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Autore: Terre_del_Nord    24/04/2009    20 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is

Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Hogwarts - II.011 -  Slytherins vs Gryffindors (1)

II.011


Meissa Sherton
Castello di Hogwarts, Highlands - mar. 26 ottobre 1971

Spalancai la porta della Sala Comune come una furia e mi trattenni a stento dal continuare a correre, schivando le altre Serpi che si trovavano sulla mia strada. Mentre mi muovevo con passo imperioso, sentivo su di me gli occhi incuriositi e divertiti di molti, ma non me ne curai: ormai ero abituata, detestavo la maggior parte dei miei compagni di Casa, la loro altisonante boria, i loro assurdi pregiudizi e non avevo certo alcuna intenzione di parlare con qualcuno di loro. Finalmente in camera, tirai le pesanti tende del mio baldacchino e mi nascosi alla vista del mondo, ripensando a quei pochi secondi di totale follia… Una piacevolissima follia.

    Salazar!

Mi appallottolai tra i cuscini, sul letto, tenendomi una mano sulla bocca, il respiro ancora mozzato e il cuore a mille. Tremavo. Non sapevo il perché. Non avevo freddo, anzi, sembrava che tutto di me urlasse “al fuoco!”. Una voce dentro indignata mi ripeteva

    “Come ha osato? Come ha osato?”

Scuotevo la testa, per allontanare quei pensieri misti di vendetta e offesa perché... Si trattava di Sirius… Sirius Black… Ormai da mesi sapevo che lui mi piaceva, ed io per prima avevo desiderato da tempo quel bacio, era talmente evidente che i miei mi avevano bonariamente preso in giro e detto di stare tranquilla e serena. Io stessa gli avevo dato un bacio a Herrengton. Di certo, però, il mio non era stato un bacio come quello…

    Io…

Sentivo la faccia riprendermi fuoco…

    Io non gli avrei mai dato un bacio come quello, io… non l’avrei mai abbracciato in quel modo…

E all’improvviso, come una serpe che si desta nella mente, non riuscii a togliermi dalla testa i pettegolezzi spiati a mia madre e le mie zie, un anno prima, le loro confidenze divertite dei loro anni a Hogwarts…  Quelle di zia Nora su Orion Black in particolare… Di colpo non riuscivo a non pensare che… se Sirius fosse stato come suo padre… Un giorno…

    Salazar!

Mi nascosi sotto le coperte, senza fiato… Mi vergognavo, e al tempo stesso ero… emozionata? Avevo ridacchiato spesso dei miei fratelli quando agivano “stranamente” a causa di qualche ragazza di Inverness, e ora… Io ero sulla buona strada per comportarmi allo stesso modo. In quel momento sentivo forte il peso della solitudine che mi attanagliava ogni volta che entravo nei dormitori di Serpeverde, la mancanza di mia madre, o di qualcuno di totale fiducia con cui potessi confidarmi. Volevo bene a Zelda, ma… Avrei voluto avere un’amica vera e fidata cui raccontare, con cui ridere e sognare, ma sapevo che a Serpeverde probabilmente non avrei mai potuto farlo. Nessuno doveva sapere, là dentro, nessuno… o sarebbe diventato tutto dannatamente complicato.
Dopo anni passati a temere Lucius, non riuscivo a togliermi dalla testa che chiunque s’interessasse a me lo facesse solo per il nome e le leggende che mi portavo dietro. Non capivo cosa potesse esserci di interessante in me, che attirasse l’attenzione degli altri, oltre la famiglia da cui provenivo. Era per questo che di tutti i Serpeverde l’unico che apprezzavo e di cui amavo la compagnia era Severus: essendo un Mezzosangue non poteva farsi fantasie strane su di me, e soprattutto pensava solo agli affari propri. E in quel covo di Serpi pettegole era una virtù non da poco.
Io avevo… avevo paura… Anche di Sirius, infondo, avevo paura… Aveva senso aver paura di Sirius Black? Perché era di lui che si trattava, non di un ragazzo qualsiasi, di un Serpeverde qualsiasi, non di un perfetto sconosciuto. Ci conoscevamo da quasi un anno, ormai, avevamo passato tanto tempo insieme negli ultimi mesi… Se fossi stata a Herrengton ora mi sarei affacciata alla finestra e avrei confidato i miei timori e i miei sogni alla Luna, le leggende del Nord dicevano che era lei la Grande Madre della razza magica, capace di ascoltarci e darci la forza di realizzare i nostri sogni. Ma vivevo sotto il Lago Oscuro, sotto metri e metri di acqua opprimente e gelida: non vedevo l’astro argentato da quasi due mesi, a parte il mercoledì, alle lezioni di Astrologia. Sospirai. Non aveva senso temere Sirius, ma nulla mi garantiva che un giorno non sarebbe diventato come quel dannatissimo Yaxley… Ancora avevo i brividi. Nelle ultime settimane con la scusa delle lezioni e degli appunti e dello studiare insieme, avevo frequentato molto Evan, mi sembrava un comportamento normale, tra compagni di Casa… Per lui però non era così, evidentemente… La settimana prima, davanti alle serre, non mi era sfuggita la sua strana aria compiaciuta quando era successo quel disastro con la Evans e Potter, e ancor meno mi era piaciuta la sua faccia soddisfatta quando mi aveva visto litigare con Sirius… E, infatti, quella stessa sera, durante i compiti di Difesa da svolgere in Sala Comune, viscido, mi aveva chiesto di andare con lui alla festa organizzata da Slughorn per Halloween, quella privata per gli amici “vip” del tricheco baffuto, subito dopo la festa ufficiale in Sala Grande. Me l’avevo chiesto prendendomi la mano con quei suoi tentacoli mollicci…

    Che schifo!

L’avevo affatturato sul posto, lanciandogli un incantesimo di prurito e me l’ero filata, suggerendogli di stare lontano da me. Aveva riso mezza Casa, ma in cuor mio speravo che fosse anche passato il messaggio… Dovevano lasciarmi in pace. Tutti!

    Sirius invece…

Se fosse stato Sirius non mi avrebbe fatto schifo… Lo sapevo. E soprattutto non volevo che anche lui mi lasciasse in pace… Anche quella sera, dopo lo spettacolino, ero fuggita in camera mia, perché in quel momento avevo capito tutto: mi ero ricordata del tentativo di Yaxley di prendermi per mano mentre arrivavano i Grifoni, la reazione di Sirius, la zuffa. Avevo capito perché Sirius insistesse tanto nel dirmi che James non aveva colpe… L’avevo capito subito che avevo commesso un errore, ma ero troppo orgogliosa per chiedergli scusa, e mi vergognavo troppo per dirgli come l’avevo capito. E avevo paura che scoprendo tutto su Yaxley, Sirius potesse fare altre sciocchezze. Da quando aveva incastrato suo fratello, con quello stupido scherzo a Grimmauld Place, sapevo quanto potesse essere geloso. Ora, però, mi aveva appena dimostrato di essere anche un ragazzino coraggioso e diverso dagli altri, perché per amicizia verso James e onestà verso di me aveva detto come stavano le cose, anche a rischio di essere punito e che io reagissi male. No, Sirius non era uguale agli altri… E quello che provavo per lui andava molto al di là di quello che provavo per tutti gli altri… Quando la sera dello smistamento il Cappello aveva detto che sarei stata adatta anche a Grifondoro, sarei corsa senza esitazioni, al diavolo la delusione dei miei, l’odio per i Grifoni, e tutte le dannate conseguenze, sarei corsa felice, solo perché ci sarebbe stato Sirius ad affrontare quell’avventura con me… Divenni ancora più rossa in viso. Tutto questo, però, dovevo tenerlo nascosto nel cuore. Dovevo cercare di dissimulare al massimo quello che stavo iniziando a capire, perché già mi si stampava davanti agli occhi l’immagine di Walburga Black ghignante di trionfo se quella storia fosse trapelata e fosse giunta fino alle sue orecchie…

    Salazar…

Se qualcuno ci avesse visto… Nel giro di una settimana quella megera avrebbe annunciato a tutti il nostro fidanzamento ufficiale! Certo mio padre mi avrebbe protetta, ma… E Sirius era migliore di tanti altri, ma… Un giorno Sirius poteva diventare come lei o, peggio ancora, come Lucius o Mcnair, e allora quello che al momento poteva essere il sogno più bello della mia vita, si sarebbe trasformato in un orrendo incubo. Mi sentivo soffocare. Ero presa tra felicità e angoscia, una nuova angoscia… Un nuovo dubbio, per altro totalmente privo di fondamento… Eppure… Mi rotolai sul letto, insonne, avevo paura delle conseguenze vero, e non sapevo come dovevo comportarmi con Sirius quando l’avrei visto di nuovo, ma mentre Morfeo mi sfuggiva il suo abbraccio, non potevo che sorridere piena di vergogna ritornando a quegli attimi di pura follia inaspettata. Al diavolo quello che sarebbe potuto accadere un giorno! Al diavolo Walburga Black e tutte le stramaledettissime leggende dei Serpeverde! Al diavolo la paura e la vergogna!
Era stato il mio primo vero bacio… E a darmelo era stato l’unico da cui lo desiderassi davvero… Mi addormentai, con il nome e il bacio di Sirius Black sulle labbra.

***

Sirius Black
Castello di Hogwarts, Highlands - mer. 27 ottobre 1971

    “Che cosa ne dite? Lo riportiamo a terra?”

Li sentivo sghignazzare attorno a me, mentre uscivamo dalla lezione di Storia, bellamente ignorata, come già prima la lezione di Difesa del professor Pascal, ma non m’interessava… Quei ragazzini non potevano capire, sarebbero passati secoli prima che uno di quei tre riuscisse nell’impresa che era riuscita a me, meno di ventiquattro ore prima.

    Salazar…

Nemmeno mi ero lavato la faccia, prima di andare a dormire, e solo il pudore che mi aveva passato mia madre mi aveva fatto decidere per lavarmela quella mattina! Aspettavo con ansia di raggiungere la Sala Grande, lì finalmente l’avrei rivista… Poi saremmo andati a parlare su alla Torre dell’Orologio. Parlare…

    Merlino…
   
Un brivido di paura mi prese di colpo… Che cosa ci saremmo detti? Sarebbe stato tutto come prima? E soprattutto, lei mi avrebbe parlato ancora? Ero un po’ confuso… lei… mi aveva dato un bacio sulla guancia all’inizio, ma poi… alla fine era fuggita senza una parola e senza voltarsi. Al momento ero troppo emozionato e confuso e felice per avere paura, ma ora… Non capivo ancora del tutto quello che mi stava accadendo. A parte un’unica cosa. Ero felice.

    “Si può sapere che cosa hai combinato? Non è che Snivellus ti ha affatturato? Perché sei proprio strano stamani!”
    “Non ho nulla… voglio solo andare in Sala Grande…”

Potter scoppiò a ridere, io lo fulminai, guardai Remus ma pure lui si tratteneva a stento.

    “Avete finito?”
    “Dovevi vederti ieri sera… Godric! Che faccia che avevi! Non che stamattina tu sia messo meglio eh!”
    “Ha parlato quello col porcospino sulla testa!”

Peter guardò verso i capelli di James e scoppiò a ridere, Potter lo guardò storto, poi toccò a me, ed io gli rimandai indietro un’occhiata assassina. Sotto gli occhi divertiti di Remus mi passò una mano sulla spalla con fare cospiratorio, io mi divincolai dalla presa con sguardo beffardo.

    “Dai, Black... ti conviene dirci quello che è successo… perché lo sai… non ti daremo pace finché non ti sarai confidato…”
    “E in virtù di quale legge magica antifolletti dovrei farlo, Potter?”
    “Ma allora sei stato a sentire la lezione?”

Remus mi guardava meravigliato, con un lampo di derisione sulla faccia.

    “Che Salazar vi affatturi le chiappe!”
    “Sirius Black, che modi son questi?!”

Pigolò James, fingendo una vocetta acuta, che secondo le sue intenzioni doveva rifare il verso a quella di mia madre. Scoppiammo a ridere ed io riuscii per un po’ a uscire dallo strano stato di agitazione mista a terrore puro ed esaltazione che non mi aveva più lasciato dalla sera prima.

    “Sarete lieti di sapere che avete ricevuto un invito dai Tassi per vedere la partita di sabato sui loro spalti. Voi fate quello che volete, io ho accettato!”
    “Che cosa? Andresti a vedere “La Partita” con i Tassi invece che tra i tuoi fratelli Grifoni? Black tu vuoi fare una brutta fine! Aspettano tutti di vederti a questa partita per decidere se appenderti per i pollici fuori dalla torre di Grifondoro e darti il beneficio del dubbio!”
    “Potter, a me di queste dispute tra Case non interessa, io voglio stare con Mei e andrò a vedere la partita con lei tra i Tassi…”
    “Sei un coniglio, Black!”
    “Oggi non mi va di dartele, Potter! Ci vediamo…” 
    “Dai! Che cosa ti prende adesso? Di solito ci azzuffiamo per molto meno! E ora guardati, sembri di nuovo un’ameba! Per me hai davvero preso qualche virus strano da Snivellus…”

Vidi Remus fare un’alzata di spalle, rassegnata e confusa, mentre me li lasciavo alle spalle: in cuor mio mi sentivo più grande di loro, e ne ero orgoglioso, loro erano bambini, io sapevo già cosa era davvero importante.

    Quidditch!

Feci no con la testa e mi avviai. No, non potevano capire.

Appena apparvero i Serpeverde che scendevano da Difesa, accelerai il passo verso Meissa, tutta presa a discutere con Zelda, notai con piacere che Yaxley si teneva a distanza, mentre Snape era poco lontano da lei. Non mi curai di nessuno degli altri, contava solo lei. Cercai di catturare e capire il suo sguardo, come avrebbe reagito? Avevo esagerato, lo sapevo, ma… Era il momento della verità… Se fosse andata male, avevo sempre il discorso del giorno prima, ancora inedito, da proporle.

    “Mei…”

Alzò gli occhi su di me, si fermò, mentre Zelda mi faceva un rapido saluto vergognoso e mi scorreva di fianco, Snape mi ghignò contro con fare poco rassicurante, gli avrei risposto volentieri con una spallata mentre gli passavo vicino, ma non volevo rimettermi nei guai di fronte a Meissa. Non quel giorno, almeno. Le porsi la mano e con un certo sollievo vidi che la accettava e mi sorrideva. Sembrava intimidita almeno quanto me, ed era così carina…
   
    Merlino…

Era anche più bella del solito…

    “Ciao Sir…”

Strinsi la presa senza però esagerare, stavolta. Sentivo che la sua mano prendeva fuoco come la mia.

    “Come stai?”
    “Bene… Tu?”
    “Non ho dormito molto stanotte…”

Sorrisi. Sentivo le guance in fiamme. Mi guardava: c’era ironia in fondo al suo sguardo? Ero sicuro di essere rosso fuoco, lei invece, da brava Sherton, non si comportava come le altre ragazzine in situazioni analoghe, non fingeva timidezza e debolezza, lei era come sempre, orgogliosa e indomita, anche con quello strano e inedito rossore che andava a impreziosirle le lentiggini.

    “Se ancora l’invito di ieri è valido, io sarei ben felice di vedere la partita di sabato con i Tassi, insieme a te… I ragazzi… ancora non hanno deciso… gliel’ho detto poco fa…”
    “Oh sì…”
 
Rispose velocemente, senza pensare, d’impulso. Le si erano illuminati gli occhi anche di più, io mi sentii immediatamente esaltato.

    “… cioè… per me… va bene…”

Si riprese subito, ma mi bastava. Forse preferiva fingere che non fosse successo niente la sera prima, ma non m’importava, per me era lo stesso, anche la mia faccia parlava al posto mio. Eppure in fondo alla mente sentivo uno strano senso di vanità e orgoglio che mi avrebbe volentieri spinto a soddisfare la mia curiosità, volevo sapere se lei era felice tanto quanto me. Dalla velocità con cui aveva risposto “Sì”, e dal tono rubino delle sue guance, doveva essere proprio nel mio stesso stato d’animo.

    “Mei…”

Se mi guardava in quel modo, non sarei stato capace di dire una parola di più. Ma dovevo farlo.

    “Ecco io… era… da tanto che… insomma… volevo… ma… Forse ho esagerato… e… sì, insomma… scusa per ieri…”

Lo soffiai così velocemente che non mi sarei capito nemmeno da solo… Lei mi fissò, ma rimase in silenzio, eravamo ormai davanti alla Sala Grande, mi strinse più forte la mano. Trattenevo il respiro ormai. Lei era anche più rossa in faccia di me. O adesso o mai più.

    “Mei… ti va di… cioè…. La sera di Halloween… io… posso accompagnarti io alla festa di Slughorn?”
    “Salazar…”

Stavolta il suo coraggio di Sherton non le fu sufficiente. Abbassò gli occhi a guardarsi le scarpe: si riprese subito, vero, ma ormai sapevo che stava combattendo per comportarsi in modo impeccabile come suo solito, senza riuscirci appieno. Mi faceva piacere vederla così, meno forte del solito a causa di qualcosa che stavo scatenando io nel suo cuore, era meraviglioso vedere che fosse in piacevole difficoltà, proprio come mi sentivo io. Si mise a ridere, sussurrandomi un “Sì”, un po’ più stridulo di quanto avesse voluto, e fuggì verso le altre Serpi… Io, come un idiota, svolazzai felice fino ai miei compagni. Non sentii nemmeno uno dei titoli scherzosi e irriverenti che Potter mi rivolse per tutto il resto della giornata, la mente tutta proiettata ai magnifici giorni che mi attendevano con Meissa.

***

Meissa Sherton
Castello di Hogwarts, Highlands - sab. 30 ottobre 1971

Pioggia. Insistente, pesante pioggia.  Il cielo sembrava cadere a terra sotto gli spalti urlanti, le bandiere rosso-oro e verde-argento che sventolando abbracciavano tutto. Il giorno della partita era arrivato. Io ero emozionata e tesa, in parte delusa: avevo detto a mio fratello che ero felice e impaziente di poterlo finalmente ammirare sul campo di gioco, in realtà quella doveva essere, soprattutto, l’occasione per il primo “appuntamento” tra me e Sirius, di cui nessuno però doveva sospettare niente. Da mercoledì, quando Sirius aveva accettato il mio invito e mi aveva fatto il suo, vivevo in uno stato di agitazione e confusione permanente. Non avrei mai immaginato di provare delle sensazioni così strane, di felicità e vergogna fuse insieme. Con lo spauracchio di Lucius che per anni mi era gravato addosso, avevo sempre creduto che la vita non mi avrebbe mai riservato dei momenti e delle emozioni del genere, che per me non ci sarebbe stato mai un sentimento autentico, ma solo il rispetto di un contratto. Lo smistamento aveva cambiato tutta la mia vita. Sorrisi, mentre la pioggia mi sferzava la faccia.
Ben presto, avevamo scoperto che, per questioni di sicurezza, quell’anno ogni studente sarebbe rimasto in compagnia dei propri compagni di Casa, durante le partite di Quidditch. Sirius, deluso quanto me, non si era però perso d’animo, mi aveva proposto di avviarci insieme, e mi aveva preso per mano lungo il sentiero che portava allo stadio. Chiacchierando e ridendo, intabarrati nei nostri mantelli che ci difendevamo dalla pioggia, stretti come da programma tra i nostri amici di Tassorosso, c’eravamo tenuti lontano dalle dispute pericolose dei nostri compagni di Casa, e dagli occhi interessati e indiscreti di troppi. Una volta arrivati allo stadio ci saremmo separati e avremmo raggiunto i nostri compagni. James all’inizio non era stato entusiasta della scelta di Sirius di stare con me e i Tassi, ma visto che era l’unico modo perché potessimo vedere la partita insieme al sicuro, alla fine aveva tenuto per sé le classiche sciocchezze che gli passavano per la testa. Per questo alla fine, come noi, aveva preso male la direttiva con cui Dumbledore aveva mandato a monte i nostri programmi: Potter continuava a non piacermi, ma solo un cieco non avrebbe visto quanto fosse legato ai suoi amici, di questo dovevo convenire anch’io. Magari avessi avuto tra le Serpi un’amica com’era James per Sirius. Da parte sua, Rigel sperava che la prima partita di fronte a un altro membro della nostra famiglia mi avrebbe visto sugli spalti della nostra Casa, così, pur ammettendo, per l’amicizia che lo legava a Sirius, che il nostro era un buon compromesso, utile anche a tenermi al sicuro durante la partita, fu l’unico soddisfatto della direttiva del vegliardo.

    “Meglio vedere entrambi tra i Tassi che anche solo uno di voi due tra i Grifoni!”

Sirius aveva sorriso a quella battuta, ma dalla luce strana che aveva il suo sguardo, capii che iniziava a sentirsi davvero un Grifondoro e che, prima o poi, quando anche mio fratello l’avrebbe capito, probabilmente tra loro le cose sarebbero cambiate e la loro amicizia sarebbe finita. Cancellai dalla testa l’immagine di un futuro “freddo” e problematico, tornando a godermi il presente, un presente in cui Sirius era sorridente al mio fianco. Anche se per pochi secondi ancora. Arrivati allo stadio, lo salutai, lo aspettavano i suoi amici, notai con sgomento che Remus aveva di nuovo un’aria un po’ pesta, li lasciai con un sorriso, poi raggiunsi Zelda e un imbronciato Severus, deluso anche lui dal non poter seguire la partita al fianco della sua Lily. Ci arrampicammo all’interno delle antiche strutture di legno dello stadio, fino a raggiungere gli spalti destinati a noi matricole di Serpeverde, sotto la pioggia battente e lo sguardo vigile e interessato di Slughorn: temevo che avrebbe approfittato della partita per prendersi la rivincita della cena che avevo disdegnato. Infatti, restò al mio fianco facendo continui e infiniti elogi di mio padre e della mia famiglia, rovesciandomi addosso una sequela infinita di pettegolezzi sulle più importanti figure della società magica in qualche modo legate a qualcuno che avevamo in quel momento davanti agli occhi. Io ero violacea, per la marea di stupidaggini che mi raccontava e anche perché stava dando spettacolo di fronte ai miei due unici amici di Serpeverde, gli unici che sembravano più interessati a Meissa che non agli Sherton. Con la coda dell’occhio, mi accorsi che Severus al mio fianco mi rivolgeva uno sguardo di scherno, gli ruggì qualcosa di minaccioso non appena Slughorn si distrasse un attimo: se solo non ci fosse stato il professore, avrei dato a Snape con piacere un motivo per smettere di sghignazzare alle mie spalle. Fradicia di pioggia e bersagliata dagli aneddoti del tricheco e dalle risatine di Severus, rimasi sorpresa nel ritrovarmi all’improvviso circondata da un silenzio assordante.
Le due squadre stavano entrando in campo, al seguito di Madame Hooch: ancor prima di raggiungere il centro dello stadio, erano già inzuppati, i piedi che sollevavano zolle e fango, i capelli che si appiccicavano alle loro facce. Mi sembrava di osservare il mondo muoversi al rallentatore. Non mi curai molto della squadra dei Grifondoro, sapevo individuare facilmente solo Jarvis Brent, perché mio fratello non aveva mai smesso di parlarne in ogni occasione da quando era a Hogwarts, e i fratelli Prewett, riconoscibili da quei capelli color carota, e dall’aria furfantesca e allegra che avevano sempre stampata in faccia. Tra le Serpi apriva la fila Lucius Malfoy, cacciatore e capitano, i capelli argentei raccolti in una lunga coda e gli occhialetti antipioggia già sistemati sulla fronte; dietro di lui, Cox e Beckett, monumentali come due divinità nordiche, erano sempre allegri e rumorosi, ma ora avevano assunto una faccia seria, che dava un senso di assoluta sicurezza alla difesa della squadra. Seguivano Mills e la Crabble, i cacciatori, lei era talmente minuta da scomparire in mezzo ai suoi compagni, infine, a chiudere la squadra, c’era Lestrange con la solita aria strafottente e Rigel dietro di lui: appena mio fratello alzò il viso verso gli spalti di Serpeverde, guadagnò una calda incitazione personale, e con immenso piacere mi resi conto che ad applaudirlo non erano solo i Serpeverde, la sua bravura era riconosciuta incondizionatamente. Rigel era per tutti il più forte cercatore di Serpeverde dai tempi di mio padre, Slughorn mi stava dicendo che se continuava su quella strada, mio fratello sarebbe diventato più forte persino di Mirzam. Lo osservai, in mezzo al campo, con indosso le vesti da cercatore, assomigliava anche più del solito a mio padre alla sua età, e improvvisamente mi sentii stranamente orgogliosa di quel fratello che a casa, sapeva essere solo un dispotico piantagrane, mentre stavo scoprendo essere assai diverso in quella scuola. Mentre la Hooch verificava il campo e le palle con i capitani, Rigel fu afferrato da Rabastan che gli era passato dietro, gli sollevò il braccio destro in cenno di vittoria e augurio, a quel punto gli spalti di Serpeverde sembrarono scossi dal respiro di un drago risvegliato: era una specie di segnale, tutte le bandiere di verde-argento si alzarono all’unisono, un qualche incantesimo di asciugatura rapida e permanente faceva sì che si librassero leggere e svolazzanti nell’aria, al contrario di quelle rosso-oro appiattite dalla forza della pioggia. Un brivido mi percorse la schiena, quando dagli spalti più bassi, quelli occupati dalla Serpi più grandi d’età, iniziò a levarsi una specie di cantilena piena d’insulti rivolti agli avversari, filobabbani e dal sangue sporco. Poco dopo sentii le risposte altrettanto velenose dei Grifoni. Mi conficcai le unghie nella carne, anche se sapevo da anni cosa si diceva dei Grifoni, non ero stata abituata a quel genere di dimostrazioni d’odio, mio padre mi aveva spiegato che non si valuta un mago dal colore del cravattino. Ma soprattutto non mi piaceva che offendessero i miei amici. Non volevo che offendessero Sirius, di certo migliore di molti di loro.
La mia reazione malcelata colpì evidentemente Slughorn, mi si avvicinò chiedendomi se andasse tutto bene. Gli sorrisi, fingendomi serena, dissi che ero solo impaziente di vedere mio fratello all’opera, ma ormai sapevo che quello non era un gioco, ma solo una scusa per dimostrare il proprio odio all’avversario. Dumbledore prese la parola e impose il silenzio, gli insulti si trasformarono in brevi e sommessi bisbigli, qualcuno aveva cercato di lanciare qualche fattura agli avversari dall’altra parte dello stadio, il vecchio preside impose allora la calma promettendo trecento punti in meno a entrambe le Case se non si fosse tenuto un comportamento corretto, fuori e dentro il campo. Ero convinta che, a quelle parole, il viso di Rabastan si fosse deformato in uno dei suoi ghigni, tutti sapevano che non riusciva a essere corretto nemmeno con i suoi stessi compagni durante gli allenamenti. La partita iniziò, tra urla e canti: era attesa dalla primavera precedente, soprattutto dalle Serpi che si sentivano defraudate della vittoria meritata, per questo adesso c’erano più rischi del solito che la partita si trasformasse in un’immensa rissa. Appena madame Hooch diede il via, i giocatori, disposti secondo i propri ruoli, iniziarono a cacciare la pfluffa e il boccino: Rigel si alzò, scomparendo dalla vista di tutti, Brent, al contrario, sembrava voler battere metodicamente l’area da una media altezza, correndo però il rischio di farsi centrare da qualche bolide. I fratelli Prewett e i battitori di Serpeverde, infatti, si ribattevano i bolidi, cercando di disarcionarsi tra loro e di atterrare i cacciatori avversari: Lestrange cercava in ogni occasione di giustificare il titolo di “Basty il bastardo” con cui lo salutavano i Grifoni a ogni passaggio, la piccola nuova cacciatrice dei Grifoni, Helena Brown, era uno dei suoi bersagli preferiti e solo per una straordinaria fortuna la poverina non finì rovinosamente a terra almeno cinque volte solo nei primissimi minuti. Hooch segnalava falli a ripetizione, ma Basty continuava a fare come gli pareva. Malfoy si librava tra i nemici con la consueta grazia, suscitando i sospiri sognanti dalle ragazze di quasi tutte le case, io al contrario provavo solo un senso di fastidio alla sua vista e di disgusto per quelle decerebrate che gli sbavavano dietro. La più agguerrita tra i nostri cacciatori era senza dubbio Angie Crabble, particolarmente esagitata e impegnata, quando non cercava la pfluffa, a occhieggiare verso Lestrange, invano. Dopo i primi giorni, durante i quali si erano fatti vedere incollati da incanti di adesione permanente su tutti i divani disponibili in Sala Comune, Basty aveva cambiato almeno altre cinque compagne ma, invece di odiarlo, come sarebbe stato naturale, quella povera sciocca continuava a umiliarsi per farsi notare da lui. A fare la differenza tra Serpi e Grifoni era senza dubbio l’abilità d portiere di Anthony Cox e l’abilità di cacciatore di Mills, geniale nei passaggi ad Angie e a Lucius, i quali avrebbero fatto la metà dei centri se non ci fosse stato lui a prendersi i bolidi di Prewett e a fare dei passaggi perfetti ai compagni. La squadra non aveva nuovi elementi aggiuntisi quell’anno, quindi poteva contare su più di un anno di reciproca conoscenza, al contrario dei Grifondoro: questo fece sì che, in breve, i Serpeverde accumulassero un vantaggio di ottanta punti sui Grifoni. A un certo punto, però, Malfoy sembrò più impegnato a richiamare Lestrange, che a dar la caccia alla Pfluffa: il battitore, infatti, aveva cambiato la sua tattica e in quella seconda fase dell’incontro sembrava più intenzionato ad abbattere l’innocuo Brent che i cacciatori avversari, che liberi di scorazzare, in breve recuperarono trenta punti. All’improvviso Rigel apparve dalle nuvole a tutta velocità, tutti anticipammo con il fiato sospeso la sua direzione, ed ecco, fulmineo, apparve il boccino dietro la porta dei Grifoni: Brent non si era ancora accorto, ma era sicuramente avvantaggiato dalla posizione più bassa, probabilmente avrebbe avuto tutto il tempo di raggiungere e prendere il boccino, decretando la vittoria dei Grifoni, prima che mio fratello potesse colmare la distanza. Probabilmente ragionò così Rabastan Lestrange, quando decise di caricare con tutta la potenza del suo braccio il bolide che vide passarsi vicino, dirottandolo sul Grifone: tutto lo stadio rimase a bocca aperta, aspettandosi di vedere Brent mollare la presa ed evitare l’impatto, ma il bolide era straordinariamente potente e veloce e raggiunse Jarvis prima ancora che si rendesse conto del pericolo, disarcionandolo malamente e pressoché all’istante dalla scopa. Mentre stava accadendo tutto questo, Rigel aveva accumulato velocità e si ritrovò a pochi metri dal boccino: i Grifoni inferociti si alzarono dagli spalti e rumoreggiarono contro Lestrange, le Serpi, sotto e intorno a me, si alzarono a loro volta, inneggiando a Rabastan, dileggiando Brent che non si sollevava da terra e acclamando Rigel che ormai stava immobile col boccino in mano, sorridente, nell’indifferenza degli altri Grifoni, troppo spaventati per il loro capitano, per occuparsi di lui. Le Serpi ulularono dalla felicità, la squadra prese e portò Rigel in trionfo, mentre ancora si sentivano gli strepiti di Hooch contro Rabastan e le proteste di mezzo stadio, gli occhi fissi su Brent che ancora non accennava a riprendersi sotto le cure di madame Pince.
Alcuni Grifoni dagli spalti iniziarono a lanciare fatture contro noi Serpi, per cui Slughorn estese su tutti noi un incantesimo-scudo e iniziò a precedere le matricole lungo i camminamenti interni dello stadio per portarci via dallo stadio il prima possibile, al sicuro. Sul campo, intanto, a sentire il cronista che pareva anche più eccitato che durante la partita, Gideon Prewett e Jeremy Wood cercavano di agguantare Lestrange per legnarlo con le mazze di battitore, ostacolati da Beckett e Mills, che a stento riuscivano a contenerli, Fabian Prewett e Alicia Thomas protestavano contro Lucius e Rigel davanti alla Hooch. Edward McLaggen e Anthony Cox si stavano già rotolando nel fango prendendosi a pugni, lontani dalla vista dell’arbitro ma sotto gli occhi di tutto il resto dello stadio, Helena Brown invece si prendeva per i capelli con Angie Crabble, poi seppi che nel loro caso il Quidditch c’entrava poco o niente. In questo clima di follia totale, Dumbledore lanciò un incantesimo per amplificare la voce, imponendo a tutti di cessare lo spettacolo indecoroso che si stava svolgendo o avrebbe mantenuto la promessa che aveva fatto prima dell’inizio. La Hooch annunciò poi che pur considerando punibile l’azione di Lestrange, non poteva essere invalidata la partita, perchè Rigel aveva già individuato il boccino prima dell’abbattimento di Brent, e nulla poteva garantire che senza l’intervento di Lestrange, la partita non sarebbe comunque finita con la vittoria delle Serpi.  I Grifoni ulularono la loro rabbia, a cui risposero le Serpi con canti di giubilo e di derisione nei loro confronti. Noi matricole avevamo raggiunto ormai l’esterno dello stadio, quando gli altri iniziarono a lasciare gli spalti e le squadre si avviarono agli spogliatoi. Mentre ripercorrevo il sentiero che portava al castello tra Zelda e Severus, tutta presa dall’emozione che una vera partita di Quidditch aveva provocato in me, non potevo immaginare che nello stesso momento negli spogliatoi stava scoppiando la “rissa del secolo” e che quella che avevamo davanti, sarebbe stata una lunga serata per tutti noi.



*continua*


NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc, hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP
(maggio 2010). L'immagine a inizio capitolo è tratta dal sito Pottermore.
Valeria



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