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Autore: SakiJune    28/04/2009    5 recensioni
Questa raccolta mostra l'amore di un padre, le speranze di uno zio, le preoccupazioni di una nonna alle soglie di un nuovo anno scolastico a Hogwarts. Siamo nel 1991, poi indietro di vent'anni, e poi di nuovo al punto di partenza, ogni volta in un luogo e con un punto di vista differente. Grazie a chi leggerà.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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SLIPPING THROUGH MY FINGERS



Questa raccolta di tre one-shot partecipa alla V Disfida del sito Criticoni. Ognuna di esse è dedicata a un personaggio diverso della saga di HP, con un filo conduttore: qualcuno della loro famiglia sta per iniziare il suo primo anno scolastico a Hogwarts. Il titolo della raccolta è quello dell'omonima canzone degli ABBA, che vi consiglio di ascoltare mentre leggete questo primo capitolo (o dopo, o prima, come vi va!).
Ora dunque sapete quale progetto mi aveva tenuta lontana finora... e spero che il risultato sia decoroso.

Sempre vostra,

Saki




WENDELL GRANGER


Quando la sua segretaria, la signorina White - tacco basso e caschetto odoroso di lacca: se mai si era sentito sbandare al suo passaggio, era appunto per quell'asfissiante tanfo della sua chioma - gli aveva comunicato qual era il suo ultimo appuntamento della giornata, il dottore aveva tirato un sospiro di sollievo. Ravn Eckert era uno dei suoi pazienti più affezionati. Ora, perché un dentista crei un buon rapporto con il paziente che ha tra le mani, bisogna che si stabiliscano delle sane regole: niente svenimenti alla vista del trapano, niente piagnistei o smorfie degne di un film dell'orrore. Il paziente ideale sarebbe, in definitiva, un fantoccio di legno con i denti, che al momento di pagare, però, sia in grado di aprire il portafoglio con gratitudine, sfoderando quel nuovo sorriso che hai contribuito a creare.
Il signor Eckert era proprio quel tipo di persona. Si adagiava mollemente sul lettino e ti lasciava fare, pacifico, fiducioso; si metteva così a suo agio che ti sentivi rilassato a tua volta.
Non bisogna pensare che dormisse, però. Niente affatto, se ne stava bello sveglio fino alla fine, con il suo sguardo blu fiordo e le mani grassocce abbandonate sui fianchi.

Era davvero una benedizione che fosse lui l'ultimo, quel giorno. Non era mica un giorno come tutti gli altri.

La sua maestra delle elementari gli diceva sempre: "Wendell, tu sei troppo nervoso. Ti mangi le unghie, sgranocchi schifezze durante la lezione ma non ingrassi mai, non stai fermo nel banco. Ho idea che quando sarai grande il tuo lavoro sarà rendere nervosi gli altri". Per anni si era immaginato un futuro dietro una scrivania, puntando una luce accecante su spie e terroristi per far confessare loro orribili malefatte. Niente di più simile, in verità: la lampadina che portava sulla fronte inquietava parecchio.

"Dica la verità, abbiamo mangiato dolci negli ultimi quindici giorni?"

E anche il suo simil-interrogatorio mellifluo e altamente colpevolizzante.

"Hmph gno, zottor Granzzer, shi, una o due..."

"Caramelline per la gola! Fingono di non metterci zucchero, come dico sempre a mia figlia-"

Il signor Eckert aveva un brutto sapore in bocca a causa dell'anestesia locale, ma quello che sentì Wendell, non appena ebbe pronunciato quelle parole, fu ancora più amaro.
Il sapore doloroso del distacco, del vuoto. Una voce che gli sarebbe mancata al suo ritorno a casa, due braccia che non l'avrebbero stretto augurandogli la buonanotte, un respiro in meno al di là del muro.


"Signore e signora Granger, voi già sapete che la vostra Hermione è una ragazzina speciale."
Lui e Monica si erano guardati, arrossendo. L'orgoglio che provavano cedeva terreno, a tratti, alla legittima preoccupazione.
"Ci prenderemo cura di lei per i prossimi sette anni... imparerà a controllare e utilizzare i suoi poteri al meglio, perché ciò che per voi Babbani è strano e anormale, per noi maghi è il minimo indispensabile. Non siete obbligati ad accettare di farle frequentare la nostra scuola, ma in quel caso sareste, come dite voi... marcati molto stretti, perché sia rispettato il vincolo di segretezza."
Hermione aveva spalancato gli occhi e il suo sorriso aveva comunicato loro una cosa sola: "Desidero andarci, con tutta me stessa".


Potevi lasciarci almeno un pezzettino di te, piccola. Qualcosa di più di un poster sulla parete e qualche vestito nell'armadio.



"Si sciacqui la bocca... sputi... perfetto. Lei ha figli, signor Eckert?"
L'altro si stiracchiò e scese dal lettino, riaggiustandosi il colletto della camicia che usciva dal golfino stropicciato. - Non ho questo piacere, sono scapolo. - Parlava lentamente, a causa dell'anestesia, ma quel modo di sillabare le frasi sembrava divertirlo. "Qualche guaio in famiglia, dottore?"

Sì, mia figlia è un'apprendista strega ed è appena partita per la scuola di magia, pensò Wendell, ma naturalmente non poteva uscirsene in quel modo. Bisognava fare attenzione, costruire una verità parallela e abbastanza simile all'originale.

"Oh, no, al contrario!" rispose Wendell con falsa allegria: "La mia bambina è stata ammessa ad un collegio molto esclusivo, e oggi l'ho accompagnata alla stazione. Era davvero entusiasta, sa? Hermione adora studiare, sta sempre sui libri dal giorno che ha imparato a leggere. Era inevitabile che le dessero la borsa di studio, e siamo davvero felici per lei, però, capisce..."
"Capisco."
Detto da uno che poco prima aveva dichiarato di non essere genitore, sarebbe dovuto sembrare strano. Ma quello sguardo blu era sincero. Capiva.
"Anche mia sorella Mette andò in collegio a undici anni, e non ne uscì più. Diventò insegnante della scuola, vede, a Reykjavik. Non ci siamo più incontrati da allora." Si stropicciò le guance nel tentativo di riattivare la sensibilità. "Ma tornerà a casa per le vacanze, sua figlia, spero?"
Wendell sembrò rianimarsi tutt'ad un tratto: "Certo, oh sì, per Natale! Ma mi sembra un'eternità, ecco. Oh, basta lamentarsi. Per il prossimo appuntamento che ne dice... signorina White!"

La ragazza si affacciò, l'agenda già in mano. "C'è un buco esattamente tra due settimane, lunedì 16 alle sei. Al signore va bene?" Al cenno affermativo di Eckert, si eclissò nuovamente, portando con sé quella nauseante scia di lacca.

"Hermione ha un libro che parla della storia di quell'istituto. Pare sia un edificio molto antico e curioso... dal punto di vista architettonico. Spero solo che il riscaldamento sia moderno. C'è sempre tanta umidità, in quei posti, e già l'anno scorso ha avuto una brutta tonsillite."
Il suo paziente aggrottò le sopracciglia e parve più interessato che mai; non mise subito mano al portafoglio né andò a riprendersi il cappotto. Rimase a fissarlo, continuando a massaggiarsi la corta barba bionda.
"Come si chiama questa scuola, dottore?"
Wendell sentì un brivido percorrergli la schiena e tirò fuori un fazzoletto dalla tasca del camice per asciugarsi le mani, improvvisamente sudate. "Ma guarda, non mi ero accorto di quanto si sia fatto tardi! Monica... mia moglie deve essere già a casa a quest'ora, dobbiamo cenare. Ci vediamo tra due settimane, signor Eckert."
Aveva teso la mano per congedarlo, ma quello sguardo si era tinto di una divertita complicità.

"Non sarà mica quel nome che comincia per acca?"

Il dottor Granger riprese a respirare. Chinò la testa e sentì il sollievo distendergli i muscoli contratti.
Portò le spalle in avanti e bisbigliò: "Lei sa di Hogwarts?"
Era diventato chiaro che si sarebbero fatti compagnia ancora per un poco, quella sera.

Quando Monica provò a chiamarlo, il telefono dello studio squillò a vuoto. La cena si raffreddava sui fornelli mentre Wendell era in un pub a tre isolati di distanza ascoltando una storia molto più triste della sua.
La storia di una giovane strega di nome Mette Eckert che aveva voltato le spalle alla sua famiglia Babbana.
"Ma non sono capace di fargliene una colpa, capisce: se mio padre non l'avesse trattata come un chissà quale fenomeno, forse non avrebbe deciso di tagliare i ponti in questo modo... credo che il segreto sia la naturalezza, saper far convivere di due mondi paralleli che, talvolta, si sfiorano. Siete fortunati a vivere in Inghilterra... dopotutto, per quanto ne so, Hogwarts ha regole più giuste e flessibili rispetto a Coldwitch, dove finì mia sorella."
Wendell ebbe un brivido. Non voleva che Hermione diventasse un'estranea per loro. Lui e Monica l'avevano desiderata, concepita e attesa con amore, e sognavano di accompagnarla nella sua crescita ancora per molti anni.

"C'è una sola cosa che può fare, dottore: resti se stesso, e sua figlia farà altrettanto. O almeno, ci proverà."



Durante la strada di ritorno, Wendell prese a fischiettare lentamente, modulando ogni nota con finta noncuranza. Socchiuse gli occhi e rivide Hermione a King's Cross, con il suo baule pieno di strani arnesi e libri di formule magiche.
Era speciale.
Ma era sempre stata speciale, ai suoi occhi. Quando aveva imparato a parlare e camminare, nel completino da danza, alla recita scolastica; e poi quella mattina, mentre spariva nel binario fantasma... restava la sua bambina con gli occhi curiosi di tutto.

Arrivederci a Natale.


"Arrivederci, piccola mia."




***

Note:

- I nomi dei genitori di Hermione sono una mia supposizione basata sul fatto che lei stessa, nel settimo libro, modifichi la loro memoria in modo che credano di chiamarsi Wendell e Monica Wilkins. Ho pensato che fosse stato più semplice, per Hermione, cambiare soltanto il cognome. Senza contare che il nome Wendell mi piace tantissimo...
- Devo molto dell'ispirazione per questa storia a Lars Von Trier e alla visione del suo film "Il Grande Capo", anche se non c'entra nulla con questa storia, a parte un paio di nomi. Mi sembrava giusto, inoltre, che la scuola di magia danese si trovasse in Islanda. Una specia di rivalsa...

   
 
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