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Autore: Kamala_Jackson    14/08/2016    3 recensioni
Dal testo:
"Milla lo sapeva. Lo sapeva, che aveva problemi con la gente, che non si fidava di nessuno, e che era tremendamente introversa. E un po’ se ne faceva una colpa.
Insomma, se non avesse avuto quel caratteraccio forse le cose sarebbero andate meglio. Forse avrebbe spiegato a Ryan, la prima volta che l’aveva visto, molto tempo prima, che non aveva neanche la minima idea di dove fosse capitata.
Che non capiva perché quella roba nera le era comparsa sulle mani, perché quel dannato mantello non le si staccava di dosso.
Ma Milla non ci era proprio riuscita. Le era bastato un solo, sfuggente, ferino sguardo per chiudersi a riccio e tornare a sibilare frecciatine sarcastiche."
Un piccolo monologo sotto il punto di vista di Milla, e principalmente uno sfogo che avevo bisogno di mettere su carta (o su internet).
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Milla, Ryan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer
I personaggi qui presenti non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Miki Monticelli.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

 
 
I’ll Trust No One
 
 
 
Milla lo sapeva. Lo sapeva, che aveva problemi con la gente, che non si fidava di nessuno, e che era tremendamente introversa. E un po’ se ne faceva una colpa.
Insomma, se non avesse avuto quel caratteraccio forse le cose sarebbero andate meglio. Forse avrebbe spiegato a Ryan, la prima volta che l’aveva visto, molto tempo prima, che non aveva neanche la minima idea di dove fosse capitata.
Che non capiva perché quella roba nera le era comparsa sulle mani, perché quel dannato mantello non le si staccava di dosso.
Ma Milla non ci era proprio riuscita. Le era bastato un solo, sfuggente, ferino sguardo per chiudersi a riccio e tornare a sibilare frecciatine sarcastiche.
Non aveva amici, Milla, a Roma. Non li aveva da nessuna parte, in realtà. E si diceva sempre che non ne aveva bisogno, che stava meglio da sola e che sola sarebbe sempre rimasta, perché, molto semplicemente, era fatta così.
Chiusa, permalosa, tagliente come la lama del suo pugnale, inspiegabilmente fugace. Come, appunto, un ladro.
E il Ladro Nero, quella voce oscura che le cantilenava nella testa, glielo ricordava sempre, con un certo divertimento. Ma non solo. Lo faceva anche con amorevole compassione, e Milla sapeva il motivo. Il Ladro Nero era la sua ombra, anzi no, era la sua anima. Quello era lei, quello sarebbe sempre rimasta.
Eppure…
Eppure Ryan era riuscito ad entrare. Lui che era un brutto testardo, lui che era la luce quando lei era il buio. Lui che era tutto tranne che fugace, con quel fuoco vivo che gli ardeva nello sguardo, nelle vene, sotto la pelle ambrata e bruciata dal sole.
E Milla si era resa conto di essersi fidata, anche se appena, di qualcuno. E ne era stata insieme spaventata e orgogliosa, non accadeva da tanto!
Poi era rimasta intrappolata nella Scacchiera, era stata ferita, e Ryan era tornato e l’aveva riportata indietro. Teneva ancora attaccata all’orecchio la piccola ancora di argento che lui le aveva messo nelle mani, quando era ancora incosciente. A dire il vero, non la toglieva mai.
Ryan era riuscito a creare una crepa, in quel muro spesso che aveva costruito intorno al suo cuore. E quando  era sparito nel nulla, in quel mare tetro e senza padroni, quel muro si era sgretolato da solo, lentamente, e i calcinacci avevano rischiato di soffocarla sotto il suo peso.
Si era appoggiata a Morten, e lui l’aveva sostenuta, anche se non era Ryan, anche se non sarebbe mai riuscito a darle quello che lei cercava.
E Ryan era vivo, e il suo cuore era esploso di sentimenti talmente contrastanti, dentro di lei, che le era sembrato di essere ubriaca. Non sapeva neanche più dove mettere le mani, come stare in equilibrio sopra i propri piedi. Ma era comparsa lei, la strega bionda, e le viscere di Milla si erano contorte, dilaniate da un dolore inimmaginabile. La sua mente offuscata dalla gelosia non era riuscita a vedere oltre, i suoi occhi pieni di risentimento non avevano capito le intenzioni di Ryan se non quando era stato troppo tardi per rendersi conto del suo stupido comportamento.
Infantile, ecco cos’era stata.
“Ascolta. Non so come andrà a finire. Non so un sacco di cose. Ma so che ti amo.”
E Milla aveva capito. Si era fatta fregare. Anni di chiusura, anni di solitudine, anni di diffidenza, e Ryan arrivava e spazzava tutto via, con la stessa semplicità con cui si soffia una candelina su una torta di compleanno.
E per poco non l’aveva perso, quello stupido egocentrico. Certo, dopo si era fatto perdonare. Si erano visti, visti davvero. Si erano toccati, baciati, abbracciati, e lei si ritrovava sempre più bisognosa di lui. Era diventato una droga, e Milla soffriva ogni volta che non lo aveva accanto a sé.
Ma Ryan glielo prometteva sempre. Lui sarebbe tornato, a qualsiasi costo. Non come Rustico. Lui era lì per lei. Si completavano, come se finalmente il puzzle avesse tutti i pezzettini al posto giusto e formasse un’immagine.
Bella, armoniosa, soddisfacente.
E in quei momenti, Milla non pensava ai suoi muri, alla tristezza che l’avrebbe attanagliata quando lui sarebbe partito, alle mani percorse da sottili e quasi invisibili cicatrici biancastre.
Pensava solo che non era stata mai meglio, tra quelle calde braccia.


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Kamala's Corner

Ave, popolo della Scacchiera. Ho finito questa trilogia un botto di tempo fa, ma solo oggi sono riuscita a scrivere qualcosa. Come detto nell'introduzione, questa One Shot in realtà è più che altro uno sfogo personale su quello che vedo come il carattere di Milla, e che - ahimé - è anche il mio carattere. Solo che il mio Ryan non è ancora arrivato, e non sono sicura di voler andare a morire su una Scacchiera psycho per incontrarlo. No, vabbé, scherzo, ne vale decisamente la pena.
Detto questo, a presto, cari lettori.
Kam.
   
 
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