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Autore: _Sherazade_    27/06/2016    1 recensioni
Alina è una grande sognatrice, ma sfortunatamente, tutti i suoi sogni sono andati in fumo.
Da anni è costretta a sopportare la seconda moglie del padre, e quella nuova famiglia nella quale non è mai riuscita ad integrarsi. Lei ci ha provato, ma è stato del tutto inutile.
La giovane capisce che non può andare avanti in quella maniera, e decide finalmente di separarsi da quel nucleo tanto stretto.
Sarà però durante una piccola vacanza che la nostra protagonista riuscirà davvero a far avverare i suoi sogni.
Sospesa fra regni incantati e una realtà all'apparenza dura, riuscirá la nostra eroina a completare il suo percorso?
Genere: Fantasy, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iris - custode dei mondi'
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- Capitolo Quinto -


Dormii profondamente quella notte, nella camera che avevo destinato a Kalika, sognando del mio principe e dimenticandomi di quanto accaduto.
Mi risvegliai con la sensazione che il principe mi avesse chiesto di cercare qualcosa, qualcosa per andare da lui.
Se solo fossi reale”, pensai amaramente.
Mi alzai inspiegabilmente di buonumore, e zia Lilian approfittò del giorno di chiusura del negozio per darmi una mano: dopo il casino combinato dagli scatenati amici di Kalika, ne avevo di lavori da sbrigare.
Dovevo fare una stima dei danni fatti e andare a comprare materasso e lenzuola nuove.
Sistemare quel casino richiese tutta la mattinata. Ci fermammo da Mike per un panino veloce, in attesa dell'apertura del negozio di arredamento.
- Ve la siete spassata ieri. Avreste anche potuto invitarmi! - scherzò lui. Lo fulminai con lo sguardo, non ero ancora entrata nella fase del “ora possiamo riderci sopra”.
- Non ci provare, Mike. Kalika mi ha fatta uscire di senno ieri.
- Lo so, era per sdrammatizzare. Vedrai che anche questa non sarà che una brutta esperienza della quale finirai per dimenticartene. Non devi darle peso. - Mike mi sorrise, e il suo sguardo si spostò su zia Lilian. - Lilian... - si schiarì la voce, - degli amici mi avrebbero regalato dei biglietti per il teatro. So che a te piaceva l'operetta e mi chiedevo se tu non avessi voglia di venire con me. - disse tutto d'un fiato.
Zia Lilian lo fissò incerta, stupita da quell'inaspettato invito.
- Se vuoi andare, zia, non ci sono problemi col negozio. Altre volte mi sono occupata da sola della chiusura. - la rassicurai. Era da tanto che non usciva con nessuno, e Mike era un bravo ragazzo. Lei non era interessata a lui se non come amico, ma se ci fosse uscita, forse, avrebbe potuto anche mettere una pietra su quell'uomo che non era stato in grado di ricambiare il suo amore.
- Ci penserò, Mike. Devo vedere i miei impegni, ma ti prometto che massimo domani mattina ti farò sapere. - la delusione sul volto di lui mi fece stringere il cuore. - Alina, vogliamo andare al negozio d'arredo?
Annuii e la seguii verso l'auto.
- Fossi in te accetterei l'invito. - la vidi arrossire mentre apriva la portiera.
- Lo so... ma non credo di essere pronta. - zia Lilian era una donna dolcissima, e anche parecchio timida. Non lo dava a vedere, ma mettersi in gioco con un uomo la metteva a disagio. Era in grado di affrontare moltissime difficoltà, ma di mettere in gioco il proprio cuore era una cosa davvero ardua per lei. Aveva troppa paura di aprirsi e di perdere tutto.
Eravamo molto simili sotto quell'aspetto, e per questo preferii non insistere. Speravo che, da sola, prendesse la decisione di dare una possibilità a quel ragazzo.
Se son rose fioriranno, diceva il detto. E io speravo che zia Lilian potesse davvero trovare la sua isola felice con un brav'uomo che l'amasse e la valorizzasse come lei meritava.


La nostra uscita per lo shopping fu molto più rapida di quanto non avessimo previsto.
Per un attimo mi aveva sfiorata l'idea di cambiare anche la struttura del letto, ma mi piaceva troppo per sacrificarla a causa di quello che la ragazzina aveva combinato.
Se avessi dovuto spendere tutto di tasca mia, avrei senza dubbio scelto prodotti, non scadenti, ma a buon mercato.
Dato che a pagare i danni, sarebbero invece stati mio padre ed Angelica, avevo deciso di darmi alla pazza gioia.
Non erano beni di lusso, ma era tutto quello che era stato rovinato o rotto.
Passai anche da un antiquario per sistemare il vecchio vaso di famiglia. Altre cose erano andate in frantumi, alcune recenti, altre più antiche, e non tutte erano riparabili. Quel vaso in particolare, che apparteneva alla famiglia di mia madre da quasi duecento anni, era la mia priorità.
Non potevo non fare quanto in mio potere per sistemarlo.
Il restauro avrebbe richiesto un po' di tempo, ma il preventivo da lasciare a mio padre, era già pronto.
Non appena finimmo tutte le commissioni, mi recai in ufficio da mio padre per consegnargli la documentazione di tutto quello che avevo dovuto ricomprare, e di quello che l'antiquario era in grado di riparare.
Riconobbi che parte della colpa era anche mia: avevo lasciato sola un'adolescente immatura, non ancora pronta alle responsabilità. Quella era stata la mia colpa.
Tuttavia, se i genitori l'avessero educata adeguatamente, tutto quello non sarebbe accaduto, quindi erano loro a dover rispondere delle azioni della figlia.
- … questo è tutto. Per restituirmi la somma fate pure con comodo, avevo abbastanza soldi da parte per coprire tutte le spese. - ma mio padre scosse la testa.
- No, Alina. Ti firmo subito un assegno. Kalika è in castigo adesso, ed è mortificata. - disse lui evitando il mio sguardo. - Te lo assicuro.
- Almeno ha capito di aver sbagliato, questa volta.
- Sì, e stai pur certa che né io, né Angelica, saremo molto clementi con lei. Non si è semplicemente comportata in maniera stupida, ma ha creato un danno materiale. Anche se è la prima volta che succede, non possiamo far finta di nulla. - Quella era una delusione che non sarebbe passata tanto in fretta.
Estrasse il blocco degli assegni dal cassetto, e, senza battere ciglio, me lo firmò, consegnandomelo con mano leggermente tremula.
- Mi dispiace.
- Lo so, papà. Non è colpa tua, non sono arrabbiata con te. - lui sorrise dolcemente.
- Spero che, nonostante quanto successo, i rapporti fra noi non... - mi stavo emozionando, e subito lo abbracciai.
- Tu sei sempre mio padre. Questo è solo un... incidente di percorso. Non conta nulla. - dissi singhiozzando.
- Angelica ne sarà entusiasta. E anche Kalika.
- Aspetta, cosa? - Rovinato un momento perfetto. Mi ritrovai a cacciare subito via le lacrime.
- Erano entrambe preoccupate, dopo la tua sfuriata, che non le avresti mai più volute rivedere. - mi spiegò lui sorridendo. - Io però sapevo che la tua reazione alle azioni di Kalika, era giustificata, ma non era la fine del nostro rapporto. Sapevo che in fondo...
- No papà. - lui non avrebbe mai capito. - Angelica è tua moglie, l’ho accettata da tempo e su questo argomento non credo ci sia molto da dire. È un fatto, e come tale non dirò più nulla, ma voglio limitare al minimo indispensabile i nostri incontri. E questo a prescindere da quello che Kalika ha combinato. - non riuscivo a guardarlo in faccia, tanta era la mia delusione. - Se sua figlia non avesse fatto ciò che ha fatto, se lei non avesse dovuto puntualizzare dove non doveva, ieri non sarei esplosa una seconda volta.
Ci saremmo allontanate pian piano, del resto, avrete presto il vostro bel da fare... Sapevo che anche con te avrei avuto meno tempo da passare, e lo avevo accettato. Ci saremmo comunque sentiti, sei mio padre, e io ti voglio bene.
Io ci ho provato, ma non ci riesco, e non intendo più provarci. Ho dato una possibilità a Kalika, ho anche pensato che, per come stavano andando le cose, in quelle poche occasioni in cui ci saremmo viste, le cose non sarebbero poi state così pesanti e spiacevoli. Ho sbagliato, ho visto male. - lui era ormai rassegnato.
- Mi spiace, Alina. Mi spiace, che tu veda così le cose. Voi siete le persone più importanti della mia vita, e vorrei davvero che andaste d’accordo, ma se non è possibile, accetterò. - lo ringraziai.
- Ora devo andare, zia Lilian mi sta aspettando da basso, abbiamo da sistemare un po' di cose a casa. - Presi l'assegno e feci per uscire, quando Angelica entrò in ufficio con del tè.
- Permesso. Ciao, Alina. - leggermente imbarazzata, la salutai con un cenno del capo. Anche lei sembrava un po' a disagio. - Alina, ti chiedo scusa per Kalika. So che nulla di quanto io possa dirti, potrà cambiare il rapporto fra noi. So che sei arrabbiata, e che in questo momento non vuoi vedere né me né mia figlia, ma spero che in futuro le cose possano tornare come erano prima. - disse con un sospiro, massaggiandosi la pancia. La carta della pietà, non mi era nuova, ma non mi sarei lasciata fregare ancora.
- Per papà, sopporterò di vedervi ancora, e di fingere che le cose vadano “bene”. Ma non ora. - Sapevo che anche quello era darle un contentino, ma non potevo fare altrimenti per stare ancora a fianco di mio padre.
- È già qualcosa. - mi sorrise come se avesse vinto lei. Lo sapevo, ma non mi arrabbiai. - Tu hai sempre tenuto tutti a distanza, eccetto tuo padre, ma anche con lui hai eretto un muro invalicabile. Sono dispiaciuta perché tutto questo è sbagliato, non devi chiuderti così. - disse con voce dolce. - Non ti sto chiedendo di diventare amiche, né di frequentare tutti i giorni casa nostra. Non puoi però sparire dalla nostra vita. Noi ti vogliamo bene, e questo non devi scordarlo. - troppo, troppo mielosa. Con quel discorso, la cattiva sembravo io che trattavo male i miei familiari, e che mi chiudevo a riccio. C'erano momenti in cui mi chiedevo anche se i suoi comportamenti erano frutto di finzione. Però poi la guardavo negli occhi: era sincera. Certo, voleva che le cose andassero bene per lei e la sua famiglia, aveva voluto il comando dell'azienda, e l'aveva ottenuto. Ma l'affetto per mio padre non era frutto di finzione. Sapere che c'era qualcosa di buono in lei, era per me una pugnalata. Mi sentivo davvero cattiva quando volevo semplicemente allontanarmi da mio padre per non doverlo dividere con lei e la figlia.
Dentro di me mi dibattevo, perché non riuscivo a capire come fosse davvero quella donna. Angelica non era né bianca né nera. Vedevo le sue sfumature, nel bene e nel male; per questo non mi riusciva di odiarla pienamente, entrando così in conflitto con me stessa. Avrei davvero voluto che lei fosse finta e cattiva, così avrei avuto meno sensi di colpa nell'odiarla.
- Ora devo andare. - chiusi così la discussione non volendola prolungare ancora. - Ci sentiamo, papà.
Sapevo che avrei finito ancora con l'accontentare mio padre, frequentando ancora la sua famiglia, che invece avrei voluto non rivedere mai più.
Per quanto cercassi di cambiare, alla fine, rimanevo sempre la solita Alina. I miei comportamenti non cambiavano, io non cambiavo, ma certi lati del mio carattere, sapevo di averli smussati. Non ero del tutto cambiata, forse ero maturata.
Non avrei smesso di provare diniego nei loro confronti, e non sarei stata più gentile di quanto non lo ero stata in passato... però, forse, il mio approccio sarebbe stato meno negativo, meno ostile. Non per loro, ma per me.
Forse me la sarei presa meno a cuore, speravo di riuscire a distaccarmi davvero e di non stare più male.
Forse non sarei mai stata tanto matura da accettare a cuore aperto quella famiglia allargata che avevo rifiutato con tutta me stessa fin dal principio, ma un giorno non avrei più sofferto. Un giorno, mi dicevo, sarò in grado di non soffrire più per causa loro.


Il giorno dopo tornai a lavorare in negozio, e con mia grande sorpresa, mi sentivo più leggera.
Passarono le settimane, e tutto il nervosismo causato da Kalika, sembrava essere svanito. Mi vedevo con mio padre ogni tanto, solo noi due, ed ero davvero felice di quella insolita situazione. Non mi era capitato di restare sola con lui da così tanti anni, eccezion fatta per l'anniversario della morte di mamma, che non mi sembrava vero.
L'ultima volta che eravamo usciti insieme, senza l'allegra famigliola a seguito, era stato per il mio quindicesimo compleanno. Mio padre mi portò in un parco divertimenti, e anche se non ero più una bambina, mi divertii moltissimo,, recuperando il tempo perduto. Quello era uno dei pochi ricordi felici e spensierati di quegli anni.
Ripresi a frequentare casa loro, ma solo una volta al mese. Il clima tra me e le due donne di casa era ancora molto freddo, e non intendevo assolutamente modificare le cose. A me andava bene così: parlavamo poco, e di cose superficiali.
Non avevamo più toccato argomenti tabù, e Kalika mi rivolgeva la parola il meno possibile. Non sapevo se per paura, o per astio, dato che dopo la sua festa, era rimasta confinata in casa per due mesi. Dalla sua prospettiva, poteva anche aver dato la colpa a me per le sue disgrazie. Io non lo sapevo, e non mi interessava.


Erano passati già un po' di mesi, eravamo arrivati a metà Gennaio e la pancia di Angelica cominciava a essere parecchio evidente. Era oramai giunta al sesto mese.
Quella sera ero ospite a casa loro, e mio padre non era ancora arrivato a casa.
Intanto che Angelica era in cucina per sistemare la cena, dato che avevo già apparecchiato la tavola, mi sedetti su quella che una volta era la mia poltrona, e presi il giornale.
Non ero particolarmente interessata a quello che c'era scritto, ma eravamo in sala solo io e Kalika: se avevo qualcosa da fare, quel silenzio imbarazzante sarebbe stato meno fastidioso.
- Perché non glielo hai detto?
- Detto cosa? - Kalika mi aveva fatto quella domanda dal nulla. Dopo mesi di silenzio quasi totale, era la prima volta che mi chiedeva qualcosa al di là dei soliti convenevoli.
- Quello che è successo davvero quel giorno. – Avevo cercato di rimuovere i dettagli meno piacevoli di quella giornata. Non avevo dimenticato, ma non ci passavo le notti sopra per ricordarli. La fissai stupita. - Perché hai detto che io e Jacopo ci stavamo solo baciando?
- Perché non volevo dare preoccupazioni a mio padre, e forse anche a tua madre. Sai, per via della gravidanza. - dissi ritornando a guardare il giornale, senza però leggere davvero quello che avevo di fronte. - Ho pensato che sarebbe stato sgradevole per loro scoprire che l'adorata figlioletta, appena quattordicenne, si dava da fare. Dal mio punto di vista sei precoce, ma capisco che ognuno ha i propri tempi.
Ci sono quattordicenni maturi per la loro età, che capiscono ciò che fanno e gli danno un peso. Altri che sono immaturi e non capiscono ciò che fanno, o che comunque non gli danno peso. Ognuno fa ciò che vuole della propria vita, spero solo che tu abbia due dita di testa e che non ti butti senza prima pensare a un paracadute. - feci una breve pausa per guardarla da sopra il giornale. Sembrava imbarazzata. - La cosa, comunque, non mi riguarda e, ovviamente, non mi preoccupa nemmeno. Lo so che non sono fatti miei, quindi non ti farò la predica.
- Avresti potuto mettermi nei guai, - ci pensò un attimo, - di più. Avresti potuto davvero farmi fare la ramanzina del secolo. O peggio.
- Lo so. - Avrei anche voluto, e mi sarei davvero divertita ottenendo un po' di giustizia... ma alla fine avevo scelto di non farlo.
- Quindi perché?
- Te l’ho detto: per mio padre, principalmente. - mi guardai attorno, non era saggio parlare di quell'argomento con Angelica che poteva sbucare fuori da un momento all'altro. - Ti ricordo, e dovresti averlo studiato, che la gravidanza è un momento molto delicato per ogni donna. Sebbene io non ami tua madre, non potevo certo metterla in crisi per via degli ormoni impazziti della figlia. Ha già molto a cui pensare, non credi anche tu? – lei annuì.
Di sicuro, la ragazzina, era ancora immatura sotto molti aspetti. Ma alla madre ci teneva, e il pensare a lei, e a quello che aveva combinato, forse l'aveva resa un po' più matura.
- Io ero molto in imbarazzo per quanto successo. Avrei voluto scusarmi altre volte, ma avevo paura, non solo di te, ma anche per un'altra cosa. Quel giorno... sai, è stata la mia prima volta, e il profilattico si era rotto. Ero disperata, non sapevo con chi parlarne e finché non mi è arrivato il ciclo ho temuto che...
- Tua madre non è troppo all'antica. Secondo me le farebbe piacere se tu le parlassi dei tuoi “tumulti interiori”.
- Mi imbarazza molto, e temo che potrebbe arrabbiarsi. - Quella era una delle rare volte in cui provai invidia per Kalika. Lei aveva una madre con cui confidare i suoi problemi. Io avevo zia Lilian, ma non era lo stesso.
- Parlare di ciclo, di prevenzione e cose di questo tipo, una buona madre lo sa fare. E tua madre, con te, si è rivelata abbastanza buona. Se dovessi avere problemi o dubbi, ti consiglio di parlarne con lei. Sono certa che capirà e che ti saprà consigliare.
- Grazie. - mi rispose con un largo sorriso.
- Prego. – ricambiai il sorriso con gesto automatico. Non volevo fare la “buona sorella maggiore”, ma capivo. Non mi ero mai trovata in una situazione analoga, ma di certo, avrei voluto avere una spalla a cui appoggiarmi se a quell'età mi fossi trovata anche io a dover affrontare una tale situazione.
Kalika era stata molto fortunata.
Anche se non le ero affezionata, ero contenta che le cose le fossero andate bene.
Se fosse rimasta incinta, le tragedie greche che ne sarebbero seguite, sarebbero state infinite.
- Scusate il ritardo. Il traffico, questa sera, era davvero impossibile. - finalmente potevamo cenare, papà era arrivato.


La settimana successiva invitarono me e zia Lilian a cena. Era il compleanno di mio padre, compiva cinquant'anni, e quale occasione migliore per stare tutti insieme?
C’erano anche i genitori di Angelica, e solo l'amore per mio padre mi aveva fatta trascinare fuori di casa.
- Se vuoi, Alina, possiamo inventare una scusa... - vedendomi depressa tutto il giorno, Lilian mi suggerì di mentire. Non era da lei; solo perché conosceva bene il motivo di tale malessere, mi aveva consigliato di non uscire.
- Non potrei fare questo a mio padre. - sospirai infilandomi il dolcevita nero. - Speriamo solo che duri meno del solito.
Ero restia a vedere Kalika e Angelica, ma lo ero ancor di più nel veder la matrona della famiglia.
Nonostante fossero passati anni dal nostro primo incontro, e nonostante Angelica avesse sempre cercato di farmi sentire di famiglia anche con loro, io davo loro ancora del lei, e li chiamavo “signore” e “signora”.
Quando arrivammo a casa, loro erano già lì, e la madre, Alberta, squadrò me e zia Lilian con il consueto sguardo di disapprovazione.
Mal sopportava, oltre me, anche zia Lilian perché sapeva quanto lei tenesse a me e a mio padre. Aveva sempre temuto che lei potesse un giorno allontanare mio padre da sua figlia, e quindi dai suoi beni.
Le sue, sfortunatamente, erano paure infondate dato che mia zia non si sarebbe mai comportata in una maniera tanto disdicevole. Forse Angelica avrebbe potuto farlo. Lei, la signora Alberta aveva cercato con ogni mezzo di conquistare il ricco padre di Angelica, Federico. Per sua fortuna, quell'uomo buono e gentile, era caduto nella sua rete.
Per mia fortuna, invece, lui non era odioso come lei, e, quelle rare volte che ci incontravamo, riuscivamo a conversare amabilmente.
Lui era l'unico membro di quella famiglia, che io riuscissi a sopportare.
Grazie alla presenza di zia Lilian e di Federico, la serata fu piuttosto piacevole.
Noi tre parlammo a lungo in salotto, evitando le noiose chiacchierate fra le tre donne di famiglia e mio padre. Erano discussioni superficiali e sciocche, più legate alla vita mondana, agli acquisti fatti, e a quelli da fare. Mi chiedevo sempre come mio padre riuscisse a resistere in mezzo a loro tre.
A noi, io, zia Lilian e Federico, non interessavano quelle sciocchezze, e preferivamo conversare d'altro.
Con Federico era impossibile annoiarsi. Da quando era andato in pensione aveva coltivato un'infinità di hobby, e ogni volta mi parlava delle ultime esperienze che aveva fatto. Era un uomo molto attivo, che amava, inspiegabilmente la moglie, ma che non era cieco di fronte alla sua mancanza di educazione nei miei riguardi. Spesso e volentieri l'aveva ripresa dopo che la donna mi aveva maltrattata. Non le piacevo, e avevo sempre saputo che tale antipatia nasceva dal fatto che la donna temeva che avrei tolto alla figlia il benessere raggiunto.
Oramai avevo rinunciato da tempo a quello che doveva essere mio, ma la donna mi era ancora ostile.
- Non farci caso, Alina. Lei odia tutti quelli che non sono come lei... e per fortuna, tu non lo sei. - mi disse lui una volta sogghignando. - Amo mia moglie, ma certe volte non la capisco proprio. È così superficiale...
Risi quando me lo disse. Risi perché sapevo che al di là di quello, lui era ancora innamoratissimo di quella donna dall'animo davvero superficiale.
Tutto sembrava andare bene, fino a quando Alberta non si decise a rivolgermi le solite domande imbarazzanti. Lei conosceva già la risposta, ma ogni volta era l'occasione buona per lei, per punzecchiarmi.
- Allora Alina, il fidanzato? – mi chiese col sorriso stampato in volto. È una domanda che in apparenza non è fastidiosa, ma il motivo per il quale la donna me la faceva ogni volta, lo era.
Una volta l'avevo sentita parlare con la figlia, e la donna aveva detto sghignazzando che ero talmente bruttina e rotondetta, che non sarei mai riuscita a trovare nessuno. Il mio carattere era troppo chiuso, non solare e piacente come Angelica o la sua adorata nipote. Io non valevo niente, e per questo sarei sempre rimasta sola.
Lei me lo augurava, così che non potessi mai tornare sui miei passi e richiedere la mia eredità per avere una vita agiata per una mia ipotetica famiglia.
Anche se ci avevo rinunciato, mio padre sarebbe stato pronto a restituirmi la mia eredità aziendale.
Alberta era molto previdente, e se fossi stata come lei, allora sì che avrebbe dovuto preoccuparsi. Io però non ero un'arrampicatrice sociale.
- Non ce l’ho, Alberta. Per il momento sto molto bene da sola. Posso sistemarmi con calma, non c'è alcuna fretta. - La donna sembrò contrariata. Le avevo risposto con una tale calma, che lei rimase delusa del suo fallimento. Voleva infastidirmi e non c'era riuscita.
Federico cercò di non scoppiare a ridere con zia Lilian, ovviamente, nemmeno lei aveva una gran simpatia per Alberta.
Credo anche che sotto sotto, nemmeno mio padre provasse una gran stima per lei. Solo l'amore per la moglie gli aveva fatto chiudere un occhio sui suoi atteggiamenti discutibili.
Dopo quella piccola parentesi, Alberta non mi parlò più, e la serata si concluse serenamente.


Il giorno dopo tornammo alla solita vecchia routine, ma zia Lilian aveva in mente una piccola sorpresa per me.
- Da domani sei in ferie, Alina. – mi disse mentre stavo aprendo una delle scatole appena arrivate. Rischiai anche di tagliarmi col taglierino tanta era la sorpresa.
- Come?
- Sì, hai capito bene.
- Ma come, abbiamo parecchio lavoro ultimamente.
- Sì, ma hai delle ferie in arretrato. Devi smaltirle. - mi fece l'occhiolino. - Non ti voglio obbligare ad andare fuori città, puoi anche rimanertene tranquilla e beata a casa, ma devi riposarti. Stai lavorando da tanto senza avere un giusto periodo di riposo. - mi prese di mano il taglierino e mi abbracciò. - Stai cominciando a scaricare le tensioni accumulate. Ultimamente sei più fiacca, e anche la cena di ieri ti aveva messo addosso un po' di ansie. Devi riposarti!
- Non posso. Ho già preso tanti permessi ultimamente.
- Permessi dovuti, nulla che non avrei fatto anche per altri dipendenti, mia cara. Inoltre se ti riposi adeguatamente torneresti più attiva al lavoro. – mi strizzò l’occhio.
Come diceva lei, negli ultimi mesi mi ero concentrata sul lavoro per non pensare. Avevo dovuto affrontare parecchi cambiamenti, e altre situazioni non proprio gradevoli.
La cena per il compleanno di mio padre con la famiglia di Angelica, non era per me altro che motivo di ulteriore tensione.
- Forse hai ragione, zia.
- Certo che ho ragione. - rise lei di gusto. - Non ti fidi del mio infallibile intuito? - risi anche io. Una bella vacanza non mi avrebbe di certo uccisa. Ne avevo davvero bisogno per poter poi tornare al lavoro e dare il meglio di me.
- Buongiorno ragazze. – disse Casia entrando nel negozio e avvicinandosi al bancone.
- Buongiorno, Casia. - la salutai con allegria, - Allora, hai visto l'ultimo film che ti ho suggerito?
- Certo, mi hai consigliato davvero bene. Ma è difficile che tu faccia il contrario. So che di te posso fidarmi. - sorrise allegramente. - Allora, ci sono novità? Sembrate molto allegre quest'oggi.
- Sì, Alina si prenderà una settimana di ferie. - mi anticipò zia Lilian.
- Era anche ora aggiungerei io! Non volevo dirtelo, cara, ma ultimamente mi parevi parecchio sciupata. - disse prendendomi il viso con una mano e facendomelo ruotare per esaminarlo. - Devo però ammettere che rispetto a qualche settimana fa, sembri un'altra persona. In meglio ovviamente.
- Sarà che vivere da sola sta presentando molti più vantaggi di quanto non avessi immaginato.
- Fa parte della crescita, mia cara. Immagino che ti manchi molto tuo padre. - Casia sapeva quanto gli fossi affezionata, e, nonostante il clima teso fra di loro, mi aveva sempre spronata a non abbandonarlo.
- Sì, beh, papà mi manca. Credo sia anche normale, ma quella non era mai stata casa mia. Lasciarla non mi è pesato poi così tanto. – Casia annuì, e mi fece i complimenti per come avevo gestito tutta la storia. Lei era una donna forte, non sopportava costrizioni e ingiustizie, e più di una volta aveva cercato di convincermi a trasferirmi da zia Lilian. Forse avrei dovuto darle ascolto.
Non aveva mai capito come mio padre si fosse innamorato di Angelica. Con tante donne migliori in giro, diceva lei, perché dover andare a prendere una donna come quella. Vista anche la famiglia che si ritrovava, riferendosi unicamente ad Alberta ovviamente.
Aveva sempre fatto il tifo per Lilian, ma sentiva che quei due non erano fatti per stare insieme.
- Allora, Alina, cosa farai? Sai già dove andare a trascorrere le ferie?
- A dire il vero è stata una cosa dell'ultimo minuto. Non ho ancora avuto modo di pensare a una meta in particolare. - in realtà avevo solo voglia di starmene tranquilla in casa. - Potrei sempre starmene in panciolle sul divano.
- Come?!? Eh no signorina. Devi fare una vacanza come si deve! - brontolò lei. Per Casia non esisteva lo “starsene in panciolle”, oziare. Se per lei tutto era un'avventura, lo doveva essere anche per gli altri.
- Voglio solo riposarmi, Casia. Alla fine le ferie servono a quello.
- Lo sai bene, Casia, che Alina è un animale solitario. Lei è sempre stata così. - cercò di difendermi Lilian. Anche lei avrebbe preferito vedermi staccare completamente da casa, ma rispettava le mie scelte.
- Non dicevi sempre di volere un’avventura da romanzo?
- Sì, ma un conto è sognare, un altro conto è viverlo davvero. - Una vera avventura? Magari, ma in quel caso, una bella settimana dedicata allo svago, ai film o alla lettura di tutti quei libri lasciati in sospeso, erano per me sufficienti. - Senza contare che questo non è proprio il mondo dove vivere un’avventura come si deve. Posso passare anche una settimana tranquilla a casa, e godermela ugualmente.
- Sciocchezze! - Casia aveva già deciso per me. La guardai sorridendo, cercando di farle capire il mio punto di vista. Erano successe tante cose, e le ferie erano già un qualcosa di nuovo. Di sicuro mi servivano, ma non avevo né il tempo, né la voglia di cercare un albero o di organizzare una grossa vacanza. - Vedo che non riesco proprio a farti ragionare. Però potresti prendere in considerazione questo parco. – disse mostrandomi una cartina. - Ho lì vicino una casa, potrei prestartela per qualche giorno. È molto rilassante, e l'aria fresca di montagna non credo ti dispiaccia. C'è un sacco di neve, e mi pare di ricordare che tu la adorassi. - Casia aveva ragione, io adoravo la montagna e la neve. Erano anni che non andavo in montagna d'inverno... a dire il vero neanche in estate. Non era molto lontano, e c'era qualche altra fonte di svago oltre alle passeggiate. Mi sarei portata dietro la macchina fotografica.
- Non sembra male. - zia Lilian e Casia mi fissarono in attesa di una risposta affermativa. - Ok, aggiudicato.
- Perfetto e dato che ci vai, potresti cercare il mio specchio? L’ho perso l’altro giorno camminando nella neve. - Ah, ecco spiegato perché ci tenesse tanto. Non che Casia fosse una donnicciola opportunista, ma spesso chiedeva agli altri dei favori mascherandoli come aveva fatto in questo caso. Ma non potevo certo arrabbiarmi con lei. Nessuno poteva farlo, Casia era semplicemente Casia.
- Capisco. Com'è fatto? Ti ricordi il punto dove potresti averlo perso?
- Ha la cornice e il manico argentato, con delle figure in rilievo. Ci sarei tornata io nei prossimi giorni, ma dato che vai te... ne approfitto. – Casia frugò nella borsa fino a che non trovò un'altra cartina di uno dei percorsi turistici, indicandomi la zona dove era certa di aver perso il prezioso oggetto.
- Va bene, Casia, ma solo perché sei tu.


Zia Lilian mi aveva concesso non una, ma due settimane di ferie, così decisi di aspettare la domenica per partire. Fui fortunata, e trovai pochissimo traffico lungo il percorso. Mi diressi immediatamente nella baita di Casia, era molto grande e spaziosa. Casia aveva anche chiesto a dei suoi amici della zona a cui aveva lasciato la copia delle chiavi di casa, di precedermi, in modo da accendere subito il riscaldamento. Fu davvero bello entrare nella baita e trovare un ambiente caldo, in contrasto col freddo gelido dell'esterno.
C'era un bellissimo caminetto, e gli amici di Casia, mi avevano già portato dentro un bel po' di legna.
Non sarei morta di freddo durante la mia permanenza, quello era poco ma sicuro.
Dopo aver sistemato i miei bagagli in camera, scesi in paese per fare un po' di spesa, e subito dopo averla riposta in cucina, uscii per fare una passeggiata.
Ci fu un momento in cui mi balenò per la testa un atroce sospetto: Casia non mi tormentava da un bel po' sul fronte fidanzati. Temevo mi avesse organizzato qualche incontro.
Subito scacciai il pensiero, e cercai di godermi la neve fresca.
Avevo con me la cartina, e riconobbi la zona: era lì che Casia aveva probabilmente smarrito il suo specchio. In quel momento cominciò anche a nevicare.
- Se voglio trovarlo, mi conviene cercare in fretta e tornare a casa.
Cercai per una mezz'oretta, e mi sentivo stanchissima. Il sole sarebbe calato entro un'ora: dovevo tornare, o rischiavo di perdermi.
Stavo per lasciare la radura nella quale mi trovavo, quando vidi brillare qualcosa a pochi passi da me.
Trovato! Era sempre stato sotto al mio naso.
Lo presi in mano, e trovai che non ci fosse nulla di più bello del favoloso specchio che avevo in mano. Cornice e manico erano finemente lavorati, in rilievo c’erano un sacco di fiori e una ninfa sul lato sinistro.
Aveva come un che di familiare, ero sicura di averlo già visto.
La testa cominciò a martellarmi, ed ebbi un flash di un mio sogno. Un sogno col mio principe ovviamente, in cui mi chiedeva, in una lingua a me sconosciuta, ma che comprendevo, di trovare qualcosa.
Lui mi chiese di trovare uno specchio per poterlo raggiungere. Lui mi aveva chiesto di trovare proprio quello specchio!
- È... impossibile... - e in quel momento, lo specchiò si illuminò. Per lo spavento lo lasciai cadere, ma questo continuò ad emettere luce. Mi chinai per raccoglierlo, ma subito sentii come se esso stesse cercando di risucchiare dentro di sé tutto quanto: l'intera radura, il suolo, gli alberi... e anche me stessa.
In quel momento mi passò davanti tutta la mia vita, pensai a mio padre, mia madre, Lilian, Casia... persino ad Angelica e Kalika.
“È finita” pensai cominciando a piangere, mentre tutto, attorno a me svaniva. Mentre io svanivo nella luce più pura.


- Ahio! – gridò qualcuno riportandomi alla realtà. Era come se mi fossi svegliata da un sonno pesantissimo, mi doleva la testa e tutto girava attorno a me.
Quando il mal di testa passò, e quando il paesaggio si fermò, capii che qualcosa era cambiato.
La radura era identica, ma sembrava essere appena arrivata la primavera.
Sentii borbottare ancora, la terra sotto di me si mosse, e io caddi su un lato. Quella che si era mossa però, non era terra, quello era un uomo. Un uomo visibilmente arrabbiato che, una volta rialzato, mi puntò addosso la lama della sua affilatissima spada.
Dov'ero finita?





 
L'angolo di Shera♥

Come promesso, eccomi di ritorno dalla breve vacanza al mare, con tanto di ustione ;) Finalmente, Alina, lascia il suo mondo per arrivare nella terra di Anthea, dove farà parecchi incontri illuminanti... ma non posso dirvi altro, ho già anticipato troppo U_U
ono molto affezionata a questa storia, nonostante tutto.
Nonostante le sue pecche e, se vogliamo, a certi discorsi superficiali. Ci sono ancora parecchi capitoli da pubblicare, spero che, dopo questi primi e noiosi capitoli, i prossimi possano piacervi di più :D
Alla prossima, un abbraccio,

Shera ♥
  
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