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Autore: Sophie Robin Kendrick    27/07/2016    1 recensioni
Parto dal presupposto che non mi è piaciuto per niente il finale di Artemis Fowl. Quindi ho deciso di elaborarne uno alternativo. Sarà composto da molti capitoli ma non so con precisione quando.
Trama:
Artemis Fowl continua a sentire una voce che cerca disperatamente di portarlo a sé. Non ha nessun ricordo delle avventura con la sua migliore amica. E non si ricorda per niente di averla. Sogna ogni notte quella voce, mentre Holly (Spinella) aspetta disperatamente che lui si ricordi di lei.
P.S: non sono molto brava a scrivere le trame. Buona lettura.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Artemis Fowl Senior, Domovoi Leale, Juliet Leale, Spinella Tappo, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Il mattino la sorprese. Si era addormentata senza rendersene conto, non aveva sognato niente, solo delle voci. Sentiva la voce di N°1 e di Grana che parlavano, ma non riusciva a capire che cosa si stessero dicendo. Sapeva che era il momento in cui lei era stata rinchiusa nella cella. Era semi sveglia ma non cosciente.
E le voci si ripetevano all'infinito, riusciva solo a captare il nome di Artemis.
Non importava, non si poteva avvicinare a lui, anche perché lui non sapeva neanche chi era lei. Quindi che cosa le cambiava?
Era sempre sola, in un mondo che per certi versi non conosceva, e senza aiuto alcuno.
Doveva riprendersi. Di tornare indietro proprio non se ne parlava, ormai era morta per il sottosuolo e non gli avrebbe dato l'opportunità di pensarla diversamente.
Forse poteva chiedere aiuto a Domovoi Leale. Lui l'avrebbe aiutata volentieri e l'avrebbe guidata.
Accantonò l'idea subito, era difficile contattare Leale senza che la LEP o Artemis se ne accorgessero.
Si alzò di malavoglia da quel letto duro e poco confortevole. Le lenzuola doveva essere cambiate ma lei non aveva soldi per acquistarne altre.
Lasciò perdere per il momento e andò in cucina per cercare da mangiare. Trovò solo del succo di frutta biologico all'arancia. Riconobbe la marca. Grana le aveva lasciato del cibo per andare avanti per qualche giorno. Mai nella sua vita gliene fu grata. Mangiò delle fette di pane e un po' di succo di frutto per poi andare in bagno. Lì non trovò niente che l'avrebbe aiutata nella pulizia della casa e nella sua personale. Wow, era proprio caduta in basso.
Ritornò della stanza da letto e aprì le ante dell'armadio. Aveva qualche vestito appeso nella gruccia e poi il vestito da lavoro. Una divisa risalente agli anni sessanta, lunga nera e con il grembiule bianco. Era più vecchio di lei a momenti. E lei era entrata nella fascia degli ottanta.
Controllò il foglio con le informazioni sul suo nuovo lavoro. Non conosceva la via, infatti avrebbe dovuto controllarla con una cartina o chiedere informazioni a qualcuno.
Iniziava il turno tra un'ora e sarebbe rimasta fino a sera. Era un incubo, ma gli orari non erano diversi da quelli che faceva quando era un elfa.
Pensare al suo passato le provocava una fitta al cuore e le faceva venire la nausea.
Scacciò i ricordi e indossò la divisa. Era ruvida e in certi punti le prudeva, ma si doveva accontentare, prese anche le scarpe. Erano delle scarpe da ginnastica semplice. Il numero era sbagliato, troppo piccolo, infatti le procurava dolori alle dita dei piedi e al tallone.
Seccata prese la borsa e mettendo le chiavi e i documenti al suo interno uscì dalla porta, chiudendo a chiave e ignorando il dolore ai piedi uscì in strada.

Riuscì a trovare qualcuno che le potesse indicare il posto dove doveva andare. Era a sei fermate dalla casa in affitto. Non era difficile, anche perché tra i suoi documenti personali c'era un abbonamento che le serviva per viaggiare con i mezzi di trasporto.
Quando si fermo a cinque minuti di distanza dalla fermata, era davanti al posto in cui avrebbe lavorato. Era un diner bianco. Indecisa si guardò attorno per vedere se si era sbagliata e consultò anche la carta. Il posto era quello e il nome era esatto. Lei lavorava lì...
Si irritò, va bene passare per quella inosservata e avere un appartamento e una vita schifosa, ma adesso si aggiungeva anche un Diner che a malapena andava avanti.
Bello schifo. Voleva andarsene ma qualcosa la trattenne. Era una persona che la stava chiamando. Uscì dal diner un uomo con i capelli biondi e gli occhi neri. Era ben impostato e vestito di tutto punto, come se dovesse andare a Londra a prendere un tè con la regina di Inghilterra.
Parlava al telefono e la guardava facendole segnale, sembrava molto irritato. Le fece segno di entrare e lei lo fece. Non aveva voglia di obbedirgli ma preferiva non dare spettacolo.
Scese degli scalini e si ritrovò in un posto che rispecchiava l'esterno. Era tutto bianco, con dei tavoli e un bancone grigio. Molto ridicolo e appariscente per i suoi gusti.
Sembrava di essere tornati agli anni sessanta/settanta in America.
L'uomo smise di parlare al telefono e chiudendo la porta si rivolse a lei.
– Tu sei la nuova vero? Ti avviso subito che lo stipendio è quel che è, non può essere cambiato a meno che non fai un ottimo lavoro. Hai mai avuto esperienza in questo campo? –
Lei aprì la bocca per parlare ma lui non le diede tempo.
– Suppongo di no. Non fa niente, imparerai altrimenti sei fuori. Riceverai tre euro all'ora. Gli orari sono dalla mattina verso le nove fino a mezzanotte. Hai solo un'ora di pausa, non tornare in ritardo altrimenti ti saranno levati dallo stipendio i minuti che hai perso. Spero di essere stato chiaro. Tu sei al bancone per oggi. Farai i turni con le altre ragazze per andare in cucina. Quindi vedi di non fare disastri, intesi?
E adesso vai a posare la borsa e preparati. Si apre tra cinque minuti. –

Quando Spinella entrò negli spogliatoi, sempre se così si potevano chiamare lo stanzino con qualche sedia, trovò un'altra ragazza che stava cercando di far salire la zip del vestito.
Faceva degli strani versi e certe volte imprecava contro la lampo che non si voleva alzare. Spinella abbandonò la borsa nella sedia e le diede una mano. La ragazza si girò, la ringrazio e senza aggiungere altro uscì dallo stanzino.
Spinella rimase stranita dal comportamento indifferenze della ragazza, ma non ci fece caso. Non era in vena di discutere con loro. Ringraziando il cielo aveva ancora il dono delle lingue. Senza sarebbe stato un problema enorme.
Uscì dallo stanzino e vide la stessa ragazza in cucina intenta ad accendere i fornelli e a riscaldare qualcosa nella pentola.
Si guardò intorno, ma c'erano solo loro due in quel dannato diner. Come avrebbero fatto a portare avanti in dinner se erano solo in due? Sempre se quel coso avrebbe avuto clienti, ma senza di essi lei sarebbe rimasta senza soldi e lavoro.
Quasi ad ascoltare le sue suppliche una terza ragazza si aggiunse a loro. Anche lei non fece caso a Spinella e andò a preparare il caffè per i clienti. Ormai mancava solo un minuto alle nove del mattino e nessuno le aveva ancora spiegato cosa fare.
Si rivolse alla ragazza che era impegnata adesso con le tazze.
– Scusami, sono nuova e non so cosa devo fare. – Le ragazza la guardò e le mise in mano un blocknotes.
– Chiedi cosa vogliono, annoti, porti in cucina e una volta pronto porti l'ordine al cliente. Non è difficile, non hai mai lavorato prima d'ora tu? –
– Mi sono da poco trasferita qui e non ho ancora avuto un lavoro. –
– Ma si può sapere quanti anni hai? Sembri giovane per lavorare – vedendo che Spinella non trovava le parole continuò con il suo monologo. – Lascia stare, non sono affari miei. Scorda la domanda. Ricordati solo di non sorride a certa gente, non servirebbe e li incoraggeresti a pensare che tra te e loro ci sarebbe qualcosa. Molto scomodo. Non sei la prima a cui capiterà ma evitiamo di alzare scaldali. Alla fine della giornata le cameriere si dividono la mancia. Non sei obbligata a farlo ma vediamo quanto prendiamo e poi ne riparliamo. –
Aveva una parlantina molto veloce per essere una che non voleva dialogare.

Spinella seguì i suoi suggerimenti e a fine giornata era molto stanca. A colazione c'era stato un discreto numero di persone, a pranzo quasi nessuno e poi a cena c'era stato il pienone di ragazzini.
Era riuscita a non far cadere nessun piatto e a non fare danni. Aveva preso dieci dollari di mancia in totale ma neanche all'altra cameriera non era andata meglio.
Ritornò a casa che erano quasi l'una e il giorno dopo avrebbe dovuto essere lì di nuovo.
Già si era stancata di vivere in quel modo, ma non si poteva lamentare. Era viva con i suoi ricordi e poteva cambiare la sua vita dando il meglio. Ci sarebbe riuscita e non avrebbe permesso a nessuno di rovinargliela.

Artemis si svegliò di scatto dal suo letto. Ancora quella voce che lo chiamava, ma stavolta era diverso. Nessuno rumore gliel'aveva portata via. Stava parlando con lui, solo che non riusciva a formulare nessuna frase. Voleva solo ascoltarla. Gli parlava dell'aria che anche se impura era dolce, e della terra.
Come sempre non era riuscito a dare un volto a quella voce, ma era sempre sicuro di averla già sentita. Forse in qualche luogo pubblico e gli era piaciuta e l'aveva memorizzata.
Ma non avevano senso le discussioni che facevano. In più di un sogno le rispondeva, ma non erano le parole che voleva pronunciare, erano estranee alla sua bocca ma famigliari al cervello.
Non aveva parlato a nessuno dei suoi famigliari di questi sogni, solo Leale aveva intuito qualcosa perché lui era quasi sempre buttato sui libri riguardanti i sogni e la memoria.
Si alzò dal letto e andò alla finestra. Oggi c'era una bella luna piena e lui aveva voglia di aprire la finestra e cercare qualcosa o aspettare qualcuno.
Ma chi poteva aspettare la sera?
Scacciò i pensieri e ritornò nel letto, gli era già venuta l'emicrania più di una volta per sforzare il cervello. Il che per lui era una novità.
Sforzare il cervello, che sciocchezza. E poi per cosa?
Si abbandonò contro il cuscino e sperando di non fare un altro di quei sogni si addormentò.



Grazie per le persone che hanno letto questa storia. Grazie ad Nanu_san che ha messo la mia fanfiction tra i preferiti e i ricordati. 
Grazie ancora per chi vorrà recensiore la storia o per altro. Spero che continuerete a leggere questa storia.
Baci baci Sophie

   
 
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