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Autore: visbs88    26/07/2016    7 recensioni
Quando non sai proprio come invitare tuo fratello al tuo matrimonio.
[Scritta per l'iniziativa Drabble Weekend 8-10 luglio 2016 del gruppo Facebook We are out for prompt]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Iniziativa: Drabble Weekend 8-10 luglio 2016 del gruppo Facebook We are out for prompt.

Prompt: Sesshomaru & Inuyasha, quando non sai proprio come invitare tuo fratello al matrimonio.

Spazio autrice: salve, bella gente! Una volta venivo quasi ogni giorno in questo fandom a postare storielle; ormai probabilmente sono più simile a un fantasma che ad altro, ma questo non cambia la mia speranza che questa mia one-shot possa piacervi. È davvero leggera e veloce, senza pretese, ma mi sono divertita un sacco a scriverla, specie perché il prompt dell'iniziativa era a dir poco adorabile XD potrei rifarmi viva presto, ma, nel frattempo, spero che apprezziate ^^ buona lettura!

 

 

 

Question

 

 

 

– È una pessima idea – borbottò Inuyasha, fissando il pavimento come se esso ed esso soltanto fosse la fonte di tutti i suoi guai, seduto a gambe e braccia incrociate, con il proprio broncio più proverbiale.

– Non dire sciocchezze – replicò Kagome, sistemando il letto in cui avevano dormito, un'espressione allegra e serena sul bel volto chiaro – Non farlo sarebbe oltremodo scortese. Pensi forse che reagirebbe meglio a venirlo a sapere in ritardo?

– Sarebbe bello se non reagisse affatto. Come gli riesce bene – grugnì lui, causandole una risata. Anche se non aveva affatto cercato di essere spiritoso.

– Appunto! Cosa vuoi che faccia? Che ti guardi male a morte? – esclamò lei, spensierata, sistemandosi l'ampia fascia che le cingeva i fianchi – Non aspettarti un sorriso e un abbraccio, ma secondo me ti stai facendo troppi problemi.

– Tu non capisci – rispose scuotendo la testa, più cupo che mai – Cercherà di ammazzarmi.

– Non mi dire, Inuyasha...

Quel tono un po' dispettoso, un po' di rimprovero e un po' di sospetto attirarono la sua attenzione: il mezzodemone alzò la testa, solo per scoprire che Kagome era molto più vicina di quello che lui non avesse pensato, china in avanti, praticamente naso contro naso con lui, che sbarrò gli occhi. Quella luce solenne e insieme divertita in quelli di lei non presagiva nulla di buono.

– Non è che... – iniziò la ragazza, con aria falsamente innocente – Hai paura di lui?

Toccò proprio il tasto sbagliato, o forse giusto, a seconda dei punti di vista: l'attacco di rabbia indignata non si fece attendere più di un mezzo secondo.

– Certo che no, razza di stupida! – le urlò in faccia, furibondo, un pugno alzato con fare minaccioso che Kagome evitò con prontezza, allontanandosi e aggiustandosi il kimono come se nulla fosse, riuscendo a offenderlo perfino di più – Non avrò mai paura di quel dannato muso lungo!

– Non vedo dove sia il problema, dunque – cinguettò lei a testa alta, prima di andare a infilarsi i sandali per uscire. Inuyasha la fulminò con lo sguardo, per poi tornare a incrociare le braccia, più imbronciato e fosco e combattuto che mai. Perfino le sue orecchie erano basse dal nervosismo.

Paura di quello snob del suo fratellastro? Tsk, giammai. Sesshomaru poteva millantare tutta la nobile forza che voleva, Inuyasha era ed era sempre stato in grado di tenergli testa, e chi se ne fregava della sua aria da gelido, perfetto, inarrivabile assassino. E Bakusaiga? La spada più letale che fosse mai stata creata da demoni e uomini? Non un problema. Ma sopportare il suo insoffribile contegno e le sue occhiate altezzose, e soprattutto dargli la Notizia con la “N” maiuscola? E magari rovinare uno dei giorni più importanti della sua vita e quella di Kagome? E magari scatenare una glaciale furia omicida? Temeva per gli altri, non per se stesso, naturalmente. Inuyasha avrebbe quasi quasi avuto un altro scontro finale con Naraku, piuttosto. Almeno lì aveva avuto un'idea molto precisa su come comportarsi.

Sentì Kagome sospirare, e alla fine lei gli si avvicinò, con un nuovo sorriso divertito, ma più gentile.

– Andiamo, Inuyasha. Se hai avuto il fegato di chiedere a me di sposarti, questo dovrebbe essere facile.

Un'altra volta in cui aveva desiderato ardentemente una battaglia mortale piuttosto che porre una domanda, ricordò lui, e non riuscì a impedirsi di arrossire, specie quando la sua futura moglie si chinò a dargli un bacio sulla fronte. Ah, quelle dannate cose non facevano proprio per lui.

– Non è la stessa cosa – bofonchiò comunque, testardo, senza guardarla negli occhi.

– No – concordò lei, facendogli una carezza sulla testa – Con me avevi ragione a temere.

Le lanciò un'occhiataccia, ma riuscì solo a strapparle una linguaccia di rimando. Poi Kagome si risollevò e si avviò verso la porta di casa, per andare a svolgere le sue consuete mansioni nel villaggio.

– Farai meglio a deciderti – gli disse come congedo, fermandosi un momento sull'uscio della porta – Pare che debba farsi vivo in questi giorni. Il mio consiglio di usare Rin come arma segreta rimane. Buona fortuna!

Tutto ciò che ricevette in risposta fu un grugnito poco convinto.

Rimasto solo, Inuyasha si stese sulla schiena, già stanco, benché fosse solo prima mattina.

Era vero: avrebbe potuto mandare qualcun altro a compiere quella missione così gravosa. Prima fra tutti, Kagome stessa, che probabilmente sarebbe riuscita a fare dire a Sesshomaru di sì prima di essere tagliata in due per colpa di quella sua lingua lunga, ma si sarebbe trattato pur sempre di un risultato; gli altri vecchi amici avevano poche possibilità di successo, invece. L'unica a possedere davvero la sicurezza di vincere e sopravvivere era in effetti solo la creatura più dolce e indifesa del villaggio, Rin, a cui Sesshomaru non aveva la forza di volontà di rifiutare neppure di accompagnarla a inseguire le farfalle, cosa piuttosto ironica; ma che Inuyasha fosse dannato, se fosse ricorso a nascondersi dietro a una bambina alta un quarto di lui. Non se ne parlava nemmeno, tranne che in caso di estrema emergenza.

Avrebbe dovuto essere calmo, pacato, conciliante, diplomatico, e gentile.

Tutto ciò che normalmente non era affatto.

 

Per fortuna, Sua Altezza decise di presentarsi camminando sui propri regali piedi, anziché piovere dal cielo come spesso amava fare.

Inuyasha riuscì a captare il suo odore e la sua aura con anticipo sufficiente per indovinare anche da quale strada sarebbe arrivato al villaggio, e cercare di intercettarlo nella foresta, prima che qualche chiacchierone non rendesse la situazione più pericolosa di quello che già non fosse. Si sistemò sul ramo di un albero, cercando di non avere una faccia da funerale e di non assomigliare troppo a un corvo – ma l'unico modo in cui si sentiva a suo agio era in effetti appollaiato stile uccellaccio, pronto a saltare anche all'improvviso in caso di necessità.

E infine, con la dovuta, impassibile calma, suo fratello apparve.

Non era cambiato di una virgola, o così pareva. Lui e i suoi abiti sfarzosi, lui e le sue spade appese al fianco, lui e i suoi lunghissimi capelli color argento, lui e il suo instancabile e immancabile servetto a trotterellargli dietro – se liberarsi di lui si fosse rivelato troppo complicato, Inuyasha era disposto a ricorrere alla violenza, che Sesshomaru approvasse o no.

Prese un respiro profondo, inviò un'ultima preghiera a un qualche dio non meglio precisato, si preparò a compiere quello che era in fin dei conti un suicidio – dal punto di vista morale, chiaramente –, e chiamò.

– Ehi, tu.

Sesshomaru alzò lo sguardo nella sua direzione prima ancora che avesse finito, una mano sull'elsa di Bakusaiga, mentre Jaken sussultava e inciampava dal panico.

Non appena lo scorse, al di là di un paio di fronde, i suoi occhi d'oro si assottigliarono, ma la presa sulla sua spada si allentò.

– Inuyasha – fu il suo saluto, freddo abbastanza da far sembrare che una brezza innaturale stesse spirando all'improvviso, ma senza muovere un muscolo di più.

– Ah! – esclamò invece Jaken, rialzatosi in piedi, e iniziando a saltellare su e giù in grande stile, pieno di indignazione – Solo Inuyasha può avere la faccia tosta di rivolgersi così al potente signore Sesshomaru! Quale vergogna, mio signore! Quale affronto-

– Oh, dacci un taglio – ringhiò il diretto interessato, prima di decidere che quella posizione da imboscata non era forse quella che avrebbe più bendisposto il delicatissimo animo del suo niente affatto delicato fratello. Saltò quindi di sotto, atterrando senza problemi proprio di fronte a Sesshomaru, che non aveva ancora battuto ciglio.

Per un silenzioso e un tantino imbarazzante momento, rimasero a squadrarsi. Sì, non importava quanto suo fratello stesse lontano, o per quali ragioni: a lui pareva sempre lo stesso. Sempre accompagnato dalla stessa boria. Nonché immensa loquacità.

Inuyasha odiava iniziare le conversazioni. Ma che scelta aveva?

– Devo parlarti – buttò lì, nel tono più normale che riuscì a pescare, ovvero estremamente scontroso. Poi lo sguardo gli cadde sugli occhi a palla di Jaken – In privato.

– Cosa?! Tutto ciò che il signor Sesshomaru vuole ascoltare sarà ascoltato anche da me! Quale impertinenza! – strillò il rospo, punto sul vivo, più agitato e offeso che mai, e avrebbe continuato, se Sesshomaru non l'avesse interrotto con voce calma, ma secca.

– Quale materia è tanto urgente da discutere perché ciò non possa avvenire al villaggio, e da richiedere questa tua messinscena?

Inuyasha si morse la lingua. Gli piaceva pensare che il suo fratellastro fosse un idiota presuntuoso, ma aveva di sicuro il dono di andare sempre dritto al punto, con un intuito non trascurabile. Maledizione.

– È... privato – fu tutto ciò che riuscì a ripetere, con uno sbuffo, senza riuscire a controllare un movimento nervoso delle proprie orecchie, e poi indicò Jaken con aria scocciata – Ti dispiace? Oppure lo devo mettere fuori gioco?

Jaken partì a sbraitare così in fretta e così stridulo che l'udito troppo sensibile di Inuyasha se ne sentì parecchio violato; grazie al cielo, la mano sinistra di Sesshomaru si sollevò in un gesto imperioso, e la pace tornò a regnare all'istante.

Quello sguardo impenetrabile lo stava studiando, sensazione che Inuyasha detestava. Poteva immaginarsi tutte le ipotesi che stavano passando in quel suo cervello pieno di sospetti e barriere: un pericolo all'orizzonte? Un'invasione? Una cattiva notizia? Chissà. Di una sola cosa il mezzodemone era certo: tra tutto ciò che Sesshomaru stava immaginando e ponderando, non poteva esserci nulla che fosse peggiore della verità.

Alla fine, la sua espressione ebbe quell'impercettibile mutamento che di solito significava la presa di una decisione.

– Aspettami qui, Jaken – ordinò, senza fare una piega. Qualcosa dentro Inuyasha sospirò di sollievo, qualcos'altro rabbrividì d'orrore; di sicuro mai quanto ne provò Jaken stesso, tuttavia, che parve avere il cuore spezzato in due.

– M-ma... mio signore! – fu il suo debole, disperato tentativo di protesta, ignorato come solo Sesshomaru era capace di ignorare, mentre il suddetto demone muoveva un passo avanti verso Inuyasha, scrutandolo con atteggiamento sprezzante.

– Muoviti – fu intimato.

La tentazione di insegnargli buone maniere che neanche Inuyasha conosceva usando un sano e vecchio pugno in faccia fu forte, ma c'era un bene maggiore verso cui lavorare. Kagome aveva insistito troppo. Non si poteva fallire senza aver neppure tentato.

E così, benché rigido come uno stoccafisso, e già coi nervi sull'orlo di spezzarsi, Inuyasha voltò a propria volte le spalle a un Jaken ormai quasi in lacrime, e condusse Sesshomaru lungo il sentiero fino a quando non si sentì al sicuro da qualsiasi tipo di orecchie indiscrete; poi fu la volta del momento imbarazzante numero due.

Quasi da non crederci. Quanta strada era passata dal tempo in cui si sarebbero uccisi a vista, se ora erano lì, uno di fronte all'altro, magari cercando di uccidersi con la vista, ma in teoria in procinto di avere una quasi normale, quasi umana conversazione? Forse perfino troppa. Di sicuro, Inuyasha doveva muoversi, prima che quello sguardo già della consistenza del ghiaccio si indurisse ancora di più, e ogni speranza andasse persa.

Prese un altro respiro profondo e incrociò le braccia. Si imbronciò, come sempre quando era sotto pressione.

– C'è... una novità – fu tutto ciò che riuscì a buttare fuori come prima cosa. Non una gran scelta: Sesshomaru strinse appena gli occhi, in un chiaro sintomo di irritazione e impazienza, come se si sentisse trattato come un ritardato.

Cosa aveva fatto di male nella vita, il povero Inuyasha, per meritarsi una pena tanto grande? Qualche demone avrebbe potuto rispondere, e con abbondanza di particolari, ma se si fosse distratto in quel modo poteva già dirsi morto e sepolto. Da Kagome, si intende, naturalmente, per il suo fallimento. Non da Sesshomaru, né dai suoi artigli, né dalla sua invincibile spada. Era più probabile che il silenzio lo assordasse, figuriamoci.

Secondo tentativo.

– Io e Kagome... abbiamo deciso...

Esitò, domandandosi se fosse possibile che Sesshomaru ingaggiasse un combattimento all'istante dopo aver saputo, o se il suo autocontrollo fosse abbastanza forte. Ma una scintilla davvero pericolosa al di sotto di quelle palpebre color magenta lo costrinse a pronunciare di colpo anche le ultime due parole.

– Di sposarci.

Attese che la bomba esplodesse. Ma non accadde nulla.

Certo, per un istante gli occhi di Sesshomaru si strinsero ancora di più. La linea delle sue labbra si irrigidì appena, insieme a quella della mascella. Ma il momento dopo il suo volto pallido era più impassibile che mai – giusto un pizzico altezzoso e sprezzante, più del solito, cosa che Inuyasha non mancò di notare. Terribilmente irritante.

Silenzio. Occhiate perfino più silenziose.

– Dunque?

Inuyasha sgranò gli occhi, e per poco non rimase a bocca aperta. “Dunque”? “Dunque” era tutto ciò che quella voce più piatta dei campi del villaggio aveva da dire? Cosa voleva dire, “dunque”?

La frustrazione lo portò a schioccarsi le ossa di una mano. Ma d'altronde, avrebbe dovuto aspettarselo: nulla di più, nulla di meno, da quel pezzo di ghiaccio che era costretto a chiamare fratello. Forse vivere tra gli umani stava davvero offuscando la sua percezione della realtà demoniaca.

– Dunque – ringhiò, in ogni caso molto offeso, ma perlomeno dicendo addio a ogni esitazione – Sarà tra un mese. E qualcuno vorrebbe lì il tuo brutto muso.

Non si trattava di lui, certo. A lui proprio non interessava. Per nulla. Ma evitò di specificarlo ad alta voce. Solo perché non gli andava, chiaro.

Sesshomaru piegò appena la testa di lato, come a volerlo squadrare, con un'espressione a dir poco indecifrabile, ma tutto meno che benevola. Poi raddrizzò la schiena perfino più del consueto – e quando parlò, non lesinò per niente sul disprezzo.

– Hai considerato la possibilità che io possieda altri affari, anziché presiedere a una cerimonia umana?

Quello era il colmo. E quella faccia da insopportabile arrogante non meritava affatto di rimanere intatta.

– Tipo cosa? – non riuscì a trattenersi dal chiedere di rimando, aggressivo, prima di indicare il piccolo pacco legato alla vita di Sesshomaru – Comprare kimono per l'umana che ti aspetta come se fossi suo padre?

Negli occhi di suo fratello brillò un lampo di velenoso avvertimento pressoché palpabile: “Non osare. Mai più”. Inuyasha l'avrebbe volentieri ignorato, ma subito dopo Sesshomaru si voltò in un lampo di bianco e argento, camminando senza esitazione verso il luogo in cui Jaken era rimasto a piagnucolare.

– Sei sempre il solito bastardo – gli ringhiò dietro Inuyasha, trattenendosi a stento dal gridare.

Neppure l'accenno a volergli rispondere.

Esisteva forse al mondo qualcuno di più immensamente, irrimediabilmente odioso, e che tale sarebbe rimasto fino alla fine della sua spocchiosa vita?

 

Inuyasha non aveva aspettato di incontrarlo di nuovo: si era allontanato e se ne era rimasto nei boschi, perché uno scontro non causasse più dispiacere a Kagome di quanto già le brutte notizie avrebbero fatto. Gli fu solo riferito di quanto breve la visita di Sesshomaru a Rin fosse stata, perfino rispetto al solito, e dell'umore ombroso oltre ogni dire del suo fratellastro. Alla domanda della bambina se ci sarebbe stato al matrimonio degli “zii”, aveva solo mormorato un piatto “Farò del mio meglio”.

Il mese di preparativi fu intenso, anche senza i ricordi di quel disastro – Miroku e le sue bambine fecero il possibile per rendere il tutto mille volte più complicato del necessario, combinando un guaio dopo l'altro. Molti episodi sarebbero stati raccontati in futuro, ma ben poche persone vennero a sapere di come Inuyasha avesse sentito un odore familiare nell'aria, nei giorni vicini al matrimonio – ma l'aveva ignorato, attribuendolo al proprio già sufficiente nervosismo. Molti risero nel vedere quanto rosso e impacciato Inuyasha fu alla cerimonia, ma non tutti capirono che le cose sarebbero andate molto meglio, se non ci fosse stata una silenziosa figura lontana da tutte le altre, all'ombra di un albero, difficile per chiunque da distinguere nel tramonto, ma non per lui. Rin acconsentì a mantenere il segreto.

E solo due persone conobbero mai il dialogo che si svolse quando Inuyasha si sottrasse, per pochi minuti, ai festeggiamenti.

– Cosa diavolo ci fai qui, tu?

Una breve pausa, e uno sguardo altero.

– Non ho mai affermato che non mi sarai presentato.

Il più detestabile e dannato dei fratelli.

Com'era giusto che fosse.

   
 
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