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Autore: Iwuvyoubearymuch    29/07/2016    1 recensioni
Gale si era trasferito nel Distretto Due e non aveva mai fatto ritorno al Dodici prima di quel giorno.
La strada per il perdono sarebbe stata lunga.
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Madge Undersee
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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but until that day comes along i'll keep on moving on
(Moving on - Kodaline)
 
Se avesse avuto la possibilità di scegliere, Gale non avrebbe mai accettato la nuova missione. 
Però gli ordini erano ordini e lui non era nella posizione giusta per contestarli. 
Non che non ci avesse provato. Gale Hawthorne era tante cose, ma arrendevole non era tra queste. L'aveva imparato a proprie spese. 
Ma avendo la possibilità di decidere, Gale non sarebbe mai salito su quel treno di ritorno al Distretto 12.
Era troppo presto. Cinque anni non era periodo di tempo abbastanza lungo per superare quello che era successo. Non sapeva nemmeno se era possibile andare oltre il casino che lui aveva combinato, figurarsi stabilire una data di scadenza. Di certo, lui ancora non ci era riuscito. 
Il Distretto 12 non era più il Distretto 12. Ma quello l'aveva imparato parecchi anni fa. 
Era stato rimesso a nuovo: niente più cadaveri disseminati ovunque, macerie di case e negozi crollati, rottami anneriti dalle fiamme. Tutto quello era stato sostituito da nuove case, nuovi negozi, nuovi edifici. Perfino una specie di ospedale. Così diverso da quel posto che un tempo chiamava casa. 
Ora casa sua era nel Due. Quale posto migliore per intraprendere il processo di redenzione se non in quello dove Gale aveva cominciato a precipitare verso il fondo? 
Eppure, faticava a considerarla realmente casa. Forse, perché sapeva cosa rappresentava. Forse, perché si sentiva tremendamente solo, ogni volta che tornava a casa dal lavoro e non c'era niente e e nessuno ad aspettarlo. Nonostante i cinque anni, non si era ancora abituato. 
Non aveva detto alla sua famiglia che sarebbe venuto. Era un lavoro di pochi giorni e c'era la possibilità che non avesse tempo per loro. O che, peggio, si facesse sopraffare dalla nostalgia e a quel punto sarebbe stato mille volte più difficile doverli salutare per chissà quanto tempo. 
Comunque, non era il caso di prendersi in giro: sarebbe andato dritto da loro appena...
Katniss. 
Dannazione! 
Come faceva a essere così sorpreso di vederla pur sapendo che sarebbe stato praticamente impossibile non incontrarsi? Il Dodici poteva anche essere cambiato, ma rimaneva lo stesso uno dei distretti più piccoli di Panem. E il numero di abitanti ancora non arrivava nemmeno a un terzo di quello che era una volta. 
Giacca marrone di pelle, arco a tracolla sulle spalle, treccia scura da un lato.
Era la Katniss di sempre. La sua Katniss.  
Solo che non era sua. Non era nemmeno sicuro che lo fosse mai stata. 
C'era stato un tempo, dopo la domenica della fustigazione della quale Gale si sarebbe portato a vita le cicatrici, in cui aveva creduto che per una volta era giunto il suo momento finalmente. Nonostante Mellark che continuava a ronzarle intorno, nonostante la finta proposta di matrimonio, nonostante il Presidente Snow alitasse sul collo di Katniss. 
Poi c'era stato l'annuncio della Seconda Edizione della Memoria e il loro rapporto era andato in malora.  
Se allora qualcuno gli avesse detto che le cose tra loro si sarebbero messe anche peggio non ci avrebbe creduto. Come poteva?
Era bella, ma anche quello l'aveva imparato parecchi anni fa. 
E sembrava diversa; uguale e diversa allo stesso tempo. Non sapeva spiegarlo, il che era un boccone amaro da digerire perché una volta lui era l'unico in grado di farlo, di capirla.
Dava l'impressione di essere tranquilla. O se non altro, meno tormentata (altro boccone amaro: il merito non era suo). 
Gale si era sempre vantato - mentalmente - e sentito vagamente fiero di quella capacità particolare che avevano lui e Katniss di intendersi alla perfezione: uno pensava una cosa, l'altro la completava; a volte, anche senza parlarsi. Era una delle vantaggiose conseguenze dell'essere partner di caccia. 
Ecco perché fu un po' come un atto di tradimento quando improvvisamente e inaspettatamente lei si voltò a guardarlo. 
Furono secondi interminabili, fatti di respiri trattenuti e sguardi ansiosi, entrambi probabilmente con la stessa domanda nella testa (dopotutto lui e Katniss erano uguali): e adesso?
Quando Gale aveva tentato di relegare la missione a qualcun altro dei suoi colleghi era proprio per questo motivo. L'incertezza. 
Era stata una chiara volontà di Katniss quella di troncare la loro amicizia e lui l'aveva accettata perché cos'altro poteva concederle dopo quello che aveva fatto? Ma erano stati cinque anni orribili e la soluzione non era neanche minimamente intravedibile. Il non sapere se Katniss avesse mai più voluto parlare con lui sembrava un destino anche più crudele.
Alla fine si incontrarono a metà strada, tutte e due paia di occhi fissi sulla faccia un tempo amica che avevano davanti. 
Fissarsi da vicino senza parlare non era una cosa del tutto nuova tra loro, ma in quell'occasione aveva assunto una marcata venatura di imbarazzo. 
"Gale" 
Fu solo un soffio che Gale riuscì a percepire soltanto perché pendeva da quelle labbra screpolate. 
"Katniss" disse. 
Le intenzioni di Gale erano ben lontane dal sembrare confuso e spaesato come gli era appena sembrata lei. Anzi, avrebbe preferito sentire sicurezza e fiducia nella propria voce, ma non ci era riuscito. Non poteva credere che dopo cinque anni di dolorosa assenza ce l'aveva finalmente davanti.
Avvertì una preoccupante sensazione di disagio mentre gli occhi di lei lo scrutavano con attenzione, quasi come non lo riconoscesse. Quasi come se fossero tornati a quella tiepida giornata di primavera quando lui era soltanto un quattordicenne sprezzante e lei una dodicenne impegnativa. 
Magari, si ritrovò a pensare Gale con una punta di malinconia. Magari, potessimo tornare a quel giorno
Ma non ci credeva veramente. Per quanto triste e solitaria fosse la propria vita in quei giorni, era sempre meglio di quella specie di selezione naturale pre-ribellione (o forse no, visto che una parte di lui era decisa a girare il coltello nella piaga ricordandogli che allora Katniss era tutta sua). La vita di sua madre e di Rory e Vick e Posy era migliorata, così come quella di migliaia di altre persone. 
Approfittò della vicinanza per prendere effettivamente nota dello sguardo meno tormentato. Sorpreso, emotivo e un po' assente, ma decisamente non folle come quello che aveva esibito durante tutta la permanenza al Distretto 12 o a Capitol City. 
Era positivo. 
"Perché sei qui?" chiese, guardando ovunque tranne che in alto davanti a lei.
Gale avrebbe tanto voluto dire di non sentirsi neanche un po' turbato dalla schiettezza di Katniss perché era esattamente da Katniss. Eppure il modo in cui l'aveva detto, ciò che aveva voluto implicare, la priorità di quella informazione su tutte le altre...
Non si aspettava una parata in suo onore o che le accogliesse a braccia aperte e tantomeno che all'improvviso dimenticasse il motivo per il quale erano passati cinque anni dall'ultima volta che si erano ritrovati faccia a faccia. Familiarità era tutto ciò che chiedeva: la speranza che la loro amicizia fosse terminata ma non dimenticata. 
"E' per lavoro" rispose, accorgendosi soltanto in quel momento che forse non aveva fatto tutto il possibile per scaricare la missione a qualcun altro e che forse un po' ci aveva sperato in quell'incontro. "Ho il treno di ritorno dopodomani" aggiunse, senza riuscire a trattenere quella amarezza e risentimento che dopotutto Katniss non meritava e ciò lo fece star male. 
Katniss annuì, ma non sembrava che avesse ascoltato granché. Sembrava a disagio e, a parte qualche momento all'inizio, tra di loro non era mai stato così. 
"Pensi che possiamo parlare?" chiese Gale. 
Quello era un momento buono come un altro per affrontare finalmente la situazione, rimandare non avrebbe che reso dolorosa la presenza dell'uno per l'altro.
In tutta sincerità, si aspettava che Katniss rifiutasse. Una scusa. La verità, magari, cioè che parlare con lui era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare. Invece, si limitò a fissarlo per qualche istante e dopo con lenta decisione prese a camminare, sostenendo lo sguardo fino a quando lo superò. Per Gale equivaleva a un invito. 
I piedi di Gale si mossero di loro spontanea volontà, accanto a quelli di Katniss. La stava seguendo, ma in realtà sapeva già dove stavano andando. Il distretto era cambiato, ma non così tanto dopotutto. O forse, era lui che avrebbe potuto riconoscere la strada per il Prato anche bendato, nonostante gli anni di assenza. 
Familiarità. 
Forse, una speranza ancora c'era ma non era stupido al punto da intrattenere la mente con certi pensieri. 
Al contrario, cercò di osservare, annusare, ascoltare il paesaggio che lo circondava per fare scorta di ricordi nuovi una volta ritornato nel freddo appartamento del Due. E ovviamente, nel tentativo di ciò, era inevitabile che i ricordi passati riaffiorassero. Sembrava che il bosco fosse tutta la sua vita. E sembrava che ormai, per quanto si sforzasse di convincersi del contrario, non gli appartenesse più. La vita al Dodici era il suo passato, il Due doveva rappresentare la possibilità di un futuro.
La recinzione non c'era più. Faceva uno strano effetto non dover strisciare a terra per arrivare nel bosco. Aveva altro per la testa per decidere se era una sensazione positiva o negativa. 
"Vai ancora a caccia?" 
La voce di Katniss era tranquilla, ma calcolata. Quindi, forse, non era lui a non saper leggere più Katniss, ma lei non voler lasciare entrare Gale. Comprensibile. 
Gale ripensò all'ultima volta che era stato a caccia, la quinta o sesta settimana dopo essersi trasferito al Distretto Due. Aveva usato un arco diverso da quello fornitogli da Beetee (per ovvi motivi) e si era scoperto in grado tanto quanto prima di uccidere. Aveva pianto (lui, Gale Hawthorne aveva pianto!) subito dopo la prima lepre capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Non ci aveva riprovato. "Vado in campeggio quando posso" rispose, scrollando le spalle. Il campeggio gli era stato consigliato dallo strizzacervelli che l'aveva giudicato idoneo per il suo lavoro anni addietro. "Non a caccia, non più. E tu ci vieni spesso?”
“All’inizio molto di più. Per tenermi occupata.”
Gale odiava ogni singola parola sia della domanda che della risposta. Lui era quello che non aveva bisogno di chiedere, lui era quello che sapeva ogni cosa che succedeva nella vita e nella testa di Katniss. Lui era il suo migliore amico (era stato), certe cose dovevano essere scontate. Invece, non sapeva più niente, se non quello che nelle riviste o nei reportage alla TV ancora inventavano sugli Amanti Sventurati del Distretto 12. 
Non che cercasse informazioni di proposito. O meglio, lo faceva nei troppo frequenti momenti di sconforto. Era da masochisti, lo sapeva. Ma perfino la faccia di Mellark dopo cinque anni di telefonate non fatte e lettere scritte ma mai spedite gli procurava una sorta di calore nel petto. Si concentrava su quella sensazione, piuttosto che sulle notizie strazianti.
“E Peeta? Ho sentito che vi siete sposati.”
Aveva dovuto chiederlo. Gli era costato parecchio, ma aveva cercato di non darlo a vedere.
L'aveva sentito alla TV qualche mese prima, ma era certo che doveva essere scritto da qualche parte nelle lettere che Posy gli spediva instancabilmente da quando aveva imparato a scrivere.
Erano innumerevoli le occasioni in cui aveva pensato a come sarebbe andata senza quella bomba. Katniss avrebbe scelto lui, Gale? Gli piaceva pensare di si, ma perfino nei momenti in cui la convinzione era forte, non poteva fare a meno di dirsi che sarebbe finita ugualmente allo stesso modo. 
Anzi, forse, lui si sarebbe sentito meno solo.
Katniss annuì leggermente, l’espressione rivolta lontano da Gale. Ma lui riuscì a scorgervi lo stesso l’ombra di un sorriso. Distolse lo sguardo alla svelta, ignorando il macigno che si era poggiato sullo stomaco.
“Peeta sta bene. Ma non credo che tu voglia parlare di lui.”
No, Gale non aveva assolutamente voglia di parlare di Mellark. Non era per quello che era venuto. Non era per quello che si era armato di coraggio per chiederle di parlare.
Inspirò a lungo dal naso, sentendo i polmoni riempirsi di quell’aria fresca e rigenerante.
Ci siamo, pensò. Ora o mai più.
Solo che lui non c'era affatto. 
Si guardò attorno alla ricerca delle parole giuste. Quelle stesse parole che avvertiva sulla punta della lingua ma che per una strana ragione non volevano saperne di uscire. Non perché non fossero sentite, piuttosto per timore.
“Mi dispiace” mormorò, facendosi scappare una breve risata amara.
Come era possibile che fossero finiti in quella situazione? Come avevano fatto? Come lui aveva fatto a non rendersi conto prima di ciò che sarebbe accaduto?
Le diede le spalle. Sentiva che sarebbe stato più facile se non l’avesse guardata in faccia. 
Era diventato un codardo crescendo? 
“Ho immaginato questo momento tante di quelle volte, sapevo cosa volevo dirti e dovrebbe essere facile perché tu sei Catnip e lei…” Fu costretto a fermarsi. Era arrivato al nocciolo della questione. “Volevo bene a Prim come a una sorella” ammise, perché era la verità.
Soprattutto da dopo la partenza di Katniss per i primi Hunger Games, aveva imparato a considerare Primrose e la signora Everdeen come un’estensione della propria famiglia. Il pensiero al mattino quando si svegliava andava anche a loro.
“Lo so che non dovrei…”
“Vick mi odia” lo interruppe Katniss.
Gale si voltò a guardarla per assicurarsi che non lo stesse prendendo in giro. Il viso era coperto in parte dai capelli che non ce l’avevano fatta a entrare nella treccia, ma era evidente che fosse seria.
“Cambia strada quando mi vede e se vado a casa vostra non inventa scuse per andarsene.”
Gale stentava a crederci. Stava parlando proprio di Vick? Il bambinetto che sembrava davvero trovare interessante le cose che insegnavano a scuola e si rifugiava dietro le gambe di Hazelle ogni volta che Gale tornava con un coniglio per cena? Quel Vick?
“Perché dovrebbe odiarti? Non è possibile” disse, scuotendo la testa.
Conosceva il suo fratellino. Non era capace di portare rancore nei confronti di nessuno. Nemmeno verso di lui, Gale, che li aveva abbandonati da cinque anni e prima ancora non aveva mai trovato tanto di quel tempo da dedicargli per via della ribellione, soprattutto al Tredici.
No, non era affatto possibile. Rory, forse. Ma non Vick.
Le mani di Katniss presero a intagliare un rametto con un coltello che aveva fatto uscire dalla tracolla. Sicuramente sarebbe diventato una freccia.
“Incolpa me del fatto che tu non sia ritornato qui al Dodici e…”
“Non è possibile” ripetette, fermandola e facendo segno di no con la testa più vigorosamente. “Non ti direbbe mai quelle cose.”
Se era vero che Gale aveva imparato a considerare le tre Everdeen come parte della famiglia, era vero anche per i restanti Hawthorne. Di quello era sempre stato sicuro. Quando Rory aveva preso a insistere per andare a caccia con Gale e questo gli aveva detto di no, si era rivolto a Katniss. Entrambi i fratelli sapevano che se c'era una persona sulla quale potevano fare affidamento oltre a Gale era proprio Katniss. 
Le sopracciglia di Katniss si sollevarono. "E' stato piuttosto chiaro quando ne abbiamo parlato" disse, arricciando la bocca. "Dice che non sono stata una buona amica per te e che avrei dovuto..."
Gale la interruppe di nuovo. Adesso non poteva credere a quello che il fratello aveva detto. E soprattutto che nessuno si fosse mai preso la briga di spiegargli quelle cose. Nemmeno Hazelle che lo tempestava di telefonate, solo per chiedergli della giornata lavorativa. 
"Non starlo a sentire, non sa quello che dice" replicò, veemente. Gli pareva di essere finito in una realtà parallela: lui che parlava finalmente con Katniss, Vick che inventava di sana pianta quelle cose assurde. "Era troppo piccolo, non può capire."
Per quanto Vick fosse stato sempre il più spigliato dei quattro Hawthorne non gli si poteva fare una colpa se non era arrivato a comprendere i meccanismi complessi del mondo degli adulti. Aveva soltanto dieci anni quando tutto era cominciato e l'unica cosa di cui doveva essersi reso conto era che il suo fratellone all'improvviso aveva smesso di portarlo sulle spalle o che doveva stare lontano da casa perché Katniss aveva bisogno di lui, perché il Paese aveva bisogno di lui. 
Erano sbagliate le accuse che Vick muoveva contro Katniss, semmai avrebbe dovuto muoverle contro Gale. 
"Ha ragione, invece" disse Katniss a sorpresa. Non aveva alzato la testa e continuava a tenere lo sguardo deliberatamente sulle mani indaffarate. "Ti sei preso cura della mia famiglia quando non c'ero e avresti continuato a farlo se non fossi tornata."
Era evidente quanto le costasse pronunciare quelle parole, nominare quella famiglia di cui era rimasto poco e niente. 
"Direi che non ho fatto un buon lavoro" mormorò Gale. 
Si, forse, aveva tenuto in vita Prim e la signora Everdeen quando Kantiss era nell'arena e avrebbe senza ombra di dubbio continuato qualora il caso presentato da Katniss si fosse presentato. O almeno, avrebbe cercato di fare oltre quanto gli era possibile. Ma alla fine aveva sbagliato, non ci era riuscito.
"Hai salvato tutte quelle persone la notte delle bombe e le hai portate fino al Tredici; lì ti sei preso cura anche di me. Ti sei offerto volontario per recuperare Peeta" elencò Katniss, la voce che diventava malferma man mano che andava avanti. 
Sentire quelle cose era anche più frustrante. Non meritava quelle parole, non meritava il modo in cui lo stava dicendo, come se dopotutto non fosse una persona così crudele come lui si era etichettato. Al contrario, era meritevole dei tormenti che viveva ogni giorno e sapeva che era anche fortunato in confronto ad altri.
"E io ti ho abbandonato" concluse lei, alzando gli occhi per la prima volta. 
E Gale certamente non meritava quelle scuse. 
"No, Katniss, no. Hai provato a dirmelo. Mi hai avvertito che stavo diventando come loro, ma non ti ho dato ascolto. Se l'avessi fatto..."
Lasciò lì la frase. Aveva perso ore interminabili a rimuginare sui possibili scenari e ogni volta finiva col dirsi che non aveva senso immaginare come sarebbero potute andare le cose agendo in maniera diversa. Ormai era andata così e lui non poteva fare altro che imparare a conviverci. 
Katniss prese un respiro lungo. 
"Eravamo entrambi in posizioni difficili" concesse lei. 
A Gale vennero in mente le parole di Hazelle durante una delle prime telefonate dopo che lui si era trasferito al Due. In quelle precedenti, le azioni di Gale avevano aleggiato in ogni sospiro e pausa, ma alla fine la donna aveva trovato il coraggio di riconoscere l'elefante nella stanza. Eravate dei ragazzini, non avrebbero dovuto lasciare tutto nelle vostre mani. Io non avrei dovuto permetterlo. 
Gale aveva provato a farle capire che lui non avrebbe accettato niente di diverso, ma non insistette perché sapeva che niente poteva far cambiare idea a Hazelle Hwathorne quando si metteva qualcosa in testa. Lo sapeva perché lui era come lei. 
"Volevi fargliela pagare e per un po' sono stata mossa dalla stessa fiamma, lo stesso fuoco. Lo capisco."
Il perdono era tacito.
"Quello che conta è che stai rimediando al tuo errore, così come io sto rimediando ai miei."
 
*
Katniss. 
Come faceva a essere così sorpreso di vederla pur sapendo che sarebbe stato praticamente impossibile non incontrarsi? Il Dodici poteva anche essere cambiato, ma rimaneva lo stesso uno dei distretti più piccoli di Panem. E il numero di abitanti ancora non arrivava nemmeno a un terzo di quello che era una volta. 
Giacca marrone di pelle, arco a tracolla sulle spalle, treccia scura da un lato.
Era la Katniss di sempre. La sua Katniss.  
Solo che non era sua. Non era nemmeno sicuro che lo fosse mai stata.
Si guardarono. 
Furono secondi interminabili, fatti di respiri trattenuti e sguardi ansiosi, entrambi probabilmente con la stessa domanda nella testa (dopotutto lui e Katniss erano uguali): e adesso?
"Gale?" udì da qualche parte alle sue spalle. 
Trascinò gli occhi lontano da Katniss a fatica, trovando inspiegabilmente opportuna l'interruzione. 
Quando si voltò si chiese se non fosse diventato del tutto pazzo. Lo strizzacervelli gli aveva detto qualcosa a proposito dello stress post-traumatico anni prima, ma dubitava che si trattasse di quello dopo tutti quegli anni. E comunque, perché mai i fantasmi del passato avrebbero dovuto tormentarlo sotto forma di lei?
"Under... Madge?" La voce di Gale era incerta come ovvio che fosse. Sbatté le palpebre. "Mi avevano detto che eri morta"
Thom. Era stato un tentativo istigato da Hazelle, ovviamente, per convincerlo a tornare a casa.  
Thom gli aveva detto che della casa del sindaco e suoi abitanti non era rimasto niente. Gale si era sentito in colpa perché aveva sempre dato per scontato che essendo il sindaco del distretto fossero scappati per primi o che addirittura fossero stati avvisati lasciando tutti gli altri al proprio destino.
Evidentemente si era sbagliato. E pure Thom. 
Madge Undersee ridacchiò, ma non era una risata allegra. Aveva qualcosa di strano e oscuro all'interno, per niente simile al suono gioviale (seppure forzato) che aveva esibito durante le interviste ai familiari e gli amici. 
"A me avevano detto che eri nel Due" replicò, asciutta. Tagliente. 
Era cambiata anche fisicamente. I capelli biondi erano più corti, forse un po' più sotto delle orecchie e l'espressione, prima che Gale la rovinasse, sembrava più serena di quanto lo fosse mai stata in passato. 
"Come è possibile? Thom era sicuro."
Il modo in cui scoppiò a ridere, la testa all'indietro e gli occhi due fessure strette, avrebbe potuto infettare qualsiasi altra persona, perfino Gale, in un momento diverso. Ma non ci riuscì, non quando troppe domande gli ronzavano in testa. 
"Dovresti vedere la tua faccia" disse lei tra le risate, puntando il dito indice contro la faccia di Gale. 
La cosa lo innervosì e improvvisamente il vecchio rancore riaffiorò, seppure di natura diversa e molto, molto meno intensamente. "Non fa ridere, Undersee" le fece notare. 
Anche ricorrere al cognome fu come ritornare indietro. Prima gli era sembrato fuori luogo: chiamarla per nome, essersela trovata davanti viva e vegeta dopo averla creduta morta per anni, gli era sembrato un po' più sensibile. 
Gli dava fastidio, però, che ridesse di lui. Non era il momento adatto. 
Se non altro lei smise a quel punto. 
"Hai ragione, ma Thom ha fatto la stessa faccia quando mi ha visto arrivare la settimana scorsa" spiegò, e spuntò un altro sorriso probabilmente al ricordo di quel giorno. 
"Settimana scorsa?" fece eco. 
Madge annuì, improvvisamente più seria. "Il Dr. Aurelius mi ha lasciato tornare solo..."
"Aspetta, eri al Tredici?" la interruppe Gale, come stordito. 
I giorni al Distretto Treidici erano stati un fermento fin dall'inizio, anche quando si aveva poco altro da fare se non seguire le lezioni e addestrarsi per l'atto finale. Eppure, aveva il presentimento che si sarebbe ricordato di Madge Undersee se l'avesse vista nei corridoi o in mensa, in infermeria. Invece, niente. 
Lei dovette intuire quello che stava pensando perché disse: "Non mi sorprende che non te ne sia accorto con tutto quello che è successo."
In qualche modo Gale pensò lei sapeva. Era a conoscenza delle azioni di Gale e delle decisioni che aveva preso. Fu una specie di sollievo non scorgervi negli occhi alcun tipo di giudizio. 
In quei cinque anni ne aveva incontrate di persone e tutte in un modo o nell'altro si erano sentite in dovere di giudicare il finto cugino della Ghiandaia Imitatrice, silenziosamente o meno: alcuni approvavano, altri per niente. Lui, Gale, avrebbe preferito che tenessero i propri pensieri per sé, perché era già difficile fare i conti con i propri senza accollarsi quelli altrui.
E Madge Undersee fra tutti sembrava l'unica disposta davvero ad accontentarlo. 
"C'è una specie di bar qui, adesso. Vuoi vederlo?" 
Gale si voltò a guardare alle spalle, dove prima c'era Katniss e ora invece soltanto l'angolo di una strada deserto. Sapeva perfettamente come considerare quel vuoto (l'aveva visto ed era andata via), ma qualcosa nel fatto che non gli avesse urlato contro o la stessa presenza di una persona che reputava morta proprio davanti a lui, gli fece credere che forse non tutto era perduto. 
Lui e Katniss erano migliori amici da sempre. 
Doveva solo credere che prima o poi si sarebbero chiariti. 
Magari, era troppo presto ma più avanti ci avrebbe provato senza dubbio.
Nel frattempo Madge Undersee e un bar sembravano l'idea migliore. 
  
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