Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Ricorda la storia  |      
Autore: topazio    15/08/2016    5 recensioni
Seguito di Sinners
Jon/Sansa
Cosa accadde la notte prima della battaglia di Grande Inverno?
***
Sempre occupato, sempre stanco, sempre lontano. Jon rifuggiva ogni suo tocco, si distaccava con gentilezza, evitava di dormirle accanto, tornava a tarda notte. Mai una parola di distacco, mai un congedo definitivo, mai una spiegazione, mai un rifiuto. Solo piccoli gesti, piccoli segnali di un distacco che diveniva sempre più profondo.
Lentamente, ma inesorabilmente si separava da lei.
Genere: Erotico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
- Questa storia fa parte della serie 'Sin'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Last Time

 

 

"Oltrepassiamo i nostri ponti dopo esserci arrivati e ce li bruciamo alle spalle,                                                    
e niente mostra il cammino percorso,                                                                                             
tranne il ricordo dell'odore del fumo                                                                                                                             
e la sensazione che una volta i nostri occhi hanno lacrimato".                                                                                                        

Tom Stoppard
.



 

 

 

 

S

ansa inspira a fondo per calmarsi. Lo guarda con disperazione. Vorrebbe avvicinarsi a lui per poterlo toccare, ma percepisce la sua collera e non osa muoversi. Non le aveva mai parlato così. Vede la rabbia che scorre in lui, e ne ha paura.

Litigavano da piccoli, di tanto in tanto. Quando magari le calpestava il vestito, o la prendeva in giro insieme ad Arya. Odiava essere schernita da loro. Gesti e battute innocenti, che la ferivano a morte e non facevano che allontanarla di più da quel fratello mai voluto o ritenuto tale. Ma ora erano cresciuti, erano cambiati. E per Sansa, ora lui era tutto ciò che aveva.

Si era attaccata a lui, come se rimanesse l’unica àncora di salvezza in un mare in tempesta. Un luogo sicuro, caldo, accogliente. Ma ora quel luogo era divenuto gelido e distante. Le fondamenta solide, tremavano. E Sansa Stark nel buio, trema di freddo.

«Ascoltami, ti prego» vorrebbe fargli capire quanto grande sia la sua disperazione e il suo senso di impotenza, ma dal suo tono di voce scaturisce solo rabbia e frustrazione.

«Tu non conosci la guerra!» compie un gesto con la mano, come a volerle mostrare quanto sciocca sua la sua ostinazione. Come se la ritenesse solo una stupida donna che pretende di immischiarsi negli affari degli uomini.

«Ma conosco lui» gli si avvicina, e qualcosa nella sua voce sembra calmarlo. Lo sente espirare rumorosamente. Lui non vuole parlarle in modo così sgarbato, né desidera litigare con lei. Non in quel momento, non quella notte. È teso e nervoso. E per quanto Sansa possa aver ragione, ora è troppo tardi per agire.

Lei gli tocca il braccio con delicatezza, un gesto appena accennato, un tentativo di conciliazione. «Rickon è già morto» gli dice, Jon vede la rassegnazione nei suoi occhi, e il dolore. «E se non lo fosse, lo ucciderà presto. Davanti a noi magari. Solo per provocarti» Jon la guarda con la bocca socchiusa. Poi si scosta da lei. Con delicatezza, certo, ma per Sansa è solo un altro crudele rifiuto. Non vuole ascoltarla. Lei si è già arresa. Ma lui non può farlo.

«Jon» lui le volge la spalle. «Abbiamo bisogno di più uomini»

«Non li abbiamo!» si volta verso di lei, gridando nuovamente. «Non c’è nessun’altro. Abbiamo chiesto a tutti» parla lentamente, ma ogni parola che pronuncia è carica di rabbia e frustrazione. «Non c’è più nulla che possiamo fare.» Sansa lo guarda, afflitta, sconfitta. Ma tace, anche mentre Jon le volta le spalle e si allontana dalla tenda.

Si siede, e si copre il volto con le mani. Vorrebbe gridare, ma non lo fa. Vorrebbe piangere, ma non può. Non ha più lacrime, non ha più voce. Rimane ferma a contemplare il nulla, in preda a una disperazione assoluta e senza nome. Silenziosa rassegnazione, che ha il sapore della morte.

«Domani moriremo tutti» lo dice, senza rivolgersi a nessuno. Ad alta voce, per renderlo più reale. Si volta a guardare l’ingresso della tenta, oltre il quale Jon è sparito. Vorrebbe fosse lì con lei, in quell’ultima notte. Vorrebbe averlo accanto, vorrebbe guardarlo negli occhi e sentirsi dire che andrà tutto bene.

Moriremo tutti.

Sansa Stark conosce la morte, la conosce da anni. L’ha sfiorata così tante volte, l’ha persino cercata in qualche occasione, nei giorni più bui. Una signora velata, una compagna di viaggio che le è stata accanto ogni momento dal giorno della partenza da Grande Inverno. Il suo dolce bacio è gelido, le sue labbra grigie, e oltre essa, il nulla. Né pace, né tormento. Un’eternità di niente.

E ora, la sente più vicina che mai. Percepisce sul collo il fiato freddo della dama dal volto coperto. E Sansa Stark sente un freddo opprimente calare su di lei.

Il loro esercito verrà spazzato via. Jon pensa di poter sorprendere Ramsay. Non lo conosce, non sa quanto possa essere furbo e crudele. Ucciderà Rickon davanti a lui, Sansa ne è certa. E questa certezza la annienta. Jon crede di poterlo salvare, di poter vincere, di poter ingannare il nemico. Una lacrima solitaria solca il volto di Sansa Stark. Si alza prima che questa finisca il suo corso lungo la pelle chiara. Come può essere così stupido?

Vorrebbe che fosse lì, che la ascoltasse, che comprendesse. Vorrebbe gridarli in faccia tante cose. Come puoi essere così ingenuo? Sciocco, sciocco! Scuote la testa. Jon ha combattuto orrori che lei non può immaginare. Ha conosciuto la guerra, il freddo, il sacrificio, la morte.

Ma non ha mai incontrato la crudeltà, quella pura e gratuita. L’ha messo in guardia, avvertito del pericolo. Non c’è più niente da fare, la battaglia è imminente e inevitabile. Se perdiamo, se Jon muore.. Quel pensiero la annienta, ma sa che non può fare nulla per tenerlo al sicuro. Non ti voglio in prima linea, gli aveva detto una notte. Parole inutili, lo sapevano entrambi.

Se perderanno, Sansa sa cosa fare. Non tornerà da Ramsay. Stringe la piccola daga affilata, nascosta in una tasca del mantello. Non la toccherà mai più.

Dovrebbe coricarsi, e riposare o attendere in silenzio l’alba. Ma quando esce all’aperto non si dirige verso la sua tenda. Il freddo è pungente e il vento le scompiglia i capelli ramati. Quando arriva a destinazione, non si annuncia, entra nella tenda senza dire nulla. Lo trova intento a sistemare le armi.

«Non dovresti essere qui» le dice, senza nemmeno voltarsi. La sua voce esprime stanchezza, e Sansa vede la frustrazione che ancora lo pervade. Non mi vuole, realizza lei con dolore. Lui si gira. Le spalle tese, la mascella rigida. Nessuna traccia del sorriso che le rivolgeva nelle fredde notti passate al Castello Nero.

«Sono esattamente dove dovrei essere» gli dice. Sansa gli si avvicina. Posa una mano sul suo volto, sfiora la barba ispida che le solletica il palmo. Jon la guarda per un istante, poi distoglie lo sguardo e si sottrae al suo tocco.

«Non allontanarmi, Jon» sa di essere patetica, ma non sopporta questa tensione tra loro. Non in quel momento, non quella notte.

«Vai a dormire, Sansa» si volta e riprende a ordinare le armi. Lungo Artiglio giace silenziosa in un angolo del tavolo in legno.

«Credi davvero che riuscirei a dormire?» Non le risponde. «Jon» lo richiama, e solo allora si volta verso di lei.

«Smettila» la sua voce è perfettamente calma, ma la ferisce a morte. Lui sembra notarlo, perché quando Sansa indietreggia, Jon apre la bocca per dirle qualcosa. Ma non emette alcun suono. Lei deglutisce.

«Non sono qui per litigare» lascia vagare il suo sguardo per la tenda, si sente così esposta quando è vicina a lui. «Non volevo che ci lasciassimo così»

Jon si avvicina. «Sansa, noi vinceremo» la vede scuotere la testa.

«Se Ditocorto non verrà, domani a quest’ora saremo entrambi morti»

«Verrà» la osserva. E per un attimo la vede per quella che è, una ragazza spaventata, sperduta. Nei suoi occhi c’è stessa paura di un animale braccato. Una ragazza che mostra una forza che non possiede e una sicurezza che ha perduto. «Salveremo Rickon, e domani a quest’ora saremo a casa.»

Rickon è già condannato, vorrebbe gridargli questo, ancora una volta, ma Sansa tace. Non vuole minare nuovamente le sue vane speranze.

«Ora va a dormire» Jon si volta nuovamente, ma si blocca quando sente la mano di lei stringere la sua.

«Non mandarmi via» suona come una supplica.

«Va a dormire» Jon si scioglie dalla stretta di lei. Le volta le spalle.

«Perché mi allontani, Jon?» Jon guarda avanti a sé, verso il tessuto vermiglio della tenta. Sansa non può scorgere la tristezza nel suo sguardo. Non le risponde, non sa che dirle. La sente avvicinarsi. «Jon» si volta verso di lei, consapevole che non può fare altro. Ma non dice nulla.

«Sono giorni, settimane quasi, che non mi parli» non ha mai visto Sansa così fragile. « Che cosa ho sbagliato?»

«Sansa» scuote la testa, tornando a guardarla. «No. Non hai sbagliato niente»

«E allora cosa è cambiato?» sa di essere sull’orlo della lacrime, ma non le importa. Si guardano, ma Jon non apre bocca. Non si allontana, quando lei compie un passo verso di lui. Un ultimo tentativo, si dice Sansa.

«Parlami, Jon. Potremmo non averne più occasione» gli dice. Jon scuote la testa e si allontana. Un nuovo rifiuto, una nuova pugnalata. Sansa abbassa lo guardo, mordendosi le labbra per non piangere o gridare. Guarda la schiena del fratello, «Come preferisci» si volta e fa per uscire dalla tenda. Jon la guarda allontanarsi.

Potremmo non averne più occasione.

Cos’ho da perdere? Si chiede. Gli bastano poche falcate per raggiungerla. Le afferra la mano. Una stretta calda, salda, rassicurante. Una cima lanciata nella tempesta ad un naufrago sommerso dalle onde.

Sansa si volta e una mano raggiunge la sua guancia. Le labbra di Jon si posano sulle sue con delicatezza e timore, quasi. Un bacio triste, malinconico. Un intimo sfiorarsi senza toccarsi davvero, senza assaporarsi a vicenda. Si allontana da lei, senza smettere di guardarla, senza lasciarle la mano.

«Ti sei mai chiesta» le sussurrò ad un soffio dalle labbra di Sansa. «Cosa succederà?» Sansa scuote la testa, non capendo. Gli occhi di Jon sono scuri, imperscrutabili. Neri come una notte priva di luna, così li ha sempre ricordati. Ma ora, vede una luce in quelle iridi, una luce colorata che gli dona una sfumatura del tutto nuova e sconosciuta. Sono sempre stati così?, si era domandata al Castello Nero quando aveva avuto modo di scrutarli.

«Quanto pensi che andrà avanti questa cosa?» Sussurra. «Prima o poi qualcuno se ne accorgerà. Tormund ha già iniziato a fare battute»

«Lascia che parli, lascia che pensino quello vogliono» Sansa posa il palmo sulla guancia coperta di scura barba. Osserva la cicatrice che solca il volto di Jon. «Siamo sempre stati attenti, ci ha visto nessuno»

Jon scuote la testa, abbassando lo sguardo. Stringe con più forte la presa attorno alla mano di Sansa.

«Credo che Cersei e Jaime Lannister abbiano pensato lo stesso. Non basta stare attenti» la guarda. «Un vero peccato che sia tua sorella, vero? Questo mi ha detto Tormund»

«Non ci ha visti nessuno» sussurrò con insistenza Sansa, attaccandosi a quella certezza.

«Non importa» la voce di Jon è tetra. «Prima o poi capiranno. E in ogni caso, indipendentemente da domani, sappiamo entrambi che tutto questo non ha futuro» la guarda con serietà. «Una volta preso Grande Inverno, tu diventerai la protettrice del Nord. E presto sposerai un lord»

«Jon, io non..»

«Succederà, prima o poi. Lo sai»

«Che importa?» Sansa alza la voce. Si sente sull’orlo della disperazione. «Che importa tutto questo? Che importa ora? Domani moriremo!»

«Ma se così non fosse, questa sarà l’ultima volta in cui potrò starti così vicino, in cui potrò toccarti o guardarti in questo modo» le carezza la guancia. Sansa sente un brivido lungo la schiena, le gambe tremano. Il suo stomaco è in subbuglio, il cuore batte forte nel suo petto. È un suono triste. «In ogni caso, questa notte finirà tutto»

Sansa lo guarda indugiare un istante, poi distaccarsi del tutto da lei. Le ci vuole un istante per capire che ha trattenuto il fiato così a lungo da procurarle un intenso bruciore nel petto. Annaspa alla ricerca d’aria, mentre Jon si allontana.

Lo ferma. Non può farne a meno. Non vuole più vederlo allontanarsi da lei. Per una notte, per quella notte, l’ultima della loro vita, non gli avrebbe permesso di frenarsi. Le loro mani sono di nuovo intrecciate, Sansa stringe con forza, non lo lascerà andare. Gli carezza il volto, come ha fatto mille volte quando lui le dormiva accanto, o quando alla luce del mattino lui si svegliava cullato da quelle carezze. La guardava con un sorriso che gli incurvava le labbra, ma poi quel sorriso svaniva. Lui si alzava e si vestiva. E fino alla notte successiva non l’avrebbe più cercata o toccata.

Una subdola tortura che Sansa faticava a sopportare. Si sentiva una sciocca nel cercare ogni più piccolo contatto con lui, uno sfiorarsi di pelle che a tutti sarebbe apparso casuale e innocente, ma che per lei diventava ogni giorno di più una necessità impellente. Sì, era una sciocca, perché più lo cercava, più gli si avvicinava, più lo sentiva distante e irraggiungibile.

Sempre occupato, sempre stanco, sempre lontano. Jon rifuggiva ogni suo tocco, si distaccava con gentilezza, evitava di dormirle accanto, tornava a tarda notte. Mai una parola di distacco, mai un congedo definitivo, mai una spiegazione, mai un rifiuto. Solo piccoli gesti, piccoli segnali di un distacco che diveniva sempre più profondo.

Lentamente, ma inesorabilmente si separava da lei. A poco, a poco si era distaccato del tutto, arrivando a starle accanto in rare occasioni, evitava i suoi sguardi, rifuggiva il suo tocco.

Sansa era in compagnia dell’unica persona al mondo che potesse comprenderla, che conoscesse il suo dolore, il suo smarrimento. Ma quella persona ormai era come uno sconosciuto. Era il solo che potesse riempire un vuoto incolmabile. Ma riusciva a farla sentire più sola che mai.

Non faceva nulla di male lui, ma ogni suo gesto la feriva a morte. Un distacco sempre più profondo e incolmabile, un rifiuto sempre più netto e chiaro, che alla fine l’aveva fatta desistere dal compiere anche il più piccolo tentativo di avvicinamento nei suoi confronti.

Era come se fossero tornati bambini. Distanti, estranei, sconosciuti. Condividevano ancora il giaciglio, senza nessun motivo apparente, perché dormivano separati nell’anima, distanti mille miglia. L’unica cosa che ancora li univa era l’obiettivo finale: Grande Inverno. E i litigi tra di loro erano diventati molteplici e sempre più aspri, provocando una rottura ancora più profonda.

Come quando erano ragazzini, lei appariva fiera come una regina e testarda come un toro. Lui, silenzioso, cupo e remissivo, ascoltava in silenzio per poi contestare ogni obiezione della sorella. Jon odiava il fatto che lei si fosse rivola a Ditocorto, senza consultarlo.

Una bugia confessata al buio, sottovoce, un bizzarro tentativo di conversazione, un ultimo spiraglio di speranza. Ma Sansa sapeva che senza gli uomini della Valle di Arryn sarebbero morti prima ancora di scendere sul campo.

Lunghi litigi, intervallati da cupi silenzi. Accompagnati da un senso di vuoto sempre più opprimente. Sansa spesso si trovava a chiedersi dove avesse sbagliato, in quale momento lui avesse cominciato ad allontanarsi, per poi distaccarsi completamente da lei.

Sansa lo guardava da lontano consultarsi con ser Davos o Tormund. O con lady Melisandre, quella donna così bella e misteriosa e inquietante. Li osservava conversare da lontano, mentre si mordeva le labbra fino a farle sanguinare e si sentiva affogare in un sentimento terribile che mai aveva pensato di provare.

Il debito che Jon aveva nei confronti della Donna Rossa era qualcosa che Sansa sapeva di non poter mai colmare, e il legame che ora li univa, lei non sarebbe mai riuscita ad eguagliarlo. Non si era mai sentita così invisibile.

Ma ora Jon era lì. Silenzio, in attesa di una sua mossa. Le loro dita erano intrecciate. Più vicino di quanto lo avesse mai sentito in quelle lunghe settimane. Era come se fossero tornati a quella notte al Castello Nero, ai timidi guardi scambiati nella penombra, alle dolci carezze che cullavano il sonno, ai piccoli baci dati senza promesse o aspettative.

«Perché mi hai allontanata?» gli chiese, aggrappandosi a quella domanda con disperazione. Jon abbassa lo sguardo sulle loro dita intrecciate, ma non la lascia andare.

«Perché sei mia sorella» Sansa trattiene il fiato, preparandosi a un ultimo, definitivo rifiuto. Si sente sprofondare, come se una voragine nella terra si aprisse sotto i suoi piedi. «Il mio compito è proteggerti. Anche da me» lei lo guarda, lui legge la confusione nei suoi occhi azzurri. Comprensibile, riconosce lui. Jon sospira.

«Dopo quello che è successo al Castello Nero, è cambiato tutto» abbassa lo sguardo. «Avremmo dovuto fermarci, ma non l’abbiamo fatto. Siamo stati sciocchi e incoscienti» Sansa sente quanto gli risulti difficile parlare. «Dovevo fermare questa cosa sul nascere, ma non l’ho fatto» la guarda. «Perché non volevo. Trovo disgustosa l’idea di pensare a mia sorella in un modo così sbagliato. Se ci vedesse nostro padre..»

«Nostro padre è morto, Jon. Da molto tempo» Sansa trattiene le lacrime e il disgusto che prova per sé stessa. È ripugnante e malato ciò che hanno fatto, ciò che ha provato, ciò che continua a provare. Ma non può mentire a sé stessa. Erano anni che non sentiva una simile completezza.

Per Jon è diverso, forse. Ha passato anni nei Guardiani della Notte, e ha assistito impotente e lontano allo sterminio della sua famiglia, alla rovina della sua casa. Ha annullato ogni suo tentativo di ribellione, ogni egoismo. Conosce solo l’onore, il senso del dovere. Ha soppresso a lungo la sua volontà, i suoi desideri, perché sapeva quanto fossero sbagliati, malati, incestuosi.

Si ripugna, commisera sé stesso, si odia. Si è appellato molte volte al pensiero del padre, per tentare di sedare il suo animo. Ma nulla è servito, nulla lo ha acquietato.

«Ma avrei dovuto fermarti» le si avvicina alzando la voce. «Mi sono spinto troppo oltre, e sapevo che se avessimo continuato prima o poi ci saremmo fatti del male, ci saremmo spinti oltre un limite che non dovremmo mai valicare»

Le carezza il volto, e la guarda con tristezza. «Per questo ho voluto distaccarmi da te, lentamente»

«Perché non me ne hai parlato? Hai deciso tutto da solo» Sansa vorrebbe gridare, piangere e ridere insieme. Ha un solo pensiero. Tutto quel tempo sprecato, tutto quel tempo sprecato.. L’ha esclusa, l’ha torturata per settimane, lentamente. Facendo male a entrambi.

«Ti conosco» le sorride con dolcezza. «Non avresti mai accettato passivamente una mia imposizione» Vero, si ritrovò a pensare lei. «Perdonami se ti ho ferita, ma era necessario» si allontana. Ora che non la tocca più, e Sansa sente di nuovo freddo. «Va a dormire, Sansa»

M-mi mandi via?, quella domanda le muore in gola. Abbassa lo sguardo, senza dire un’altra parola. Si allontana in silenzio, con lo sguardo di Jon che la segue. Si ferma a un passo dall’uscita della tenda.

«Almeno lo sai perché non avrei accettato passivamente?» glielo domanda con voce distante. Vede Jon annuire. Lo stesso motivo per cui più ti allontanavo, più ti volevo accanto. Non le dice nulla. La guarda voltarsi e scostare la tenda che cela l’ingresso. E non può fare a meno di chiedersi se la rivedrà ancora.

Solo una notte, l’ultima della loro vita.

Mormora un’imprecazione che nessuno ode. La raggiunge in fretta. Afferra Sansa con un’irruenza involontaria. La bacia senza curarsi della tenda ancora scostata. Forse qualcuno scorge quell’atto impuro, forse qualcuno li vede, o forse no. Questa volta non importa.

Sansa passa le braccia attorno al collo di lui, in un abbraccio timido e impetuoso insieme. I respiri si confondono con disperazione, dopo essersi a lungo cercati. Labbra che si toccano e sfiorano, ancora e ancora. Le mani di Jon le toccano il viso, carezzano i suoi capelli, sfiorano il suo collo.

È delicato, dolce. Sente la pelle ardere dove lui posa i suoi baci. Ramsay era brutale, violento. Ricorda ancora il dolore che le infliggeva quando la possedeva con irruenza. La afferrava per i capelli, le graffiava la pelle, le mordeva le labbra. Un gemito sfugge ora da quelle labbra, mentre Jon le sfiora il collo.

Il mantello cade a terra, seguito dalla pelliccia nera di Jon. Le mani di Sansa tremano mentre tenta di slacciare gli abiti di lui, indumenti che lei stessa ha cucito e che ora non riesce più a riconoscere. Le mani di Jon raggiungono le sue e presto la sua pesante tunica cade a terra.

Sansa lo lascia fare mentre armeggia con i laccetti del suo abito, anche Jon trema, ma le sue mani sono ferme. È il desiderio a smuoverlo. La bacia con impeto mentre la conduce al giaciglio. Le viene sopra, mentre cattura nuovamente le sue labbra. Ha ancora l’abito blu scuro addosso, Jon glielo sfila con un gesto d’impeto. Sansa ode uno strappo ma non se ne cura. Non le importa nulla di quel vestito.

Un bacio viene posato sulle sue cosce nude. Inclina la testa all’indietro, puntellandosi sul gomiti sul materasso di piume, mentre la bocca di Jon risale lungo la gamba, lasciandosi dietro una scia di baci. Risale, toccandola, sfiorandola.

Sansa sente caldo, come se la tenda andasse a fuoco, ma è lei a bruciare. Sale fino al suo ventre, senza avvicinarsi alla sua intimità. Le sfiora un seno scoperto. Lo tocca, lo bacia. È soffice e morbido. Divarica le gambe e Jon si insinua nel mezzo, come se fosse l’unico luogo dove debba stare, dove desideri stare.

L’erezione sfiora l’interno della coscia, bloccata dell’indumento che indossa. Jon se ne libera, e la bacia ancora, a lungo, con dolcezza. È follia quella che forse li pervade, ma non riescono a fermarsi. Si distacca da lei, e la guarda, la guarda a lungo. Per scorgere in lei ripensamenti più che legittimi, per vedere i suoi timori, per trovare un senso di colpa che lui ha soffocato. Ma non vede nulla di tutto questo, i suoi occhi sono limpidi e luminosi. Lo guarda con un’intensità tale da scottarlo.

Ricorda lo sguardo di Ygritte, la vitalità nei suoi occhi, quell’energia che lo aveva travolto. Poi quegli occhi erano divenuti opachi e spenti, avevano perduta la loro lucentezza. La scintilla di vita in essi si era estinta con crudeltà.  

Jon non avrebbe permesso che accadesse lo stesso a Sansa, doveva proteggerla, essere il suo scudo, il suo sostegno. Mai avrebbe creduto che quell’impeto che l’aveva travolto con Ygritte, potesse tornare ad animarlo. Quando lei era morta, anche una parte di lui se n’era andata per sempre. Credeva che non avrebbe più amato, che non avrebbe più sorriso, che non avrebbe più stretto una donna.

Ma Sansa era lì, sotto di lui, calda, accogliente. E lui la desidera, la desidera intensamente. Deve essere impazzito. Mai, nei lunghi anni trascorsi a Grande Inverno con Sansa Stark, avrebbe potuto immaginare che un giorno l’avrebbe baciata, desiderata, amata persino, in un modo in cui un fratello non dovrebbe amare una sorella.

Sansa gli carezza una guancia coperta di ispida barba, sfiora la cicatrice sulla tempia. Nessun dubbio nei suoi occhi azzurri, nessun timore. Jon si china a baciarla. Una muta richiesta, un’ultima disperata conferma. Lei lo vuole, e lui non riesce più a trattenersi.

Si libera dell’ultimo indumento che li separa. Si avvicina a lei, insinuandosi ancora di più tra le sue gambe. Le sue dita la toccano, e Sansa socchiude la bocca. Trema, ma non di freddo. Nessuno, nessuno è mai stato così gentile, così delicato. Non ha mai provato nulla del genere. Geme, mentre Jon la guarda. La tocca ancora e sussulta. La osserva con un’intensità tale da sconvolgerla.

Nessuno l’ha mai guardata così. Mai. Lussuria, desiderio, passione. Questo ha scorto spesso negli occhi degli uomini, ma Jon è diverso. Ma c’è altro, c’è anche altro e non si è mai sentita così bene. Amore. C’è amore nei occhi. E in quel momento, Sansa si sente completa.

La penetra con delicatezza, come se fosse una bambola di porcellana, incredibilmente fragile. Incredibilmente bella. Sansa affonda le unghie nel materasso di piume, stringe forte, senza smettere di guardarlo.

È bello, si ritrova a pensare.

Le sue mani lasciano il giaciglio, e avvolgono la schiena di Jon. È nella carne che ora affonda le unghie. Si stringe a lui e lui la avvolge, un rifugio caldo, accogliente. Una spinta, poi un’altra. Irruento e delicato, passionale e dolce. Il battito accelera, i loro respiri si confondono, si uniscono.

Movimenti lenti, e sinuosi, diventano più veloci. E Sansa stringe con più forza. Sale, fino a carezzargli i capelli neri legati. Affonda le dita tra le ciocche. Non si è mai sentita così felice e completa e meno sola. Lui è la sua salvezza. Jon, Jon, Jon. C’è solo lui. Lui soltanto.

«Jon» pronuncia il suo nome senza rendersene conto, mentre lui è dentro di lei.

Suo fratello, quello mai amato, quello che la derideva insieme ad Arya. Che cosa direbbe Arya se li vedesse? Cosa direbbe loro padre? Dovrebbe sentirsi disgustata, ma non lo è, non può, perché è felice. Felice, come forse non è mai resa conto di esserlo.

Si appella con disperazione alla parola che gli ha sempre rivolto quando erano piccoli. Fratellastro. È il mio fratellastro, non fratello. Invoca quell’appellativo e si crogiola in quella certezza. Fratellastro. Per giustificare quella follia, per sentirsi meno colpevole. Il senso di colpa le mozza il respiro ogni giorno, il disgusto che prova per sé stessa è talmente forte da darle la nausea. Non riesce ad opporsi a ciò che prova, non può sopprimere il rimorso che la soffoca.

Ma a volte il senso di colpa è il prezzo da pagare per essere felici.

Si sente colpevole, si sente sporca, si sente soffocare, ma l’unica a cosa che pensa in quel momento è a Jon, a quanto sia felice in quell’effimero istante di piacere, a quanto lui la faccia sentire completa, a quanto si senta protetta.

Nessuno può proteggermi.

Gli aveva detto, ma non le importa. Il senso di sicurezza che prova quando Jon le è accanto, qualcosa di così inatteso e sorprendente da averla condotta a pensare che il sentimento che prova verso di lui, sia solo gratitudine.

Ma non lo è, ora ne è sicura. Quella certezza sembra all’improvviso schiacciarla, soffocarla, mentre un’ultima spinta sembra portarla a toccare il cielo. Non si è mai sentita così. Nessuno l’ha mai fatta sentire così. Il calore la invade, invadendo ogni più piccola fibra del suo essere.

Jon le carezza il volto, quando si stende accanto a lei. Piccoli ciuffi scuri sfuggono dall’acconciatura. Le sorride, e Sansa si rende conto all’improvviso che quello è lo stesso modo con cui il loro padre usava portare i capelli. Come faceva a non essersene resa conto?

Jon recupera la pesante coperta stropicciata. La solleva, per coprire i loro corpi nudi. Stringe Sansa tra le braccia, non le dice nulla. Lascia che lei affondi il volto nel suo petto, la circonda con le braccia, sfiorando il seno nudo.

È cresciuta, Sansa. Si ritrova a pensare, ma subito si rende conto di quanto quella parola risulti inadeguata. Non è cresciuta. No, non è questo che le è successo. È cambiata. L’hanno cambiata. Hanno spazzato via ogni più piccola traccia di innocenza, hanno spezzato la sua anima. Più e più volte. Sempre spaventata, sempre prigioniera. Nessuno a proteggerla, nessuno a consolarla, nessuno a stringerle la mano o ad asciugarle la lacrime. Solo presenze fugaci di uomini gentili. Flebili fiamme di speranza, spente troppo in fretta. Nessuna carezza gentile, solo schiaffi. Nessuna parola di conforto, solo crudeli ordini.

La stringe più forte. Ma sa che nulla può cancellare il dolore che prova. Nessuna consolazione, nessuna vendetta o conquista, può ridarle quella serenità che ha perduto. La stringe ancora, Jon. Sarà lui il suo scudo. La proteggerà da tutti, fino al suo ultimo giorno di vita. Nessuno dovrà più farle del male.

 

Il sole non è ancora sorto quando Sansa si sveglia. Jon si discosta da lei con delicatezza, ma i suoi movimenti la strappano ugualmente al sonno più riposante delle ultime settimane. Lo vede sorridere, mentre si china a baciarla sulle labbra. Scende dal giaciglio con grazia, e lo osserva vestirsi.

Non si muove, rimane incantata a osservarlo, per imprimere nella memoria ogni dettaglio, consapevole che quelli sono probabilmente gli ultimi momenti che condividono. Il giorno è giunto. E la loro morte è vicina. Scosta le coperte, Sansa. Avvolge il corpo nudo nella pelliccia che li ha coperti durante la notte. Raggiunge il vestito che aveva la sera prima. È strappato, ma lo indossa ugualmente. Quello con cui verrà sepolta, o bruciata, quando la troveranno morta.

«Non temere» la voce di Jon le arriva proprio quando sta nascondendo una piccola daga nello stivale. L’arma con cui si toglierà la vita, se la battaglia fosse perduta. Non è spaventata, la calcolata freddezza con cui compie i movimenti le suggerisce che non è paura quella che prova. È perfettamente calma, rassegnata quasi. Ha accettato il suo destino, qualunque esso sia. «Non ti accadrà nulla» Jon le sorride. Sansa non risponde, si limita ad avvicinarsi a lui.

«Fidati di me» le dice. E Sansa sorride. Lui è pronto. È pronto per la battaglia. Oh, Jon. Si ritrova a pensare. Sei così puro. Non c’è traccia in lui della accettazione che la pervade. È ancora fiducioso, ancora speranzoso. Così perfetto, nella sua ostinazione. Così integro, e buono. Una purezza assoluta, che lo rende straordinariamente simile a Ned Stark.

Io non mi fiderò mai più di nessuno.

Ma non glielo dice, non desidera minare quel momento di pace. Una tranquillità di breve durata, rotta dall’imminente massacro. Sansa si limita a sorridere, schiava ancora una volta di una diversa maschera. Lo bacia, per quella che sa essere l’ultima volta. Il sorriso muore sulle sue labbra mentre lo guarda uscire, sapendo di non poter fare nulla, se non attendere.

  

 

 

 

 

 

 

 

Fan fiction lunghissima, che ha richiesto giorni interi per essere scritta, riscritta, e corretta. Non sopportavo l’idea che Sansa e Jon, la sera prima della battaglia, si fossero congedati con un’aspra lite, da quest’idea è nata la storia. Questa ff è il seguito di Sinners e spero che vi sia piaciuta. Mi scuso per gli eventuali errori, e magari fatemi sapere.

A presto,

topazio ♥

 

 

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: topazio