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Autore: sfiorarsi    29/08/2016    3 recensioni
[Drarry!couple | Slash | one-shot!story]
Entrambi non ricordavano – o si sforzavano di non ricordare – come fossero finiti in quella situazione di precario e quotidiano squilibrio che, il più delle volte veniva risolto da qualche dolce, saporito e languido bacio – ma no, Harry, non ho alcuna intenzione di uscire ad un appuntamento a quattro. Men che meno durante la vigilia di Natale. Non se ne parla, Potter.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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I sobborghi londinesi parevano, a distanza ravvicinata, delle gigantesche insegne luminose. Una casa fra le case, addobbata né da più né da meno lucine natalizie rispetto alle altre abitazioni, era complice di ormai un anno e mezzo di una lamentosa convivenza, cominciata alla fine del loro ultimo e tanto agognato anno a Hogwarts – nel medesimo anno in cui Harry aveva cominciato l'addestramento da Auror, in settembre.
«Non se ne parla affatto, Potter» protestò Draco, tentando di mantenere un tono pacato e al contempo deciso a non demordere, nonostante le insistenze del compagno. Si ostinava a chiamarlo ancora Potter, in casi come quello.
«E dai, Draco. È la prima volta in due anni che all'Ufficio praticanti-Auror ci permettono una vacanza prolungata di due settimane. Si tratta di un paio d'ore della vigilia di Natale. Per favore» lo supplicò Harry, congiungendosi le mani al petto e rivolgendogli un'occhiata implorante.
Entrambi non ricordavano – o si sforzavano di non ricordare – come fossero finiti in quella situazione di precario e quotidiano squilibrio che, il più delle volte veniva risolto da qualche dolce, saporito e languido bacio – ma no, Harry, non ho alcuna intenzione di uscire ad un appuntamento a quattro. Men che meno durante la vigilia di Natale. Non se ne parla, Potter.
Nonostante fosse passato qualche giorno da quel battibecco, Harry non aveva smesso di insistere, e Draco non aveva smesso di ostinarsi a rifiutare. Il che, all'antivigilia di Natale, aveva portato nuovamente in vita il lato aspro di quella convivenza.
«No, Harry. Non trascorrerò la vigilia di Natale con carota ed Hermione» disse incrociando le braccia al petto e voltandosi verso la finestra, il calore del camino accanto a lui che gli riscaldava le viscere. Aveva – seppur con fatica – messo un punto alla sua abitudine di chiamare la Nata Babbana amica del compagno “Mezzosangue”, ma si rifiutava di smettere di affibbiare il nomignolo “carota” al più giovane dei maschi Weasley.
«Si tratta di una semplice cena, Draco. Non è nulla di particolarmente nocivo o mortale» si lamentò Harry, mentre il biondo, seppur non guardandolo, seppe che il compagno era appena sprofondato nel divano. Riusciva a sentire la pelle del sofà strofinarsi appena contro i calzini di soffice lana che Harry indossava.
«Una cena con pel di carota qualcosa di non particolarmente nocivo, Potter? Quello si mangerebbe anche la mia cena!» protestò, voltandosi verso Harry e osservandolo mugolare per la frustrazione, ma con un vago sorriso compiaciuto a fior di labbra.
«Potresti sforzarti, anche solo per un attimo, di trovare un punto d'incontro? Ti prometto che, dopo questa cena, non ce ne saranno altre simili» promise, alzandosi di scatto e afferrando il compagno per le spalle. Draco si rifiutava di guardarlo negli occhi, ma un paio di scossoni inflitti da Harry e si sentì obbligato a fissare il suo sguardo in quello del compagno – iridi smeraldine e ghiaccio fuso.
«Oh, e va bene. Solo perché sei tu, sfregiato» concluse, arrendendosi alla consapevolezza di quanto quegli occhi non gli lasciassero alcuna via di scampo.
«Grazie, furetto» lo ringraziò il compagno, stampandogli un sonoro bacio a fior di labbra e ridacchiando a sentir pronunciare quei nomignoli. Quello che, negli anni a Hogwarts, era un continuo stuzzicarsi, ora era diventato un piacevole gioco a cui i due, nemmeno a letto, non sembravano volersi sottrarre.
Draco era consapevole di quanto la promessa di Harry di non obbligarlo più a partecipare a cene come quelle fosse vana e inutile, ma non riusciva a negargli qualcosa. E non riusciva a negare a sé stesso quanto quel sorriso gli piacesse, ogni volta che andava a formarsi sulle labbra del compagno. Labbra che, mai come in quel momento, aveva voglia di baciare.

 
  *


“Chi glielo aveva fatto fare?” era la domanda che, da qualche minuto a quella parte, Draco si poneva guardandosi allo specchio. I suoi capelli, accuratamente lisciati e pettinati sulla nuca, brillavano sotto al lampadario della camera da letto. Una cravatta rossa che Harry aveva legato troppo stretta gli stringeva il collo, e un completo verde abete gli cingeva le spalle e la vita.
«Draco, ti ho portato il...» proruppe il compagno nella stanza, bloccandosi sull'uscio e rimanendo a guardare, sbalordito, il giovane Malfoy che si rimirava allo specchio. Mai aveva pensato, con così tanta intensità, a quanto quegli abiti donassero al suo corpo snello tanta giustizia. La voglia di strapparglieli di dosso fece capolino nella sua testa, ma si costrinse a non pensarci affatto.
«Ti ho portato il cappello» concluse deglutendo, avvicinandosi alle spalle del compagno, il cui sguardo interrogativo si rifletteva nello specchio.
«Il cappello, Harry? Che cappello?» domandò, riponendo le sue speranze in un pensiero positivo. Pensiero positivo che crollò come una torre di carte quando il compagno, lentamente, portò nella sua visuale un cappello natalizio, arricchito di un pon-pon bianco e peloso proprio all'estremità. Quasi singhiozzò per lo sgomento e la preoccupazione.
«Un cappello natalizio, Harry? Sul serio?» disse Draco, incredulo, roteando l'indumento fra le mani, quasi come se, al suo interno, si nascondesse la risposta ai suoi quesiti.
Il compagno arrossì, abbassando lo sguardo e trattenendo a stento una risatina gutturale.
«Non ho alcuna intenzione di indossare un cappello come questo, Harry. Ho accettato tante cose, seppur con riluttanza. Ma indossare un cappello di Natale nelle vie più animate dell'intera Londra... oh, no, non se ne parla» disse con una strana acutezza nella voce, lasciando cadere il cappello e uscendo, a grandi passi, dalla stanza.
«Draco... Draco!» lo chiamò Harry, inseguendolo, e afferrandolo saldamente per una spalla.
«Non sei obbligato a metterlo quando usciamo, solo... solamente allo scoccar di mezzanotte» chiarì il compagno, una muta preghiera che gli infuocava lo sguardo. In assenza della risposta di Draco, gli chiese sommessamente: «Ti fidi di me?».
Il giovane Malfoy era sul punto di scuotere la testa in senso di diniego, ma qualcosa all'altezza della gola lo costrinse ad annuire.
«Indossalo a mezzanotte, allora. Te ne prego, Draco» concluse Harry. Ci fu qualcosa nella voce del compagno che indusse Draco ad accettare, suo malgrado. Forse qualcosa nel suo tono di voce, forse qualcosa nel suo sguardo lo costrinsero dolcemente ad accettare quell'eventualità.
Persino quando Harry gli aprì la portiera della sua auto, che dava sul sedile del passeggero, Draco non poté fare a meno di sorridergli.
«Ti ringrazio, per aver accettato. Posso solo immaginare quanto ti costi avere relazioni sociali con i miei migliori amici, furetto. Fare amicizia non è mai stato il tuo forte» ridacchiò Harry, godendosi la deliziosa vista di Draco mentre alzava gli occhi al cielo, chiaramente scocciato ma visibilmente ironico.
«Te lo ripeto: solo perché sei tu, sfregiato» mormorò, la voce intrisa di sincero affetto nei confronti del compagno, che proprio in quel momento si fermava ad un semaforo, il cui palo era avvolto in colorate, lampeggianti lucine natalizie.
«Questa cosa sta sfuggendo di mano a chi ne ha il controllo...» osservò Harry, indicando la lunga asta del semaforo. Si trovavano ora in Trafalgar Square, a qualche centinaio di metri dal ristorante in questione. Trovare parcheggio fu estremamente difficile, considerata la sproposita quantità di persone in circolazione, fu l'aspro commento di Draco, non abituato a tante presenze – il continuo spintonarsi su e giù per l'Atrium del Ministero gli dava ai nervi, e avrebbe dovuto esserci abituato. Ma l'eventualità di una tale massa di persone anche al ristorante, proprio non riusciva ad accettarla.
Una volta che la macchina fu parcheggiata, non dovettero attendere molto prima che Ron ed Hermione fecero il loro modesto ma allegro arrivo di fronte alla coppia.
«Harry!» lo salutò Hermione, saltandogli al collo e stringendolo forte. Nonostante si fossero visti appena qualche giorno prima, le manifestazioni di affetto della ragazza non avevano accennato a diminuire.
«Draco» disse con entusiasmo, abbracciando anche lui. Quell'affetto improvviso lo confuse, ma non rifiutò la stretta di Hermione, e ricambiò con malcelato imbarazzo. Ron strinse la mano ad entrambi, rivolgendo un sorriso radioso ad Harry, un poco meno entusiasta nei confronti di Draco, che si trattenne dal chiamarlo pel di carota. Le abitudini erano dure a morire.
«Allora, entriamo?» li esortò Harry, stringendo le dita di Draco con una docile, dolce, romantica stretta, mentre Ronald pel di carota Weasley stringeva possessivamente un fianco ad Hermione. La cameriera li scortò al loro tavolo, ricoperto da una tovaglia bianca, una deliziosa candela a brillare e ad illuminare i bicchieri. Draco ringraziò mentalmente chissà quale santo per la postazione semi-nascosta in cui erano stati sistemati. Perlomeno, non avrebbe dovuto assistere ad incuriositi sguardi o occhiate sprezzante di chi lo riconosceva – c'erano più Maghi di quanti se ne fosse realmente aspettati. Tutti e quattro afferrarono un menù, ed Hermione mise in campo l'idea di ordinare anche una bottiglia di müller, un vino bianco di cui Draco adorava le bollicine.
Quando la cameriera venne a ritirare le loro ordinazioni, vi fu un battibecco fra Ron e Harry, a cui Draco ed Hermione assistettero con impazienza e, seppur cercando di mascherarla, ilarità.
«L'orata al forno ti fa venire il mal di stomaco, Harry. L'hai mangiata durante il nostro terzo Natale insieme, e non ti sei alzato per tre giorni dal letto» lo rimproverò Ronald, non approvando l'ordine dell'amico.
«Invece i tuoi spaghetti con le cozze sono adatti ad una cena di Natale, Ron» replicò il giovane Potter. La cameriera, spazientita, domandò un ringhiante: «Volete che torni dopo?» ma Hermione le venne prontamente incontro.
«Per me un roast beef accompagnato da purè di patate, merci» disse, e Draco si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo a sentir parlare francese – da lei, per giunta.
«Per me aringhe affumicate e spiedini di gamberi, grazie» pronunciò il giovane, chiudendo il menù e posandolo sopra quello che era appartenuto ad Hermione.
«Per me orata al forno, e per lui spaghetti con le cozze» sibilò Harry «e una bottiglia di müller, grazie» concluse, passando i menù rimanenti alla cameriera e rivolgendo un'occhiata a Ron che era un misto fra sconcerto e divertimento.
«La smetterete mai, voi due, di battibeccare sui gusti personali dell'altro?» domandò Hermione, posandosi il mento sul palmo della mano. Draco si concesse qualche secondo per guardarla: indossava un abito rosso con maniche a tre quarti, mentre un cappotto nero giaceva appeso sullo schienale della sedia. Pel di carota doveva essersi accorto di quello studio superficiale di Draco sulla sua ragazza, e afferrò la mano libera di lei, che era poggiata sul tavolo.
«George come sta, Ron? Riesce a captare gli affari anche con un orecchio solo?» tentò di ironizzare Harry, e tutti ridacchiarono – Draco si limitò a inarcare le labbra in quello che pareva un sorriso – prima che Ron rispondesse al quesito dell'amico.
«Oh, credo li capti meglio di prima, solo... credo che gli manchi Fred» aggiunse, in tono dispiaciuto, e la sua voce si incrinò. Hermione gli strinse forte la mano.
«Fred manca a tutti, Ron» sottolineò la fidanzata, ma sorrise nel ricordarsi le mirabolanti avventure in compagnia dei Weasley. Dopotutto, Draco non credeva che fossero così male. Nemmeno Ron ed Hermione, in quel momento, si erano rivelati una cattiva compagnia. Stava, finalmente, sentendosi a suo agio.
«Ma non la smetti mai di mangiare, Ronald Weasley?» lo rimproverò la compagna, scatenando l'ilarità del gruppo alla vista di un Ron con le labbra sporche di un lieve ma saporito sugo di pesce.
«No, difei pfopfio di no» rispose, con la bocca impastata. Hermione ed Harry scossero la testa, divertiti. 
La cena proseguì senza intoppi, e il giovane Malfoy riuscì perfino a buttar giù un paio di battute che fecero ridere i presenti. Strinse più volte la mano ad Harry sotto il tavolo, e accarezzandogli, di tanto in tanto, la coscia coperta dallo strato del completo su misura che indossava, di un color rosso sangue scuro. Quando il dolce arrivò – Draco aveva ordinato un flat dal cuore caldo – le lancette segnavano mezzanotte meno venti, ed Harry dichiarò che era il momento di levare le tende. Si salutarono affettuosamente, ringraziandosi reciprocamente e dirigendosi alle rispettive macchine – ma non prima che Ron ed Hermione rivolsero ad Harry uno sguardo colmo d'affetto e preoccupazione. Draco non ne conosceva il motivo, ma non chiese spiegazioni al compagno. Una volta entrati nel confortevole abitacolo, Harry gli porse il cappello. Draco, suo malgrado, lo indossò, grattandosi la fronte irritata dal lieve strato di peluria del cappello.
«Fino a quando dovrò tenerlo, questo cappello?» domandò, voltandosi verso Harry, che stava attraversando Trafalgar Square.
«Fidati di me» si limitò a rispondere il compagno, in un tono che lasciava trasparire un chiaro segno di ammonimento e persino una punta di nervosismo, anche se Draco non sapeva a cosa fosse dovuta.
Svoltato l'angolo, Harry imboccò il piccolo viale che portava all'abitazione, illuminata a intermittenza da lucine natalizie. Aprendogli la portiera, Potter gli coprì gli occhi con le mani, sussurrandogli un bisbigliato «chiudili» all'orecchio, mentre cercava le chiavi nella tasca del cappotto.
Varcarono la soglia proprio mentre l'orologio batteva la mezzanotte e, in seguito ad un «buon Natale» inframezzato da un profondo respiro, Harry gli disse di aprire gli occhi.
Il salotto era addobbato da centinaia di piccole decorazioni luminescenti, circondate da una soffusa luce come quella di una candela di cera.
«Ascoltami, Draco» cominciò Harry, e lui poté notare il lieve tremolio delle sue mani, mentre lo aggirava e gli dava la schiena, osservando il fuoco nel camino scoppiettare davanti a sé.
«Abbiamo passato buona parte della nostra vita a lanciarci addosso nomignoli, insulti, scope e persino Bolidi. E credimi se ti dico che, qualche volta, si anima in me lo straziante desiderio che un qualcosa di pesante ti cada proprio sul capo, furetto» proseguì sommessamente, voltandosi con lentezza verso il compagno e guardandolo fisso negli occhi, animati dalle stesse fiamme che ardevano nel camino alle sue spalle.
«Ma mai, e dico mai, una persona mi aveva avvolto così tanto in un folle desiderio di averla tutta per me. L'unica cosa che vorrei, ora, è toglierti quel completo di dosso per concedermi un regalo di Natale che abbia il sapore della tua pelle» continuò, posando un ginocchio a terra e frugando nella tasca dei pantaloni. La giacca che prima indossava, ora giaceva sul divano, scomposta. Stringeva, or ora, una scatoletta fra le dita.
«E vorrei concedermi quel regalo di Natale fino alle fine dei miei giorni, che sia d'inverno o d'estate, con la pioggia o con il sole, di notte o di giorno. Per questo ti chiedo – ed è l'ultima cosa che ho intenzione di chiederti, ma questo non è importante – di sopportare le mie richieste, i miei capricci, le mie pretese e persino la mia pessima abitudine di indossare calzini spaiati» disse, aprendo lentamente le dita e rivelando una scatolina color argento vivo, che brillava al guizzare della fiamma nel camino.
«Draco Malfoy, dolce furetto dai nobili principi, vuoi sposarmi?» e così dicendo aprì la scatoletta, che rivelò al suo interno una fede argentata. Un serpente – o, perlomeno, quello che sembrava un serpente – era inciso nel fronte dell'anello.
«Sì, sfregiato, sì!» e il resto fu un mischiarsi di baci, saliva, arti, anime. E Draco sapeva che gli avrebbe concesso di indossare calzini spaiati, che gli avrebbe concesso ogni colazione, pranzo o cena in compagnia, nonostante fare amicizia non fosse il suo forte. Gli avrebbe concesso di dormire con i capelli umidi dai postumi della doccia, gli avrebbe concesso di addobbare la casa con ridicole candele a forma di animale – gli avrebbe concesso tutto questo, e gli sarebbe persino piaciuto.
Così, quando – non si capì bene chi – si ritrovarono nella camera da letto, i nodi delle cravatte ormai allentati, i gemelli slacciati, le labbra gonfie ed umide di baci, Harry si permise di dire: «Buon Natale, furetto».


Disclaimer: i personaggi quivi descritti non mi appartengono, ma sono di proprietà di J.K. Rowling. La one-shot è stata ideata e scritta senza alcuno scopo di lucro.
  
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