Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |      
Autore: Chrystal_93    13/07/2016    1 recensioni
Belle è costretta dal padre, Re Maurice, a sposarsi. Rifiutandosi e trovando difetti in ognuno dei pretendenti, il sovrano decide allora di darla in sposa al primo mendicante che sarebbe passato di lì.
Belle finisce così per diventare la moglie di un misterioso e povero filatore...
Adattamento della fiaba "Il re Bazza di Tordo" alla storia dei Rumbelle
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fiaba
 
"C'era una volta una principessa che, di fronte ai vari pretendenti, trovava un difetto per ognuno di loro. Il padre, esasperato dai capricci della giovane, decise che di dare la figlia in sposa al primo mendicante che fosse passato di lì.
La principessa andò così in sposa a un bravissimo, ma poverissimo, violinista che la portò con sé nel regno di uno dei pretendenti che lei stessa aveva rifiutato.
Costretta a vivere nell'indigenza, non faceva altro che combinare guai, persino nei vari lavori extradomestici che lui le aveva trovato. Quando finalmente si fu abituata a quella routine, si trovò al castello, dove faceva le pulizie, proprio il giorno in cui il re Bazza di Tordo si doveva sposare.
Quando quest'ultimo le si avvicinò e le chiese di ballare, dalle sue tasche caddero dei pezzi di cibo che i camerieri le avevano donato, vista la sua situazione. Derisa dalla folla di presenti, la principessa scappò via. Prima che si potesse allontanare però il re la raggiunse e quando i loro occhi si incontrarono, la giovane rimase esterrefatta nel vedere che l'uomo che aveva di fronte, e che non trovava più così brutto come alla corte di suo padre, altri non era che suo marito.
Lui le spiegò di essersi innamorato di lei sin dal primo momenti e che l'aveva ingannato solo perché lei imparasse ad amarlo per ciò che era, superando i pregiudizi che l'avevano inizialmente spinta a rifiutarlo.
La principessa, imparata la lezione, diventò gentile e dolce tanto che aiutò gli altri pretendenti a trovare moglie e si promise inoltre di non giudicare più nessuno dall'aspetto.
I due innamorati vissero infine felice e contenti."
[Riassunto personale de Il re Bazza di Tordo dei fratelli  Grimm, da cui la seguente ff è ispirata]
 
 

La luce delle poche candele accese illuminava appena le pagine del libro che Belle stava leggendo.

Dopo l'ennesima giornata stancante, si era rifugiata nell'unico luogo in cui non si sentiva giudicata e, soprattutto, imprigionata: la biblioteca.

Il chiarore dei lumi non riusciva a illuminare gli ampi scaffali ricolmi di libri.

Belle si sistemò meglio sulla poltrona rossa che aveva scelto per le sue letture. Guardò la finestra e notò la luna splendente.

Sorrise, pensando che, nonostante tutto, erano quelli i momenti che rendevano la vita piacevole. O per lo meno accettabile. Anche se si trattava pur sempre di una vita in gabbia.

“Belle!”

Una voce proveniente dai corridoi interruppe i suoi pensieri.

La giovane girò la testa di scatto quando sentì le ante della porta sbattere contro il muro, mentre il padre, furente in volto, avanzava minaccioso.

“Padre, è tardi e...”
“Basta!” urlò lui, alzando una mano. “Sono stufo dei tuoi capricci. Sei grande ormai e devi prenderti le responsabilità che spettano ad ogni principessa.”

Belle scosse la testa.

“Domani arriveranno dei pretendenti da ogni angolo del regno. E tu ne sceglierai uno.”

“Non ho intenzione di sposarmi, padre.”

“Credi di poter sedere su un trono con accanto uno di questi libri? Credi che la gente li accetterà come re?”

“No, ma credo che questi libri mi renderanno una regina abbastanza saggia da poter essere accettata dalla gente senza essere l'accompagnatrice di nessuno.”
“L'accompagnatrice?” sbuffò suo padre.

“Non è questo che vuoi che faccia? Tu non vuoi che io regni. Tu vuoi farmi accasare con un ricco nobile. E che quest'ultimo regni. Non io.”

Re Maurice digrignò i denti ma, prima di esplodere, si passò una mano sul collo per calmarsi.

Poi, respirando a fondo, si sedette su una poltroncina accanto alla figlia e la guardò preoccupato.

“Belle, sto diventando vecchio ormai. E voglio saperti sistemata per quando arriverà il mio momento. Sei troppo... be' lo sai. Sei sempre stata testarda, come tua madre, ma io voglio qualcuno accanto a te.”
“Padre.” disse Belle, avvicinandosi e poggiandogli una mano sulla sua. “Non mi serve nessuno accanto. Non ho mai creduto ai matrimoni combinati. E per di più io voglio...”

Ma non poté continuare perché suo padre, alzandosi con un gesto di rabbiosa impazienza, esclamò: “Adesso basta. Non voglio sentire altro. Domani sceglierai il tuo sposo.” disse e se ne andò prima che Belle potesse aggiungere altro.

La giovane passò tutta la notte insonne, disperata per il triste destino che l'aspettava.

“Non posso sposarmi.” ripeteva. “Non voglio.” mormorava tra le lacrime.

Stava quasi per lasciarsi cadere per terra, quando le venne in mente un'idea.

Molti anni prima aveva letto una fiaba in cui una principessa come lei, per sfuggire alle nozze forzate, aveva accettato di sposarsi a patto che il suo pretendente non avesse difetti o sapesse esaudire le sue richieste.

“Ma certo.” mormorò con un sorriso disperato che affiorava sulle sue labbra. “Non smetterò di combattere proprio ora.” si disse, pensando che, contrariamente a quanto pensava suo padre, per una volta un libro stava per salvarle la vita.

 

 

“E tu credi che con quella pancia possa cavalcare e comandare l'esercito? Sul serio, padre? Sarò costretta io a salire a cavallo e a cavalcare verso le schiere nemiche al posto suo.”

Re Maurice, che aveva acconsentito alla richiesta della figlia di trovare un degno sposo, si agitò sul trono.

“Vi ringrazio, nobile Giscard. La vostra visita ci ha onorato.” disse lui a denti stretti, guardando l'altro che, con un inchino, si defilava.

“Sir Gaston.” si presentò un altro pretendente, sorridendo arrogantemente, mentre piegava un braccio, più per mostrare i muscoli che per reverenza.

Re Maurice si drizzò a sedere e sorrise. “Ho sentito molto parlare di voi. Avete una buona mira a caccia, vero?”

“La migliore a quanto dicono.” disse lui.

“E qual è l'arma che preferite?”

Il padre e il giovane continuarono a discorrere, mentre Belle si arrovellava per trovargli un difetto.

Certo, aveva sentito anche lei parlare di Gaston, ma sapeva benissimo che l'arroganza, la vanità e il poco amore per i libri (ancora non era certa che l'uomo sapesse leggere) non erano di certo considerati difetti dal padre.

E così provò col secondo trucchetto. “Mio padre ha sempre sostenuto che un re degno di tale carica debba avere la forza nelle braccia e la saggezza nel cuore. È per questo che ha spesso invitato ai banchetti innumerevoli storici, poeti e cantori. Molti di loro erano stati straordinari cacciatori o condottieri. Voi cosa ne pensate?”

Di colpo tutti tacquero. Anche suo padre, pensando che forse il matrimonio era vicino.

Gaston si guardò attorto serio e poi, tornando a volgere lo sguardo alla giovane, scoppiò a ridere.

“Forse faranno morire di noia i nemici. O li faranno crepare dalle risate.”

Belle strinse le labbra e si voltò verso il padre.

Anche Re Maurice era infastidito dalla condotta del giovane, tanto che, con un sorriso stretto e minaccioso, lo congedò in fretta.

Prima di far entrare il nuovo pretendente si volse verso la figlia.

“Gaston non è poi così male.”
“Padre, mi ha appena derisa davanti a tutti. E questo è il male minore del suo carattere.”

Re Maurice chiuse gli occhi e strinse i pugni attorno ai braccioli del trono.

“Non puoi almeno cercare di essere un po' più indulgente?”

Belle sospirò e si prese il mento tra le mani.

“Il prossimo è un nuovo nobile. Viene da un regno molto lontano da qui. Ha conquistato il potere sconfiggendo il regnante precedente. Vediamo chi è.”

Un uomo dalla media statura, magro e coi capelli leggermente ondulati, ingrigiti dal tempo si avvicinò.

“Voi siete...” ma anche suo padre sgranò gli occhi vedendo la faccia dell'uomo. La sua pelle era ricoperta da molte cicatrici che ne deturpavano irrimediabilmente l'aspetto.

L'uomo ghignò, toccandosi il mento.

“Immagino siano cicatrici delle vostre battaglie.”

L'uomo annuì, ma non riuscì a proferire parola, perché Belle non ci pensò due volte e si aggrappò al suo aspetto esteriore pur di respingere anche lui.

“Padre, con quella faccia chi vi prenderà sul serio d'ora in poi? Nessuno stringerà più patti con voi e il nostro regno sarà emarginato e finirà per implodere su se stesso. Sarà una rovina per tutti noi.” Belle e il padre si misero a discutere per un buon paio di minuti finché Re Maurice, alzando il capo, notò che l'uomo se ne era andato.

Furente si alzò dal trono.

“L'unica rovina qui sei tu! Hai trovato ogni minimo difetto e quando non c'era lo hai creato tu.”
“Ma padre, cerca di capire. Io non voglio...”
“La tua volontà è ininfluente! Non ce la faccio più. Hai messo in ridicolo me, te stessa e il tuo intero regno oggi. Quindi hai due scelte. O sposerai il migliore tra i pretendenti che si sono presentati o ti darò in sposa al primo mendicante che passa.”

Belle spalancò la bocca, oltraggiata.

“E chi sarebbe il migliore?”
“Sir Gaston ovviamente!”

“Mai! Preferisco finire a pulire il porcile in sposa a uno sconosciuto che sedere accanto a quel pallone gonfiato!” sbottò lei.

Quando finì, si accorse di cosa aveva detto, ma ormai era troppo tardi per ogni ritrattazione.

“Tu...” disse lui, ma si fermò quando due soldati lo interruppero.

“Re Maurice?”
“C'è qualche problema? Perché venite a disturbarmi?”

“Alla porta c'è un mendicante di cui non riusciamo a liberarci.”
“Cacciatelo!”

“Ci abbiamo provato, ma lui insiste.”
Re Maurice stava per borbottare qualcosa quando l'occhio gli cadde di nuovo sulla figlia.

“Fatelo entrare.” disse, serio in volto.

“Padre, non vorrete...”

Re Maurice però non l'ascoltò e scese i pochi gradini che separavano il trono dalla sala per raggiungerlo.

Un uomo incappucciato, e un po' ricurvo avanzò zoppicando.

Con sé aveva una cesta piena di filati vari.

“Ho sentito che volevate a tutti i costi entrare.” disse lui, guardando dentro il cesto. C'erano degli stracci e anche dei panni che lui stesso aveva tessuto.

“Li avete fatti voi?” domandò.

“Sì, sire.”

Re Maurice ne sollevò uno. Era una sorta di centrotavola rotondo, verde e rosso. L'interno consisteva in una rosa rossa che sbocciava fra un intrico verde di spine ricamate.

“Avete un talento senza eguali. Quanto volete per questo?”

“Solo un po' d'acqua. Sono assetato.”

Il re fece cenno a uno dei servitori di portargli una coppa d'acqua e, dopo che l'uomo ebbe bevuto, disse: “Il vostro talento merita ben più di un bicchier d'acqua. Vi concedo la mano di mia figlia.” Poi si voltò verso la figlia e disse: “Una volta finita la cerimonia, dovrai andartene. Questo non è un posto per un'accattona.”

“Padre!” protestò lei, ma il re se ne andò, senza più voltarsi.
 

 

“Che posto è questo?” chiese Belle, dopo una camminata estremamente lunga.

Si guardò intorno e vide un parco immenso, dove pascolavano mucche e pecore.

“E' il parco del nuovo signore. Rumplestiltskin.”

“Aspetta, il nuovo signore?”

“Sì, certo.” disse l'uomo, avanzando.

“Aspetta!” esclamò lei, prendendogli un braccio e fermandolo.

Quando l'uomo si girò, i suoi occhi marroni quasi si confusero con la faccia tutta sporca di fango.

Belle faceva ancora fatica a guardarlo senza fare smorfie o rimanere sorpresa di fronte al volto tutto sporco dell'uomo. Aveva anche provato a farglielo lavare lungo un ruscello, ma la terra e il fango non volevano venire del tutto via e così la pelle dell'uomo sembrava eccessivamente scura, come quella di una bestia.

“Stai... stai dicendo che il nuovo signore è forse...”
“Cosa?” chiese lui, guardandola incuriosito.

“Be', lo sai. La sua faccia. È lui con la faccia piena di cicatrici?”

Il filatore sorrise e annuì con la testa.

“Non penso di poter giudicare qualcuno dalla sua faccia.”

“No, non volevo dire questo ma...”

“Ricordati che le facce troppo perfette a volte sono solo una maschera dietro cui si celano anime ben più rivoltanti di qualche cicatrice.” e detto questo, si voltò e continuò il cammino.

Belle non ebbe più il coraggio di aprire bocca.

Proseguirono per ancora una buona mezz'ora fin quando giunsero a una capanna di legno un po' marcio.

“Tu abiti qui?” chiese, spezzando il silenzio che fino ad allora aveva regnato tra loro.

Noi abitiamo qui.” disse lui, con l'ennesimo timido sorriso sulla faccia.

Quando entrarono, ciò che vide fu ben peggiore di quel che l'esterno prometteva.

La casetta era spoglia e sporca. Dal soffitto pendevano delle pentole alquanto consumate e, a parte un piccolo giaciglio fatto con la paglia e un camino pieno di cenere, soltanto un arcolaio decorava quel posto desolato.

“Vivi... viviamo qui da soli?” chiese lei.

“Ti aspettavi dei servi?” chiese lui, ridendo.

Belle aggrottò la fronte.

“Non ti preoccupare, ce la caveremo.” disse lui, appoggiandole uno scialle sulle spalle. “Fa un po' freddo, quindi tieni questo finché non avrò preso abbastanza legna per accendere il fuoco.”

Belle toccò lo scialle e notò che, nonostante i materiali scadenti con cui era stato realizzato, era ben tessuto.

Quando l'uomo tornò dentro, lei si era seduta su un piccolo sgabello traballante.

“Non sapevo cosa fare.” disse, sentendosi colpevole.

“Intanto prova ad accendere il fuoco. Da piccolo mi divertiva. Io intanto preparo una minestra. Avrai fame dopo il viaggio.”

Mentre l'uomo cucinava e lei tentava invano di accendere il fuoco, Belle cercò di scoprire qualcosa in più su di lui.

“Tu sei un filatore?”

“Anche.” disse lui, senza mai smettere di sorridere timidamente e nervosamente.

“Anche?”
“Be', devo fare anche altri lavori. Sorveglio questa parte delle proprietà e di tanto in tanto faccio persino il pastore. Pulisco anche il castello se ne ho l'occasione.”

Belle annuì con la testa.

“Vuoi provare a cucinare mentre io accendo il fuoco?”

“Oh, ecco io...” disse lei, togliendo le mani dai rami che aveva posto nel camino.

L'uomo si avvicinò e, in un batter d'occhio, accese il fuoco.

“In realtà io non so cucinare. Mi dispiace.”

“Non fa niente. Ma te lo posso insegnare.”

Fece cenno a Belle di avvicinarsi. “Ho messo tutti gli ingredienti qui dentro. Quindi ora dobbiamo solo spostare questa pentola sul fuoco e girare.”

Porse il mestolo a Belle e la spronò a girare.

Sfortunatamente e, senza nemmeno capire come, la giovane riuscì a bruciare la minestra.

“Mi dispiace.” disse lei, mentre faceva scivolare una cucchiaiata di minestra nella ciotola.

“Non è poi così cattiva.”

Belle sorrise. “Grazie, ma sei troppo buono. O sei abituato a cibi ben peggiori. E non me ne capacito.”
“In realtà sono più abituato a dover saltare i pasti, quindi...”

Belle si morse le labbra e rimase in silenzio. “Andiamo, sono sicuro che imparerai. Come prima volta è andata bene.”

“Non credo che imparerò mai.”

“Io invece credo di sì. C'è tempo.”

Quando ebbero finito la cena, si prepararono ad andare a dormire. Belle tuttavia rimase impietrita di fronte all'unico e stretto giaciglio di paglia. Erano sì sposati, ma a parte la cerimonia non c'era stato nient'altro 'da sposati' tra loro.

“Dormici pure tu. Io dormirò lì vicino al camino. Ho una coperta di riserva.”

“Sei sicuro?”

“Sì, certo.”

Quando il buio e il silenzio regnò nella casetta, Belle non riuscì a trattenersi.

“Perché hai acconsentito a sposarmi?”

Anche se il buio era fitto, a Belle sembrò di sentire gli occhi dell'uomo scrutarla.

“Voglio dire, tu neanche mi conosci.”

Anche a questa frase seguì il silenzio, ma, proprio mentre la giovane stava per girarsi di lato e provare a dormire, sentì l'uomo dire: “C'è tempo anche per questo.”
 

 

I giorni continuarono tranquillamente. Lui di usciva di casa la mattina e la salutava con un sorriso. Tornava a mezzogiorno con della legna per il camino per la sera, quando rientrava definitivamente e l'aiutava a cucinare. Lei invece restava a casa, tentando di non combinare guai.

Qualche domenica si concedevano una passeggiata e lei ne approfittava per guardare i prati e i fiori, e si incantava di fronte al roseto che avviluppava le mura meridionali del castello.

A volte correva anche di qua e di là a leggere alcune incisioni su pietra.

“Ti piace leggere?” le chiese lui un giorno, vedendola intenta a rimuovere il muschio da una roccia per scorgere alcune lettere incise.

“Sì. Leggevo molto a castello. Era l'unico momento in cui non mi sentivo in prigione. In cui mi sentivo libera. Mi facevano pensare che tutto fosse possibile, anche che una come me potesse girare il mondo liberamente, e non solo per visite di cortesia.”

Alla parola prigione l'uomo abbassò il capo e, annuendo, si zittì.

“Aspetta, che succede?” chiese lei, quasi urlando per farsi sentire.

Lui si voltò e disse: “Stare con me quindi è come una prigione?”

Belle aprì la bocca, ma non riuscì a dire niente.

L'uomo sorrise amaramente e, voltandosi, si allontanò.

“Non volevo dire che...” disse lei, una volta raggiunto.

“Sta per farsi buio, è meglio se torniamo a casa.” e non aggiunse più altro.

Le cose però non cambiarono molto e, nonostante quell'episodio, lui continuava a essere cortese e a sorriderle timidamente.

Lei tentò di non bruciare niente e di non intristirlo più.

Tuttavia dopo alcune settimane, quella piccola serenità fu travolta dall'indigenza in cui la loro vita versava. Le scorte di cibo e anche le verdure dell'orto finirono e non avevano più neanche un soldo per comprare del cibo.

“Dobbiamo fare qualcosa .” disse lei.

“Sì, non potremmo continuare così a lungo.” disse lui, guardando la piccola dispensa vuota.

“Ho provato a cercare nel bosco ma...” cominciò lei.

“Non c'è niente nel bosco, non in questa stagione. Ma forse una soluzione c'è. Io sono via tutto il giorno per cui dovrai farlo tu. Ho delle vecchie porcellane messe da parte, non valgono molto, ma se le venderai al mercato, sono sicuro che ci ricaveremo qualcosa. Almeno abbastanza per mangiare per altre due settimane.”

 

 

La sera successiva, non vedendola tornare, l'uomo si preoccupò e pensò che si fosse persa per strada. Mentre camminava di buona lena sul sentiero, con una lanterna un po' malconcia per farsi luce, le sue paure aumentarono. E se fosse stata aggredita?

Si mise quasi a correre quando, ad un tratto, sentì piangere.

Si avvicinò ad un tronco che poco tempo prima aveva tagliato e che una volta lei aveva usato come sedia, riposandosi da una delle loro passeggiate domenicali.

“Belle?” chiese, quando, avvicinandosi, riconobbe il suo profilo.

La giovane però non rispose e si ritrasse.

“Qualcuno ti ha fatto del male?” chiese.

Lei scosse la testa. Tirando un sospiro di sollievo, si avvicinò e vide che, accanto alla giovane, c'era un fagotto pieno, lo stesso che lui aveva preparato per contenere le porcellane.

“Hai visto qualcuno che conoscevi, ti sei vergognata e sei fuggita?”

Belle scosse ancora la testa.

“Allora mi vuoi dire che cosa è successo?” chiese lui, preoccupato. Lei però ancora non rispose.

L'uomo decise allora di prendere il fagotto per tornare a casa.

“No!” urlò lei, cercando di impedirglielo.

Così facendo, il telo si aprì e la debole luce della lanterna illuminò un mucchio di piatti e tazzine in frantumi.

“Cosa...”

“Ti prego, perdonami. Ero andata al mercato, mi ero messa in un posto bene in vista, sapevo che prima o poi qualcuno sarebbe venuto a comprare. Il mio sbaglio è stato quello di mettermi all'inizio, così pensavo che le persone avrebbe comprato la merce senza vedere qualche concorrente ed ero anche più vicina per tornare a casa. E poi, dopo un'ora e mezza, un uomo su un cavallo mi è venuto addosso e ha distrutto tutto. Ho cercato di fargli ripagare i danni, ma non ci sono riuscita. Se n'è andato dicendo che una pezzente come non poteva nemmeno rivolgergli la parola, men che meno chiedergli soldi.”

Lui fece per dire qualcosa, ma lei si abbassò e continuò.

“Ho cercato di rimettere le cose a posto, ma ormai era tutto rotto. Lo so che sei arrabbiato, lo so! Ma... non l'ho fatto apposto. E poi, guarda! Una tazzina è rimasta integra.” disse lei, abbassandosi e afferrando una tazzina. “E' solo un po' scheggiata, ma quasi non si nota.” Belle gliela porse, con uno sguardo così impaurito che lui quasi non si mise a ridere.

“Non mi importa niente di tutto questo. Sono solo oggetti. L'importante è che tu non ti sia fatta male.”

Belle respirò di nuovo e sorrise, scuotendo la testa.

“No? Bene, allora torniamo a casa. Lascia, questo vengo a prenderlo domani.”

“Lo lasciamo qui, quindi?”
“Non tutto, questa la teniamo noi.” disse lui, prendendo la tazzina scheggiata.

“Non vuoi venderla? Magari qualcuno sarebbe disposto a...”
“No, la metteremo in bella vista a casa. Sarà il nostro portafortuna. È sopravvissuta, proprio come te.”

Belle sorrise. “D'accordo.”

 

 

Dal momento che non erano riusciti a vendere niente, l'uomo stava fuori ancora di più per portare qualcosa a casa. Belle tuttavia era sempre più triste. Se prima si sentiva così per la vita a cui aveva rinunciato, ora si sentiva in colpa. Bruciava il cibo, spesso strappava le poche vesti che avevano ed era soltanto una bocca in più da sfamare per il marito che, dal loro matrimonio, non aveva mai preteso niente da lei, anzi, continuava a dormire per terra, vicino al camino pieno di cenere (il che rendeva la sua faccia ancora più sporca e scura).

L'uomo lo notò e così, un bel giorno, decise di coglierle una rosa, poiché si ricordava che alla giovane piacevano molto. Di sicuro avrebbe rallegrato il grigiore della loro casetta.

Quando la colse però si punse, ma non gli diede subito importanza. Una volta tornato a casa, però, il dito si era gonfiato e aveva un aspetto tutt'altro che sano.

“Che cos'hai là dietro?” chiese lei, guardandolo.

Lui tirò fuori la rosa da dietro la schiena. “Volevo solo farti sorridere.”

“Grazie!” esclamò la giovane, prendendogli di mano la rosa e facendo attenzione alle spine. Nel farlo, però, gli toccò il dito malato e la rosa cadde a terra.

“Che hai fatto al dito?”

“Mi devo essere punto con qualche spina.”

“Aspetta, da piccola mi era capitato una volta.”

Corse fuori e preparò un decotto per disinfettare la ferita. Poi, non trovando nessuna benda, si avvicinò al suo baule, ne estrasse l'unico vestito che il padre le aveva permesso di portare con sé e lo squarciò in alcune parti, così da formare delle striscioline.

“Ma quello era il tuo vestito più bello. Per quanto mi impegni, non potrò mai cucirti abiti di tale fattura.”

“E quello è il tuo dito. Be' forse non è il più bello, ma scommetto che ti serve ben più di un inutile vestito.”

Lui si lasciò bendare e, sorridendo, disse soltanto: “Grazie.”

“Potrebbe salirti la febbre stasera, per cui ho preso qualche erba in più. In ogni caso non potrai lavorare come prima.”

“Vedrai che per domani starò meglio.”

“Però, ti prego, dormi tu stanotte a letto. Posso starci io per terra.”

“Non se ne parla. Non sarà una rosa a rovinarmi.”
 

 

Due giorni dopo però l'uomo fu costretto a letto, dal momento che non solo la febbre era salita, ma tutto il corpo gli doleva.

Belle gli preparò dei decotti e, dopo aver a lungo insistito, lo convinse a lasciare che fosse lei a lavorare. Riuscì a trovare presto un lavoro presso il castello, impiego che le permetteva di correre a casa a vedere come stava e a dargli una mano in caso di necessità.

Puliva per terra e aiutava anche in cucina, specie perché erano state appena annunciate le nozze di Rumplestiltskin.

Belle era troppo immersa nel lavoro e nell'aiutare il marito, che le fu difficile fermarsi a rammaricarsi del fatto che lei stessa aveva rifiutato tutta quella ricchezza.

Quando però gli capitava, specie quando gli altri la trattavano o come invisibile o come appestata, non si rattristava quanto si era aspettata, poiché cominciava a tenere molto a suo marito e a una vita semplice, anche se estremamente povera. L'unica cosa che avrebbe cambiato sarebbe stata la penuria di cibo.

Le cose però stavano migliorando poiché, grazie al lavoro nelle cucine, riusciva sempre a portare a casa qualche avanzo.

“Un pezzo di torta?” chiese l'uomo, seduto sul letto.

“Sì, pensavo ti sarebbe piaciuto. Come stai?”

“Molto meglio. Talmente bene che stasera puoi tornare a dormire tu a letto.”

“No, soltanto quando guarirai.”

L'uomo alzò le braccia, sorridendo e accettando la decisione della giovane.

“Almeno potrai smettere di lavorare a palazzo.” disse lui.

“In realtà avevo pensato di continuare. È abbastanza vicino per me per tornare a pranzo e poi posso portare a casa del cibo. Stando qui tutto il tempo finirei solo per bruciare il tetto.”

“Il tetto?” rise lui.
“Non sfidarmi, potrei anche riuscirci!”

L'uomo rise e assaggiò un pezzo di torta, lasciandone metà alla moglie.

“Senti.” cominciò lui. “Ho sentito che al castello hanno fatto costruire una nuova ala, o meglio una nuova stanza. È piena di libri e visto che ci lavori...”
A Belle brillarono gli occhi. Il luccichio durò un attimo e poi si spense subito. “Mi piacerebbe, ma io sono solo una sguattera. E non voglio perdere questo lavoro, a nessun costo. Non se possiamo stare più tranquilli e smetterla di preoccuparci del cibo.”

L'uomo si fermò a fissarla con lo stesso sguardo con cui l'aveva guardata vedendola stracciare i suoi abiti per curarlo.

“Allora almeno goditi la cerimonia.”
“La cerimonia?”
“Il matrimonio. È domani. Per cui trovati un bel posto, e goditi la scena.”

“Non so se posso...”
“Ma certo che puoi! Oridini di Rumplestiltskin. Tutti possono smettere di lavorare durante la cerimonia. Fino a quando non comincerà il banchetto per lo meno.”

“E tu non vieni?” chiese lei.

“No, io ho una cosa molto urgente da fare. L'ho rimandata un po' troppo da quando mi hai costretto a letto.”

Belle sbuffò e andò a prendere della legna per il fuoco, mentre il marito la guardava sorridendo.

 

 

Belle fece come il marito le aveva detto. Lavorò fin quando le era permesso e poi si mise in un angolo del salone, dietro una colonna, per poter scorgere la sposa che, a quanto si diceva, sarebbe arrivata di lì a poco.

Servi vestiti di tutto punto le passavano davanti con vassoi pieni di cibo, mentre altri trasportavano enormi pacchi regalo.

Qualcuno di loro, che l'aveva conosciuta nei giorni precedenti, forse impietosito dal suo vestito logoro, si fermava a darle qualche boccone che lei prontamente nascondeva nelle tasche dell'abito per poterlo portare al marito.

A un certo punto un enorme orologio sembrò rintoccare e un uomo dall'aspetto fiero e sorridente scese le scale e si fermò in mezzo al salone, dove salutò i vari ospiti.

Belle si alzò sulle punte per poterlo vedere meglio. Aveva una magnifica giacca blu, con ricami dorati, i capelli ora erano ordinati e, sebbene le ciocche marroni ormai stessero scomparendo tra quelle argentate, erano così ben pettinate che i capelli sembravano innaturalmente morbidi.

La pelle, che tempo prima le era sembrata spaventosa, ora non le faceva più alcun effetto. Era vero, aveva molte cicatrici ma solo ora capiva le parole che suo marito le aveva detto molto tempo prima.

Il passo era sicuro e il sorriso era smagliante, seppur tradiva tremori di timidezza, cosa che le ricordava suo marito. A quel pensiero, si ricordò che probabilmente l'uomo aveva fame e così decise di raggiunsegerlo a casa. Poteva benissimo vedere la principessa nelle altre occasioni in cui sarebbe andata al castello per lavorare.

Optò per fare la strada meno affollata e così cercò di uscire per le cucine, piuttosto che affrontare la calca che rendeva impossibile andarsene attraverso l'entrata principale.

Quando giunse nel giardino, stava quasi per uscire dalle mura del castello -le stesse mura ricoperte di rose rampicanti- che si sentì chiamare.

Si voltò e vide il principe. Per la sorpresa incespicò e cadde a terra, carponi.

Rumplestiltskin le fu subito vicino e l'aiutò a rialzarsi. Belle stava per ringraziarlo, quando vide che dalle tasche le era caduto del cibo. Terrorizzata che lui potesse pensare che fosse una ladra, si alzò frettolosamente e fece per scappare, ma lui la afferrò per un braccio.

“Aspetta!”

“Lasciatemi, vi prego. Ve lo giuro, il cibo me l'hanno dato solo perché avanzava, così da poter portarlo a mio marito, che non sta ancora molto bene. Lo conoscete, viviamo qui dietro e lui lavora anche per voi.”

“Vostro marito è fortunato ad avere una moglie come voi che si preoccupa della sua salute. E della sua pancia.”

Poi le lasciò il braccio e lei, senza girarsi del tutto, cercò di congedarsi con un mezzo inchino.
“Devo andare.”

Lui le prese una mano e la strinse.

“E' stato un piacere incontrarvi, allora. Non è da tutti i giorni conoscere qualcuno che sappia amare difetti quasi insopportabili ai più, come la miseria o una faccia sporca,, e riconoscere invece che dietro a facce troppo perfette a volte sono si celano anime ben più rivoltanti di qualche cicatrice.”

Belle a quelle parole sbarrò gli occhi.

Quella era la stessa frase che suo marito le aveva rivolto qualche ora dopo essersi sposati.

Guardò l'uomo in faccia e incontrò gli stessi occhi marroni che ogni mattina le davano il buongiorno.

“Voi non...” mormorò indietreggiando.

Solo allora notò che la mano dell'uomo che stava stringendo la sua era fasciata, e la benda non era una semplice fascia, bensì era un pezzo del suo vestito.

“Sei tu... Come può essere?” balbettò lei, incredula che l'uomo che aveva di fronte altri non fosse che suo marito.

“Ti avevo detto che c'era tempo.”

L'uomo sorrise e la avvicinò a sé, aspettando un segnale.

“Ma perché non me lo hai detto?”

“Perché volevo che vedessi al di là delle mie cicatrici. Volevo che mi conoscessi per quello che sono e che ero prima di avere...” fece un cenno al castello “...tutto questo. Volevo che vedessi l'uomo dietro la bestia.”

Belle, che era rimasta senza parole e anche senza respiro, sorrise e una lacrima le scivolò lungo la guancia.

“Non ho mai visto nessuna bestia, in realtà.” Gli accarezzò una parte del volto e l'uomo chiuse gli occhi al tocco della donna. “O forse mi ci è voluto tempo per imparare che volte la tazzina migliore ha il bordo scheggiato.”

Rumplestiltskin riaprì gli occhi e sorrise. Portò una mano su quella della donna che ancora gli stava accarezzando il volto e si avvicinò a lei.

“Forse, prima di baciarti, dovrei organizzare un vero matrimonio?” chiese, sempre più vicino a lei.

“Non ho mai pensato che il nostro matrimonio non fosse vero, sebbene all'inizio non ne fossi entusiasta. Ma come dici tu, c'è tempo.” disse lei, prima di accorciare le distanze e baciarlo.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Chrystal_93