Una leggera brezza primaverile mi travolse, scompigliando leggermente i miei capelli argentati. Quello strano colore che a lungo ho cercato di nascondere. Quel colore e non solo. Le mie fottutissime orecchiette da cane erano in quel momento nascoste sotto una cuffia nera, anch'essa rubata in un negozio d'abbigliamento. Meglio evitare di mostrare al mondo anche la sua natura di hanyou. Avrebbe fatto di sicuro una brutta fine.


"Bene, InuYasha."
Mi sorrise, contenta. Di sicuro ero più grande di lei di qualche anno. Da cosa potevo notarlo? Beh, da niente, in realtà. La mia era una semplice sensazione del momento.
"A cosa ti serve un intero pacco di croissant?"
Domandò, una nota di divertimento appena udibile nella voce, le iridi ora puntate sul pacco di dolci.
Avrei tanto voluto mandarla a quel paese e dirle di farsi i cazzi suoi, ma non ci riuscii proprio. Quel viso era così bello da osservare mentre ella sorrideva. Così tanto che permettere a quei lineamenti distesi di mutare mi era parso crudele.


"Oggi festeggio il mio anniversario da pezzente."
Commentai, non riuscendo ad evitare che un po' d'acidità s'intromettesse tra le mie parole. Affamato, stanco e sconsolato. Possibile che quella là mi avesse fatto una domanda stupida su un pacco di dolci confezionati?


"Oh..."
La vidi in imbarazzo. Le guance si tinsero lievemente di un tenue rosso e riuscii a reprimere a stento un sorriso spontaneo e pieno d'allegria.
"Mi dispiace... Però una festa è sempre una festa, e i croissant alla marmellata non mi paiono un buon modo per festeggiare. Non sembra anche a te?"
La sua espressione facciale mutò così improvvisamente che quasi non me ne accorsi. Pensai che quella ragazza fosse stramba. O ero io quello strano?


"Già."
Risposi, grattandomi la tempia sinistra con la mano. Mi chiesi ancora una volta che cosa Kagome ci facesse lì con me. Ero talmente abituato a stare da solo che parlare con qualcuno mi sembrò, in quel momento, una cosa totalmente estranea al mio essere e alla mia persona.

Venni distratto dai movimenti repentini della fanciulla, che rovistò nella famosa busta gialla, da cui estrasse una candelina. Forse anche lei doveva festeggiare qualcosa? Afferrò il pacco di croissant, ne tirò fuori uno e, avendolo scartato, v'infilò al centro la candelina. La accese con un accendino - fumava? Un peccato - e mi guardò contenta, aspettando una mia reazione.

Io osservai a lungo quell'opera, basito dal gesto inaspettato. Non riuscivo ancora una volta a spiccicare parola, segretamente sconvolto per ciò che Kagome aveva fatto. Nessuno, in due anni, aveva mai fatto questo per me.


"Forza, esprimi un desiderio. E poi soffia."
M'incitò lei, gesticolando freneticamente con le mani nivee e ben curate. Mi permisi di guardare un'altra volta, ammirando i lineamenti perfetti del suo volto, quindi chiusi gli occhi e, serrando le mani a pugno, pensai intensamente.
Ovviamente non vi dico cosa pensai. E' pur sempre un segreto. Però credo che, con uno sforzo, potreste arrivarci.
Mi sporsi in avanti e soffiai sulla candelina, spegnendo al primo colpo la fiamma. Sollevai il viso verso Kagome e sciolsi la stretta del pugno.


"Grazie."
Sussurrai, come se avessi avuto paura che qualcuno potesse sentirmi.


"E di cosa?"
Ribattè lei, battendo le mani e riportandosi in posizione eretta. Guardò l'orologio e strabuzzò gli occhi. Estrasse dal taschino della giacchetta azzurra un bigliettino e me lo diede.
"Questo è il mio numero, InuYasha. Per qualsiasi cosa, puoi chiamarmi. Ciao!"



Si voltò e corse via, tenendo nella mano destra la busta gialla, i capelli che ondeggiavano leggeri per il movimento. Sorrisi, prendendo fra le mani il bigliettino. Lessi la parola "Kagome", tracciata in eleganti ideogrammi, e il numero di cellulare.
Aggrottai le sopracciglia, confuso. La cara e piccola Kagome, beata nella sua ingenuità, si era dimenticata una cosa assai importante, che mi fece sorridere ancora una volta.






Io non posseggo un telefono.






















» Angolo dell'Autrice

Come ho scritto nell'introduzione e come avete potuto leggere, in questa storia non è presente la coppia InuYasha x Kagome, ma semplicemente compaiono i due personaggi, non legati da un legame sentimentale.. Ho preferito, stavolta, occuparmi esclusivamente della psicologia di un InuYasha che, nonostante l'ambientazione AU, spero non sia risultato OOC in tutto e per tutto.
Ringrazio il mio computer, che oggi mi ha permesso di utilizzare al meglio NVU, senza blocchi o impallamenti vari.
E ringrazio anticipatamente tutti coloro che, spero, leggeranno questa rappresentazione di deficienza assoluta.

Abbracci,

Kade













   
 
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