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Autore: Tribute    25/06/2016    0 recensioni
"Ho visto quel ragazzo tornare ogni giorno, e l'ho osservato dalla mia panchina mentre, con il candore di un bambino, sacrificava la sua stessa incolumità per il piccolo, magico piacere di avere sulla pelle la fugace sensazione dei petali vellutati"
(Ho scritto questo brevissimo racconto pensando ad una persona, si tratta infatti di una metafora che credo non possiate comprendere, ma ho comunque la speranza che possiate interpretarlo a modo vostro e attribuirgli una metafora tutta vostra in modo che questo non rimanga per voi un racconto senza senso ma che lasci "un piccolo frammento lucente" dentro ognuno di voi)
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le persone sono sempre state un mistero per me. Qualcuno una volta mi disse che in realtà esse non sono così complicate come penso e che, infondo, gli esseri umani sono un po' tutti uguali. Non ci ho mai creduto, e questa voce è svanita dalla mia testa come una scritta sulla sabbia appena un istante dopo.

Nel mio paese c'è un piccolo giardino che in pochi conoscono dove, quasi magicamente, crescono piante e fiori dai mille colori. Al termine del vecchio sentiero di pietra, in un certo angolino adombrato da un albero, c'è la mia parte preferita del giardino. Lì un roseto di rose bianche cresce accarezzato dal venticello tiepido. A chi appartenga quel piccolo fazzoletto di terra nessuno lo sa, tant'è che mai nessuno si è visto dedicarsi alla cura di quei fiori troppo perfetti per essere merito della sola natura. Forse è proprio questo il fascino di quel posto, forse è proprio l'alone di mistero che avvolge quella minuscola parentesi colorata in mezzo al grigio che mi fa tornare lì ogni mattina, mi fa sedere sempre sulla stessa panchina di pietra e restare con la testa tra le nuvole per intere mattinate. Capita, ogni tanto, che qualche giovane coppia o qualche anziano signore passeggi per il giardino assorto nel profumo dolce dei nespoli fioriti. In questi casi mi concedo di scendere dalla mia nuvola e comincio ad osservare, immaginando e interrogandomi sulla vita di queste persone. Mi approprio dei piccoli frammenti di quotidianità che queste persone, una dopo l'altra, lasciano sparsi tra un fiore e l'altro e li colleziono dentro ad una vetrina della mia mente fervente.

C'era un ragazzo nel giardino delle rose che non faceva che andare di fiore in fiore per accarezzarne ogni petalo. Sfiorava una rosa e passava ad un'altra. Ogni tanto si pungeva con una spina e qualche gocciolina scarlatta gli scivolava lungo le dita. Quando l'ho visto per la prima volta pensavo volesse raccogliere qualche rosa per metterla in un bel vaso oppure, magari, regalarla. Sono tornata in quel giardino per giorni e lui era sempre lì. Non aveva reciso mai neanche un gambo ma aveva le mani tutte incerottate. Nonostante le rose sembrassero non volersi far toccare il ragazzo insisteva e tornava ogni giorno, sfiorava con le dita i petali di velluto e poi se ne andava per ritornare il giorno dopo.

   
 
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