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Autore: Elendil    16/07/2016    0 recensioni
Per un attimo Zaphil parve come intenzionato a toccarla, ad afferrarla per il braccio. Solo all’ultimo egli si bloccò. “Sarà meglio scendere. Oggi ho lezione e ...” tentò di dire lei con il cuore in gola ma lui non la lasciò finire.
“Odayn” la sua voce era bassa e cupa ora “La Torre del Tempo non sarà per sempre un luogo sicuro per te. Cerca di fare attenzione”.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi! Capitolo purtroppo abbastanza lungo che segna la fine del “primo libro” di questa Storia nonché Il suo giro di boa verso nuovi sviluppi e vicende. Spero che possa piacervi! Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito fin qui rendendo possibile, uno dopo l'altro, la stesura di ogni pagina.

I prossimi capitoli che (spero) vedrete potrebbero non essere pubblicati di seguito ma in una parte totalmente nuova così da dare un po' più di respiro al tutto.

Che dire? Grazie ancora di cuore a tutti per la pazienza e la gentilezza. Grazie anche a coloro che, pur non sapendolo, mi danno ogni giorno la possibilità di portare avanti la mia passione


Bacius

Elendil

________________________________________


Per un po’ non parlarono. Preferirono accelerare l’andatura fino al momento in cui il riverbero dei loro respiri smise di infrangersi sulle pareti circostanti per aprirsi in un morbido e vasto riverbero cavernoso. Qui si fermarono, senza fiato, l’oscurità a costringerli alla cieca a cercare un punto ove aggrapparsi e riposare. Solo dopo qualche istante Zaphil si rese conto che l’acqua qui era assai meno salata di come la ricordasse all’esterno ed ovunque percorsa come da una corrente leggera ma costante. Resistette tuttavia all’impulso di bere, un vago sentore ferrugginoso a suggerirgli che quel liquido non fosse affatto puro come i suoi sensi ora gli suggerivano.

Si concesse allora un sospiro contratto cui l’altro rispose con un risolino egualmente distorto.

Quando giungemmo qui su indicazione delle lettere” prese a dire muovendo appena le gambe a mollo “Le torce erano state accese per guidarci verso il luogo in cui la Nihaar’ì avrebbe celebrato il Rito. E’ un vero peccato che ora non ci siano, pochi spettacoli su tutta Harryan reggono il confronto”.

Pur sapendo che l’altro non l’avrebbe vista, il Naphil non potè trattenere una smorfia contrita.

Ho visto e viaggiato più di quanto voi possiate pensare, Anhayt” rimbrottò nervoso “Penso sopravviverò a questa privazione” “Certo, immagino di si” convenne l’altro mentre, cauto, prendeva ad allontanarsi lungo la parete. Subito Zaphil gli fu dietro “Eppure in qualche modo sono certo che questo l’avreste voluto vedere...”

Poi un lungo fischio proruppe dalle labbra dell’Anhayt, vibrando e spargendosi nell’immobilità di quel luogo come un brivido lanciato alla cieca nel buio. Senza direzione e meta esso parve dapprima scomparire per poi subito tornare quasi che altri avessero a loro volta fischiato di rimando.

Silenzio.

Fischiò ancora, più lungamente. E di nuovo eccola andare e tornare quella marea invisibile, risacca sul viso e nel corpo.

Silenzio.

Poi, al terzo fischio, una luce si schiuse improvvisamente nell’oscurità. Dapprima fioca e lontana, poi via via più vicina e calda. Ed infine lucida e splendente fra le mani della sagoma glabra che la reggeva, nulla più che una donna dall’aspetto esile e minuto a confronto della vastità di quella sala.

E per quanto gli costasse farlo, Zaphil dovette suo malgrado ammettere che l’Anhayt aveva avuto ragione. Pochi spettacoli potevano competere con quello offerto ora dal Tempio delle Tinte.

La cavità adibita all’ultima fase di riposo e fissaggio della Tinta non era altri che un’immensa caverna dalla volta a cupola sul cui soffitto erano stati aperti naturali ed artificiali buchi affacciati su un piano superiore, anch’esso in nuda roccia calcarea. Da questi squarci pendevano immensi teli rosso cupo, alcuni lunghi poco meno di qualche metro, altri tanto estesi da sfiorare quasi la superfici delle acque sottostanti. Da ogni stoffa precipitavano lente e costanti gocce d’acqua frutto dell’umido dilavamento delle rocce. Il loro stillare pareva un lieve rumore di sottofondo nell’atmosfera di placida e calma stasi.

Immobile, Zaphil si ritrovò improvvisamente incapace di parlare.

Espirò invece piano, lasciando che la fragile ed al contempo ciclopica bellezza di quel luogo calasse su di lui come un velo di pura e semplice meraviglia. Al suo avvertì allora l’Anhayt sogghignare prima di sfiorargli con la mano la spalla.

Andiamo” sussurrò “Quella è la luce che ci farà uscire di qui”.

In silenzio presero a nuotare in direzione della luce ora ferma sulla riva opposta del lago. La persona che la reggeva, chiunque fosse, pareva come in attesa o incerta della fonte del suono che l’aveva spinta a scendere fin lì. Per fortuna di tutti parve non trovarla perché dopo un istante questa si voltò prendendo subito dopo ad ontanarsi portando via con sé l’unico risplendete chiarore del luogo.

Rapidi, l’Anhayt e Zaphil le furono dietro, nemmeno il tempo di uscire dall’acqua per impedirsi di rimanere nuovamente nel buio e perdere così definitivamente l’occasione di muoversi all’interno del Tempio dei Tintori.

Solo quando a quell’unica luce se ne sommarono in lontananza altre fioche, i due si diedero il tempo di ripararsi in un angolo e vestirsi alla bell’é meglio con i propri stracci ora zuppi e freddi. Loro malgrado, in un attimo entrambi presero a battere i denti dal freddo.

Tuttavia Zaphil pareva affatto intenzionato a perdere tempo.

Avete detto che trovaste torce accese ad attendervi e guidarvi verso il luogo delle Celebrazioni” si rivolse all’altro notando ora le sue labbra vagamente annerite dal gelo. L’Anhayt annuì una volta. “Cos’altro?” lo incalzò subito.

Nel buio, per un attimo l’incertezza parve balenare sul volto dell’altro, quasi che in un determinato istante il dubbio vi avesse fatto capolino distorcendolo appena nei tratti e lineamenti. Poi si morse le labbra.

Solo le indicazioni per uscire senza che i Danzatori potessero intercettarci” esalò in un lieve tremito. Zaphil si ritrovò ad aggrottare appena le sopracciglia.

Possibile che tutti i Tintori sapessero così tanto della loro dimora? Possibile che chiunque, se opportunamente guidato, avesse il potere di entrare ed uscire a piacimento da uno dei luoghi più sacri di tutta Harryan?

Infine sospirò, le dita infreddolite che andavano per un attimo a schermare il suo sguardo incupito.

No. Impossibile.

Voglio che tu mi mostri esattamente il tragitto che avete percorso per entrare ed uscire da questo luogo” ordinò monocorde.



Il percorso che ne seguì fu in realtà cosa di poco conto nella memoria del Naphil. Non serviva infatti un grande intuito né uno spiccato senso della logica per capire che quei corridoi, quei passaggi, quelle gallerie ed insomma ognuno di quei percorsi sempre e comunque ritagliati al di là delle vie più comunemente usate dai Tintori non potevano di certo essere il frutto della memorie e delle conoscenze di un discepolo comune. Nè di un semplice membro anziano.

Ma dunque chi?

La risposta, per quanto cupa, non necessitava di particolari elucubrazioni.

O qualcuno di estremamente umile, o qualcuno di estremamente potente.

Poco prima di giungere in superficie verso l’ultima e memorabile barriera che li separava dall’esterno, Zaphil brancò il suo compagno di viaggio imponendogli una brusca fermata.

Penso di aver visto abbastanza per ora” esalò l’uomo in un ringhio basso “Venite con me”



La trovarono seduta nella stanza delle Celebrazioni, le gambe rannicchiate sotto il corpo ritto in una parentesi sottile. Sostava sul bordo della medesima discesa sulla quale poco tempo prima si erano poggiati i piedi della Nihaar’ì durante il rito della Purificazione.

La Gunar Arvasti.

Dava le spalle ad entrambi, ma dal guizzo dei muscoli della schiena, fu chiaro che li avesse sentiti arrivare già da tempo.

Lieta di rivedervi” li salutò senza voltarsi.

Di rivedere entrambi.

Zaphil esalò un sospiro contrito. L’ultima volta che aveva veduto quella donna si era ripromesso che mai e poi mai avrebbe rimesso piede in quelle dannate sale, in quella gabbia di pazzi travestita da luogo di pace e sacralità. Ed invece eccolo di nuovo lì, bagnato ed infreddolito come poche volte nella sua vita ad attendere che quella pazza lo sbalordisse con nuovi e meravigliosi segreti.

Spiacente di non poter dire lo stesso, Gunar Arvasti” rispose monocorde “Temo che i luoghi chiusi e sotterranei mi stiano divenendo assai indigesti”.

Lei non colse la battuta - o meglio fece finta di non coglierla - limitandosi a tirarsi semplicemente seduta e voltare la testa. Il Naphil si accigliò: per qualche ragione, pareva più vecchia dell’ultima volta che l’aveva vista. La donna si concesse qualche istante per guardare attentamente lui. Poi spostò il proprio sorriso sull’altro.
Tu devi essere l’Anhayt” lo salutò piano, voltando solo allora tutto il corpo per fronteggiarli. Sorrise ancora, questa volta più lungamente. Poi abbassò lo sguardo.

Lei mi ha parlato di te”

Lei?

Nel medesimo istante in cui formulava questa domanda, il Naphil seppe di conoscerne la risposta.

Del resto non sarebbero arrivati fino a quel punto se già non avessero sospettato di lei e del suo legame con la giovane amata dell’Anhayt.

Anche il suo compagno di viaggio parve arrivare alla medesima conclusione perché si limitò a rispondere al sorriso ricevendone uno più largo in cambio.

Sery mi descrisse così tanti dettagli del tuo volto che confesso, sospettai ti avesse già incontrato”

Calmo, l’Anhayt si limitò a scrutare per un poco la Gunar Arvasti prima di passarsi due dita sugli occhi. “Siete la madre di Sery?” chiese atono. L’altra socchiuse per un attimo le palpebre, poi scosse il capo “No, se per madre intendi colei che la diede alla luce”.

Si, se stai parlando della donna che ella consideri tale.

Eppure da come mi guardi, Anhayt, deduco che ella non ti abbia mai parlato di me”

Suo malgrado, l’uomo non potè che rimanere in silenzio. “No” continuò quindi l’altra “Suppongo di no”.

Si tirò in quella in piedi, un morbido movimento a rivelare solo allora braccia e spalle interamente velate di rossa Tinta quasi che ella vi si fosse immersa per intero lasciando affiorare solo collo e testa.

Del resto fui io stessa a raccomandarle di non farlo quando ci lasciammo. So per esperienza quanto grande possa essere la curiosità delle persone se paragonata alla loro discrezione” rapido, il volto dell’Anhayt ebbe come una contrazione “Se pensate che io le abbia chiesto di svelare i suoi segreti, rimarrete delusa” sibilò guadagnandosi un ghigno beffardo.

Delusa?” ironizzò “Ma io sono certa che tu non abbia mai avuto il cuore di chiederle alcunché. Viceversa non le avrei mai permesso di andarsene come ha fatto lasciandomi qui a marcire tutta sola”.

Per quanto inavvertibile, parve quasi di vedere il volto dell’uomo contrarsi ancora una volta, la mascella a sgranarsi di un poco sotto il velo traslucido della pelle.

Non capisco.

Fu l’evidente pensiero. Ma tacque, probabilmente troppo orgoglioso per mostrare la sua incertezza. Di diverso avviso fu tuttavia Zaphil la cui pazienza pareva assai meno incline a questo tipo di giochetti. Con una semplice mossa si frappose fra i due, la figura rilassata eppure colma di una minaccia latente, appena sobillata.

Sery è una Tintrice?” chiese monocorde. Per la prima volta da che era cominciata quella conversazione, lo sguardo della donna tornò su di lui degnandolo di un’occhiata solo moderatamente interessata.

Erarispose dopo un attimo.

Era?” si accigliò l’uomo “Eppure se ben ricordo, l’Ordine dei Tintori non riconosce a nessuno la facoltà di abbandonare la propria vocazione”

Era cosa risaputa in tutta Arryan che l’Ordine considerasse estinto il ruolo di Tintore solo con la morte dello stesso ed in nessun altro modo che comportasse la sopravvivenza dei loro affiliati.

La donna si strinse nelle spalle “Ed ecco il motivo per cui chiesi a Sery di non rivelare mai il suo passato ad anima viva” spiegò con semplicità. Troppa semplicità perché Zaphil vi si accomodasse sopra con tutta la soddisfazione del mondo. Storse il naso.

Foste voi ad aiutarla a scappare? Organizzaste insieme la sua fuga?”.

Nuova pausa, nuova stretta si spalle “No, non direi. Fu lei ad organizzare tutto. Di me si può dire piuttosto che tentati di fermarla fino all’ultimo. Non volevo che se ne andasse” abbozzò come una smorfia infantile, il rammarico a stemperarsi nel suo stringersi le braccia al petto “Pur sapendo quale fosse il destino dei Risvegliati all’interno dell’Ordine, provai comunque a fermarla, scioccamente convinta che per lei avrebbero fatto un’eccezione. Che l’avrebbero risparmiata”

Suo malgrado, alla parola Risvegliata Zaphil dovette fare una faccia assai sbigottita perché nel medesimo istante la Gunar Arvasti scoppiò a ridere prima di rivolgersi all’Anhayt..

Dunque Sery non si era sbagliata. Siete davvero un uomo capace di mantenere i segreti” si complimentò “Peccato che allora non mi fidai delle sue parole. Non le credetti quando mi disse che tu l’avresti protetta e amata e che insieme sareste stati felici. L’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che lei desiderava solo allontanarsi da me e lasciarmi sola”.

Disorientato, il Naphil dovette schiarirsi nuovamente la gola “Dunque Sery è una Risvegliata?” esalò titubante. “Sembra impensabile, non è vero?” sogghignò di rimando la Gunar Arvasti “Ammetto che inizialmente anche io fui sorpresa quando Sery iniziò a parlarmi dei suoi Nayel (visioni). Pensavo mi stesse prendendo in giro o che più semplicemente ella confondesse i sogni con la fantasia” si umettò le labbra “Del resto tutti sanno che i Tintori non possono dormire e di conseguenza, non possono fisicamente Sognare. Ma con il passare dei giorni - e delle notti - ella sembrava sempre più sicura”. Incerto, Zaphil si portò due dita al mento “Forse Sery stava trasgredendo ai dettami dei Tintori” ipotizzò scrollando appena le spalle. L’altra scosse subito la testa “Giunsi inizialmente anch’io alla medesima conclusione. Ed infatti la minacciai di riferire all’Ordine quanto stava accadendo. Ma mi sbagliavo. Per un lungo periodo Sery cominciò infatti a compiere lo Anyatsy (Rito del Riposo) al mio fianco. Insieme chiudevamo gli occhi ed insieme intonavamo la litania che i Tintori usano per calmare la mente e ristorare lo spirito. E quando insieme ritornavamo nello stato di veglia ella era sempre pronta a darmi nuovi particolari del tuo volto” spostò lo sguardo sull’Anhayt “Presto ogni particolare della tua persona divenne così chiaro che mi fu impossibile non credere che esistessi per davvero là fuori, da qualche parte nelle terre di Arryan” “Fu allora che la tradiste?” la voce di Zaphil giunse secca e grave al contempo, come un sibilo da dentro la gola.

Improvvisamente lei esitò, il capo a chinarsi istantaneamente verso il basso in un’espressione quasi stanca “Io volevo bene a Sery” parve giustificarsi dopo un attimo “Non avrei mai avuto il cuore di tradirla” “Nemmeno se l’intero Ordine dei Tintori fosse stato minacciato dal suo Risveglio?” la incalzò l’altro. Nuovo scuotersi della testa “Nemmeno in quel caso” “Eppure lo faceste, non è vero?” improvvisamente lei strinse le labbra fino a farle sbiancare di netto “Ho già detto che non la tradii” digrignò pallida; poi, lentamente, abbassò nuovamente lo sguardo “Ma minacciai di farlo se mi avesse abbandonata”.

Per un attimo, la Guar Arvasti parve ancora più piccola e fragile di quanto fosse sembrata fino a quell’istante. Restò qualche istante così, ferma ed immobile dinnanzi ai loro sguardi confusi. Poi, stanca, si sedette allora sul bordo dell’immenso bacino, i flutti cremisi a lambirle appena le punte dei piedi irsuti. Poggiò il capo alle ginocchia.       

Eppure lei mi lasciò comunque.

Dunque è per questo che le inviaste quelle lettere” riprese con il dire dopo un attimo Zaphil “Per farla tornare da voi”. Ancora una volta, contro ogni aspettativa, la donna scosse sconsolata il capo.

Non inviai mai alcuna lettera a Sery. Ancora oggi non so nulla della sua vita attuale” lungo sospiro, eco sbiadita della nuova espressione incerta dei due uomini dinnanzi a lei “Le parole che vi hanno guidato fin qui e che voi pensate essere state vergate dal mio pugno sono in realtà di Shayarin”

Shayarin?

Dallo scatto che seguì, fu chiaro che l’Anhayt si sarebbe all’istante scagliato sulla Gunar Arvasti se Zaphil non l’avesse fermato frapponendosi fra i due. Con un ringhio sordo, l’uomo si arrestò ad un passo da lei.

Immobile, la donna si limitò a portarsi le mani in grembo “Vedete, Zaphil, al mondo esistono solo due cose più grandi dell’amore. Il rimorso e coloro che sono abbastanza astuti da sfruttarlo a proprio piacimento”

E fu così che in un breve ed assai desolante monologo, la Gunar Arvasti rivelò infine di come, esasperata tanto dal proprio amore perduto quanto dal rimorso per ciò che aveva fatto, ella lasciò infine che il dolore la guidasse laddove ogni buonsenso l’avrebbe di certo allontanata. Andò da Shayarin, il signore delle Tinte, che solo aveva il potere di entrare ed uscire a suo piacimento dal Tempio.

Fiduciosa, ella gli parlò di Sery e del loro prezioso legame oramai irrimediabilmente andato distrutto. Gli descrisse la fuga della ragazza ed i suoi Nayel. Ed infine gli chiese consiglio.

All’epoca tutto ciò che desideravo era scusarmi con lei. Chiederle di perdonarmi” pallide, le sue mani parvero allora intrecciarsi tanto da sbiancare le nocche “Mai avrei pensato a cosa la mia avventatezza mi stava portando”

Alle conseguenze che quelle rivelazioni avrebbero comportato.

Quel giorno Shayarin mi promise che avrebbe trovato Sery e le avrebbe portato le mie scuse. Mi rassicurò inoltre che avrebbe custodito il mio segreto per sempre” sorrise come fra sé e sé “Beh, non si può certo dire che su quello abbia mentito”

Per un attimo la macabra visione dell Signore delle Tinte riverso a terra, uno sbavo di sangue a scivolargli dal labbro appena dischiuso riverberò nella mente di Zaphil. Il Naphil si umettò improvvisamente le labbra, a disagio.

Fu dunque Shayarin a guidare i Figli delle Ombre fino alla Nihaar’ì?” concluse quindi dopo un attimo. La Gunar Arvasti si limitò ad annuire volgendo contemporaneamente il proprio sguardo all’Anhayt “Sapeva che avreste seguito la speranza che vi offriva anche a costo delle vostre stesse vite”.

Impossibilitato a qualunque esternazione fisica - Zaphil si trovava ancora fra i due -, per questa nuova rivelazione l’Anhayt tentò dunque la via dell’espressione verbale, il viso che in un istante si imporporava di una sincera ed assai rubescente collera prima che egli prendesse a dilungarsi in una dettagliata descrizione di cosa ne pensasse lui dei Tintori, di Shayarin e non per ultima della medesima Gunar Arvasti.

Immobile fra i due contendenti, il Naphil lasciò invece che la sua mente si dilungasse per un istante nel riesame  dell’incerto - eppure inaspettatamente delineato - quadro che fino a quel punto la donna aveva fornito loro.

Mancava qualcosa. Intuì suo malgrado. Qualcosa che la sua mente gli suggerì annidarsi nei ricordi che egli aveva accumulato in quei giorni senza curarsene affatto.

Sospirò, abiti ancora umidi a rabbrividirgli addosso, sulla pelle. Poi, un pensiero.

Shayarin aveva mai parlato alla Nihaar’ì? Esitò. Più in generale, Shayarin aveva mai parlato? Rammentare fu abbastanza complesso da costringerlo ad un tenue sibilo fra i denti. Tuttavia la risposta non tardò comunque ad arrivare.

Sì, aveva parlato. Annuì fra sé e sé. Ma anche impegnandosi, il Naphil era certo di poter riassumere le parole dell’uomo sulla punta di una mano. Un po’ poco per una Volpe. Lo incalzò qualcosa nella sua testa. Un po’ poco per chiunque, in effetti.

Che Shayarin fosse stato un uomo silenzioso?

Meglio.

Che fosse stato un uomo minacciato?

E di nuovo fu come averle davanti, l’una in rapida successione dell’altra, le molteplici occasioni dove Shayarin avrebbe sì potuto parlare ma che per qualche ragione, aveva in effetti mancato di farlo: il primo incontro al Porto, la lunga discesa all’interno del Tempio delle Tinte punteggiata dal fitto sproloquiare di Mathias. E poi, più avanti, le sue scarne parole di discolpa nei confronti di Hevnan k’ar, pronunciate come a difesa dell’imperdonabile carenza di attenzione mostrate nel primo attacco.

Improvvisamente si bloccò, la sua percezione che rapidamente lo rimetteva al passo con gli istanti di intenso ed assai costruttivo dialogo fra Gunar Arvasti e Anhayt.

Rapire la Nihaar’ì servendosi dei Figli delle Ombre era solo il primo piano, non è vero?” esordì quindi. Ancora intento nella propria concitata esplicazione di dove esattamente egli avrebbe mandato la donna e tutto il suo inutile schieramento di scuse, l’Anhayt si bloccò, il volto che di scatto si voltava a fronteggiare quello del Naphil. Viceversa, la Gunar Arvasti rimase immobile. Poi, lentamente, alzò il capo. Evitò tuttavia di guardare dritto in viso il proprio interlocutore.

Solo gli stupidi non hanno un piano di riserva” sorrise senza allegria. Di rimando, il Naphil avvertì chiaramente la sensazione di un nodo alla gola a formarsi fra bocca e trachea “E le Volpi non sono affatto stupide, non è vero?” esalò di rimando.

Lucido e scintillante, il riverbero della lama fra le dita della donna fu poco meno che uno sfarfallio, poco più che un brillio nel buio prima che ella la cavasse improvvisamente dalle vesti per piantarla senza un suono dritta nel petto di Zaphil. Lui gemette, il toc della guardia che si incastrava in un non meno precisato punto a metà fra petto e mano destra volata di riflesso a sua protezione; ed espirò, una vibrazione dinnanzi ai suoi occhi ad informalo contemporaneamente del rapido scatto dell’Anhayt in direzione della donna.

Indietreggiò di qualche passo, la mano sacrificata a cascare dolente lungo il fianco prima che un grido soffocato lo informasse che l’Anhayt era stato in grado di sedare gli intenti omicidi della donna. Quando alzò lo sguardo su di loro, li trovò stretti in un caldo e ansante abbraccio, vaghe strisce di sangue ad imporporare entrambi.

Questo sarebbe il vostro piano di riserva?” esalò con un mezzo sogghigno. Lei non tentò neppure di negare, il volto sfregiato di sangue a brillare quasi nella stretta dell’Anhayt.

Nessun piano di riserva. Affatto. Solo un unico, estremo, tentativo.

Perdonate la sua pochezza sommo Zaphil, ma temo non me ne siano più rimasti molti. L’Ordine ha richiesto il mio Henv’Yeraz (riposo senza sogni)” sogghignò in un ghigno amaro.

Lo Henv’Yeraz?

Zaphil non potè impedirsi una smorfia contrita “Credevo che le Gunar Arvasti come voi fossero esenti da simili idiozie rituali” una lieve contrazione della mascella lo informò di quanto la donna avesse gradito le sue parole. Tuttavia rimase immobile “Credete pure ciò che volete, Sommo Zaphil” lo derise tuttavia “La realtà è cosa assai diversa” “E sarebbe?” lei strinse nervosamente le labbra “Sarebbe che tutti prima o poi devono pagare per i propri errori a discapito di importanza o posizione”

Il sorriso di lui fu quasi una carezza a fior di pelle.

Anche Shayarin ha dovuto pagare?” sobillò “L’Ordine ha deciso che anche per lui fosse tempo di giustizia?” stretta fra le braccia dell’Anhayt, lei si irrigidì appena “L’Ordine non uccide i suoi fedeli, nemmeno se bisognosi di assoluzione quanto Shayarin” concluse.

Ed ancora una volta, il Naphil ebbe come la netta sensazione di trovarsi dinnanzi ad una di quei meravigliosi spettacoli di magia cui nei lunghi anni di permanenza al fianco della Nihaar’ì gli era capitato -suo malgrado - di assistere. Il Lai Mephi di turno mostra un anello chiuso. Poi un altro. E per qualche ragione, ecco l’attimo dopo i due anelli intrecciarsi perfettamente in un legame apparentemente impossibile. E lui lì, ogni volta, a domandarsi dove diavolo fosse il trucco in tutto ciò.

Ora, immobile dinnanzi alla donna, Zaphil si ritrovò ad arricciare le labbra in un’espressione seria, decisa, compunta. E poi ad accigliarsi.

Dunque Shayarin è stato ucciso dalle Volpi” sibilò improvvisamente. L’altra sospirò “Per mano sua o altrui, il suo Henv’Yeraz si è infine compiutouna pausa, lo sguardo che per un attimo si spostava sulla distesa d’acqua che li circondava “Vor yersyel ve’Nai”

Mentre senza volerlo imitava quel gesto, un doloroso affanno che rapido aveva preso da qualche istante a risalire in violente pulsazioni mano e petto insieme, Zaphil ebbe finalmente l’intuizione del perchè, fra molti luoghi, la Gunar Arvasti ora si trovasse proprio lì, nella stanza del rito, ad intingere il proprio corpo nelle medesime acque nella quale si era immersa la Nihaar’ì. Comprese il motivo della sua solitudine, religiosa e inviolata (nessuno era giunto fino ad allora) al pari delle più sacre cerimonie.

Dannati Tintori.

Suo malgrado, sentì proprio allora la necessità di sedersi. E riprendere fiato. Ma desistette.

Dove si trova la Nihaar’ì?” digrignò avvertendo alcune fredde gocce di sudore condensarsi sotto l’attaccatura del naso. Lei piegò appena il capo “Dopo il secondo attacco, le Volpi nascosero qui la Nihaar’ì. Solo quando voi partiste per salvare l’Hayeli’vo si arrischiarono a portarla via” “Dove?” “Non lo so. Edereth è troppo astuta per rivelare simili informazioni in presenza di estranei. Ricordo però di aver sentito due Danzatori dire qualcosa a proposito della necessità di evitare le Tempeste di Sabbia”.

Attimo di silenzio, poi il sospiro di Zaphil “Potrebbero essersi diretti verso Anaphantum. In questo periodo è la prima città ad essere raggiunta dalle Tempeste” caldo, avvertì ora il sangue prendere ad inzuppargli gli abiti. Strinse appena le labbra prima di sospirare “Da quanto tempo sono in viaggio?” “Il giorno dopo la vostra partenza giunsero qui e portarono via la Nihaar’ì.”

Nuovo attimo di silenzio, lo sguardo velato di lui che soppesava per un attimo l’esile figura di lei studiandone i tratti aridi, consunti, dilaniati da quella sua sofferenza insostenibile. Capì allora che avrebbe dovuto provare pietà per lei. Per lei e la sua afflizione. “Le avete parlato?” esalò invece.

Avete parlato alla Nihaar’ì?

Il sorriso di lei fu l’ultimo ad abbandonare i ricordi di quel giorno.

Gentile, fugace eppure incredibilmente tranquillo nell’immobilità di quell’attimo. Poi di nuovo il buio, nudo, teso come il corpo di lei contro la lama che non pochi momenti oltre avrebbe lacerato per la prima ed ultima volta la sua pelle.

Continuamente da che la portarono qui” esalò in un sospiro “Desideravo che mi perdonasse”

Una pausa. Lunga. Dolorosa. Estenuante come il sentimento che qui l’aveva condotta per poi abbandonarla, cieco, al proprio destino.

Ma lei non mi ha mai risposto. Nemmeno una volta”

  
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