SLIPPING THROUGH MY FINGERS
Ora dunque sapete quale progetto mi aveva tenuta lontana finora... e spero che il risultato sia decoroso.
Sempre vostra,
Saki
WENDELL GRANGER
Quando la sua
segretaria, la signorina
White - tacco basso e caschetto odoroso di lacca: se mai si era
sentito sbandare al suo passaggio, era appunto per quell'asfissiante
tanfo della sua chioma - gli aveva comunicato qual era il suo ultimo
appuntamento della giornata, il dottore aveva tirato un sospiro di
sollievo. Ravn Eckert era uno dei suoi pazienti più affezionati.
Ora, perché un dentista crei un buon rapporto con il paziente che ha
tra le mani, bisogna che si stabiliscano delle sane regole: niente
svenimenti alla vista del trapano, niente piagnistei o smorfie degne
di un film dell'orrore. Il paziente ideale sarebbe, in definitiva, un
fantoccio di legno con i denti, che al momento di pagare, però, sia
in grado di aprire il portafoglio con gratitudine, sfoderando quel
nuovo sorriso che hai contribuito a creare.
Il signor Eckert era
proprio quel tipo di persona. Si adagiava mollemente sul lettino e ti
lasciava fare, pacifico, fiducioso; si metteva così a suo agio che
ti sentivi rilassato a tua volta.
Non bisogna pensare che
dormisse, però. Niente affatto, se ne stava bello sveglio fino alla
fine, con il suo sguardo blu fiordo e le mani grassocce abbandonate
sui fianchi.
Era davvero una benedizione che fosse lui
l'ultimo, quel giorno. Non era mica un giorno come tutti gli
altri.
La sua maestra delle elementari gli diceva sempre:
"Wendell, tu sei troppo nervoso. Ti mangi le unghie, sgranocchi
schifezze durante la lezione ma non ingrassi mai, non stai fermo nel
banco. Ho idea che quando sarai grande il tuo lavoro sarà rendere
nervosi gli altri". Per anni si era immaginato un futuro dietro
una scrivania, puntando una luce accecante su spie e terroristi per
far confessare loro orribili malefatte. Niente di più simile, in
verità: la lampadina che portava sulla fronte inquietava
parecchio.
"Dica la verità, abbiamo mangiato dolci negli
ultimi quindici giorni?"
E anche il suo
simil-interrogatorio mellifluo e altamente colpevolizzante.
"Hmph
gno, zottor Granzzer, shi, una o due..."
"Caramelline
per la gola! Fingono di non metterci zucchero, come
dico
sempre a mia figlia-"
Il signor Eckert aveva un brutto
sapore in bocca a causa dell'anestesia locale, ma quello che sentì
Wendell, non appena ebbe pronunciato quelle parole, fu ancora più
amaro.
Il sapore doloroso del distacco, del vuoto. Una voce che
gli sarebbe mancata al suo ritorno a casa, due braccia che non
l'avrebbero stretto augurandogli la buonanotte, un respiro in meno al
di là del muro.
"Signore e signora Granger, voi
già sapete che la vostra Hermione è una ragazzina speciale."
Lui
e Monica si erano guardati, arrossendo. L'orgoglio che provavano
cedeva terreno, a tratti, alla legittima preoccupazione.
"Ci
prenderemo cura di lei per i prossimi sette anni... imparerà a
controllare e utilizzare i suoi poteri al meglio, perché ciò che
per voi Babbani è strano e anormale, per noi maghi è il minimo
indispensabile. Non siete obbligati ad accettare di farle frequentare
la nostra scuola, ma in quel caso sareste, come dite voi... marcati
molto stretti, perché sia rispettato il vincolo di
segretezza."
Hermione aveva spalancato gli occhi e il
suo sorriso aveva comunicato loro una cosa sola: "Desidero
andarci, con tutta me stessa".
Potevi lasciarci almeno un pezzettino di te, piccola. Qualcosa di più di un poster sulla parete e qualche vestito nell'armadio.
"Si sciacqui la bocca...
sputi... perfetto. Lei ha figli, signor Eckert?"
L'altro si
stiracchiò e scese dal lettino, riaggiustandosi il colletto della
camicia che usciva dal golfino stropicciato. - Non ho questo piacere,
sono scapolo. - Parlava lentamente, a causa dell'anestesia, ma quel
modo di sillabare le frasi sembrava divertirlo. "Qualche guaio
in famiglia, dottore?"
Sì, mia figlia è
un'apprendista strega ed è appena partita per la scuola di magia,
pensò Wendell, ma naturalmente non poteva uscirsene in quel modo.
Bisognava fare attenzione, costruire una verità parallela e
abbastanza simile all'originale.
"Oh, no, al contrario!"
rispose Wendell con falsa allegria: "La mia bambina è stata
ammessa ad un collegio molto esclusivo, e oggi l'ho accompagnata alla
stazione. Era davvero entusiasta, sa? Hermione adora studiare, sta
sempre sui libri dal giorno che ha imparato a leggere. Era
inevitabile che le dessero la borsa di studio, e siamo davvero felici
per lei, però, capisce..."
"Capisco."
Detto da
uno che poco prima aveva dichiarato di non essere genitore, sarebbe
dovuto sembrare strano. Ma quello sguardo blu era sincero.
Capiva.
"Anche mia sorella Mette andò in collegio a undici
anni, e non ne uscì più. Diventò insegnante della scuola, vede, a
Reykjavik. Non ci siamo più incontrati da allora." Si
stropicciò le guance nel tentativo di riattivare la sensibilità.
"Ma tornerà a casa per le vacanze, sua figlia, spero?"
Wendell
sembrò rianimarsi tutt'ad un tratto: "Certo, oh sì, per
Natale! Ma mi sembra un'eternità, ecco. Oh, basta lamentarsi. Per il
prossimo appuntamento che ne dice... signorina White!"
La
ragazza si affacciò, l'agenda già in mano. "C'è un buco
esattamente tra due settimane, lunedì 16 alle sei. Al signore va
bene?" Al cenno affermativo di Eckert, si eclissò nuovamente,
portando con sé quella nauseante scia di lacca.
"Hermione
ha un libro che parla della storia di quell'istituto. Pare sia un
edificio molto antico e curioso... dal punto di vista architettonico.
Spero solo che il riscaldamento sia moderno. C'è sempre tanta
umidità, in quei posti, e già l'anno scorso ha avuto una brutta
tonsillite."
Il suo paziente aggrottò le sopracciglia e
parve più interessato che mai; non mise subito mano al portafoglio
né andò a riprendersi il cappotto. Rimase a fissarlo, continuando a
massaggiarsi la corta barba bionda.
"Come si chiama questa
scuola, dottore?"
Wendell sentì un brivido percorrergli la
schiena e tirò fuori un fazzoletto dalla tasca del camice per
asciugarsi le mani, improvvisamente sudate. "Ma guarda, non mi
ero accorto di quanto si sia fatto tardi! Monica... mia moglie deve
essere già a casa a quest'ora, dobbiamo cenare. Ci vediamo tra due
settimane, signor Eckert."
Aveva teso la mano per congedarlo,
ma quello sguardo si era tinto di una divertita complicità.
"Non
sarà mica quel nome che comincia per acca?"
Il dottor
Granger riprese a respirare. Chinò la testa e sentì il sollievo
distendergli i muscoli contratti.
Portò le spalle in avanti e
bisbigliò: "Lei sa di Hogwarts?"
Era diventato chiaro
che si sarebbero fatti compagnia ancora per un poco, quella
sera.
Quando Monica provò a chiamarlo, il telefono dello
studio squillò a vuoto. La cena si raffreddava sui fornelli mentre
Wendell era in un pub a tre isolati di distanza ascoltando una storia
molto più triste della sua.
La storia di una giovane strega di
nome Mette Eckert che aveva voltato le spalle alla sua famiglia
Babbana.
"Ma non sono capace di fargliene una colpa, capisce:
se mio padre non l'avesse trattata come un chissà quale fenomeno,
forse non avrebbe deciso di tagliare i ponti in questo modo... credo
che il segreto sia la naturalezza, saper far convivere di due mondi
paralleli che, talvolta, si sfiorano. Siete fortunati a vivere in
Inghilterra... dopotutto, per quanto ne so, Hogwarts ha regole più
giuste e flessibili rispetto a Coldwitch, dove finì mia
sorella."
Wendell ebbe un brivido. Non voleva che Hermione
diventasse un'estranea per loro. Lui e Monica l'avevano desiderata,
concepita e attesa con amore, e sognavano di accompagnarla nella sua
crescita ancora per molti anni.
"C'è una sola cosa che
può fare, dottore: resti se stesso, e sua figlia farà altrettanto.
O almeno, ci proverà."
Durante la strada di
ritorno, Wendell prese a fischiettare lentamente, modulando ogni nota
con finta noncuranza. Socchiuse gli occhi e rivide Hermione a King's
Cross, con il suo baule pieno di strani arnesi e libri di formule
magiche.
Era speciale.
Ma era sempre stata speciale, ai
suoi occhi. Quando aveva imparato a parlare e camminare, nel
completino da danza, alla recita scolastica; e poi quella mattina,
mentre spariva nel binario fantasma... restava la sua bambina con gli
occhi curiosi di tutto.
Arrivederci a Natale.
"Arrivederci, piccola
mia."
***
Note:
- I nomi dei genitori di
Hermione sono una mia supposizione basata sul fatto che lei stessa,
nel settimo libro, modifichi la loro memoria in modo che credano di
chiamarsi Wendell e Monica Wilkins. Ho pensato che fosse stato più
semplice, per Hermione, cambiare soltanto il cognome. Senza contare
che il nome Wendell mi piace tantissimo...
- Devo molto
dell'ispirazione per questa storia a Lars Von Trier e alla visione
del suo film "Il Grande Capo", anche se non c'entra nulla
con questa storia, a parte un paio di nomi. Mi sembrava giusto,
inoltre, che la scuola di magia danese si trovasse in Islanda. Una
specia di rivalsa...