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Autore: Water_wolf    15/08/2016    2 recensioni
ATTENZIONE: seguito di "Sangue del Nord", "Venti del Nord" e "Dispersi nel Nord".
Evitare la guerra tra Campo Giove e Campo Nord, impedire il risveglio di Gea, fermare l'avanzata di Ymir: normale routine per i semidei Alex, Astrid ed Einar. Eppure, è davvero così? La posta in gioco è sempre più alta. L'unica soluzione è una triplice allenza tra Greci, Nordici e Romani. Ma il compito è tutt'altro che semplice se braccati da quelli che pensavi alleati. E Roma nasconde molti più segreti di quanto si creda...
«Molto bene. In bocca al lupo, Lars. Mi fido di te. Che gli Dèi siano con te» mi augurò, sorridendomi. «Anche io mi fido di te… ma dubito che gli Dèi saranno con noi, visto quel che dobbiamo fare.» || «Perché sai che cosa succede ai personaggi secondari che provano a diventare degli eroi?» Non attese risposta. «Muoiono, Einar Larsen. Ecco, che cosa succede.»
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Annabeth Chase, Gli Dèi, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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Salviamo un figlio di Ade sotto sale

∫ Einar ∫
 
Tra le morti che mi ero visionato, quella di annegare era per me davvero all’ultimo posto. Insomma, seriamente: un semidio norreno di solito viene squartato, massacrato, infilzato o tagliuzzato dai mostri. Non viene imprigionato in un pozzo da un gruppo di cosplayers della bambina dell’esorcista per farlo lentamente annegare. Non è nella nostra natura.
«Ci dev’essere un modo per uscire!» sbottò Jason, in quell’istante, che aveva tentato di abbattere il muro a spadate con assai poco successo. «Questi posti avevano canali di scarico per far defluire l’acqua.»
Ormai avevamo l’acqua alla gola e, presto, avremmo dovuto nuotare per rimanere in superficie.
«Lo troverò.»
Percy si immerse, proprio nell’istante in cui i miei piedi lasciavano il terreno.
«Avevi ragione, Miss Mondo, venire qui sotto è stata una pessima idea» mi scusai, cercando di rimanere a galla.
La figlia di Afrodite provò ad arrampicarsi per ispezionare il soffitto, ma, nonostante fosse la più leggera del gruppo, le pareti e le mani bagnate erano troppo scivolose e lei ricadde giù provocando un grande tonfo nell’acqua.
«Maledizione!» sibilò, mentre si teneva in superficie a fatica.
Per qualche ragione, l’acqua sembrava appesantirci più del normale, come se ci cercasse di tirarci giù e non era difficile che fosse opera di quelle ninfe zombie. Pochi istanti dopo, Percy riemerse sputacchiando acqua con notizie assai poco rassicuranti.
«Non riesco a respirare» sbuffò, ansante, mentre liberava il naso dall’acqua. Solo in quel momento notai che i suoi vestiti perennemente asciutti, persino sott’acqua, erano fradici. «È come se l’essenza di quelle ninfe fosse… malata. La loro acqua è irrespirabile anche per me.»
«Be’, fantastico!»ringhiai, tentando anche io la scalata, con meno successo della mia compagna. «Ma non intendo morire qui sotto, quindi… Qualcuno ha qualche idea?»
«Jason, usa i tuoi poteri! Evoca un fulmine e facci uscire da qui!» lo incoraggiò la sua ragazza, frettolosamente.
«Ma se lo faccio i detriti potrebbero essere così pesanti da ucciderci» protestò il figlio di Giove.
Per tutta risposta, Piper ringhiò con un espressione tremendamente simile a quella di Astrid: «Preferisco morire con la testa spaccata che affogata, soffrirò di meno, quindi correrò il rischio.»
«Va bene, va bene.»
Ormai l’intera camera era mezza sott’acqua ed il pavimento era molti metri sotto di noi, mentre salivamo a vista d’occhio. Jason si accigliò, concentrandosi ed evocò un nuvoletta scura che coprì il soffitto. Sfortunatamente, però, invece di evocare un fulmine per distruggere il soffitto o la parete, la nuvola iniziò a liberare una pioggia scrosciante e continua.
«Non volevo questo!» sbottò Jason a mo’ di scusa.
«Be’, in un modo o nell’altro, arriveremo in cima» commentai, cercando di controllare il panico.
Era molto difficile immaginarsi un modo per sfuggire a quella situazione. L’acqua aumentò più velocemente che mai e, in un minuto, riuscimmo a vedere bene il soffitto. Come sospettavamo, non c’erano aperture di sorta: eravamo in trappola.
«Guardate il lato positivo: possiamo esprimere il nostro ultimo desiderio con molta calma» constatai, con la voce che mi tremava di freddo e paura.
«Sì, allora io desidero uscire da qui» sbuffò Percy che, in un ultimo coraggioso tentativo di fuga, colpì la parete con Vortice.
Mi detti dello stupido. Accecato dal desiderio di salvare Nico, avevo dimenticato ogni cautela, mandando me stesso e,  soprattutto, gli altri, a morte certa e in modo davvero orribile. Ora capivo come mai Alex fosse così cauto quando c’erano gli altri e così deciso nonostante i rischi: lui voleva proteggere chi gli stava accanto e, se qualcuno doveva rischiare, era meglio che fosse lui da solo. Se solo avessi ragionato io, in quel modo, Percy, Piper e Jason avrebbero potuto salvare Nico anche se io affogavo. Che stupido idiota che ero stato. Nel mio taciuto egoismo, avevo messo in pericolo tutti, non solo me stesso.
Mi voltai un attimo e vidi che Piper stava baciando Jason. Forse l’ultimo bacio prima della fine. Come biasimarli.
Mi voltai dall’altra parte ed incrociai lo sguardo leggermente imbarazzato di Percy. Probabilmente, baciarsi era molto strano poco prima di morire, per lui.
Sorrisi.
«Jackson, davvero, non sei male come ragazzo, ma io non ti bacio» scherzai, ormai vicino alla rassegnazione.
L’acqua, ormai, era così vicina che, con la punta dei capelli, sfioravo il soffitto. Fu in quel momento che Piper, che si era separata dal suo ragazzo, emise un’esclamazione di sorpresa ed i suoi occhi si illuminarono.
«Ragazzi, forse so come uscirne!» ci disse, mentre eseguiva una specie di contorsione per afferrare qualcosa attaccato alla cintura.
Con le mani sollevò la cornucopia sopra l’acqua e disse: «Dobbiamo concentrarci sulle cose felici e far uscire acqua pura dalla cornucopia per purificare l’acqua delle ninfe.»
«Ma così affogheremo più velocemente!» protestò Percy, accigliato.
«Non affogheremo, fidatevi!» replicò lei in fretta, mentre, ormai, l’acqua ci schiacciava contro il soffitto.
«Che abbiamo da perdere?» commentai, sardonico, mentre posavo le mani sulla cornucopia che iniziò ad emettere un getto di acqua limpida.
Jason e Percy misero anche le loro mani intorno al corno, poco prima di venire sommersi.
L’acqua sembrava premere contro il petto ogni istante di più, come a spingerci ad emettere un respiro per soffocarci più velocemente ed era così buio che non vedevo nulla. Mentre stringevo le mani intorno alla cornucopia cercai di ignorare il dolore ai polmoni e di pensare a tutto ciò che aveva reso bella la mia vita. Ricordi legati a mia madre, Alex, Astrid, Nico, i miei fratelli al Campo Nord. Centinaia di scherzi, racconti intorno al fuoco, risate con gli amici.
Tutto quello che riuscii a pensare di felice, cercai, in qualche modo, di trasmetterlo alla cornucopia che continuava ad emettere il suo getto di acqua pulita. Nonostante l’oscurità, tuttavia, notai che l’acqua che lei emetteva sembrava più chiara di quella in cui eravamo immersi, e più leggera. Come se un’onda di pulito infrangesse una chiazza di petrolio in mezzo al mare.
Ma eravamo ancora sotto e la vista iniziava ad annebbiarmisi ogni secondo che rimanevo senza respirare.
Poi, di colpo, l’acqua tornò ad abbassarsi e presi una grande boccata d’aria, felice di respirare.
«Dèi!» ansimai, cercando di riprendere fiato.
Ci volle meno di un minuto e riuscimmo a toccare di nuovo il pavimento di quell’enorme pozzo che, per poco, non era diventato la nostra tomba.
«Cavolo, non pensavo saremmo sopravvissuti» boccheggiai, mentre le gambe mi tremavano per l’adrenalina non del tutto scaricata.
«Dovevamo… purificarle.» Le parole di Piper le uscivano a fatica dalla bocca. «Prigioniere qua sotto… le ninfe… dovevano aver accumulato… molti pensieri negativi, per questo… l’acqua era… così pesante. Ho usato la cornucopia… per purificarla.»
«E di questo ti siamo grate, figlia di Afrodite» confermò una voce flautata proveniente dalla nicchia dove prima c’erano le ninfe zombie.
Ora che erano state purificate, avevano riottenuto un aspetto decente. Gli abiti strappati erano di nuovo solidi e ricordavano ancora di più un’antica tunica romana. I capelli, prima grigi, crespi e cadenti, erano diventati lucidi di un verde scuro quasi nero che ricadevano lisci come una cascata sulle loro spalle fino alla vita. La sua pelle non era più raggrinzita e rugosa, ma giovane e morbida come quella che doveva avere un tempo.
«Grazie a voi, ora, non siamo più legati all’acqua di questo posto. Siamo di nuovo vive e libere di andarcene» ci ringraziò, con calma, facendo un leggero inchino verso di noi.
Era difficile pensare che, poco prima, quella fosse la stessa donna vecchia e non-morta che aveva tentato di ucciderci.
«E dove andrete?» chiese Percy, i cui vestiti si erano immediatamente asciugati.
«Non lo so, potremmo tornare alla nostra fonte o trovarne una nuova in un altro posto. Di certo Pan ha evitato che gli umani distruggessero le foreste, no?» rispose la ninfa, fiduciosa.
Il figlio di Poseidone parve rabbuiarsi, ma non rispose.
«Felice di non essere morto» borbottai a mezza voce, un po’ risentito. Sapevo che non era stata proprio una loro idea, ma avevano cercato di ucciderci.
«So che questo non basterà a farci perdonare. Siamo state crudeli e spinte dalla sete abbiamo attentato alla vostra vita, ma voi ci avete salvate. Permettetemi, quindi, di ricambiare, in minima parte questo favore» aggiunse, lei, come se mi avesse sentito.
A un suo cenno, la parete si aprì, ma invece di dare verso l’esterno sembrava portare ancor più sottoterra, seguendo un passaggio leggermente discendente.
«Questo passaggio porta sotto il Colosseo, proprio dove i Giganti tengono il vostro amico» spiegò la ninfa, attirando subito la mia attenzione. «Essi non si aspettano che voi sopravviviate, quindi potreste coglierli di sorpresa, ma fate attenzione: sono comunque nemici temibili.»
«Non ci spaventano» affermò Jason, deciso.
Mentre ci avviavamo lungo il corridoio di pietra, ancora fradici – tranne Percy, perché lui è Percy –, mi girai e notai, per un istante, tutte le ninfe che un tempo abitavano lì, trasparenti come fantasmi, ognuna nella sua nicchia e di nuovo belle come un tempo, prima che sparissero lasciando dietro di sé una leggera brezza salmastra e qualche goccia d’acqua. Sperai di non incontrarle più con la luna storta e che trovassero un bel posto dove vivere, se Gea non distruggeva tutto.
Procedemmo lungo il cunicolo senza incontrare ostacoli. Probabilmente i giganti non si aspettavano che noi arrivassimo fin lì, ma fu comunque una lunga passeggiata. Solo dopo quasi venti minuti, il cunicolo si aprì in un enorme stanzone, grande quanto un campo da calcio.
Ci guardammo intorno, ma non c’era traccia di nessuno.
In compenso c’erano decine di giocattolini interessanti: esplosivi, fuochi d’artificio, e strani giochi pirotecnici che, però, sembravano esser stati manomessi per diventare mortali, come un gigantesca artiglieria di fuochi d’artificio, che era stata ingrandita e potenziata in modo che facesse saltare un edificio o dei petardi più simili ad una granata a frammentazione. Oltre a questo, c’erano almeno duecento gabbie contenenti diversi mostri e animali mortali: dai semplici leopardi e leoni, fino ad un paio di idre completamente sviluppate ed una manticora gigantesca che agitava la grande criniera, annusando l’aria.
E, al centro, sospesa ad una decina di metri dal suolo, eccola: la giara. La prigione di Nico.
Il mio primo impulso fu quello di correre verso di essa, ma mi bloccai.
«I Giganti non sono qui? È troppo strano, stiamo attenti.»
«Io e Jason andiamo avanti» propose Percy, con un cenno d’intesa.
«Io vi copro le spalle.» Piper indietreggiò di pochi passi, ma estrasse il pugnale risoluta.
«Allora io faccio il giro e cerco di passare dietro quelli» dissi, indicando le grandi casse e gabbie. «Se vi attaccano, vi darò tutto l’aiuto possibile.»
Presi l’arco ed iniziai a camminare all’ombra di quei pericolosi oggetti scenici. Non era difficile immaginare come fosse facile renderli pericolosi: una scintilla nel posto sbagliato e tutto il posto sarebbe saltato in aria. Man mano che procedevamo, notai che il posto era una vera e propria catena di montaggio di armi e corazze d’assalto, mandato avanti da grosse ruote da criceto in cui erano imprigionati dei mastini infernali. Nelle gabbie c’erano anche un wyrm ed un paio di leoni delle nevi con dei serpenti al posto della coda; dovevano aver trovato un po’ di bestie nordiche da mettere in gabbia.
Quando gli altri furono a metà strada tra la giara e l’entrata, di colpo una grande piattaforma calò dal soffitto. Su di essa, ecco il primo gigante: Efialte.
Indossava una tremenda camicia hawaiana con una fantasia di eroi greci torturati e agonizzanti al posto dei classici fiorellini –  della serie: il gusto orribile dei giganti. Aveva anche jeans bianchi immacolati che si abbinavano malissimo con la fantasia colorata di sopra. I piedi erano scalzi, in modo che i serpenti che erano lì, al posto delle dita, potessero muoversi liberamente e, come Percy aveva detto, i capelli erano intrecciati con monete d’argento.
«Benvenuti, eroi! Non pensavo avreste superato le ninfe, ma, in fondo, è meglio così. Sarà più divertente. Siete giunti ora per l’evento più importante» commentò il gigante con un gran sorriso soddisfatto.
Mi spostai di lato, in modo che non potesse vedermi, e strisciai intorno ad alcune casse esplosive.
«Siamo qui, lascia andare il nostro amico!»
Percy, forse per la sua solita testa calda, forse per attirare l’attenzione del gigante, si fece avanti e ne approfittai per affacciarmi. Ero sul fianco del gigante, se mi fossi avvicinato alla giara mi avrebbe visto.
«Come volete. È sorprendente che sia ancora vivo» replicò il gigante, proprio mentre, al suo fianco, si apriva un’altra botola, facendo apparire la peggiore visione che mi fosse mai capitata.
A quanto pare, Oto aveva idee diverse per uno spettacolo mortale.
Sembrava un ballerino di danza classica gigantesco e mostruosamente grasso, visto le sue dimensioni. Scarpette grandi come canoe calzavano i suoi piedi ed erano state tagliate per lasciare liberi i serpenti che aveva come dita e sulla testa portava un cerchietto d’argento che lo rendeva tremendamente ridicolo.
Nonostante la situazione, dovetti sforzarmi di non ridere.
Mentre i due giganti discutevano dei loro abiti di dubbio gusto, approfittai delle grosse gabbie e li aggirai, nascondendomi dietro una lunga fila di lanciarazzi esplosivi. Proprio in quel momento, Oto si avvicinò alla giara e la capovolse, facendo cadere Nico sul pavimento.
Mi sentii mancare nel vedere quanto sembrava emaciato e pallido più del solito. Dovevo salvarlo, ad ogni costo.
Rimisi l’arco in spalla e mi avvicinai silenzioso, alle spalle dei due giganti.
 
♠ Percy ♠

 
Einar sembrava aver perso l’istinto di conservazione. Con calma, uscì dal suo nascondiglio alle spalle dei giganti, cosa ben poco saggia, visto che Oto manteneva lo sguardo su Nico che si agitava debolmente. Intanto, suo fratello Efialte ci aveva deliziato con il suo piano di distruzione romana, con tanto di pane in cassetta.
«E se… invece di ucciderci ci lasciaste andare?» chiese Piper, mettendoci tutto il suo potere, per convincere i giganti gemelli. «Sarebbe un grandissimo colpo di scena e mostrereste a tutti che siete maestri, anche nell’improvvisazione.»
«Non so se Gea apprezzerebbe» commentò Efialte, pensieroso, come se stesse effettivamente pensando all’idea di lasciarci andare.
«Ma sarebbe un’idea eccellente, no? Potremmo anche fare un balletto mentre andiamo via» replicò lei, lanciando uno sguardo ad Oto, che lo distolse da Nico.
Einar si avvicinò silenziosamente, evitando lo sguardo dei giganti. Ormai era a pochi passi.
«Vedi, Efi? Loro sono d’accordo con me» disse il gigante gemello ballerino con un sorriso.
L’altro fratello ci pensò un po’, ma poi scosse il capo. «Mi dispiace, ma non possiamo proprio deludere nostra madre Gea.»
Einar approfittò della distrazione dei giganti per issarsi Nico in spalla. Soffocò un grugnito di fatica; ora che li vedevo vicini mi accorsi che, pur non mostrando gli stessi segni di privazione del figlio di Ade, Einar era pallido come l’amico e con occhiaie altrettanto profonde, come se non dormisse bene da giorni. Sembravano entrambi parecchio malati.
«… e poi avevamo preparato tutto!» Efialte aveva continuato a parlare, anche se io non lo ascoltavo. «I Romani hanno sempre voluto Panem et Circenses, no? Noi glielo daremo!»
Una forma di pane cadde ai miei piedi, avvolta in un involucro rosso e giallo. Mi chinai per afferrarla e la guardai interrogativo. Jason si accigliò anche lui, molto perplesso.
«Pane in cassetta?» chiese, stupito.
«Già. Certo, Gea ha detto di aspettare il suo risveglio ad Agosto, ma ci ha concesso di distruggere Roma per prima, nella sua infinita saggezza» spiegò il gigante con un sorriso.
In quel momento, la situazione precipitò. Nico emise un grugnito, aprendo gli occhi per la prima volta. Un suono abbastanza poco udibile, ma, nel silenzio del momento, attirò l’attenzione dei due giganti.
«Questo non c’era nello spettacolo!» ringhiò Efialte, furibondo, alzando la lancia contro il figlio di Loki.
Io, Jason e Piper ci lanciammo in avanti verso i giganti, nello stesso momento in cui Einar dava una spinta a Nico, facendolo rotolare lontano dalla portata delle lance. Estrasse così rapidamente la sua spada che, per poco, non lo vidi muoverla. Efialte affondò ed il figlio di Loki fece roteare la lama per deviare la lancia, ma, per salvare Nico, bruciò una manciata di istanti cruciali. La lancia passò oltre la sua frettolosa guardia e impalò la sua spalla al pavimento.
«Einar!»
Mi lanciai contro Efialte, che, per difendersi, abbandonò la lancia. 
Jason provò ad assistermi, ma Oto lo intercettò con una piroetta, mentre Piper correva a liberare il figlio di Loki che gemeva con la lancia che lo teneva a terra.
Provai a superare la guardia del gigante, ma, con uno sbuffo di sabbia, sparì e ricomparve su una pedana con il pannello di controllo.
«Allora, Perseus Jackson… Vogliamo iniziare lo spettacolo?» domandò con un sorriso folle che mi faceva mancare Dioniso.
Provai a scattare verso di lui, ma, di colpo, il pavimento sotto i miei piedi si aprì, ed io precipitai giù. Le pareti iniziarono a stringersi intorno a me.
«Ma andiamo!?Cos’è? Una scena di Guerre Stellari!?» ringhiai, saltando verso l’alto ed usando la spada come rampino, mi issai fuori prima di essere schiacciato.
Registrai tutto in pochissimo tempo: Efialte aveva liberato una coppia di leopardi che avanzavano verso Piper che era riuscita a liberare Einar e ora li fronteggiava brandendo il corno dell’abbondanza. Il figlio di Loki stava difendendo Nico da una viverna selvaggia e Jason combatteva contro Oto, che sembrava molto arrabbiato. Efialte stava ridendo mentre liberava più mostri possibili. Mi ritrovai davanti ad un’idra con ben sette teste fameliche che sputavano acido.
«Odio queste cose!» sbottai, saltando via, mentre un getto acido mi passava sopra i capelli.
Mi rifugiai in un boschetto di compensato che faceva il giro della sala. Fu una bella mossa, ma mi resi conto che il boschetto mi impediva di muovermi facilmente. Mi maledissi e tornai all’attacco.
«Vediamo se liberare altri mostri. Questi ragni giganti andranno benissimo vicino a Castel Sant’angelo» commentò Efialte, allegro.
Non potevo fermarlo, ma decisi di lanciare una cassetta di pane contro l’idra che, in quel momento, decise di lanciare un getto acido che le fece esplodere il pane acido in faccia, accecandola. Ne approfittai per rotolare via, mentre Einar, che era riuscito a liberarsi della viverna, prese la mira con l’arco e fece precipitare la gabbia dei ragni. La spalla gli sanguinava parecchio e, alle sue spalle, Nico si reggeva a malapena in piedi.
Dovevo fare qualcosa.
Mi guardai intorno e vidi un treppiede con sopra montata una carica di razzi pirotecnici pesantemente modificati che mi fece ricordare quando, molti anni prima, Clarisse abbatté un’idra simile con una bordata di nave da guerra. Mi precipitai verso il cavalletto con l’artiglieria e lo puntai contro Efialte, che stava premendo altri pulsanti per liberare altri mostri.
«METTETEVI AL RIPARO!» urlai, sperando che mi sentissero e afferrassero il concetto.
Premetti il grilletto e mi gettai a terra. I fuochi d’artificio modificarti esplosero in una raffica di fuoco multicolore, disintegrando l’idra e facendo a pezzi molti oggetti scenici. Le ruote da criceto crollarono liberando diversi segugi infernali che iniziarono a combattere contro il wyrm, uscito dalla sua gabbia con l’aiuto di un esplosione.
Un numero parecchio elevato di missili sibilò contro Efialte, che venne travolto. Altri mostri furono inceneriti all’istante e Jason fu abbastanza furbo da mettersi al riparo, abbandonando il combattimento con Oto, che fu colpito da un missile che squarciò il fianco e la gamba sinistra del gigante.
Il rumore quasi mi assordò, ma, quando mi alzai, vidi che, per il momento, i giganti erano KO. Jason aiutava Piper ad alzarsi, dato che lei era stata colpita da un sacco di sabbia caduto dal soffitto che le aveva slogato la spalla. Einar era ferito, ma riusciva a sorreggere Nico, che sembrava scosso.
Mi avvicinai a loro, sperando in un momento di calma, ma fui troppo ottimista. Efialte si riformò, emergendo dalla catasta fumante che, ormai, era la sua postazione di comando, mentre Oto si alzò da un mucchio di macerie. Entrambi erano storditi, ma per nulla sconfitti.
«Percy!» urlò jason, indicando qualcosa a pochi metri da Efialte. «Distruggilo, presto!»
Il pannello di controllo!, compresi, in un attimo, notando che era ancora indietro. Prima che il gigante potesse reagire, superai con un balzo la distanza che ci separava e tagliai in due il pannello, che andò in pezzi in una pioggia di scintille rosse.
«No!» ululò Efialte, sconcertato e furibondo. «Hai rovinato il mio spettacolo!»
Per un trionfale momento, pensai di aver vinto, ma poi l’asta di una gigantesca lancia mi colpì allo stomaco, facendomi rotolare fino al centro della grande sala degli effetti speciali. La vista mi si annebbiò, mentre lucine gialle iniziavano a danzarmi davanti agli occhi e lo stomaco mi si rivoltava per il dolore. Riuscii a non vomitare con uno sforzo davvero eroico.
Con la coda dell’occhio vidi Jason accorrere in mio aiuto, ma Oto gli tagliò la strada e, con una spinta, lo mandò contro di me. Mi ritrovai spalla a spalla con il mio compagno, mentre i giganti gemelli ci circondavano.
«Non potrete mai vincere!» ringhiò Efialte, ancora fumante di rabbia. «Non avete un dio ad aiutarvi e noi vi distruggeremo assieme a questa città!»
«Vi uccideremo lo stesso, dio o no!» urlai, brandendo Vortice. Sapevo che era impossibile, ma non potevo arrendermi a quella coppia di squinternati.
«Già… come Giove fece a pezzi Saturno, noi faremo a pezzi voi!» aggiunse Jason, con decisione.
«Sarebbe un gran peccato, allora, visto che sono venuto per nulla» esclamò una voce con strana tranquillità.  
Ci voltammo tutti verso il corridoio da cui, minuti prima, eravamo spuntati noi e, con mia sorpresa, vidi Dioniso – o meglio, Bacco – avanzare tranquillo, brandendo il tirso con calma, come se davanti a lui non ci fossero due giganti assassini. 

 
• Alex •

Capisci di essere in una giornata difficile quando, per prima cosa, stai girando Roma alla ricerca dei tuoi amici, ti urlano contro tutti gli spiriti di una città, vieni assalito da un gruppo di turisti posseduti, ed infine ti ritrovi davanti ad una porta chiusa nascosta sotto il Pantheon di Roma da una botola magica.
Perfetto: la giornata si faceva interessante.
Leo stava armeggiando con la porta, che sembrava bloccata da una serie di complicati lucchetti meccanici completamente in oro imperiale e con al centro una sfera grande come una palla da bowling che sembrava controllarli tutti.
«Maledetti eidolon» sibilò Hazel, guardandosi intorno. «Pensavo che Piper li avesse costretti a tenersi alla larga da noi!»
«Tecnicamente non ci hanno posseduti e non si sono avvicinati alla nave. Non hanno rotto il loro giuramento» spiegò Frank, accigliato.
«Bene, ora gli spiriti sono laureati in giurisprudenza infernale?» ringhiò Astrid che sembrava abbastanza nervosa a causa dell’oscurità, rischiarata a malapena dalle nostre spade incantate. «Tranquilla, bellezza, non ci dovrebbero aver seguito» la tranquillizzò Leo, che armeggiava con la serratura. Sembrava divertirsi parecchio.
«Questa serratura è molto… sofisticata per i Romani. Loro tendono a semplificare molto le cose. Bisogna allineare i segni e le lettere in modo giusto… così!» esclamò, mentre i meccanismi si aprivano.
Frank sbuffò. «Sì, perché a voi piace complicare le cose.»
«Calma» dissi piano, intuendo che poteva scoppiare una lite. Eravamo in pericolo e non era il caso che ci mettessimo a litigare.
La porta scattò, proprio nell’istante in cui sia Hazel che Frank lanciavano uno sguardo di sbieco a Leo che, però, non li notò, troppo curioso per vedere cosa c’era dietro la porta.
«Ho come la sensazione che non siamo al sicuro» sussurrò Astrid, guardandosi intorno. Forse riusciva a percepire la presenza degli spiriti.
«Andiamo avanti. Speriamo non ci raggiungano» la rassicurai, mentre la porta scorreva di lato.
Era un meccanismo straordinariamente complesso per l’antichità: la porta scorreva di lato. Opera di semidei, senza dubbio. Oltre vi era un grande stanzone, ampio come l’officina del Campo Mezzosangue o la Sala comune dei Forti al Campo Nord. Era stracolma di scaffali zeppi di strani strumenti di fabbricazione di foggia antica, ma ben conservati. Su un lato vi erano una decina di automi strani che sembravano inutilizzati da secoli e, su un tavolo al muro, una serie di grosse sfere di bronzo delle dimensioni di un pallone da calcio.
«Non ci credo… Automi!»
Leo sembrava estasiato. Io un po’ meno. Percy mi aveva raccontato della passione di Efesto ed i suoi figli per gli automi. Automi che spesso erano mal funzionanti o si guastavano attaccando la gente che li circondava.
Mentre Hazel e Frank seguivano Leo nei suoi sproloqui, ispezionai la zona con Astrid. Lo stanzone era molto stipato, per questo non mi accorsi subito della porta dall’altro lato.
«Guarda qua. Queste non sono sfere» disse Astrid, indicando segni che conoscevo troppo sfortunatamente bene.
«No. Sono rune.»
Cosa ci faceva una porta sigillata con la magia runica dietro un laboratorio degli Antichi Romani? Leo era troppo occupato a discutere con Frank ed Hazel e, senza accorgersene, aveva messo su una discussione sull’ingegno dei Romani.
«Ragazzi, forse…» Ma mi bloccai: l’automa alle spalle di Hazel e Frank aveva preso vita, nonostante Leo avesse assicurato che non potessero. «Attenti!!»
Troppo tardi. Uno degli automi sparò dei cavi da una delle braccia colpendo Hazel e Frank alle spalle, tramortendoli.
«Leo!»
Hazel provò a correre verso di lui, ma un altro automa la colpì al petto, mandandola a terra.
«Toglietele le mani di dosso!» urlai, alzando la spada e mozzandogli un braccio, che emise scintille elettriche. L’automa emise un urlo. Gli automi non possono emettere urli, ma, ugualmente, mi attaccò. Parai il colpo e aiutai Astrid ad alzarsi. Leo fronteggiava altri due automi e capii che quelli erano i tre eidolon che ci avevano attaccati in America. Non avevano mai smesso di seguirci.
«Da questa parte, Leo!» urlò Astrid, avvicinandoci alla porta.
Leo ci seguì e chiuse una grata che separava il laboratorio principale dal corridoio che portava alla porta runica. I tre automi menarono fendenti contro la grata, ma quella resistette.
«Bella… Credo che gli operatori qui abbiano creato queste strutture per fuggire in caso le loro creazioni fossero impazzite. Ce n’erano altre intorno al laboratorio» ansimò Leo, affaticato per lo scontro.
«Geniale, visto che la situazione ci calza a pennello» brontolò Astrid, massaggiandosi la nuca. «Ma ora che si fa?»
«Dobbiamo liberarci di loro» rispose il figlio di Efesto, mentre il suo sguardo vagava sul laboratorio.
La zona in cui eravamo intrappolati era una specie di punto di studio secondario con un tavolo vicino su cui erano posati degli appunti. Presso la porta c’era una specie di reticolato di cavi di bronzo celeste che attraversavano il terreno come vene di un corpo umano.
«Ho un’idea. Non dobbiamo nemmeno uscire.» Leo si avvicinò al reticolato, ma si fermò un attimo ad osservare la porta. «Questo macchinario alimentava tutto il laboratorio di energia magica. Ma ora è concentrato sulla porta. Questa…» e ci mostrò la sfera di bronzo celeste «… devierà l’energia dalla porta e la potrò usare per distruggere i tre.»
«Speriamo che la porta non nasconda qualcosa di molto peggio» commentai, nervoso. C’era qualcosa che, in quella stanza, mi dava i brividi.
«Posso controllare ogni cosa nel laboratorio, datemi solo un secondo.»
Il figlio di Efesto sembrava molto nervoso e preoccupato, ma deciso a fare il necessario per salvare Frank ed Hazel.
«Siamo nelle tue mani, allora.» Astrid si avvicinò alle grate che gli automi stavano colpendo inutilmente.
«Fateci entrare! Arrendetevi!» sibilò un automa dall’elmo di leone.
«Come no» replicai, incrociando le braccia sulla difensiva. Se fossero riusciti a sfondare, non ce l’avremmo mai fatta.
Rimanemmo a fissarci per diversi minuti, mentre Leo armeggiava con la sfera ed il reticolato di cavi. Gli automi sembravano essersi decisi a non distruggere la porta, ma ero certo che stessero escogitando qualcosa per entrare o, peggio ancora, attirarci fuori.
Di colpo, uno degli automi, si avvicinò ai corpi svenuti di Frank ed Hazel e, con gli stessi cavi con cui li aveva storditi, li agganciò.
«Fateci entrare, o uccideremo i vostri amici» minacciò Testa di leone.
«Non ci provare!» ringhiai, avvicinandomi. Sapevo di non potercela fare, ma non gli avrei permesso di ferirli.
Stavo per aprire la grata, ma Astrid mi trattenne prendendomi per il polso. Il suo sguardo era furibondo, ma, in quella circostanze, aveva capito che attaccando non avremmo risolto nulla.
«Quanto ci metti, Leo!?» chiesi furiosamente, mentre l’automa iniziava ad inondare di scariche elettriche i due ragazzi.
Anche lui se n’era accorto e sudava vistosamente. «Ho… Ho bisogno di tempo, gente.»
«Allora te lo daremo.» Astrid mi strinse la mano e, senza preavviso, mi trascinò in un viaggio-ombra catapultandoci al centro del laboratorio principale. «Attacchiamo!»
Non me lo feci ripetere. Evocai il potere delle rune, mentre Astrid lanciava entrambe le sue mezzelune, tagliando di netto i cavi che imprigionavano Hazel e Frank. La runa Tiwaz mi avvolse, facendomi sentire rinvigorito e mi dette abbastanza forza fisica da resistere a due automi, mentre la mia ragazza si occupava  del terzo. Sapevo che l’incantesimo non mi avrebbe retto per sempre, ma feci del mio meglio per tenerli lontani dai nostri amici, mentre Leo si ingegnava per disattivare gli automi.
Dopo quasi due minuti, però, capii che Leo aveva tentato una mossa disperata. Non era ancora riuscito a risolvere l’enigma della sfera ed il mio incantesimo si stava esaurendo. La mia forza magica iniziava a scemare, lasciando il posto ad una tremenda stanchezza. Scossi il capo, mentre tentavo di reggere le lame meccaniche dei due automi.
«Allora hai finito!?» domandò Astrid, che era riuscita ad allontanare il suo avversario da Frank ed Hazel che si stavano riprendendo in quel momento.
«Ci sono quasi! Ancora un minuto!»
Il figlio di Efesto era nervosissimo e le mani gli tremavano, nonostante compisse ancora movimenti parecchio precisi.
Capii che, in realtà, gli sarebbero servite ore per risolvere quell’enigma, ma stava tentando il tutto per tutto per salvarci, così decisi di dargli tutto il tempo che potevamo. Colpii con tutte le mie forze, tentando di abbattere gli automi, ma erano troppo forti e finirono con il mettermi con le spalle al muro.
Poi Leo fece il miracolo.
Gli automi iniziarono ad andare in avaria. Due sfere del laboratorio esplosero, ma altre iniziarono a ronzare contro gli automi, levitando a mezz’aria alimentati dall’energia della sfera di Leo.
«Che sta succedendo?» ringhiò Testa di leone, cercando di frenarsi.
Gli automi iniziarono a combattere tra di loro e andare in avaria, controllati da Leo, che aveva l’aria molto soddisfatta, mentre reggeva nella mano destra la sfera e in quella sinistra un foglietto.
«Chi controlla chi, adesso?» chiese, costringendo i tre automi a sbatacchiare tra loro.
Astrid aiutò Frank ed Hazel ad alzarsi, mentre Leo ordinava agli automi di bloccarsi. Ci fu una specie di suono acutissimo, come quello di una radio o un televisore mal funzionante. Poi scintille ed i tre automi si bloccarono in posizioni assurde emanando un forte odore di bruciato. Erano fusi ed intrappolati all’interno.
«Accidenti.» Hazel fu la prima ad alzarsi e notare il casino. «Che è successo?»
Leo aprì le grate che lo proteggevano. «Sono bloccati nelle armatura. Gli eidolon non potranno più uscirne.»
«Grande!» esclamai, dando un colpetto all’automa più vicino.
«In ogni caso.» Astrid estrasse da sotto un tavolo la spada di Nico. «Questa era una trappola. La sua arma è qui. Era per quello che avevi percepito la presenza di tuo fratello.»
Hazel emise un gemito disperato. «Allora ci siamo cascati in pieno!»
«Ma perché proprio qui?» chiese Frank, accigliato.
«Forse perché è un buon posto dove imprigionarci. In effetti, ci sono quasi riusciti» spiegai, con un cenno alle macchine impazzite.
Il laboratorio era a soqquadro. Le pergamene, prima ordinate sugli scaffali, erano tutte sparse sul pavimento, alcune bruciacchiate o tagliuzzate. I tavoli e le preziosissime sfere erano quasi tutte distrutte e, a quella vista, Leo, si rabbuiò, ma riuscì a sorridere.
«Avanti, gente! Sono certo che gli altri l’hanno trovato» commentò.
«Troveranno solo la morte.»
La voce di Gea rimbombò nel laboratorio e, un istante dopo, la porta principale si chiuse.
«Sapevo che sarebbe stato troppo facile» commentò Frank, accigliato.
Un grosso specchio di bronzo celeste si accese. Divenne della consistenza del fango, come se fosse un televisore mal sintonizzato. Per un attimo, su di esso, apparve l’immagine di una specie di edificio di pietra protetto da una grata dentro il quale stavano entrando Percy, Jason, Piper ed Einar. Era palesemente una trappola, ma non potevamo avvertirli e Gea lo sapeva. Si divertiva a renderci partecipi della sorte dei nostri compagni senza aiutarli.
«Liberaci, o sarà peggio per te» ringhiò Astrid, minacciosa.
«I vostri amici moriranno» annunciò Gea. «Consegnerò i Norreni ai Romani, così da giustiziarli. Voi, invece, sarete il sacrificio per risvegliarmi. La vostra miserabile impresa è appena giunta al termine.»
In quell’istante Leo fuse lo specchio di bronzo con una lunga fiammata, facendoci sobbalzare.
«Scusate, ma non avevo voglia di seguire l’ultima edizione di Semidei al Massacro» sbuffò, accennando allo specchio.
«Tranquillo, Leo.» Frank, inaspettatamente, gli dette una pacca sulla spalla. «Ma ora dobbiamo uscire da qui.»
«Non abbiamo altra scelta, allora.» Indicai la porta con le rune incise sopra. «La porta principale è bloccata, quella è l’unica uscita.»
Speravo solo non fosse anche l’ultima fermata.

 
koala's corner.
Buon ferragosto semidei!
Non possiamo regalarvi un buon titolo, ma almeno abbiamo aggiornato XD (Dopo le solite ere, ovviamente, per cui scusateci un'altra volta. Provvederemo a rispondere anche alle recensioni, quando io e AxXx riusciremo a metterci in contatto meglio.)
Ricordiamo come sempre che shippare Einico è meglio ed è uno sport riconosciuto persino dai giudici di Rio :P
Speriamo che il capitolo vi piaccia, alla prossima!

Soon on VdN: attraverso la porta con le rune. Andiamo a fondo nel mistero della Corona di Odino e, come sempre, guai a palate.

 
  
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