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Autore: Phoenix Mars Lander    23/07/2016    4 recensioni
Da quando si è trasferito nel suo Bilocale A Prova Di Studente Universitario, Harry Styles non ha dato molto peso al muro decisamente poco spesso che separa il proprio appartamento da quello accanto.
Comincia a rendersene conto in modo alquanto brusco quando la sua vicina di casa muore, portandosi via con sé i pettegolezzi del tè delle cinque e lasciando al proprio posto la presenza ingombrante di Louis Tomlinson, un ragazzo che organizza troppe feste con tanto di musica troppo alta, canta a squarciagola sotto la doccia, si sveglia troppo tardi e ha il pessimo vizio di fumare sui gerani di Harry.
(Ovviamente Larry.
Il rating potrebbe cambiare nei prossimi capitoli.)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quinto capitolo
Toothbrushes








«Hai un aspetto orribile» decretò Louis con un sorriso divertito.
Zayn si limitò a riservargli una smorfia e un grugnito, continuando a massaggiarsi le tempie e cercando con quella che pareva una fatica erculea di proseguire in linea retta. Liam, al suo fianco, non sembrava messo tanto meglio.
«Non era necessario che veniste fin qui» aggiunse Louis, per poi lasciare per un attimo il bagaglio a terra e spostare entrambi i ragazzi verso il centro del binario nove, evitando che piombassero sulle rotaie. Quella era l'ultima catastrofe che gli serviva, sinceramente.
«Stiamo bene» assicurò Liam annuendo e dimenticandosi di smettere. Al suo ennesimo cenno del capo, una risata soffocata provenne da qualcuno che stava camminando dietro di loro.
«Tu taci» lo ammonì Louis girandosi per un istante. «Se non avessi detto a Niall della mia partenza questi due sarebbero ancora stravaccati sul divano a dormire e molestarsi a vicenda.»
«Io l'ho solo informato!» si difese Harry con un tono che tradiva un certo divertimento.
«Infatti è colpa di tutti e due» precisò Louis. «Con l'unica differenza che l'infame se n'è restato a casa a ronfare.»
A quella frase Zayn si bloccò, strabuzzò gli occhi e si girò verso Liam. «Era sul tappeto
Liam lo guardò per diversi secondi senza proferire parola, ancora annuendo a vuoto, poi sembrò illuminarsi e si portò teatralmente una mano alla bocca. «Lurido babbano
Louis sospirò, osservando il proprio treno avvicinarsi e chiedendosi per quale diamine di motivo i due ragazzi si fossero fatti persuadere ad essere trascinati fino in stazione alle otto e mezza di mattina con una sbronza in piena regola in corso. Poi si diede una risposta e il nodo che sentiva nella gola da un paio d'ore si allentò un po'.
«Capite?» domandò Liam, lo sguardo che rimbalzava tra Louis e Harry.
«Ehm, non proprio» ammise quest'ultimo.
«Era sul tappeto, l'irlandese – calcò la parola con forza, come se fosse un insulto ben peggiore del babbano di prima – e ci scommetto mia nonna che ora è sul divano! Zayn, dobbiamo muoverci. Quando arriva questo treno?»
Louis cercò di trattenere le risate. «È già qui, Liam, va tutto bene. Tornate a casa, okay? Buttate Niall per terra e fatevi una bella dormita. Non sareste neanche dovuti venire.»
Al ché Zayn drizzò la schiena e assunse un'espressione risoluta che in quel momento di particolare annebbiamento non sortì l'effetto voluto. «Era nostro compito» annunciò. Poi, con tutta la nonchalance del mondo, si sporse verso Louis e gli lasciò un bacio a stampo sulle labbra. Prima che Louis potesse reagire Liam gliene diede un altro, imitando Zayn e aggiungendo un «Buon viaggio, Tommo.»
Harry li guardava, rigido, e Louis si sentì qualcosa di strano nel petto.
«Allora ci vediamo fra qualche giorno» mormorò il riccio.
Louis annuì in modo meccanico, il pilota automatico che prendeva le redini del suo cervello. «Prenditi cura di loro.» Fece un cenno in direzione di Zayn e Liam, che stavano avendo una discussione parecchio accesa sul bacio che avevano appena dato a Louis e le sue proprietà transitive. «Lo hai baciato subito dopo di me, quindi significa che hai baciato anche me! E io non ero presente!» sbraitò Zayn attirando occhiate stranite da non pochi passanti.
Harry si fece scappare un sorriso. «Lo farò» rispose.
Louis caricò la valigia sul vagone e sporse il busto fuori. «Grazie, Haz.»
Harry inarcò un sopracciglio, cominciando ad indietreggiare mentre l'altoparlante avvertiva i passeggeri dell'imminente partenza.
«Haz?» chiese, sorridendo.
Louis scrollò le spalle. «Ti ho trovato un soprannome.»
«Ne sono lusingato» rilanciò Harry ripetendo le parole di Louis della sera prima.
Louis sorrise, un sorriso stanco e un po' terrorizzato, ma sincero.
Si tirò indietro, afferrando il bagaglio e cercando un posto accanto al finestrino. Fuori, i mattoni scuri di King's Cross cominciarono a muoversi sempre più velocemente, seguiti poi dagli edifici del centro, dalle casette periferiche coi giardini recintati e le porte colorate e, infine, dalla campagna inglese.
Dopo circa un'ora di viaggio Louis rinunciò a cercare di calmarsi e dormire e tirò fuori il cellulare. Cambiò canzone, optando per Good Riddance dei Green Day, e aprì Twitter. Scrollò per un po' la home finché non trovò qualcosa che gli stampò un sorriso ebete in faccia.
Harry_Styles ha twittato:
Adesso che il mio vicino di casa è fuori dai piedi posso finalmente dare una festa.
Col sorriso ancora completamente integro e qualche sguardo curioso addosso, Louis rispose alla frecciatina di Harry.
@Harry_Styles ti dai alle trasgressioni? cambi posto ai gerani ascoltando janis joplin?
Neanche un paio di minuti dopo, il telefono tremò nelle mani di Louis, segnalando una notifica.
Harry_Styles ti ha menzionato in un tweet:
@Louis_Tomlinson Pensavo più a fiumi di birra e spogliarellisti ;)
Louis si fece scappare una risata, guadagnandosi un'espressione turbata dall'anziana signora che gli sedeva di fronte e probabilmente anche una preghiera per la sua sanità mentale.
@Harry_Styles ho creato un mostro
La seconda notifica arrivò decisamente in fretta; Louis l'aprì e sentì gli zigomi andargli a fuoco. Si morse il labbro inferiore, nel debole tentativo di sopprimere il patetico sorriso emozionato che gli stava tirando insistentemente gli angoli delle labbra. Si diede dell'idiota e si chiese cosa diamine ci fosse di sbagliato in lui – e nella signora che adesso lo osservava come se stesse cercando di capire su quale punto del suo viso dovesse gettare l'acqua santa.
Nello schermo del cellulare di Louis era ancora aperto il tweet di Niall:
@Harry_Styles e @Louis_Tomlinson Sposatevi e basta !! :D






Louis arrivò alla stazione di Doncaster e il freddo di novembre gli s'insinuò sotto il cappotto nero, facendolo tremare fin nelle ossa.
Quando sua madre lo prese fra le braccia, cercando di rimettere insieme i pezzi, tremava ancora. Tremava anche lei. E le sue quattro sorelle minori.
Tornarono a casa in silenzio, quel terremoto familiare che toglieva loro il fiato. Mancava solo suo padre, ch'era il baricentro.






Non era cambiato niente, nella camera di Louis. Era ancora tutto come l'aveva lasciato. I poster, i libri del liceo, i biglietti degli eventi a cui era stato, le pareti azzurro chiaro.
La prima sensazione che lo colpì in pieno fu la nostalgia, nostalgia delle feste, delle nottate passate a suonare, delle ferite agli avambracci quando si calava giù dalla finestra con Liam e Zayn che lo aspettavano sotto, sorridenti e pronti a mostrargli il nuovo piercing, il nuovo tatuaggio, il nuovo sogno fuori di testa da sparare a razzo fuori da quel cassetto.
Poi arrivò la rabbia, la crepa accanto alla scrivania che non era ancora stata riparata, che non sarebbe mai stata riparata, suo padre che lo derideva, che gli chiedeva quando a una delle sue feste si sarebbe deciso a scoparsi una ragazza, che gli incrinava le ossa, che lo guardava prendere le sue stesse abitudini – bottiglia quasi vuota in mano e rivoli di vodka che gli tracciavano sentieri sulle labbra – e sorrideva.
Nella stanza mancava la tastiera. Era in pezzi anche quella, anche se in una casa diversa. Mark Tomlinson riusciva a portarsi dietro le sue catastrofi dovunque andava.
Louis fece un respiro profondo, col cuore che gli batteva all'impazzata e la voglia di rompere qualcosa, qualunque cosa.
Andò in bagno di corsa e si gettò dell'acqua gelida in faccia, sperando che gli cambiasse le molecole, che si facesse strada tra le sue fitte di dolore e lo facesse respirare. Non successe, ovviamente.
Louis si asciugò il viso e lo sguardo gli cadde sulla mensola di vetro davanti allo specchio. Non aveva aperto la valigia, ma su quella mensola c'erano sei spazzolini. Quello di sua madre, verde come i quadrifogli che trovava sempre dappertutto, quelli delle sue sorelle, e quello del fantasma di suo padre. Era ancora lì, lui, in bagno e nella crepa in camera di Louis e in salotto e in cucina e nel soggiorno e nelle righe nere fra le piastrelle, era ovunque.
Louis si sedette sul bordo della vasca e si prese la testa fra le mani, stringendosi i capelli fra le dita fino a farsi male.
La vibrazione del cellulare lo prese alla sprovvista e per poco non lo fece cadere. Louis lo sbloccò e vide che aveva un nuovo messaggio da un numero sconosciuto.
Zayn e Liam stanno bene, li sto riempendo di tè specifico per il post-sbornia. Niall si è fatto perdonare per aver dormito tutta la mattina sul divano. Sta ancora pulendo. È tutto silenzioso senza di te, quasi quasi mi manchi.
- H.
Louis si permise di sorridere, leggermente, trattenendo il fiato, come se avesse paura che quel gesto potesse romperglisi sulle guance nel tragitto. S'infranse, appunto, finendo in un vicolo cieco di carne e non riuscendo a raggiungergli le pupille.
Si prese un attimo per godersi il pensiero di Harry che chiedeva il suo numero, di Harry che preparava il tè ai suoi amici, di Harry che scriveva che gli mancava Louis. Poi spense il telefono e uscì dal bagno, scese le scale e si fermò poco prima di entrare in sala.
Erano tutte lì, le donne di casa: le gemelle e Fizzy sul divano, Lottie e Johannah sulle due poltrone scure.
Louis si soffermò a guardare sua madre, il modo in cui appoggiava i polpastrelli ai braccioli, il modo in cui scostava i capelli castani, il modo in cui i suoi occhi verdi sembravano più cupi, come i campi dello Yorkshire sotto le nubi, dopo i temporali.
La guardò per un tempo che parve infinito, le lacrime che gli bruciavano le cornee, e pensò a suo padre, gli disse mentalmente povero cretino, avevi un quadrifoglio e te ne sei andato per un trifoglio qualunque.






I giorni seguenti furono un susseguirsi di progetti per un futuro che sembrava impossibile da raggiungere, scatti d'ira, conversazioni con l'avvocato, cioccolate calde e abbracci da spaccare le costole e rimetterle insieme. E pianti violenti, esplosioni di singhiozzi e implosioni di sentimenti.
Louis buttò lo spazzolino di suo padre nell'immondizia, tolse le sue foto dalle cornici e le gettò via, staccò i suoi magneti dal frigo e li spezzò con una rabbia che aveva pensato potesse appartenere solo alla propria adolescenza. Non era così, a quanto pareva.
Rispose a Harry, un misero Potreste mancarmi anche voi, e poi lasciò il telefono sulla scrivania, a prendersi la polvere, l'umidità che penetrava in casa mentre fuori pioveva e le macerie di una famiglia distrutta.
«Spero che tu sia migliorato in cucina» disse una sera Johannah appoggiando lo sfornato di carne sul tavolo e aprendosi in un sorriso precario, un tentativo di sorriso, come tutti quelli che si allenavano a lanciarsi durante il giorno per riabituare il volto, per imparare di nuovo.
«Ero già bravo» rispose Louis facendo alzare cinque paia di occhi al cielo. «E ho un vicino di casa particolarmente dotato. Probabilmente saprebbe cucinare un'Apple Pie anche nel sonno.»
Lottie inarcò le sopracciglia, un'espressione divertita stampata in faccia. «E com'è che si chiama, questo ragazzo particolarmente dotato
Louis avvampò, ingoiando il boccone rumorosamente e poi schiarendosi la gola. «Harry.»
«Harry» ripeté Lottie. «E in cos'altro sarebbe dotato questo Har-»
«Lottie!» l'ammonì Johannah, ma stava sorridendo anche lei. «Come stanno Liam e Zayn?» domandò, e Louis la ringraziò mentalmente perché se non avessero cambiato argomento probabilmente sarebbe morto per autocombustione lì sul tavolo.
«Bene, ma non hanno ancora realizzato di desiderare la prole dell'altro, sono piuttosto lenti.»
In casa Tomlinson proruppero risate genuine, risate da A+, risate che erano mancate talmente tanto da fare male.
Dopo cena, prima di andare a dormire, Johannah si soffermò in camera di suo figlio. «Torna domani sera a Londra, Lou.»
«Avevamo detto dopodomani» ribatté Louis.
«È tutto a posto,» lo rassicurò Johannah. «Dopodomani finiranno le vacanze e le ragazze torneranno a scuola. L'avvocato verrà a darmi le carte per il divorzio e non avremo nemmeno il tempo di salutarti come si deve.»
Louis rimase in silenzio, la fronte corrugata per la preoccupazione di doverle già lasciare andare, così presto, dopo troppo poco tempo.
«Andrà tutto bene, possiamo sempre vederci su Skype. E fra meno di due mesi c'è il tuo compleanno. E le vacanze di Natale.»
Louis annuì, alzandosi dal letto su cui era seduto e stringendo sua madre in un abbraccio. Sentì le lacrime di lei colargli addosso e impregnargli i capelli. «Mi siete mancate tanto.»
Johannah gli lasciò un bacio sulla testa, un gesto semplicissimo, un arricciamento di labbra ch'era mille volte più indelebile di quella crepa nel muro.
«Anche tu» mormorò.






Louis entrò in casa cercando di fare il minimo rumore.
Non era così tardi, ma conoscendo Harry e le sue folli sessioni di studio a quell'ora era quasi sicuramente già bello che addormentato.
Louis si chiuse la porta alle spalle, appoggiò delicatamente la valigia sul pavimento e allungò una mano verso l'interruttore.
Un suono inconfondibile lo bloccò sul posto, le dita a mezz'aria e il cuore che minacciava di spaccargli la gabbia toracica. Chiuse gli occhi e deglutì a vuoto, cercando di convincersi che fosse tutto frutto della propria immaginazione, un sogno, un incubo. Basta, si disse, non ne posso più di stare male.
Dall'altra parte della parete provenne un altro gemito, più forte. Poi, un colpo che Louis riconobbe come il leggero sbattere della testiera di legno contro il muro.
Si avvicinò al punto della parete da cui era scaturito il rumore secco e vi appoggiò le mani tremanti, pensando freneticamente non con Xander, ti prego, non con Xander.
Harry ansimò in modo pesante e all'improvviso Louis realizzò una cosa che per poco non gli spezzò le ginocchia: Harry era solo, in quella stanza.
Si voltò fino a schiacciare la schiena contro il muro, gli occhi sbarrati, e percepì tutto lo stress, la tensione e il nervosismo accumulati in quei giorni cominciare a trasformarsi in qualcos'altro. Le terminazioni nervose si scossero, come risvegliate da un'emozione nuova, viva, feroce.
Con una mano spalancata sulla parete, in bilico nell'elettricità che lo sconquassava, Louis si fece scivolare le dita sull'addome e poi precipitò giù, in picchiata, un salto nel vuoto e immediatamente dopo un piacere tale da inchiodarlo sul posto.
La sua bocca si aprì automaticamente, ma Louis si fece violenza per non emettere alcun suono, si strozzò mentalmente mentre avrebbe soltanto voluto urlare. Poi però si congratulò con se stesso, perché nel silenzio più assoluto riverberò un gemito gutturale di Harry che non avrebbe mai dimenticato.
Continuò ad accarezzarsi per alcuni istanti e gettò la testa indietro, appoggiandola al muro e fronteggiando ad occhi lucidi il soffitto scuro, nascosto nel buio.
Fu in quel momento che la testiera colpì di nuovo la parete e Louis se la sentì spingere contro le scapole, contro le ossa, si sentì Harry spingergli addosso, spingergli dentro.
Louis venne con un singulto e Harry, dall'altra parte, fece lo stesso, concedendosi però un mugolio prolungato che Louis avrebbe voluto imbottigliare e tenersi in tasca per sempre.
Rimase immobile per minuti interi, incapace di muoversi, cercando di tornare a respirare regolarmente.
E poi gli venne da piangere e non seppe perché, almeno finché una vocina nella sua testa – che somigliava parecchio a quella di suo padre – non gli suggerì che Harry era un quadrifoglio. E Louis un trifoglio qualunque.













Author's corner ~
Spero di non essere proprio in ritardissimo con quest'aggiornamento, sto facendo del mio meglio c.c Twentyeight invece è in stallo da ere geologiche ormai e vi chiedo scusa, ma giuro che sto cercando di continuare anche quella.
Vorrei dire solo un paio di cose su questo capitolo:
1. Lou che ascolta i Green Day è il mio punto debole. Il fatto che abbiamo le stesse band preferite mi uccide sempre. (E le stesse orribili Converse di American Idiot, siamo patetici.)
2. Fino a un po' di tempo fa ero convinta che le storie in cui un genitore violento prende e abbandona la famiglia fossero, non so, scontate. Purtroppo, a causa di motivi personali, mi sono resa conto che un dolore del genere non è mai scontato, o banale, o già visto e sentito. Perciò sì, ecco, ho voluto inserire anche questo nella fanfiction. Si sa che tendiamo a scrivere delle cose che ci fanno più male e io non faccio eccezione.
Spero che questo capitolo un po' malinconico (e un po' porno, ehm) vi sia piaciuto, vi mando tanti biscotti al cioccolato e tanto amore 
♥️


ps: dedico quell'ultima scena alle mie Minskes, perché ne avevo parlato loro a Venezia e dopo tutto questo tempo sono finalmente riuscita a scriverla. Colgo l'occasione per ringraziarle di tutto quanto; sono stupende e mi hanno regalato dei momenti indimenticabili.
ps2: la mancanza di Reginald Parsons in questo capitolo mi distrugge.
  
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