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Autore: MadLucy    14/08/2016    0 recensioni
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«Perchè noi, come tutti coloro che amano il loro lavoro, non lo facciamo solo bene, lo facciamo anche bello.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clove
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Get away with murder






Giace serrata sul suo sedile, con la schiena rigida, le labbra chiuse e lo sguardo appuntato con severa fissità al finestrino che scorre. Cato ha sempre identificato le donne con i loro attributi peculari, mentre in Clove non vede nemmeno la femmina, la affranca dalle categorie delle persone, l'ossatura del suo mestiere è tutto ciò che si staglia nel liquido buio della radiografia, l'involucro limitato al sacco del sangue. È senza scorza e sporgenze, segaligna ed a senso unico come i suoi coltelli, un veicolo di taglio di profilo e poi solo piatta, diritta funzionalità.
«Lo fai in silenzio o ti capita di urlare?» la interpella Cato, ruotando la testa verso di lei come se finora non fosse rientrata nel perimetro della sua attenzione.
Clove si riscuote bruscamente, dardeggiandolo di sottecchi. «Eh?»
«Visto che ci alleneremo nella stessa stanza, dovrei essere informato»
«Capita agli altri di urlare.» Sfiora ripetutamente un punto a livello della propria gola con il polpastrello. «E quella cosa, che stai facendo con la giugulare mentre parli. È una specie di richiamo di accoppiamento o un invito ad accelerare la predazione?»
«Tutte e due.» Cato ride, scuote il capo. «Tu pensi che io mi prenda gioco di te.»
Clove l'ha esaminato da una distanza sufficiente a lasciar presumere che non desiderasse affatto avvicinarsi. Ha baldanza, una buona visibilità, riempie la pupilla della telecamera, lo schermo della televisione. Ma ha anche nerbo. Non è un cretino, è professionale. Quando bisogna fare sul serio scende nella concentrazione, ottenebrato come un animale, verso il perfezionamento. I gesti escono da interiorizzati, ha accolto nell'istinto i prolungamenti del ferro, delle armi da lancio. È capace di trascinare. Questo è interessante. A volte fondamentale. Trascinare la carne da macello finchè può fare da barriera.
«Tu non sai cosa penso» ribatte soltanto.
«So che siamo gli unici che ragionano a questo giro» sentenzia Cato prontamente. Il talento lo riconoscerebbe anche in una stanza gremita, fra mille mani che impugnano una pistola. L'occhio tecnico e inesorabile di un tuffatore che prevede come fenderà l'acqua, il quadro completo. L'adrenalina posata sul labbro superiore, che al culmine freme appena sotto la pressione. Il cedimento voluttuoso dell'epilogo. Lei uccide, e pulsa come un cuore; quando ha terminato, si incappuccia di nuovo in una compattezza austera. Solleticandone l'orgoglio, finalmente riesce a farla sogghignare.
«Può darsi.»
«Quindi adesso immagina.» Cato le si accosta un po', allunga un braccio in alto davanti a sè, quasi che le indicasse un panorama in lontananza. «Fra, mettiamo, dieci giorni. Tutti i topolini della cantina sono affogati. Tu e io in mezzo al campo. Ci scontriamo a lungo. Prima lame, poi soltanto corpo a corpo. Anche colpi bassi, tu mi mordi e io ti tiro il gomito tra le scapole.» (A questa, Clove inarca le sopracciglia bellicosamente.) «Poi, alle battute finali, potrebbe andare come andrà perchè... potresti contare sul fatto che di solito quelli della mia stazza sono più lenti di te, ma sbaglieresti un po' i tuoi calcoli. Che te ne pare?» conclude affabile, discorsivo.
«In che senso?»
«Hai presente tutto questo che ti ho detto?»
«Sì.»
«Riesci a figurartelo?»
Clove fa spallucce, beffarda. «Non è così inverosimile.»
«E che mi dici?»
Piega un angolo della bocca, languida, come se stesse per svelare la chiave di un bluff. «Che, se fossi in te, non sprecherei l'opportunità di sorprendermi addormentata e mi strozzerei nel sonno.»
«Che ci si possa fidare solo di se stessi non implica che sia meglio giocare sporco e finirla il primo possibile, con il minimo sforzo.»
«Perchè no? è ciò che la maggioranza di loro vorrebbe.» Lo incalza, lo mette alla prova.
Cato flette le dita nell'aria, in un gesto di eloquenza inconsapevole. «Perchè noi, come tutti coloro che amano il loro lavoro, non lo facciamo solo bene, lo facciamo anche bello.»
«Bello» ripete Clove, perchè capisce di cosa sta parlando. La sua voce arroca in un arabesco aggraziato quella parola, come se si potesse pronunciare solo così per renderne l'intrinseco agglomerato di cristalli.
«Da vedere. Da compiere.»
Lei ha quell'aria tronfia di quando designi chi ha l'onore e il diritto di essere la vittima della tua vita o di ucciderti. Uno passerà con il ruscello organico del sangue il futuro all'altro, come l'epatite, come una trasfusione, e nessuno dei due oscilla sull'identità del ricevente. Intanto aspettano su piedistalli vicini. Sono colmi della percezione della vicendevole importanza, non è amore, è qualcosa che si arrampica più dentro, che ha a che fare con le origini, con la luce cruda dell'esito, dello scopo. Il completamento di un anello. Si sono promessi.
«Sai perchè non sbaglierò i calcoli?» replica.
«Sentiamo.»
«Perchè batterò qualcuno di abbastanza furbo da arrivare fino in fondo con me con misure adatte, non sottovalutandolo.» Parla calcolando il peso di ciò che dice, attenta. Non si toglie l'abitudine di prendere la mira. «Non hai mai avuto un avversario come me, e io non ne ho mai avuto uno come te.»
«Sì, speravo anch'io che sarebbe stato divertente.» Cato versa nei bicchieri un po' della graziosa bevanda dorata in dotazione a litri sul treno, per sè e per lei. «Potrebbe volerci un bel po'.»
Clove tintinna il cristallo contro il cristallo, con placida ferocia. «E tu? Lo farai in silenzio o urlerai?»
 
  
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