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Autore: Chipped Cup    10/08/2016    7 recensioni
[ Captain Swan | AU senza magia ]
Emma Swan, ventotto anni, sola, un lavoro scadente che la faceva a malapena arrivare a fine mese. Oramai ci aveva messo una pietra sopra e aveva accettato, seppur malvolentieri, quella schifosa vita che le era capitata. Poi la svolta: una chiamata, un'offerta di lavoro nella piccola cittadina di Fort Kent, Maine, le da la spinta che le serviva per ricominciare. Emma Swan arriva in città senza troppe aspettative, tutto quello che chiede è un po' di pace, ma con Killian Jones, padre trentenne e solo, tra i piedi e un segreto a lungo custodito che sembra voler spuntare fuori ad ogni costo rimescolando così tutte le carte in tavola, la sua nuova vita a Fort Kent sarà tutto fuorché tranquilla.
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Dalla storia:
Emma sorrise. Un sorriso sincero, entusiasta, tenero e rassicurante. Aveva appena avuto la dimostrazione del grande cambiamento che stava affrontando Killian Jones: piano piano stava lasciando andare la sua “parte oscura” e stava crescendo, maturando e diventando responsabile. E lo faceva per suo figlio, ma anche per lei. Se prima poteva aver avuto dei dubbi su di lui, in quel momento vennero spazzati via come una ventata d'aria fresca.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prologo



Belle si rigirava il solitario tra le dita, senza sosta, sembrava quasi essersi incantata. Non che si rendesse veramente conto di quello che stava facendo, benché meno faceva caso a ciò che succedeva intorno a lei, troppo impegnata a scrutare con i suoi grandi e penetranti occhi blu lo schermo del suo laptop.
Si dava della stupida da sola per quello che l'angosciava, ovvero mandare o meno una richiesta d'amicizia. Ecco, sembrava sciocco solamente dirlo e lei lo sapeva benissimo, era la prima ad ammetterlo! Odiava tutta quella tecnologia, quei social... com'era l'altra parola? Ah già, network. Belle reputava stupido chiunque preferisse passare delle ore a farsi i fatti degli altri alla lettura di un buon libro.
Perché si era creata un account? Non ricordava neanche come fosse successo, in effetti, era in compagnia di Ruby, poco ma sicuro, la sua amica più fidata. Doveva essere stata la ragazza ad insistere tanto, non c'era altra spiegazione, anzi, ora che ci pensava meglio, ricordava quanto Ruby volesse che fosse al passo con i tempi e, soprattutto, che non si comportasse come una vecchia zia zitella. Le aveva detto proprio così: vecchia – zia – zitella.
Chinò appena il capo verso destra, le ciglia sbattevano con intervalli regolari mentre, per l'ennesima volta, leggeva il profilo di Emma Swan. C'era poco da leggere, a dire la verità.
Donna, ventotto anni, residente a Boston, luogo di nascita sconosciuto.
Un sorriso amaro si dipinse sulla faccia della dolce ragazza, soprattutto mentre partì a sfogliare le foto della giovane. Neal compariva ovunque, sembravano inseparabili e felici ad ogni scatto. L'ultimo che li ritraeva insieme risaliva a sei mesi prima: Emma sorrideva felice tra le braccia del suo promesso sposo. L'immagine del profilo, invece, era un misero selfie della donna, che lasciava trasparire solamente un immenso vuoto e un'incredibile tristezza. Data di cinque mesi prima.
Belle sospirò. Aveva parlato con Emma Swan e le era sempre parsa una ragazza forte e con la testa sulle spalle, era contenta che il suo figlioccio, Neal, avesse deciso di chiederle di sposarlo, sembravano fatti per stare insieme. Lei e Robert, il suo compagno e padre del ragazzo, non avevano potuto partecipare all'evento per impegni di lavoro, non che si fossero persi chissà quale grande e spettacolare cerimonia, comunque.
Neal, infatti, si era presentato a casa del genitore solo una settimana prima ed era rimasto per quattro giorni in quella che era la città dove era cresciuto. Era solo, nessuna fede al dito, poche spiegazioni: aveva lasciato Emma poco prima di entrare in chiesa. Non era pronto a compiere il grande passo, diceva.
Ed era per questo che Belle si era sentita in dovere di fare qualcosa, per quella ragazza. Voleva contattarla, chiederle se stesse bene, scusarsi per una faccenda che non la riguardava e per una colpa che a conti fatti non aveva. Ma, soprattutto, Belle voleva aiutarla. Sentiva come Emma avesse seriamente bisogno del suo aiuto.
Per questo motivo smise di tormentarsi, mosse appena il mouse, cliccò due volte e inviò la richiesta, non avendo altri modi per contattarla.
Con un pensiero in meno per la testa, volse le sue attenzioni al piccolo Roland, piazzato davanti la tv a vedere
Il libro della giungla, del resto il Signor Locksley la pagava per fare da baby sitter al bambino, non per svagarsi su internet!

Proprio in quell'istante, a Boston, il telefono di Emma Swan prese a vibrare rumorosamente e fastidiosamente sulla superficie dura del tavolino sul quale era poggiato.
La giovane donna, sdraiata sul vecchio divano di pelle marrone chiaro, sobbalzò improvvisamente, portandosi una mano al cuore non appena avvertì il battito accelerato per colpa del risveglio forzato. Controllò che ore fossero prima che lo schermo del cellulare si oscurasse, poi si strofinò gli occhi verdi con la mano sinistra, lentamente, provando a fare mente locale.
Si era addormentata? Beh, sembrava proprio che fosse così, di certo non stava controllando la morbidezza (poca) del suo divano. Con tutte le cose che doveva fare doveva proprio concedersi un attimo di relax? Soprattutto quando una parte di lei sapeva che sarebbe andata a finire così? Che sarebbe crollata in pochi secondi? No Emma, sicuramente non era stata una buona idea.
Poggiò i piedi, che sarebbero stati completamente scalzi se non fosse stato per dei calzini di colore giallo acceso che indossava da quella mattina, a terra, pronta ad alzarsi. Lo scialle rosso che aveva usato a mo' di coperta cadde a terra nel momento esatto in cui si ritrovò in piedi. Si girò ad osservarlo ma non si prese la briga di raccoglierlo, lo avrebbe fatto sicuramente più tardi.
Si avvicinò alla dispensa della cucina, colta da un improvviso senso di vuoto nello stomaco, la sua pancia reclamava cibo da quando aveva aperto gli occhi poco prima. Si rendeva conto che erano appena le sei del pomeriggio, ma decise che avrebbe cenato presto, prima di morire di fame visto che neanche aveva pranzato.
Cominciò ad aprire vari sportelli, ma non vi trovò letteralmente niente, niente di niente. Nel frigo regnava la desolazione totale. La spesa era una delle tante cose che doveva fare quella giornata, se solo non si fosse addormentata!
Sbuffò prendendo il latte, controllò la data di scadenza – era in anticipo di un solo giorno, la vita aveva cominciato finalmente a sorriderle – e richiuse il frigo con un calcetto leggero. Afferrò la scatola dei cereali che era rimasta sul tavolo da... la mattina precedente?!, una ciotola pulita e un cucchiaio. Si sarebbe fatta andare bene quella, come cena.
Poggiò tutto sul tavolo, prese il telecomando e accese la tv, scoprendo uno stupidissimo reality show. Si sedette su una sedia con una gamba incrociata e cominciò a “prepararsi” da mangiare.
«Complimenti Emma, Masterchef ti fa un baffo!» Si disse fra sé, mentre mangiava la prima cucchiaiata di cereali.
Lanciò uno sguardo alle lettere accumulate sul tavolo, bollette da pagare, per la maggior parte, aveva perso anche il conto di quanto doveva sborsare, sperava di cavarsela con meno di 200$ visto che era tutto quello che aveva al momento. In realtà non sapeva neanche lei per quale motivo non le avevano ancora staccato la corrente elettrica.
No, non se la passava per niente bene, Emma Swan, o almeno questo era quello che si poteva pensare in un primo momento. La verità era che ormai si era abituata a quella vita, la ferita nel suo cuore non faceva più male da un po'. Per un periodo si era sentita naufragare, ma come Robinson Crusoe si era rimessa in piedi e aveva affrontato ogni difficoltà a testa alta.
Ehi, le piaceva quel paragone: Robinson Crusoe! Non aveva mai letto il libro, ma già credeva di avere molte cose in comunque con quell'uomo. Tanto per cominciare entrambi non erano del tutto soli, ma potevano contare sulla presenza di un amico. Certo, Venerdì c'era sempre per Robinson, mentre August era perennemente fuori città per motivi di lavoro. E poi c'era il fatto di aver imparato a sopravvivere, era quello che sapeva fare meglio, Emma.
Era fermamente convinta che lei non stesse vivendo, ma sopravvivendo, e la differenza era abissale. E, pensandoci, era anche una cosa molto triste.
Okay, continua pure a prendere in giro te stessa, signorina Swan, anche se sai benissimo che la tua vita fa altamente schifo. Schifo come i piatti abbandonati nel lavandino da tre giorni, o come la spazzatura accumulata fuori, sul piccolo balcone, da una settimana buona.
«Come potete non eliminare quell'oca di Charlotte!» Esclamò indignata, spalancando d'un tratto la bocca e muovendo così freneticamente il cucchiaio che aveva in mano che cominciò a schizzare tutto di latte, rivolta alla tv e ai giudici di quella stupida competizione fra modelle, che adesso piangevano falsamente per l'eliminazione di una rossa, dalle labbra, naso, zigomi e probabilmente anche seno, rifatti.
Dio, si faceva pena da sola.
Finì di mangiare e si alzò quasi nello stesso istante, di scatto, neanche avesse ricevuto una scossa da sotto il sedere. Prese la ciotola osservando di sfuggita, appena schifata, quella sottospecie di pappetta che si era venuta a creare per via dell'ultimo sorso di latte e le piccole briciole mollicce dei cereali. Non finiva mai di bere il suo latte se vi aveva immerso dentro qualcosa, qualsiasi cosa, cereali, biscotti, brioche. Odiava immensamente il sapore che assumevano quelle briciole umidicce.
Posò tutto nel lavandino, fece per allontanarsi ma poi si bloccò, guardò ancora una volta la pila di piatti sporchi ed esitò per qualche istante. La parte responsabile le intimava di pulire tutto e di mettere in ordine, quella vocina non smetteva mai di darle della sciatta e a lei tutte quelle accuse davano fastidio, ma l'altra parte proprio non aveva voglia. Si disse che lei, in tutta la sua vita, non aveva mai seguito la vocina saggia e con i piedi per terra del suo cervello, quindi diede le spalle al lavandino e se ne andò in bagno, per farsi una doccia.
Prima però accese la radio, le note dell'ultimo successo radiofonico riempirono il suo piccolo appartamento facendole storcere il naso. Non amava la musica commerciale, non amava gli artisti musicali che andavano ultimamente, quelli che facevano uscire un videoclip ogni settimana, un singolo ogni venti giorni e un album di inediti all'anno.
Decise di mettere un cd e scegliere quale non fu per niente difficile: The Dark Side Of The Moon, Pink Floyd, era già pronto, doveva solo premere play, non lo riponeva mai nella sua custodia perché non sarebbe mai stata stanca di ascoltarlo, lo sapeva, lo sentiva nelle vene. A detta sua era il miglior album della storia musicale, anche se sapeva di essere ignorante in materia e di saperne veramente poco. Ricordava la prima volta che aveva ascoltato quella musica, il suo quinto padre adottivo aveva un antico vinile di cui andava molto fiero e che custodiva gelosamente, tanto che Emma doveva aspettare che questo andasse a lavoro per poterlo ascoltare, la sua madre adottiva la assecondava, ovviamente, e teneva nascosto tutto al marito.
Sorrise a quei ricordi, la sensazione di essere voluta per la prima volta, a più o meno dodici anni, di essere amata da dei genitori, due persone che le avrebbero dato anche la luna se solo lo avesse chiesto. Poi il padre aveva perso il lavoro e, come se non bastasse, poco tempo dopo, quello che lei aveva imparato a chiamare “nonno” si trasferì da loro, in seguito ad un ictus. I soldi scarseggiavano, sua madre faceva turni impossibili per mandare avanti la famiglia, il padre badava al suo vecchio ed Emma tornò a sentirsi sola. Ora, a quasi trent'anni, poteva affermare con tranquillità di averli perdonati, di aver capito che se l'avevano riportata in orfanotrofio era solo ed esclusivamente per il suo bene, che non avrebbero mai voluto separarsi da lei se avessero avuto una scelta.
Calpestò i vestiti che si era appena tolta e che aveva buttato vicino la doccia così da non scivolare una volta fuori, con tanto di piedi bagnati, si legò i lunghi capelli biondi in una specie di chignon alto e disordinato, ed andò a mettersi sotto il getto caldo dell'acqua.
«Breathe // breathe in the air // don't be afraid to care», si ritrovò a cantare senza rendersene conto, la mano sulla faccia a mandare via l'acqua dagli occhi, i capelli che, nonostante tutte le attenzioni, cominciavano a bagnarsi, come al solito del resto. Prese a insaponarsi, respirò lentamente, calma, la mente svuotata da tutto, da qualsiasi preoccupazione. Era il momento della giornata che preferiva proprio per questo, il calore sembrava dissolvere ogni problema, l'acqua sciacquava e mandava via tutto.
«And all you touch and all you see // is all your life will ever be». Aprì gli occhi di scattò e si poggiò contro la parete bagnata. I capelli erano ormai fradici, perciò li sciolse, passandoci poi una mano lentamente. Restò in quella posizione per un po', lo sguardo perso nel vuoto, tanti, troppi pensieri per la testa. Sapeva che sarebbe andata a finire così, succedeva ogni volta con quella canzone.
Alla fine fu distratta dal suono del campanello. Uscì dalla doccia sbuffando, prese un asciugamano e se lo legò intorno al corpo, tanto sapeva già chi poteva essere alla porta. Difatti, poco dopo rientrò dentro casa imprecando sottovoce contro la vicina di casa che si lamentava del volume della musica. Un classico.
Indossò il pigiama e tornò a sdraiarsi sul divano. Solo in quel momento parve ricordarsi della notifica che l'aveva bruscamente svegliata, ormai ore prima. Afferrò il telefono, abbandonato a se stesso già da un po', ed entrò su Facebook, evento più unico che raro. Con sorpresa notò la richiesta di amicizia, non era una cosa che succedeva spesso, non accadeva mai in verità, così vi cliccò alla svelta, curiosa.
Leggendo il nome corrugò la fronte, assorta e, allo stesso tempo, stupita.
Belle French.
Neal.
Un coltello la attraversò da parte a parte, il cuore cominciò a sanguinare. La mano sinistra che reggeva il telefono cominciò a tremare, gli occhi si inumidirono nel giro di pochi istanti. Neal Neal Neal Neal Neal Neal. La sua mente non pensava ad altro, solo quel nome, quegli occhi, quel sorriso, quell'ultima volta che le aveva spezzato il cuore. Il vestito bianco, strappato. Neal.
Aveva ingannato se stessa in quegli ultimi cinque mesi, a tal punto che aveva seriamente cominciato a credere che lui non significasse più niente. Pensava che le fosse passata, non era il primo abbandono che affrontava, si era detta, aveva imparato ad affrontarli e a superarli. E invece eccola ancora lì, la stessa sofferenza provata prima di uscire dal loro appartamento, prima di salire sulla macchina che l'avrebbe portata all'altare. “Ti amo, Emma”, la sua voce si insinuò prepotentemente nei suoi pensieri “ma non posso compiere questo passo”. Un bacio veloce lasciato sulla fronte di lei, come se bastasse a farle sciogliere quel nodo alla gola, questo era l'ultimo ricordo che aveva del suo primo grande amore.
Cercando di accantonare quell'immagine, cominciò a domandarsi il motivo che aveva spinto quella donna a cercarla. Aveva conosciuto Belle, forse, solo un anno prima, e da all'ora si erano parlate solamente un'altra volta, quando le aveva portato la partecipazione in vista delle nozze. La ricordava come una ragazza dolce e mite, una persona che vedeva solamente il buono che regnava nel cuore di chi le stava intorno e che incantava tutti con i suoi grandi occhioni blu e il suo viso delicato che pareva fatto di porcellana. Era molto giovane, forse di una decina d'anni più grande di lei, ma sicuramente più giovane del signor Gold, il padre di Neal.
Belle aveva sempre mostrato dei modi gentili nei confronti di Emma, aveva provato in continuazione a farla sentire parte integrante della famiglia, ma la giovane Swan non era mai riuscita a provare quella sensazione.
La bionda sbatté le ciglia un paio di volte, non sapendo cosa fare. Magari quella richiesta di amicizia non significava nulla, come tutte le altre che riceveva e che ignorava. Doveva ignorare anche quella? O doveva accettarla?
Era bastato davvero poco a far tornare quella sofferenza contro cui aveva lottato per troppo tempo. Non era pronta a riaffrontare tutto, non voleva leggere il nome di Neal nella sua bacheca, non voleva che la donna le parlasse di lui scrivendole in privato. Ma, d'altro canto, non voleva voltare le spalle a quella persona dall'animo nobile e gentile, che magari non si sarebbe mai preso il disturbo di contattarla.
Accettò l'amicizia, alla fine, poi il suo cellulare morì per colpa della batteria.



Angolo dell'autrice: 

1. Sì, sono viva e vegeta!
2. Non so perché sto postando questa storia. Davvero non ne ho idea. L'ultimo capitolo di Hello I Love you(...) è in fabbricazione, lo giuro, e non credo manchi molto a finirlo. Ho scritto tanto e dovrò scrivere ancora un pochino, ma farò di tutto per aggiornare entro la settimana. Ho perso tempo perché non sapevo ancora come strutturarlo (capirete poi e spiegherò tutto lì lol), dopo quasi un mese ho avuto l'illuminazione e ho preso a scrivere. Solo che nel frattempo stava passando davvero troppo tempo e mi dispiaceva lasciarvi all'asciutto (?) Pensavo di dedicarmi a questa storia una volta finita l'altra, ma tanto valeva postarvi il prologo per non farvi sentire troppo la mia mancanza (?) visto che tanto è pronto da settimane e settimane.
3. Non so se si può definire un vero e proprio prologo. E' più un'introduzione al personaggio di Emma e alla situazione che comincia a crearsi. Si è spiegato un po' quello che è il passato della nostra Swan e quello che non è accaduto (matrimonio) e che le ha spezzato il cuore.
4. Come avrete intuito e già letto nell'introduzione, questa storia sarà completamente AU, quindi non aspettatevi strani poteri o fagioli magici o galline dalle uova d'oro. Vorrei però, e spero davvero di riuscire a trasmettervelo nel corso dei capitoli, mantenere quell'aura di mistero/magia (legata principalmente al destino che lega i due protagonisti fra loro) che aleggiava su Storybrooke nella prima stagione.
5. Ho intenzione di strutturare i capitoli alla OUAT/Lost, ovvero alternare frammenti di presente a pezzi del passato. Mi sembrava un'idea carina, soprattutto perché essendo un AU le storie dei personaggi sono state completamente reinventate da me (pur mantenendo piccoli dettagli della serie) e penso sia il modo migliore per scoprire dettagli importanti della loro vita. Non so se riuscirò a inserire flashback in ogni capitolo, io ci proverò in ogni caso ma non assicuro nulla, non so dirlo con certezza. Voi, nel frattempo, fatemi sapere cosa pensate dell'idea :)

Okay, ho finito con le precisazioni ^^ Qualcuno della sezione già mi “conoscerà” o avrà letto il mio nome in altre storie, per chi non mi conoscesse: Ehilà, salve, io sono Sà :) Per chi mi ha seguita nell'altra storia: TRANQUILLE, questa volta non mi concentrerò solo sull'angst e sul #mainagioia, ve lo prometto lol Questo è il mio primissimo AU e devo dire che ci tengo particolarmente, fatemi sapere cosa ne pensate, perché se non vi incuriosisce nemmeno un minimo lascio perdere :'D
Btw, cosa ne pensate di questa incasinata vita della nostra cara Swan? E Belle? Vuole aiutare Emma, ma cosa avrà in mente? Vi dico subito che Killian comparirà nel 2° capitolo, abbiate un po' di pazienza.
Con questo è tutto, le note sono LUNGHISSIME quindi grazie se avete letto fino in fondo :') Aspetto le vostre recensioni ragasssse, a presto!

  
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