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Autore: Beauty    24/07/2016    2 recensioni
Storia liberamente ispirata al mistero di Anastasia Romanov (e al film del 1956 che ne ha tratto ispirazione) e alla commedia "Pygmalion" di George Bernard Shaw.
Londra, 1874. Nel quartiere altolocato di Myfair, durante una nottata piovosa, un duca e la sua famiglia, insieme a tutta la servitù, vengono uccisi da una mano che sembra destinata a rimanere sconosciuta. Ma fra i corpi straziati, uno è scomparso: quello della duchessina Victoria Kingsley, di soli sette anni.
Quindici anni dopo, Anna Brown è una ragazza che conduce un'esistenza di stenti nel quartiere malfamato di Whitechapel. Cresciuta in orfanotrofio, non sa chi siano i suoi genitori. Volgare, poco raffinata, ha un carattere testardo che spesso le si rivolta contro. Il suo sogno è quello di diventare cameriera in una casa aristocratica e avere così una vita migliore.
Etienne Hargreaves è appena tornato dalla Virginia a Londra dopo dieci anni di assenza, dieci anni in cui ha combattuto contro le scelte sbagliate che lo hanno allontanato dalla sua famiglia. Ha bisogno di soldi, e ne ha bisogno alla svelta.
E quale modo migliore di fare soldi facili se non spacciare una sconosciuta qualunque per la duchessa scomparsa quindici anni prima?
Genere: Commedia, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: L'Ottocento, Età vittoriana/Inghilterra
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Prologo

1875
 
 
 
 
To: numero 4 di Whitehall, Scotland Yard
 
From: Palazzo Von Droste, Vienna
 
 
 
Londra, 3 settembre 1875
 
 
 
            Egregio Colonnello John Hargreaves,
con questa mia le porgo i miei più sinceri ringraziamenti per l'impegno che voi e i vostri uomini avete riposto nelle indagini riguardanti l'assassinio di mio fratello e della sua famiglia. Come vi avevo confidato in via privata durante il nostro ultimo colloquio, sei mesi fa a Londra, mio marito e io non abbiamo mai avuto troppa fiducia nelle forze dell'ordine, complice probabilmente il passato da capitano di ventura del mio consorte; eppure, mi trovo a essere felice e sollevata – e, permettetemi, anche alquanto sorpresa – nel constatare l'efficienza del Metropolitan Police Service.
Ricordo che durante una delle prime conversazioni che voi e il vostro secondo in comando, il signor Cranmer, avete avuto con me e mio marito, mi faceste presente la mia (ricordo ancora le esatte parole che utilizzaste) totale mancanza di educazione e di rispetto di fronte a una richiesta di collaborazione per un'indagine che mi riguardava in prima persona.
Ebbene, questa lettera ha anche lo scopo di porgervi le mie più sincere scuse. Ora, a distanza di un anno esatto da quella tragedia, mi rendo conto che avevate ragione. Ho oramai superato l'età in cui ogni critica viene accolta con vanità e disprezzo; sono consapevole di essere una donna orgogliosa e di atteggiamento altero, e che raramente concedo la mia stima e la mia benevolenza a estranei.
Ma voi, colonnello, siete stata una delle poche persone che ho ammirato nella mia vita; è dunque mia intenzione implorarvi di accettare le mie scuse per il trattamento scettico e villano che riservai a voi e al vostro operato nelle settimane appena seguenti la tragedia che colpì la mia famiglia. Ed è nella speranza del vostro perdono e nella stima e gratitudine che nutro nei vostri confronti che affido la richiesta contenuta nelle seguenti righe.
Come ricorderete, oggi ricorre il primo anniversario dell'assassinio di mio fratello, Andrew Kingsley, duca di Northampton, e della sua famiglia. Grazie al vostro zelo e alla vostra gentilezza nell'intrattenere con mio marito una corrispondenza così fitta, precisa e puntuale, sono riuscita a tenermi aggiornata sulle indagini concernenti il “massacro di Myfair” (permettetemi ancora una volta di esprimere il mio disgusto per il nomignolo che quegli idioti del The Times hanno affibbiato a un evento così tragico della mia storia famigliare!) da un punto di vista obiettivo e ravvicinato come può essere solo quello di chi si occupa in prima persona dell'indagine sull'omicidio di undici persone, senza pettegolezzi, elucubrazioni o fantasie che si possono spesso ritrovare nei giornali.
E voi sapete bene come il The Times, gli articoli del ton e quella spazzatura che viene pubblicata dallo yellow journalism abbia ricamato sull'intera vicenda.
Avrete notato che ho scritto “undici persone” anziché “dodici persone”, e non stenterete a comprendere perché.
So che le indagini non hanno avanzato di molto, in quest'anno. Sapete, mi sono sempre considerata una donna con la testa sulle spalle, poco incline alle illusioni...è incredibile quanti lati di se stessi rimasti sopiti e nascosti possano venire alla luce quando ci si trova di fronte a eventi di codesta portata. Nessuno ha mai avuto il coraggio di dirmi in faccia ciò che anche io sapevo, ovvero che farei meglio a mettermi il cuore in pace e smettere di credere che giustizia verrà fatta.
Mio fratello non tornerà indietro, né lo faranno mia cognata e mia nipote Elizabeth, e mi duole profondamente per le famiglie di tutti i domestici uccisi quella notte del 3 settembre 1874, perché come me vivono questa terribile consapevolezza. Ho perso un fratello, una cognata e una nipote, e di fronte a questa realtà tutto ciò che chiedevo era giustizia, giustizia per le loro vite.
A distanza di un anno, ho perso le speranze di guardare in faccia la persona che ha spezzato undici vite. So che, nonostante le vostre capacità e il vostro impegno, non verrà mai trovato né fatto penzolare per il collo da una forca.
Eppure, Colonnello, voi stesso mi confermaste che a vostra volta avevate la mia stessa sensazione, ovvero che un anno fa furono uccise solo undici persone, e non dodici come riportò la stampa inglese.
A torto o a ragione, ad oggi non si sa ancora che fine abbia fatto mia nipote Victoria.
Mio marito mi raggiunse a Vienna circa due mesi dopo l'inizio delle indagini sulla morte di mio fratello e di quelle sulla scomparsa della bambina; mi riferì nei minimi dettagli le ricerche condotte al fine di trovarne il corpo: mi disse che voi, Colonnello, deste ordine di perquisire la dimora dei Kingsley dalla soffitta alle fondamenta, che il cadavere della mia più giovane nipote venne cercato nelle acque del Tamigi, e che vi spingeste sino alla zona dell'East End di Londra sulle tracce della sorte di quel corpicino.
Ebbene, a mio parere, Colonnello, l'errore di fondo fu questo: voi cercavate un cadavere.
Forse la disperazione sta influendo sulla mia capacità di formulare giudizi obiettivi, ma sono fermamente convinta che un uomo (una bestia) che non si è fatto scrupoli a uccidere un uomo invalido, una donna e una ragazza diciannovenne, e ad ammazzare senza pietà persone che si trovavano in quella casa solo per guadagnarsi da vivere, abbia avuto dei rimorsi di coscienza di fronte a una bambina di sette anni.
Ricordo che il vostro secondo in comando avanzò l'ipotesi di un occultamento di cadavere. E io vi domando, a quale scopo? Tutte le vittime del massacro furono ritrovate all'interno della casa, l'unico corpo mancante era quello di mia nipote.
E qui, finalmente, spettabile Colonnello Hargreaves, giunge il motivo di questa mia.
Un mese fa, mio marito, il conte Heinrich Von Droste, ha chiuso gli occhi per sempre; ha lasciato questo mondo in pace, e io ho fatto voto di morire ed essere sepolta come la sua vedova, quando giungerà la mia ora. Tuttavia, dopo la morte di Andrew e della sua famiglia, il mio Heinrich era tutto ciò che mi rimaneva al mondo. Ho quarantacinque anni e il buon Dio ha scelto di privarmi della capacità di avere figli. Le attenzioni e l'affetto che una madre dedica ai propri bambini, lo riversai interamente sulle mie nipoti Elizabeth e Victoria, e quando seppi che la mia nipote più grande era stata uccisa, fu come se una parte del mio cuore mi fosse stata strappata dal petto.
Forse, Colonnello, sono la solitudine e il dolore lasciato dalla perdita di mio marito che non mi tolgono la speranza. Ora che non mi resta più nulla, voglio poter morire avendo accanto a me la mia nipote più piccola, o almeno avere la certezza che è viva e sta bene.
Per questo vi chiedo di fare un ultimo gesto di grazia nei confronti di una vedova sola.
Se c'è una cosa che ho imparato in quarantacinque anni di vita, è che la gente è più motivata nel fare qualcosa, se ne riceve una ricompensa. Niente moralismi, solo la verità nuda e cruda. Dunque vi chiedo, per pietà, di diffondere presso i vostri sottoposti e superiori a Scotland Yard e di domandare la cortesia (dietro pagamento, specificatelo) al direttore del The Times di pubblicare quanto sto per scrivere qui sotto.
 
Io, lady Victoria Louisa Maria Johanna Kinglsey Von Droste, duchessina di Northampton e contessa vedova di Land, offro come ricompensa la somma di cinquantamila sterline a chiunque ritroverà mia nipote, la duchessina Victoria Isabella Emmeline Genevieve Diana Kingsley, scomparsa dalla sua residenza al numero 8 di Myfair la notte del 3 settembre 1874, all'età di sette anni.
 
Egregio Colonnello Hargreaves, nella busta contentente la presente troverete anche una fotografia di mia nipote. Si tratta del ritratto più recente in mio possesso, venne scattata il giorno del suo settimo compleanno.
Mia nipote è nata il 3 giugno 1967, nella sua casa a Myfair, da Andrew Kingsley, mio fratello, e da sua moglie Clarice, figlia dell'onorevole giudice Jacob Marlow. Aveva una sorella maggiore di lei di dodici anni, la duchessina Elizabeth Carolina Marlena Catherine Louisa Kingsley.
Mia nipote Victoria è abbstanza minuta, ma prometteva di diventare alta. Ha capelli castani lisci e occhi scuri, dalla forma lievemente allungata, a mandorla. La carnagione è rosea, ha un naso piccolo, labbra sottili e un piccolo neo all'altezza del lobo dell'orecchio sinistro. Sul suo ginocchio destro vi è una cicatrice a forma di mezzaluna rovesciata, che si procurò all'età di cinque anni dopo una caduta mentre giocava in giardino. Stava imparando a leggere e scrivere, quando è scomparsa, e oltre all'inglese lei e sua sorella Elizabeth erano solite discorrere con me e con mio marito in tedesco.
 
Vi ringrazio con tutto il cuore, Colonnello, per l'aiuto che mi avete dato e che continuate a darmi. Spero, un giorno, di potermi sdebitare con voi, e che io e la mia Victoria potremo rivedervi e presentarvi a tutti come l'uomo che ci ha aiutate a riunirci.
 
Serva vostra,
 
Victoria Louisa Maria Johanna Kinglsey Von Droste
contessa vedova di Land
  
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