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Autore: pandafiore    01/07/2016    3 recensioni
Haymitch Abernathy, un uomo che pianse solo tre volte in tutta la sua vita. Tre occasioni speciali, però, che meritano di essere ricordate.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Maysilee Donner, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OneShot

 

Haymitch, l'uomo che pianse solo tre volte.





Haymitch Abernathy, un uomo che pianse solo tre volte in tutta la sua vita. Tre occasioni speciali, però, che meritano di essere ricordate.



Maysilee Donner, "The butterfly"

I capelli colore del grano sferzavano il vento, sciolti e liberi, come lei; solo una piccola treccia a contornarle il capo. Gli occhi dorati che fuggivano agli sguardi indiscreti di quelle iridi troppo grigie, troppo invadenti. La cerbottana che fischiava ad ogni dardo avvelenato, creato dalle sue abili mani, leggere e delicate, come i lineamenti del suo viso. Correva, tra le fronde e tra i rami, nemmeno la si sentiva; nessun tributo avrebbe mai potuto ucciderla, come avrebbe fatto? Era più leggera del battito d'ali d'una farfalla. Era una farfalla lei stessa.
Furono quegli animali eleganti, apportatori di morte perché fabbricati per essa, a lacerarle la carne irrimediabilmente. E lui assistette a tutto. Vide, con i suoi occhi di metallo, quelle piume rosa cipria tendersi e godere del sangue di quella che, aveva deciso, doveva essere la sua alleata. Perché l'aveva abbandonata? Non se lo perdonò mai.
I sadici fenicotteri - ora meno rosa confetto, ma più rossi, rosso sangue - se ne andarono sulle loro esili zampe, e solo allora lui trovò il coraggio di correre a stringere quel che restava di quella sua mano così piccina, così curata. La tenne stretta, mentre se ne andava, e pregava - forse per la prima ed unica volta in tutta la sua vita - che non morisse.
Ma, con un ultimo spiro, il viso grazioso di colei divenne ceruleo, la mano cadde, e le labbra si assopirino, come se un lungo e dolce sogno l'aspettasse, lassù.
Lui le baciò la guancia con quanto più affetto avesse in corpo, e pianse come non aveva mai fatto. Non perché l'amasse, questo non lo sapeva in realtà, ma perché le voleva bene.
Voleva bene alla dolce farfalla che era Maysilee Donner. E i giochi le avevano spezzato le ali con cattiveria e brutalità. Pianse, per la prima volta in vita sua, perché non sapeva cosa lo aspettava dopo, e per il momento quella era la cosa più tragica che potesse accadergli.
Haymitch vinse, ma questo non gli portò la gloria. Iniziò infatti a bere per dimenticare tutto, e, chissà, forse anche perchè non è mai riuscito a perdonarsi di aver lasciato morire Maysilee Donner, senza muovere un dito contro quegli ibridi rosa. O forse, iniziò a bere solo per non dover ammettere di essere un debole, un debole che piange lacrime amare.




Katniss Everdeen and Peeta Mellark, "His sons"

Una cerimonia delicata e graziosa per quelli che per lui erano come figli. Si sposavano, assurdo, no? Per lui era come assistere ad un matrimonio incestuoso, ma così non era, ovviamente. Era solo la sua fervida impressione - e forse qualche goccetto di troppo - a fargli apparire quei due giovani ragazzi - sopravvissuti, non vincitori - come i figli che non aveva mai avuto. Era tutto così strano... eppure sapeva che sarebbe accaduto, prima o poi. Lo sperava per Peeta, perlomeno, che non meritava di essere vittima di altre bugie, le ennesime. Ma anche Katniss, in fondo, aveva imparato ad apprezzarla; certo, per quanto si possa apprezzare un caratterino del genere.
Pianse - o meglio, versó poche lacrime, e pure ben celate - quando accompagnò la ragazza di fuoco all'altare. Era sua figlia, lui era suo padre, o così sembrava agli occhi di tutti. E non credeva ci potesse essere sensazione più bella di portare la propria bambina a sposare l'uomo che ama.
Quella volta pianse in silenzio, mentre lasciava andare le esili dita della ragazza verso un destino ignoto, un futuro che a lui non sarebbe mai spettato. Non era tipo da matrimoni, lui, eppure gli piaceva assistere a quello dei suoi ragazzi. Si baciavano di sguardi, Katniss e Peeta, e a lui, inizialmente inorridito e brutalmente ironico, presto piacque quell'affetto vicendevole. Una lacrima scese, solitaria, nell'incontrare gli occhi sorridenti della sua bambina. La spazzó via rapidamente e fece finta di niente; eppure sapeva che quella era la seconda volta che piangeva in vita sua. Una seconda occasione, totalmente differente dalla prima.




Daisy Mellark, "I love you, uncle Haymitch"

La terza volta che pianse, si ripromise, sarebbe stata l'ultima; voleva chiudere in bellezza.
Era un giorno qualunque, con il sole che fiammava al tramonto; Peeta stava disteso lì, sull'erba, a disegnare chissà che cosa su un foglio, la Ghiandaia seduta al suo fianco, a fissare il vuoto persa nei suoi pensieri - forse nei suoi incubi, nessuno poteva saperlo - e la bambina dagli occhi blu come il papà e le trecce più nere di quella della mamma, che correva sulle sue gambe paffute, inciampando e roteando ovunque, tra i campi di grano.
Lui se ne stava lì, seduto qualche metro davanti ai due ragazzi, a rimirare quella che, per lui, era la bimba più bella del mondo. E lo era davvero, con i suoi occhioni di cielo.
Improvvisamente la piccolina si mise a correre in sua direzione, e lui ebbe quasi un collasso; possibile che lei volesse giocare con uno come lui? Dovette convincersene invece, perché la bambina gli si fiondò tra le braccia con tutta la sua forza e la sua energia, facendogli perdere l'equilibrio, e appoggiare la schiena sull'erba fresca.
Sorrise, Haymitch, di uno di quei suoi sorrisi rari che, seppur un po' sghembi, scaldavano il cuore a chiunque. Raccolse la bimba come fosse una piuma e se la portò davanti al viso, dandole un "bacio eschimese", come lo chiamavano loro due; cioè, semplicemente, fece strofinare la punta del suo naso con quella piccola e aggraziata della bambina, che rideva come una matta. Le baciò una delle guance tonde, poi, facendola sedere a cavalcioni sul suo petto, e perdendosi a giocare con le sue manine cicciotte; era adorabile, Daisy, ed era il frutto dell'amore tra coloro che, per lui, erano ancora i suoi figli.
-Zio Haymitch...- Oh, gli scoppiava il cuore di gioia quando lo chiamava così!
-Dimmi.-
-Ti voglio bene, zio Haymitch!- E gli si gettò al collo, meritandosi tanti di quei baci sui capelli che sorpresero perfino lui.
Ti voglio bene anch'io, bambina mia.
E quella fu l'ultima lacrima che egli versò. Una lacrima dolce, la più dolce di sempre, che la bimba spazzò via con un sorriso ed un bacio, che gli fecero assumere un aspetto così piacevole e così sobrio che chiunque lo avesse visto in quegli istanti non lo avrebbe nemmeno riconosciuto. Ma tanto lì c'erano solo loro due; lui, e la sua tenera nipotina. E nulla poteva separarli.

   
 
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