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Autore: Lilla Wright    06/07/2016    3 recensioni
4 Luglio 1924
- Ehi, adiamo a vedere i fuochi d'artificio? -
Steve voltò lo sguardo. Perso nei suoi pensieri non si era accorto di quel bambino che gli si era seduto vicino.
- Come? -
- I fuochi. Ci sono degli amici giù al laghetto, andiamo con loro – insistette il bambino con un sorriso.

[Storia dedicata alla mia Peggy :3]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.
Chiedo scusa per eventuali errori di battitura o peggio di grammatica
Buona lettura :D




 

4 Luglio 1924


- Ehi, adiamo a vedere i fuochi d'artificio? -
Steve voltò lo sguardo. Perso nei suoi pensieri non si era accorto di quel bambino che gli si era seduto vicino.
- Come? -
- I fuochi. Ci sono degli amici giù al laghetto, andiamo con loro – insistette il bambino con un sorriso.
Steve cercò gli occhi di sua madre, la quale gli regalò un sorriso e un assenso con il capo. Era davvero felice che qualcuno avesse invitato il suo bambino.
- Va bene -
Non sapeva perché stesse seguendo quel bambino, neanche lo conosceva, però gli ispirava fiducia.
Non andarono al lago ma in un piccolo angolo verde di Prospect Park, da soli.
- Ma i tuoi amici? - chiese Steve.
- Cosa? Oh quelli – accennò con un sorriso ad un gruppetto di bambini poco più avanti – Sono solo degli antipatici -
Accigliato da quell'affermazione, Steve chiese: – Perché mi hai invitato? -
- Sembravi così triste – la sincera e ingenua risposta dell'altro fecero abbassare lo sguardo al biondo.
- Oggi è il mio compleanno e mio padre non è potuto venire a vedere i fuochi, come facciamo ogni anno -
- Mi dispiace -
In quel momento, in cielo apparvero una moltitudine di colori e lo scoppiettare dei fuochi fece distrarre entrambi i bambini, incantati da quello spettacolo.
- Beh, grazie della compagnia -
A fine spettacolo, Steve si alzò, prendendo la strada per tornare dalla madre, ma subito fermato dall'altro.
- Aspetta! Come ti chiami? -
- Steve -
- Bucky -
Non capiva. Mai nessuno aveva cercato di conoscere il piccolo Steve, non era molto popolare tra i suoi coetanei, eppure quel bambino ci stava provando in tutti i modi a farlo sentire a suo agio e sembrava davvero interessato a fare la sua conoscenza.
La cosa però un po' lo imbarazzava.
- Devo andare – sentenziò, sentendo le gote colorarsi di rosso.
Sempre sorridendogli, Bucky lo lasciò andare, non prima di aver urlato al suo indirizzo qualcosa che Steve non avrebbe mai dimenticato.
- Buon compleanno Stevie -


 

4 Luglio 1930


- Forza Steve o ci perdiamo i fuochi -
Erano in ritardo. Come ogni anno, i fuochi d'artificio sarebbero stati sparati verso le 10 e, a quindici minuti dall'inizio, Steve e Bucky erano ancora lontani da Prospect Park.
Bucky cercava in tutti i modi di spronare il suo amico a correre di più ma non sentendo alcuna risposta si fermò di colpo.
E anche il suo cuore si fermò.
Steve era distante, ricurvo su se stesso e, a prima vista, prossimo allo svenimento.
- Che succede? - la voce preoccupata di Bucky arrivò come uno sparo alle orecchie del biondo.
Non riusciva a respirare. Ogni boccata d'aria che entrava sembrava pesare come un mattone e non scendere abbastanza in fondo da fargli sentire sollievo.
A fatica riusciva a parlare.
I loro sguardi si incontrarono. Paura.
- Non è niente – sentenziò – Andiamo altrimenti perdiamo i fuochi -
- Chissene frega dei fuochi – urlò il moro.
Era tremendamente preoccupato e vedere Steve così lo faceva stare anche peggio.
- Ti prego Buck, portami a vedere i fuochi. Ci tengo tanto – due occhioni da cucciolo si fecero strada sul suo viso.
- Va bene, va bene – arresa incondizionata con il suo amico che lo guardava in quella maniera.
Senza tanti complimenti, Bucky si caricò in spalla il povero Steve.
- Che fai?! - imbarazzato, il biondo circondò le spalle dell'altro, spaventato all'idea di cadere.
- Ti porto a vedere i fuochi – un sorriso comparve sul viso del moro, che strinse di più a se l'altro per non farlo cadere.
E dopo dieci minuti e un pizzico di fortuna, erano comodamente seduti al parco a guardare i fuochi d'artificio.
- Grazie Buck -
Steve appoggiò la testa sulla spalla dell'amico, ancora provato dalla corsa di prima.
Bucky, intenerito da quello scricciolo tutto stanco, gli cinse le spalle con un braccio e gli donò un piccolo bacio tra i ciuffi biondi.
- Buon compleanno Stevie -


 

4 luglio 1936


- Il nostro soldatino è cresciuto -
La risata di Bucky era così contagiosa che Steve si ritrovò a ridere di se stesso insieme all'amico.
Cresciuto. Non era il termine giusto per definirlo visto che era alto quanto un soldo di cacio e pesava anche meno di quelle ragazze poco più avanti di loro.
- Credo di aver messo su un paio di chili in effetti – sdrammatizzò il biondo, continuando a ridere.
Si sedettero al al loro solito angolino di Prospect Park, abbastanza isolato dal resto ma non per quello al sicuro dalle occhiate di un gruppetto di ragazze che si stavano mangiando Bucky con gli occhi.
Rispetto a Steve, Bucky era cresciuto bene. Alto, muscoloso e.. Bello aggiunse mentalmente il biondo mentre lo guardava. Si era riscoperto più volte invidioso dell'amico per quello ma ancora di più si era riscoperto stranamente geloso di quelle oche che cercavano insistentemente l'attenzione del moro.
Però Bucky non le guardava. I suoi occhi erano puntati sull'amico, una luce furba in quelle iridi azzurrine.
- Allora ti devo un doppio regalo sta sera -
Steve non capiva a cosa si stesse riferendo.
- Per quel paio di chili in più meriti un premio -
- Scommetto che sarà un altro salvataggio da parte tua al mio prossimo pestaggio -
Steve rise. Non che non apprezzasse l'aiuto dell'amico, solo trovava buffo che ogni volta che si trovava in mezzo ad una rissa non ce la faceva a tirarsene fuori da solo e che fosse Bucky a salvarlo ogni volta.
Bucky tirò le labbra in un sorriso. Avrebbe sempre protetto il suo piccolo soldatino, da qualsiasi cosa a qualsiasi costo, perché in cuor suo sapeva che se gli fosse accaduto qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
A distrarli arrivarono i fuochi d'artificio con i loro mille colori e gli scoppi assordanti.
- Posso darti il mio regalo? - chiese Bucky, attirando l'attenzione dell'amico.
Non aspettò risposta però.
Un attimo dopo le sue labbra erano già attaccate a quelle di Steve in un piccolo e casto bacio.
Il biondo ne fu sorpreso ma le morbide labbra dell'altro gli fecero scordare tutto, cercando un contatto più profondo che non gli venne negato.
Si ritrovarono poco dopo fronte contro fronte a guardarsi negli occhi e a sorridere come due pazzi.
- Buon compleanno Stevie -


 

4 luglio 1943


- Captain America non dovrebbe stare qui fuori tutto solo -
Quella voce. L'avrebbe riconosciuta dovunque e in qualsiasi caso.
Bucky si sedette vicino all'amico, il solito sorriso canzonatorio sul viso, pronto come ai vecchi tempi a far ridere il biondo.
- Vuoi che l'Hydra vinca così facilmente? -
Steve sorrise ma non riusciva a togliersi un pensiero dalla testa.
Bucky se ne accorse subito.
- Che succede? -
- Niente. Dovrei essere grato di essere qui, è dove ho sempre voluto essere, ma.. -
Eccolo lì. Steve e il suo senso del dovere che, a onor del vero, stava sulle scatole a Bucky e che sempre scavalcava qualsiasi altro sentimento del biondo.
- Ma..? - insistette.
- In questo momento vorrei essere a Prospect Park, con te -
Bucky sorrise di quella dolce rivelazione. Anche lui avrebbe dato qualsiasi cosa per poter essere a Brooklyn a vedere i fuochi con il suo soldatino.
Peccato che Steve non fosse più il suo soldatino, ora era il super soldato e ancora il moro non ci aveva fatto l'abitudine di quel ragazzo alto più di lui e muscoloso il doppio. Solo nei suoi occhi azzurri trovava ancora il suo scricciolo e l'amore che provava per lui.
Non avrebbero visto i fuochi quella sera, è vero, ma erano lì insieme e Bucky non voleva sprecare quel poco di tempo che aveva a disposizione a ricordare qualcosa che non sarebbe stato.
- Ehi capitano – lo chiamò.
Steve si voltò verso l'amico e in pochi secondi se lo trovò tra le braccia e sulle sue labbra a cercare un bacio.
Lo strinse a sé e ricambiò.
Non importava che i fuochi fossero stati sostituiti dalle bombe, che il loro angolo al parco fosse diventato un cumulo sassoso fuori dell'accampamento e che i loro compagni avrebbero potuto vederli.
C'erano solo loro e quello bastava a farli stare bene anche nel bel mezzo di una guerra.
Rimasero abbracciati per un po' e, prima di allontanarsi, Bucky rubò un altro piccolo bacio al suo soldatino.
- Buon compleanno Stevie -


 

4 Luglio 1945


- Steve -
Non era la sua voce. Mai più sarebbe stata la sua voce.
Peggy si sedette vicina al capitano, facendosi piccola sulla sua sedia e guardando il suo sguardo triste e spezzato.
- Non è colpa tua – disse la ragazza.
Steve strinse talmente tanto la bottiglia che aveva davanti da farla incrinare.
Era solo colpa sua. Bucky era morto per colpa sua e niente e nessuno avrebbe mai cancellato da davanti ai suoi occhi il corpo dell'amico reclamato da quel precipizio innevato.
Cosa gli rimaneva? Non aveva mai passato un giorno della sua vita senza Bucky e adesso, cosciente del fatto che non lo avrebbe mai più rivisto, abbracciato o baciato, riusciva solo a pensare a quando lo avrebbe raggiunto.
Chissà, magari prima di quanto pensasse, magari l'Hydra lo avrebbe aiutato in quel suo folle intento, e neanche si sentiva male per quel pensiero. Aveva sempre messo prima tutto il resto, l'arruolamento, le missioni contro l'Hydra e per una volta voleva mettere prima solo sé stesso e il suo dolore.
Captain America provava dolore e quella volta erano riusciti a strappargli il cuore dal petto.
Poi Bucky gli comparve davanti agli occhi, uno sguardo di rimprovero a colorargli le iridi azzurre, a rammentargli che non poteva permettere che quei criminali l'avessero vinta. Aveva deciso di seguire in quella folle impresa il ragazzino di Brooklyn che tanto odiava i bulli e, come allora, si era ripromesso di proteggerlo a qualsiasi costo. E così aveva fatto fino all'ultimo.
Steve non avrebbe permesso all'Hydra di rendere vano tutto ciò che Bucky aveva fatto per lui, l'avrebbe distrutta fino alle fondamenta e gli avrebbe fatto pagare a caro prezzo la sua scomparsa.
Peggy non trovando risposta da parte sua, si avvicinò al biondo, abbracciandolo teneramente.
Steve, con ancora la mente annebbiata dal ricordo del suo amico, avvicinò il viso a Peggy in un leggero sfiorar di labbra.
Non le sue labbra.
Ciò accentuò la sua percezione che il suo compagno non era lì con lui e che mai più sarebbero tornati a casa o al loro angolo a Prospect Park insieme.
Bucky non c'era più e mai più nelle calde sere al chiarore dei fuochi d'artificio e di teneri baci avrebbe sentito la sua dolce voce sussurrare al suo orecchio.
- Buon compleanno Stevie -


 

4 luglio 1962


- Rapporto tra dodici ore soldato -
La missione che gli era stata affidata era fin troppo semplice.
Uccidere il senatore dello stato di New York. Nessuna domanda.
Non esistevano domande ma solo missioni, sempre portate a termine nei tempi stabiliti, eseguite perché lui era un soldato ubbidiente, un sicario senza onore e una macchina al servizio di chi sapesse quali parole usare per farlo cedere.
Non esistevano riconoscimenti, solo rapporti, e poi il buio, la mente che si perdeva in un vortice nero e freddo che spazzava via tutto, anche il minimo accenno di umanità che poteva farsi spazio nel cuore del Soldato d'Inverno.
Ricordava solo ciò che loro gli dicevano di ricordare. Non ricordava come quel braccio metallico fosse arrivato da lui o come avesse imparato tutto quello che sapeva fare. Non ricordava le volte che avrebbe voluto che qualcuno lo abbracciasse o lo confortasse.
La sua mente altro non era che una lavagna su cui scrivere lo stretto indispensabile, per poi cancellare tutto con un colpo di spugna.
Quella volta c'era scritto “Uccidere il senatore”.
E avrebbe compiuto anche quella missione, proprio quella sera stessa, con l'aiuto della città in festa.
Appena i fuochi d'artificio scoppiettarono nell'aria fresca di Prospect Park, il Soldato d'Inverno sparò.
Un solo colpo, dritto alla testa. Missione compiuta.
Eppure non se ne andò. Rimase a guardare le luci dei fuochi nel cielo, un senso di nostalgia ad attanagliargli il petto.
Conosceva la scienza alla base dei fuochi ma non conosceva quella malinconia che si portavano dietro.
Un ricordo. Eccolo che cercava prepotentemente di uscire dalla mente del soldato, facendogli comparire davanti agli occhi l'immagine di un ragazzo biondo dal dolce sorriso.
A quel frammento di memoria, il suo cuore cominciò a battere all'impazzata, percependo per quella persona un sentimento che non sapeva identificare ma che lo faceva stare bene, stringendolo in quel caldo abbraccio che aveva tanto desiderato.
Chiunque fosse, era importante per lui.
Il ragazzo lo chiamò.
- Bucky -
E senza neanche sapere a chi e perché, le parole del Soldato d'Inverno uscirono come fossero le uniche parole che conoscesse.
- Buon compleanno Stevie -


 

4 Luglio 2012


- Andiamo Capitan Ghiacciolo, si va a mangiare shawarma -
Tony sembrava veramente entusiasta di andare a mangiare un qualcosa che non si sapeva neanche cosa contenesse.
Anche Thor e Bruce sembravano ben contenti di quell'invito a cena. Solo Natasha e Clint sembravano gli unici a ricordare che poco prima di un'ora stavano combattendo contro un esercito alieno pronto a distruggere la terra.
Steve non voleva rovinare l'entusiasmo generale e così seguì gli amici in un piccolo locale a Brooklyn.
Mangiarono il famoso shawarma come se non avessero mai visto cibo in vita loro, divertendosi nel lanciare lattine di coca cola per terra al grido di “un'altra”, come tradizione asgardiana che Thor aveva condiviso con loro.
- Io propongo un brindisi per il capitano – fece Nat ad un tratto – Buon compleanno -
Steve sorrise e brindò con gli altri, non badando alle battute di Tony riguardo la sua veneranda età.
Quello era il suo primo compleanno dallo scongelamento e, oltre al ritrovarsi in un futuro ancora incomprensibile, sentiva la mancanza di qualcuno.
Era bello essere lì con gli altri vendicatori ma, nonostante fossero passati settant'anni e un metro cubo di ghiaccio sopra di sé, il pensiero di Bucky lo faceva ancora stare male.
Ancora sperava di poter tornare con lui nel loro angolo a Prospect Park.
- Perché non andiamo a vedere i fuochi d'artificio? - propose Bruce, d'un tratto.
- Che cosa sono questi fuochi d'artificio? - chiese Thor curioso.
- Andiamo al parco qui vicino allora – concluse Steve, senza badare alle domande del dio.
Sarebbe tornato al parco e lo avrebbe fatto anche per Bucky.
Arrivati a destinazione, i Vendicatori cercarono un posto nel mare di famiglie radunatesi, come se gli avvenimenti della vicina Manhattan non li avessero sfiorati.
Steve camminò a passo sicuro verso il suo angolo, trovandolo identico come allora, e si sedette, attendendo i fuochi.
La malinconia prese possesso di lui, trovandosi a piangere lacrime da troppo trattenute e maledicendo ogni dio del cielo per aver permesso al fato di portargli via l'unica persona che avesse mai amato.
In lontananza, sentiva i suoi compagni ridere e, alla vista dei fuochi, Thor provò a spiccare il volo nel tentativo di toccarli, prontamente fermato dagli altri.
Steve, sorridendo alla scena, rimase in disparte ad osservare i mille colori in cielo, percependo un braccio amico stringerlo a sé.
Nello scoppiettare dei fuochi, sentì un eco lontano, di un augurio che, nonostante il tempo, non mutava.
- Buon compleanno Stevie -


 

4 Luglio 2014


- A sinistra -
La sua voce usciva con difficoltà dalle labbra tumefatte e il gonfiore all'occhio non gli permetteva di vedere troppo lontano ma aveva riconosciuto Sam vicino a lui.
- Buongiorno raggio di sole – scherzò l'amico.
Ancora troppo stanco e spossato, Steve non riusciva a ricordare molto degli ultimi momenti della battaglia al Triskelion ma ricordava distintamente Bucky.
Era vivo!
Quando lo aveva visto non poteva crederci, sentì il suo cuore fare un tonfo al pensiero che l'aveva ritrovato ma non completamente perché, nonostante il suo richiamo, l'altro non l'aveva riconosciuto.
Di tutto aveva fatto provando a fargli ricordare anche un solo piccolo frammento del suo passato ma con scarsi risultati.
- Io sarò con te fino alla fine -
Le stesse parole che gli aveva detto Bucky tempo prima, gliele aveva dette lui mentre lo prendeva a pugni per ucciderlo.
Fu in quel momento che vide Bucky fermarsi con gli occhi colmi di lacrime. Ricordava, ne era sicuro.
Poi acqua. E qualcuno che lo tirava fuori dal fiume.
Non poteva descrivere la felicità di aver ritrovato Bucky.
- E comunque, buon compleanno – sorrise ironico Falcon, riportandolo alla realtà.
- Sam, mi faresti un piacere? -
- Certo amico -
- Mi porteresti a Prospect Park? -
Sam guardò torvo il biondo. Evidentemente i farmaci lo avevano rincretinito per bene.
- Scordatelo! -
- Ma io.. -
- Tu non ti muovi da qui, chiaro? -
A quella intimidazione, Steve si ritrovò costretto a cedere e lasciò vagare il suo sguardo fuori dalla finestra. Fu allora che lo vide, un bagliore argenteo dal tetto dell'edificio di fronte.
Bucky sedeva sul cornicione del tetto, lo sguardo costantemente puntato sulla finestra della camera di.. Steve?
Era così che si chiamava, se non ricordava male.
Che cosa ci facesse lì neanche lo sapeva ma qualcosa, dopo gli avvenimenti sull'helicarrier, si era smosso in lui, riportando a galla vecchie memorie e sentimenti di.. Bucky?
Steve lo chiamava sempre così ma lui non ricordava chi fosse questo Bucky. Ricordava solo di essere il Soldato d'Inverno, eppure ogni memoria che ritornava era come se l'avesse vissuta davvero.
Chi era lui? Il Soldato d'Inverno o Bucky? O magari entrambi?
A tarda sera, nel cielo lontano mille colori presero vita danzando davanti agli occhi di Bucky.
Ora ricordava perché non aveva voluto andarsene e perché quel giorno gli rammentava un evento speciale.
Spostò lo sguardo sulla finestra della camera di Steve e i loro sguardi si incontrarono.
Steve gli sorrise, felice di vederlo lì con lui a guardare i fuochi, anche se distante, per poi chiudere gli occhi in un sonno profondo.
Bucky con agilità si intrufolò nella stanza del biondo e, senza alcun rumore, si avvicinò al letto.
Si chinò su Steve e gli lasciò un piccolo bacio sulla fronte, riscoprendo un contatto che mentre combattevano non aveva potuto percepire. Gli accarezzò una guancia e, così come un fantasma sapeva fare, scomparve, lasciando dietro di sé solo una manciata di parole.
- Buon compleanno Stevie -


 

4 Luglio 2016


- Ne sei sicuro? -
Esserne sicuri era forse troppo ma altro non avrebbe potuto fare.
Bucky sapeva che quella era la cosa migliore per tutti, soprattutto per Steve, anche se gli piangeva il cuore al pensiero di lasciare di nuovo da solo il suo soldatino.
Guardò prima la camera criogenica, poi Steve e gli sorrise.
- Non posso fidarmi della mia mente – sentenziò grave.
Steve si lasciò scappare un sospiro.
Era troppo per lui. Aveva finalmente ritrovato colui che amava e adesso doveva perderlo di nuovo per colpa di una manciata di parole apparentemente senza senso.
Non era giusto.
- Però mi fido dei miei ricordi – continuò Bucky – quelli non sono riusciti a cancellarli. Sono il mio tesoro più prezioso, dopo di te -
Steve lo abbracciò forte, sentendo il braccio destro del moro che provava a ricambiare la stretta con la stessa intensità. Il sinistro, invece, non c'era più, cancellato da colui che riteneva amico, e il biondo provava rabbia perché non era riuscito ad impedirlo.
- Promettimi solo una cosa – la voce di Bucky era spezzata dalle lacrime che minacciavano di uscire.
- Qualsiasi cosa – Steve non riusciva a guardarlo negli occhi, troppo triste quell'arrivederci per lui.
- Promettimi che quando mi sveglierete, tu sarai la prima persona che vedrò -
Steve cedette e con le lacrime agli occhi fece la sua promessa.
- Adesso sei tu che devi fare una promessa a me -
- Quale? -
- Promettimi che, quando ti sveglierai, mi porterai a Prospect Park a vedere i fuochi d'artificio -
Bucky fece scontrare i loro occhi, azzurro cielo nel blu mare, e gli asciugò un paio di lacrime.
- Promesso -
Piano, il moro si avvicinò alle labbra del biondo, catturandole in un leggero bacio a fior di labbra, ma l'altro voleva di più e con un movimento fulmineo attaccò le sue labbra a quelle del compagno in un bacio pieno di passione che entrambi aspettavano da tanto.
Tanto agognato quanto meraviglioso.
Fu quando uno dei medici disse loro che era tempo di iniziare la procedura che i due si staccarono.
Bucky entrò nella camera e, senza staccare gli occhi dall'altro, lasciò che il vetro li dividesse.
Steve posò una mano all'altezza del cuore del compagno e con le labbra gli mimò un paio di parole.
In risposta, l'altro cercò di fargli arrivare parole che ben conosceva e che il capitano non faticò a capire.
- Buon compleanno Stevie -


 

4 Luglio 2017


- Perché vuoi andare a vedere i fuochi d'artificio? -
La voce di Sharon Carter trillò nel caos di persone in festa che stavano passeggiando per le vie di Brooklyn.
- Insomma, mi sembra una cosa così.. antiquata – continuò ridendo.
Steve la guardò con fredda moderazione, non apprezzando né il falso umorismo né la sua stretta costante sul suo braccio come fossero due fidanzatini.
L'agente l'aveva chiamato quella mattina invitandolo ad uscire per festeggiare e Steve aveva accettato volentieri, pensando che una giornata in compagnia di una persona amica l'avrebbe distratto dalla marea di pensieri che gli ultimi avvenimenti gli avevano caricato addosso.
Un'amica, nulla più, così come lo era stata Peggy.
Steve si ritrovò a pensare a quanto la nipote fosse così diversa dalla zia, non solo esteticamente, e a come Sharon cercasse insistentemente da parte sua un qualcosa in più che neanche alla sua Peggy aveva potuto concedere, perché lui aveva veramente amato la bella agente ma non come compagna di vita.
La situazione era poi diventata imbarazzante per il capitano. Sharon gli ricordava terribilmente le oche che durante la sua adolescenza cercavano in tutti i modi di farsi notare dal suo migliore amico.
Bucky. Il suo pensiero riportò a Steve un po' di serenità in quella scomoda situazione, permettendogli di ritrovare un po' di autocontrollo per rispondere alla ragazza.
- Se non vuoi venire, non sei obbligata – disse gentile Steve – anzi, grazie della serata -
E con un sorriso di congedò da lei, lasciandola nel mezzo delle vie di Brooklyn da sola.
Quella sera Steve mise piede a Prospect Park in maniera tutta diversa.
Era da solo e la cosa un po' lo rattristava ma non del tutto. Bucky era ancora con lui, non aveva il timore di non rincontrarlo mai più o di averlo per sempre perso, avevano addirittura combattuto fianco a fianco per ciò che ritenevano giusto e Steve aveva definitivamente abbandonato la sua identità di Captain America per tornare ad essere solo un ragazzo di Brooklyn.
Aveva potuto riabbracciarlo come un amico, aveva sentito di nuovo la sua calda voce e la sua risata sbarazzina e aveva di nuovo assaggiato quelle calde labbra piene d'amore che tanto gli erano mancate.
Bucky avrebbe potuto essere lì con lui in quel momento ma aveva preferito essere ibernato ancora una volta, in attesa di una cura per quello che gli era stato fatto.
Steve l'aveva odiato per quella decisione ma non poteva biasimarlo e si era ripromesso di aiutarlo in qualsiasi modo.
Chissà. Magari l'anno prossimo.. Alla fine, Bucky gli aveva promesso che sarebbero stati di nuovo assieme, proprio lì nel loro angolo al parco.
I fuochi in cielo scoppiettarono quasi in empatia con la sua leggerezza d'animo e il biondo si ritrovò a sorridere come un ebete nell'immaginarsi Bucky seduto vicino a lui che gli sorrideva.
Ubriaco di felicità, di quel regalo bellissimo che il destino gli aveva concesso, neanche sentì la sua immaginazione fargli gli auguri.
- Buon compleanno Stevie -


 

4 Luglio 2018


- Non ti sembra un po' strano? -
Steve, comodamente seduto tra le gambe di Bucky, si stava godendo il chiacchiericcio delle persone e la tiepida aria di luglio, nell'attesa della conclusione dei festeggiamenti.
Davanti a loro, Bruce, Natasha e Sam si divertivano come degli amici al bar, ridendo e prendendo in giro il povero scienziato nel tentativo di farlo diventare verde.
Poco vicino, Tony e Pepper si erano ritagliati un intimo pezzo di prato, felici come non mai, e il povero Rhodey faceva il terzo incomodo con le sue gambe che ancora non riusciva a muovere bene.
Visione e Pietro si contendevano le attenzioni di Wanda, la quale stava cercando un pretesto per andarsene che non fosse usare i suoi poteri sul fratello e sull'amico.
Clint, poco più dietro, se ne stava comodamente seduto a giocare con i suoi figli e a coccolare sua moglie, forse qualcosa che prima non era mai riuscito a fare con tanta serenità.
Il baldo Thor, invece, stava brindando in tipico stile asgardiano, provocando le ilarità della gente lì vicino e il ribrezzo di suo fratello Loki, il quale non poteva neanche scappare, non con le gambe bloccate da Mjollnir.
Infine, lui e Bucky si era seduti al loro solito angolino, lì a Prospect Park, con l'intenzione di restare un po' in pace.
- Cosa sarebbe strano? - iniziò con un sorriso – Che per una volta siamo tutti comodamente seduti a divertirci senza che qualche folle cerchi di impadronirsi del mondo? -
- Anche – rise il moro – ma io pensavo al fatto che hai 100 anni e ne dimostri 30 -
100 anni.
Quante ne aveva passate in quel secolo di vita che mai aveva chiesto ma che gli era stato concesso?
A ripensarci, però, non avrebbe cambiato nulla. Aveva ottenuto tutto quello che dalla vita poteva chiedere: un gruppo di amici fantastico per quanto strambo, un senso di soddisfazione e l'amore della sua vita vicino a sé. E adesso che Thanos era stato sconfitto, poteva finalmente vivere in pace quella vita tanto agognata e faticosamente costruita.
Steve si spinse di più contro il compagno, trovando rifugio nel suo abbraccio e nel suo nuovo braccio di metallo a cui ancora non si era abituato.
Bucky lo strinse forte a sé. Non lo avrebbe mai più lasciato andare, per nessuna ragione al mondo, e gli avrebbe donato la felicità e la pace che più di ottant'anni prima aveva provato a donargli con quel bacio sotto i fuochi d'artificio.
- Ad altri cento anni? - gli sussurrò ad un orecchio.
- Ad altri cento anni – decretò il biondo – ma sta volta insieme -
Girandosi un poco nella stretta del moro, Steve cercò le sue labbra, per suggellare quella promessa di un futuro insieme per il resto delle loro vite.
Si staccarono solo alla luce dei fuochi d'artificio, a detta loro i più belli mai visti.
Improvvisamente, al fragore degli scoppi, si unirono anche le voci degli altri vendicatori.
- Buon compleanno Steve -
- Auguri Rogers -
- Auguri Ghiacciolino – la voce di Tony era inconfondibile anche in tutto quel trambusto.
Steve rideva felice. Poi si ritrovò sdraiato per terra, Bucky sopra di lui che rideva come un matto.
Ed eccolo lì. Il suo Bucky, lo stesso ragazzino che non smetteva di canzonarlo e apprezzarlo per la sua bassa statura e la sua grandezza d'animo, lo stesso bambino che vedendolo triste lo aveva portato a vedere i fuochi.
Ed era come essere tornati indietro nel tempo.
Con uno strattone, si aggrappò alle sue labbra in un bacio pieno di sentimenti, passione, amore ma anche malinconia, subito ricambiato dall'altro, che teneramente non smetteva di accarezzargli il viso.
Alla fine di quel bacio mozzafiato, Steve si accoccolò sul petto di Bucky, sentendo subito il metallico braccio stringerlo, in una forte presa che lo non lo fece più rabbrividire dal freddo ma che lo faceva sentire a casa.
Una magnifica sensazione.
Avesse potuto, sarebbe rimasto così per il resto della sua vita.
- Buon compleanno Stevie -
- Buon compleanno a me -
 

   
 
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