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Autore: MarcoBacchella    08/09/2016    0 recensioni
Un'ultima, ennesima, edizione della Guida vagamente vaga a Oxford e dintorni.
Marco Bacchella, scrittore, studente, filosofo, pilota di autotreni e di gattini, racconta la sua vita a un povero barista che serve drink fin troppo economici.
Di certo Marco ubriaco non tralascerà dettagli. O almeno spera.
Nota: Dal capitolo 19 in poi ci saranno le sempre più recenti edizioni della guida.
A breve uscirà una copia cartacea, mi toccherà levarlo da qua
Genere: Comico, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La Guida vagamente vaga ad Oxford e dintorni

edizione ecchilosapiù





Un diario di viaggio di Marco Bacchella


























Prefazione


Non sono una persona da prefazione chilometrica, anche perché ne ho scritte veramente troppe. Circa quattro. Se mi fossi messo d'impegno la prima volta avrei azzeccato subito, ma vorrei dirvi un paio di cose. 
Questo libro è stato scritto da un diciassettenne, ora diciottenne e ancora andante, che si annoiava. 
Questo diciassettenne si annoiava tanto quando i genitori erano in vacanza lasciandolo in casa da solo, quindi decise di scrivere un libro. Un libro che convogliasse, in qualche modo, la sua visione delle cose.
Parlando con mio padre mi sono accorto di una cosa che non avevo mai notato prima di ritrovarmi a pochi giorni dalla pubblicazione.
Sto pubblicando il mio primo libro. 
Anche se ci sarà un solo compratore, e quel compratore mi manderà lettere minatorie con scritto che il mio libro è una cagata, io sarò felice. 
Non sarò felice perché il mio libro è una cagata, ovvio.
Ma sarò felice perché qualcuno mi ha letto.
Un ragazzino, tra quattro anni, cercherà "Oxford" su Google e forse comparirò io. 
Comparirà il mio faccione barbuto che saluta la gente. 
Questa conversazione con mio padre mi ha ricordato perché ho cominciato a scrivere. 
Perché ho voglia di farmi conoscere.
Non lo faccio per i soldi, non lo faccio per le donne, e neanche per il blackjack.
Lo faccio perché adoro quello che scrivo, e spesso la soddisfazione personale copre la gratifica monetaria che si può ricevere.
Io sono la prova vivente che chiunque, a qualsiasi età, può pubblicare un libro.
Buona lettura e buona fortuna.











Premessa seconda, a mo' di scusa.



A diciannove anni, appena prima della mia maturità, un momento in cui dovrei essere il più concentrato possibile sullo studio, mi ritrovo a pensare incessantemente a questo testo. Ma proprio ora posso confermare una cosa: lo stile di uno scrittore, soprattutto di quelli giovani, è in continua evoluzione. Ogni giorno lo stile cambia, migliora, si infittisce di finezze impercettibili ai più. Per questo io non riesco a staccarmi da questo testo. L'ho scritto in una fredda estate a sedici anni. Merita di essere riscritto altre milioni di volte. Perché la scrittura è come la stampa 3d. Nessuno capisce di cosa stai parlando finché non ne sono coinvolti in prima persona. So le facce che state facendo. Ma molto probabilmente vi sbagliate.


 È fin troppo facile dare per scontato che una volta che si scrive un libro si finisca immediatamente il processo creativo. Mesi, anni dopo, si ritorna a rileggerlo, e magari ci si accorge di aver scritto esattamente l'opposto. 

Quale messaggio voglio dare ai lettori? 

Voglio raccontare una storiella senza nè capo nè coda? 

Oppure voglio affermare e dimostrare qualche cosa? Voglio che sia una storia classica, uno scontro uomo contro uomo, oppure uno scontro moderno, con un finale dell'individuo contro sé stesso?

Insomma, qual è il mio obiettivo? 

Ci ho pensato tanto, forse troppo, e il risultato è che la mia meta è la semplice crescita. Io voglio crescere. Io voglio uscire da questo sentimento di Peter Pan inverso, in cui mi sento vecchio perché non sono mai riuscito a identificarmi in nessun range d'età. Quindi ripercorro il mio passato, lo riscrivo, per risentirmi in contatto con una parte giovane e malleabile di me. Sembra folle, ma avendo scritto sul mio passato, io posso riscriverlo. Sono l'unica fonte certa degli avvenimenti che ho vissuto, eppure sono pure quella meno affidabile. 

















Prologo
o "Una guida alla guida"[1]

La Guida vagamente vaga a Oxford e dintorni non è una guida, al contrario di quanto suggerisca il titolo.
Sì, elargirò consigli, ma questo testo è principalmente un romanzo, quindi comprenderà una trama poco difficile da seguire.

Arrivato oramai alla terza edizione di questo manoscritto, è giusto cimentarmi in quello che Manzoni è riuscito a fare bene per anni, ovvero l'autoerotismo letterario. Mi sono sempre sentito un giusto connubio di genialità e pigrizia. 
Sono sempre stato quel ragazzo che si siede in fondo alla classe e tenta di dormire, ma che quando arriva il giorno dell'interrogazione è stranamente preparato anche sulle battute che ha fatto il prof di filosofia durante la lezione. 
Ero quel ragazzo che avevate in fondo alla classe alla medie, che parlava raramente ma che ascoltava quella band italiana particolarmente indie che vi piaceva tanto, ma essendo lui uno stronzo non glielo avete mai detto. 
Ero quel ragazzo che, appena entrato al liceo, pensava di essere un rivoluzionario, di essere già arrivato e di essere già in grado di affrontare tutto, per poi ridimensionarsi di colpo, e arrivato ad un certo punto, guardava l'università come unica ragione d'essere.



Verso la fine dell'A.S. 2013-2014, mi vedo assentarmi dalle lezioni, in pieno stile filosofico-rivoluzionario, per un insolito attacco di pigrizia, tuttavia era pigrizia giustificata.
Era una noiosa mattinata del 27 maggio, di quelle leggermente piovose, non propriamente estive ma non classificabili neanche come primaverili, dato che il connubio di umidità e calore dava un'afa insolita ma piacevole, quando mi venne voglia di controllare la pagina Facebook dell'STS, l'agenzia di viaggi studio con cui sarei partito per Oxford da lì a un mese e qualche giorno.
Scrollando il mouse consunto da ore di ozio intenso, vidi un post di una ragazza.
In realtà, non prestai molta attenzione al post in sé, né tanto meno alla miniatura della signorina sopracitata, prestai attenzione solamente alle date segnate dalla ragazza come la partenza: 11-31 luglio. 
Controllai il suo profilo per vedere che tipo di ragazza era, per vedere innanzitutto se fosse necessario cancellare la prenotazione della vacanza studio, tuttavia anche per semplice e frugale curiosità.
Aspettate.
C'è qualcosa che non mi torna. 
Com'è che di martedì scolastico ero a casa? 
Cioè, sarei dovuto andare e partecipare attivamente agli ultimi giorni di terzo anno del linguistico.
Mi ero finto malato?
No, non ce ne era motivo.
Forse era per le elezioni.

No, la mia scuola non era seggio.

La ragione era da ritrovarsi probabilmente nella prosecuzione di un nuovo stile di vita.

Doveva essere così, qualcosa sulla linea del "perché sarei stato più produttivo a casa a fissare la vernice asciugare piuttosto che a scuola a veder un film filo-cristiano prodotto con un budget inesistente."

Sì, 7 km da Gerusalemme [2], parlo di te.

La ragione per cui però ho cominciato effettivamente a prendere appunti per poi scriverci sopra un libro, però, non me la ricordo.

Fate una cosa, o miei dodici lettori sfortunati, perché se vi siete ridotti a leggermi o siete veramente sfortunati, o siete mentalmente instabili, trovate un motivo poetico per cui io stia perdendo tempo a scrivere:

Qualcosa sul genere "scrivo perché mi sento alternativo",  "scrivo perché hanno cancellato Firefly[3]", "scrivo perché spesso sento che sia l'unico modo di combattere il mio male di vivere dato dall'inadattamento allo stile di vita della frugal massa."


Ho sempre voluto scrivere, e questa vacanza è solo un buon pretesto, visto che ho potuto assistere a più episodi di vita relativamente peculiari, e il tutto si adattava piuttosto bene ad un libro, ad un primo libro, un libro la cui copertina stampi e appendi in camera. Ma non stampi tutto il libro perché l'hai già letto talmente tante volte cercando gli errori che ti senti praticamente una caricatura autoimposta di te stesso.


Mi rendo anche conto che molti di voi, circa nove su dodici, non capiranno le varie citazioni che tirerò in mezzo al tomo completamente a caso solo per raggiungere una lunghezza decente.
Ma è per questo che ho sviluppato un ingegnoso sistema di note, che voi potrete o non potrete seguire a vostro piacimento.
Non vorrei che fosse distribuito su dei volantini A7 nelle piazze dei paesini, capitemi.
Ho scritto quasi una pagina e ancora non ho detto nulla di veramente importante. 
Beh, è un prologo, d'altronde. 

Ci sono molti autori che scrivono prologhi fin troppo lunghi che alla fine nessuno legge.

Volete sapere come ho raggiunto lo status di Parini con tutte le mie riedizioni? Probabilmente no, ma devo farvi capire che in realtà l'opinione del lettore è valutata fin troppo da troppi autori. 

Dopo la prima pubblicazione, il 31 settembre 2014, il mio stile è evoluto. Indi per cui, il mio testo andava spedito, ricevuto, verificato, smarrito, ritrovato, soggetto a inchiesta ufficiale, smarrito di nuovo ed infine sepolto nella torba per tre mesi e riciclato come cubetti accendifuoco e così via. Sì, insomma, Parini mi fa un pippone, altro che Il Giorno.


Tornando ai fatti, quella stessa sera contattai due ragazze che avevano postato sulla pagina, e lì una ebbi una sensazione orribile, tremenda, altri aggettivi per dimostrare il mio dissapore.

Era una pagantella.
Puzzava di Bocconi.
Puzzava di Hollywood.

Puzzava di Marlboro Touch fumate fuori dal San Carlo pagato dal papi che lavora come assessore della Lombardia.

Oddio,detto da uno che è nato a Milano, la cui madre ha studiato proprio alla Bocconi sembra ipocrita, tuttavia proprio per questo motivo posso dire con certezza quanto la razza milanese-ruba parcheggio sia una razza corrotta fino al midollo.

Ma detta così sembra che io sia un razzista insensato. 
Non fraintendetemi, lo sono, ma ho dei motivi relativamente convincenti.
Sono nato e cresciuto in una città che, d'estate, si anima di milanesi, e costoro decidono quali zone diventano pedonali e quali no, quali sono parcheggi "di proprietà" e quali no.
Ma so che anche dentro Milano i nativi si comportano così.

Ancora non ho scritto il motivo per cui scrivo.

Dai, se  mi concentro magari riesco a trovare un motivo scontato, tipico dei finti scrittori con troppo tempo libero.

"Scrivo perché sento il bisogno di scrivere, sento il dovere di essere il più sincero, spietato e critico possibile verso la società, verso le persone e verso me stesso. " oppure, per semi-citare "The Art of Getting by", "Mi ricordo una frase che lessi da bambino, viviamo da soli, moriamo da soli, tutto il resto è solo un'illusione." E io aggiungerei, sta a noi rendere la vita sopportabile con le nostre azioni. Forse scrivere rende la mia vita più sopportabile, perché non posso rendere la vita degli altri un pochetto più sopportabile?

La scrittura è un modo per comunicare, un modo per trasmettere un messaggio, un modo per essere un tutt'uno con la cultura. 
Forse è questo quello che ho sempre cercato. 
Essere ricordato assieme ai nomi altisonanti che trovi nei kindle della gente o, se preferite il cartaceo, nelle librerie.
Forse voglio solo convincermi che un giorno, qualcuno leggerà un mio testo e mi farà i complimenti. 


 

[1] Il titolo "Una guida alla guida" è di per sè una semi-citazione a "The Hitchiker's guide to the Galaxy", almeno in versione integrale, dove l'autore spiega bene come leggere il libro e cosa aspettarsi.
[2] Film filo cristiano prodotto con un budget molto limitato.
[3] Serie fantascientifica del 2002 terminata con unanime dissenso e dispiacere dei fan

[4] Uno dei protagonisti di Firefly.

































Capitolo Uno
O "Perché hai della birra in una bottiglia del latte?"




Dando per scontato che voi abbiate letto tutto il prologo, il sei giugno, l'ultimo giorno di scuola in Piemonte, decisi di recarmici. 

Lo decisi, lo decisi intensamente, e vi dirò: lo decisi così tanto che misi pure la sveglia, ma infine non andai, per una mancanza totale di scuse da usare per giustificare la settimana e mezza di assenze. D'altronde, avevo già usato funerali e lauree di parenti prossimi e mi ero sottoposto a rinoplastiche e gastroscopie di ogni genere.

Andai al pranzo di classe, comunque, perché non avevo ancora mangiato.

Alle nove circa mi suonò la sveglia rimandata, e, come mamma m'ha fatto, mi diressi verso la cucina in cerca di caffè e cereali.
Il caffè, nella vita di uno studente, è cruciale. 
Senza di esso nessuno studente sarebbe capace di sopportare altre persone, figuriamoci scrivere un libro. 


Trovato il caffè nella caffettiera, mi misi a cercare i cereali, ma finii a mangiare biscotti per colpa della mia caratteristica pigrizia.
Erano buoni, per Diana. 
Penso fossero quelli al burro.
I biscotti al burro sono una delle poche cose francesi che riesco a sopportare. Quelli, e i filosofi pseudo rivoluzionari.

Sono dolci, ma non troppo. Sono friabili, ma non troppo. 
Insomma, sono fantasticamente medi, in pieno stile "Ègalitè française".
È anche vero che i galli non hanno inventato tante altre cose.
Ho pure scoperto che il signor Guillottin non ha inventato la ghigliottina grazie ad un cartiglio che era dentro la confezione dei biscotti.
Mi sa che ho iniziato troppo presto a raccontare.
Passiamo all'azione, che dite?

Alle undici circa discesi, con ridente gaudio, nella fiorente cittadina di Arona[1], dove si terrà questa parte di narrazione. Arona è una polis fantastica, vertice del triangolo della droga Legnano-Milano-Arona grazie anche al meraviglioso disservizio che le Ferrovie effettuano una volta all'ora verso i due altri vertici.
Dalla fantastica veduta del pullman potevo godermi il paesaggio semi-naturale del Lago Maggiore. 
Ci tengo a sottolineare il "semi" per informarvi delle branchie che molto probabilmente vi usciranno in caso di contatto, anche accidentale e fugace, con l'acqua della sopracitata pozzanghera.
Appena sceso dalla corriera chiamai la mia compagna di banco che mi espose un problema gravissimo: non le davano la birra.
Anche la birra è importante nella vita di uno studente, e le funzioni di quest'ultima sono molto simili a quelle del caffè. 
Rende più sopportabili le persone e aiuta la scrittura di libri. 
In una nota postilla, si ringrazia la Danimarca, la Repubblica Ceca e l'Irlanda per avermi dato l'ispirazione in bottiglie di vetro. 
Sicché son gentile e caritatevole, entrai nella prima birreria che riuscii a trovare che, per casualità da amante di birra, mi circondava. [2]
Allora chiesi all'oste due litri di bionda "a portar via", ma aveva solo bottiglie da un litro.
"Poco male, l'importante è che non siano bucate." dissi accennando ad una risata che lui non colse. 
Infatti rimase fermo a fissarmi finché io non distolsi lo sguardo. 
Successivamente, l'oste sparì in uno sgabuzzino buio per alcuni minuti, e uscì con due bottiglie di latte da un litro, che lavò e preparò al trasposto dei preziosi beveraggi. 
Quindi ora sapete il perché del titolo, ma vorrete sapere altro, tipo della festa che seguì il pranzo.
Il pranzo non ebbe troppi avvenimenti speciali, forse solo una bottiglia di latte da cui bevevamo mentre ci abbuffavamo di pizza.
I camerieri avevano una strana espressione sulla faccia. 
Penso che uno sia andato a vomitare. La pizza con le acciughe è buona con il latte, che credete.

La classica festa di fine anno scolastico si tenne in questa spiaggia paludosa, tipica della zona del Vergante, con il classico presunto diggiei, tipico anch'esso della zona del Vergante, e le classiche presunte creature senzienti la cui specie, purtroppo, condivido, quest'ultime comuni a molte zone del mondo.
I rapporti sociali di queste creature si possono ritrovare in molte tribù di babbuini dell'Amazzonia. 
Questi gruppi di individui, infatti, si lanciano feci per dimostrare chi ha più potere nel branco. 
Le scimmie, almeno, si lanciano frutta.

Tentai di accaparrarmi il posto più isolato possibile per fare il buon alternativo e bere un po' di latte in pace, ma trovai conoscenti che avevano appena finito di tirarsi neri. [3]
Fortunatamente per me, i fumi del latte gli avevan fatto dimenticare come, al mio compleanno, avessi "iettato"[4] sui pantaloni di uno dei conoscenti sopra citati.
Beh, da qui i miei ricordi si annebbiano.
So solo che ad un certo punto mi sono messo a dormire senza scarpe, e che mi sono svegliato con il Pagante [5] in sottofondo.



Subito dopo ebbi una strana sensazione.
Mal di testa, nausea, bruciore di stomaco.
Non sarebbe per niente piacevole, né per il mio orgoglio scrivere, né per voi dodici sfortunati leggere, ciò che avvenne dopo. 
Anche se penso che oramai l'abbiate intuito.


Facendo un avanti veloce, andiamo alle nove del mattino dell'undici luglio.
Il giorno della partenza.
Facciamo un avanti veloce principalmente per due ragioni: per non dovermi inventare un capitolo per ogni giorno che passai a oziare, e per saltare un paio di giorni che trascorsi gozzovigliando a Mediolanum[6], dove feci diverse cose di cui mi vergogno, come perdermi per Parco Sempione. Di nuovo.


Dicevamo, undici luglio. 
Avevo passato le ultime otto ore, o le ultime due settimane, a seconda di come la si intende, disteso sul letto a guardare il nulla.
Non era ansia, non era eccitazione, era nulla.
Era la completa assenza di sensazioni.
Nei giorni scorsi mi ero preparato come uno studente che deve preparare la maturità.
Pur essendoci già stato, avevo la sensazione continua di aver dimenticato qualcosa.
Non so come, ma mi sono ridotto a mettere in valigia un kit di sutura.
Va bene essere pronti a tutto, ma non credo che mi sarebbe mai stato d'aiuto. 
A meno che non ci sia un incidente aereo.
Erano le cinque quando mi decisi a svuotare la valigia sul tappeto e riempirla solo con l'essenziale. Una decina di maglie a tinta unita, quattro paia di pantaloni, una copia de "La Filosofia a fumetti" e dei maglioni di lana più vecchi di me rubati a mio padre. 
Il kit di sutura rimase comunque in valigia. Non si sa mai.
Il ritrovo era a Linate alle 11, ma mio padre passava di lì verso le otto, quindi mi toccò farmi un paio d'ore di solitudine e canzoni che non ci azzeccavano l'una con l'altra.

Linate non si presta di certo bene a riflessioni profonde (se non a "vediamo quale nazionalità ha un culo migliore"), ma ascoltando dalle stereotipate poltroncine metalliche ebbi uno strano flashback.
Ero al lago, nella spiaggia che mi ha ospitato per intere estati. 
Il venticello che spirava da Angera mi arrivava dritto in faccia, con tutto il relativo odore di pesce e di fognatura.
Certo, non l'immagine più poetica che vi possa venire in mente, ma è sempre qualcosa. 
Leggevo il primo libro del detective olistico, e avevo la strana preoccupazione che il tempo potesse tornare indietro senza preavviso e far rivivere la sofferenza già affrontata in precedenza. 
Sì, è una preoccupazione molto stupida, a meno che tu non sia Giorgio terzo e a meno che tu non passi le tue notti a caricare orologi o a pensare che un albero sia Federico il Grande. [7]
"Marco, stai divagando, nessuno vuole sapere cosa faceva Giorgio terzo" mi disse gentilmente la mia coscienza. 
Ancora non mi ero reso conto che fosse la mia coscienza. 
Mi aggirai per un po' nell'area gruppi di Linate cercando qualcuno che stesse spiando i miei attimi di riposo, ma nel momento stesso in cui mi resi conto che erano le nove del mattino e nessuno parte di giovedì mattina lavorativo, accettai che la mia coscienza aveva una coscienza tutta sua.




[1] Cittadina sul confine tra Piemonte e Lombardia ove son cresciuto
[2] I.E. Ci ero dentro.
[3] Ubriacarsi.
[4] Vomitato
[5] Rapper-Parodia simbolo di Milano.
[6] Milano.
[7] Re Inglese dal 1801 al 1820, è ricordato per la sua instabilità mentale forse dovuta all'avvelenamento da piombo o forse dovuta al semplice fatto che era pazzo da legare.










Capitolo Due
O "Le mirabolanti avventure di un finto scrittore a Linate"

Linate è un posto noioso.
Essere obbligati a restarci due ore da solo è noioso.
Se in più imbarchi la tua unica copia della filosofia a fumetti e il tuo ukulele e rimani solo con un kindle con migliaia di libri a disposizione, la noia diventa insopportabile. In più, tutte le informazioni del mondo nella propria tasca danno la nausea.
Per i primi dieci minuti puoi anche grattarti la barba, poi puoi prendere un caffè, poi puoi cominciare a contare le persone, puoi andare in bagno per sbrigare gli affari urgenti con assessori della Regione e quant’altro.
Oppure scrivere di quanto ti annoi.
Il tutto, ovviamente, condito da canzoni in sottofondo degne di finire in un soundtrack di road movie.
"Marco, gli Shins non hanno un sound da road movie." Disse la mia coscienza con aria presuntuosa.
"Ma coscienza carissima, se voglio mettere gli Shins in un road movie, lasciamelo fare. D'altronde, è il mio libro, e tu non sei altro che il frutto di una solitudine prolungata."
"Come lo è la masturbazione, ma questo non la rende un passatempo socialmente accettabile."
"Quindi, conversare con la propria coscienza è un hobby malsano?"
"Esattamente. I ragionamenti della tua coscienza te la fanno pure ripudiare, pensa a che livelli sei arrivato."
"Dai, non sto così male. In fondo, non ho ancora iniziato a scrivere libri come quelli di Fabio Volo"
"Lo reputi uno scrittore così scarso?"
"Coscienza, ti racconterò una storia divertente.
Una volta presi un libro di Fabio Volo. Incominciai a leggerlo, mi finii tutto il primo capitolo, ma, arrivato al secondo capitolo, notai come si chiamasse "relazioni yogurt". Le immagini che si crearono nella mia testa non furono del tutto piacevoli.
Inutile dirti che smisi di leggerlo."
Quella fu l'ultima volta che sentii la mia coscienza.
Dannato Fabio Volo, sei un assassino di coscienze. Basta citargli il titolo di un tuo capitolo per portarle al silenzio forzato!
Almeno con la Troisi ti tocca leggere il capitolo. 
"Marco, non puoi chiedere a scrittori famosi di non scrivere. È sbagliato e immorale, se non da ipocrita. Come ti sentiresti se ti dicessero di non scrivere?”
"Suvvia, Coscienza, tento solo di passare il tempo. 
E per dover di cronaca, me lo dicono."
Quando sentii muoversi qualcosa dentro il mio intestino, forse per colpa dell'immagine della Troisi che ora avevo stampata in testa, mi diressi verso la prima toilette.
I bagni di Linate si sono rivelati particolarmente propedeutici alla scrittura di questo capitolo e alla regolarità intestinale.
"Coscienza, che ore sono?"
"Sono le otto e cinquanta, Marco."
"Visto? Metterti in silenzio ha portato via ben cinquanta minuti.
Ma toglimi una curiosità, come sei risorta?"
"I Bagni di Linate."
Da che mondo e mondo, le maiuscole, e i bagni, sono sempre state la risposta a tutto ciò di inspiegabile logicamente. 
Milano combina entrambe le caratteristiche. 
Nove e trentanove, la fame dilagava nel mio stomaco neanche fossi un irlandese nella “Great Potato Famine”. Davanti a una patata, cosa fare? Mangiarla subito, o aspettare che diventi alcol?


"Coscienza, pensavo di chiamare questo tomo con un nome evocativo. Qualcosa come "La guida ai pub di Oxford, 101 modi per svagarsi da annoiati""
"Troppo lungo."
"Beh, anche "Guida galattica per autostoppisti" è un nome lungo, eppure ha più successo dell'enciclopedia galattica"
"Ma è solo un dato indiziario, l'enciclopedia costa troppo, e qualsiasi servizio che costa meno, è tascabile, e in più da un’aria da ragazzo bohemienne verrà comprato da tutti. Soprattutto se lo si può sfoggiare. Già pensato al tuo target? Dovresti farlo. Modellare il tuo stile sulle tredicenni che ti compreranno.”
“Ho fatto una scelta di vita. Il mio culo non è all’asta.
Cambiando discorso, vorrei darti un nome meno generico, meno da fantasy inglese."
"Marco andrebbe bene."
"Ma Marco è già il mio nome, creeremmo confusione nei già pochi lettori."
"Allora Christopher Wren"
"Come l'architetto?"
"Quello di Agatha Christie però. Ti ricordi ancora le battute, nevvero?"
"E come potrei dimenticarmele? Ero un Christopher Wren fantastico."
"Non sei nato per fare l'attore, Marco. Quanto a mimica facciale, sei equiparabile a un manichino di Zara. O a Clint Eastwood.”
"Però mi piacevano i costumi. Avevo un bel cappotto."
"Marco, ti stai distraendo dall'unico svago di Linatiche."
"I culi delle turiste? Com'era? Disegno culi che non saprò toccare?”
"Era “guardo culi”, e in ogni caso mi riferivo al Wi-Fi gratis. Pensa a tutte le canzoni che ti possono aiutare a descrivere i vari mood del capitolo con una sola connessione a internet. Puoi mettere Nicolò Carnesi o quegli autori lì che ascolti solo tu.”
E così inizia la guida galattica ai pub di Oxford.
"Sei a rischio di denuncia."
"Sarà il primo caso di omicidio-suicidio di coscienza."
"Non penso, o non si spiegherebbe l'esistenza di molti filosofi."
"Ci metteranno molto a trovare la tua assenza di corpo."


Passando oltre a questo soliloquio-dibattito con Wren, alle 11, dopo aver speso circa mezz'ora della mia vacanza cercando un certo Fabio (che poi sarebbe spuntato dopo un paio di giorni, come potrete notare dopo) ebbi l'opportunità di conoscere quelli che sarebbero stati i miei compagni di viaggio.
Non me ne piaceva neanche uno.
"Marco, non giudicare in modo frettoloso. Descrivili e forse a casa si faranno un'idea. Ricordati, devi far sentire il lettore al tuo fianco."
"Il ragazzino coi pantaloni militari che aveva abbinato a una polo militare, solo per fare pendant con lo zaino militare. La polo aveva il colletto alzato. Avrà avuto dodici anni. Quindi posso tranquillamente dare la colpa alla madre o a chi ne faceva le veci.”
"Beh, niente di che. Passa al prossimo."
“Le due ragazze torinesi. Per Diana che accento terribile. Erano insopportabili quasi quanto la barese.” “Ancora niente di interessante. Analizza più a fondo.”
“Come posso analizzare a fondo senza mai neanche averci parlato? “
“Sei sempre stato bravo a tirare giudizi avventati e inutili.”
“Passivo aggressivo eh? Ti sei svegliato male?”


Tentai di non interagire con alcuna ragazzina milanese per evitare di farmi del male. Per attuare ciò, appena uscito dai controlli, scappai in direzione opposta al gate.
Mi trovai una panchina vicino alla zona fumatori abbastanza nascosta in modo tale che la mia ora e mezza potesse passare in fretta, magari ascoltando quelle canzoni che mettono nei film durante le scene in cui il protagonista fa degli esami medici e la canzone carica l'atmosfera di energia.
Non fu così, perché mi misi a litigare con dei bambini che non volevano stare zitti.
"Per Diana, Marco, non puoi urlare a dei bambini solo perché giocavano con le macchinine radiocomandate che non ti hanno mai regalato da piccolo."

In qualche modo, mi trovarono.
Un trio di milanesi secche si stava avvicinando a me, dovevo pensare in fretta.
Fortunatamente imparai da un opossum incantato come fingermi morto in modo credibile, e non mi diedero importanza.
Però stavano iniziando a imbarcare, e io avevo fame. 
"Avresti dovuto mangiare invece di evitare le ragazzine cortesi che volevano farti solo compagnia."
"Wren, sei nato, morto e stato battezzato in poche ore. Vuoi già essere rinominato "cagacazzo"?"
"No, non direi."


































Capitolo Tre
O "Comprati un ukulele, se tanto lo desideri"

Il 12 luglio mattina partì come il sei giugno, all'incirca. 
Mi svegliai e scesi in cucina per prepararmi il caffè, accesi il televisore e misi su Good Morning England[1], seguii un paio di servizi sui giardini di signore di mezza età, mi misi a mangiare biscotti, notai che al tavolo c'erano altre persone.
Quattro ragazzi dalle facce sconvolte (forse per il gene sardo e peloso che porto) che erano intenti a inzuppare biscotti nel the.
Tuttavia non spesi del tempo a tentare di collegare il fatto che fossi seminudo quando c'erano 16 gradi (eravamo nel pieno dell'Estate Inglese), ma tentai semplicemente di coordinare i muscoli del braccio per riuscire ad accennare un saluto.
Un ragazzo, in puro accento romano, esclamò "Ammazza aò, che voi del Nord siete pelosi, eh?"
Non capendo quella lingua mi girai verso l'altro ragazzo dai tratti mediterranei. 
"Dice que tienes pelos.", aggiunse.
A quel punto mi girai verso il ragazzo dai tratti nordici, che si complimentò con me per il mio pigiama.
Decisi quindi di salire nella mansarda che mi avevano messo a disposizione a mettermi dei pantaloni.

La mansarda in questione non era una suite presidenziale, per intenderci, era una classica 4mx4m dove si stivano gli studenti stranieri che non possono permettersi di fare reclami a proposito.



Il pomeriggio prima giunsi ad Abingdon-upon-Thames, una piccola cittadina con piccoli cittadini nella non così piccola contea cittafina dell'Oxfordshire, e più precisamente in una piccola casa-corridoio su quattro piani dal lato corto di circa due metri e mezzo (piccolo inconveniente quando ci sono 4 studenti e 4 membri della famiglia), quella che sarebbe stata la mia casetta per i 21 giorni seguenti, tuttavia non me ne ero ancora accorto. 
Il mio corpo ovviamente se ne era accorto, se ne era talmente accorto che aveva pure conosciuto la famiglia ospitante. 
Mike e "l'altra", la moglie.
C'era un solo difetto in quella casa, o meglio, due. Due bulldog francesi con una sfrenata passione per il mordere e per il fare la cacca la mattina presto vicino alla cucina.

Cari ormai undici lettori, presupponendo che uno se ne sia andato per i troppi richiami ai miei lettori, sapevate che suono l'ukulele?
Ora vi chiederete cosa è un ukulele.
Un ukulele è uno strumento che è come una chitarra malformata, nana e con quattro corde. 
Il suono non è sempre piacevole, e lo si suona più che altro per rimorchiare. 
Esattamente come una chitarra.
Il mio, un modello molto semplice, porta le firme di tutti i partecipanti della mia vita che conoscerete o non conoscerete più avanti. 
Beh, tutto iniziò il ventuno luglio del 2013, durante il mio primo viaggio a Oxford.
"Marco, taglia corto."
"Mi comprai un ukulele. Fine. Contento, Wren?"
"Pensavo fosse solo poco interessante."
"Ricordami di chi è il libro, per favore."
"Tuo."
"E chi decide cosa scrivere?"
"Un connubio di licenza poetica e fatti semi casuali?"
"Esatto. Ergo, mi lasci dire perché è importante sapere che suono l'ukulele?"
"Perché una ragazzina milanese se che hai conosciuto se l'è preso nello stesso negozio in cui l'hai preso tu"
"Ah, capisco, ora sei tu lo scrittore. Deliziaci."
"Marco e un ragazzo svedese con cui girava avevano formato un gruppo di suonatori d'ukulele principianti che sono stati cacciati da Piccadilly Circus con una multa per accattonaggio."
"Così passiamo per cattivi."
"Eravate cattivi. Avete inciso "Hipster Jam" su un albero. Su un povero albero che non vi aveva fatto alcun male. Riesci a dormire sonni tranquilli sapendo il male che hai causato?"
"Stai aggravando la tua posizione già molto instabile, coscienza."
"Dai, scrivi il tuo capitolo e passiamo oltre."
Quindi, dopo lo spoiler che ha fatto Christopher, sapete come sono finito a suonare l'ukulele. 
"Ma questo che cosa centra con il capitolo?" vi chiederete. 
Sapete il gruppo di tre milanesi che tentò di socializzare con me all'aeroporto?
Solo una era di Milano, e il 12 mi son ritrovato a passare tutta la giornata con loro. 
Fuori i taccuini, lettori, presento dei personaggi che difficilmente riappariranno. 
La milanese, che chiameremo "Parrot", era una ragazza mediamente bassa, capelli tinti e una propensione al parlare che la faceva assomigliare ad un uccello del paradiso canterino. 
Le due non milanesi, di Torino, che chiameremo "Frida" e "Venere" per semplice censura, erano sicuramente più piacevoli da avere nelle proprie vicinanze per il semplice fatto che emettevano suoni a una frequenza umanamente sopportabile.
Il primo giorno ero molto eccitato (anche se scoprii che mi sarei dovuto fare due ore di bus al giorno solo per arrivare a Oxford e tornare a casa) ma per il semplice fatto di essere ritornato in quel posto mi faceva stare bene. 
C'è un edificio, o meglio, un edificio ed una piazza, che per qualche strana ragione, vengono sempre nascosti nei documentari o nei film.
Piazza Bonn e Carfax Tower. 
La prima è nascosta forse per l'immenso traffico di stupefacenti che avviene nei tunnel vicini, la seconda perché nessuno ha aneddoti validi con cui spiegare la sua esistenza. 
Fino ad oggi.
Era il 2013, ero arrivato da dieci minuti circa a Oxford ed era l'una del mattino.
Valeria, la responsabile a cui ero stato affidato, per spiegarmi come dovevo arrivare a Carfax Tower, incominciò a gridare, per colpa delle orecchie tappate, "Devi chiedere di una torre che si chiama Carfax, Car come macchina, Fax come fax!"
Sorvolando che il mio bus si fermava esattamente a 50 metri da questa torre, riuscii a perdermi comunque. 

Io e quello che era il mio compagno di stanza del 2013 prendemmo un taxi per fare 50 metri. 4£.

"Marco"
"Cosa c'è, Wren?"
"Ti sei dimenticato di dire una cosa."
"Cosa?" 
"Di dire che è il tuo secondo viaggio a Oxford."
"Si capiva."
"Non penso." 
"Wren, da ora in poi parlerai quando ti sarà rivolta la parola, o quando avrai qualcosa di veramente pertinente da dire. Non puoi rovinarmi i tempi comici. Già devo faticare per rendere questo libro relativamente piacevole da leggere, non ho bisogno di tu che mi metti i bastoni fra le ruote!”

La mattina del 12 luglio andammo a fare il "sightseeing"[2] di Oxford, e io ebbi l'opportunità di conoscere le tre ragazze sopracitate. 
Con la mia tracolla e il mio ukulele sotto braccio, ero la guida perfetta. 
Sicuramente migliore della svampita della leader che l'STS ci aveva dato.
Una ventitreenne di Cuneo che tentò più e più volte di farci perdere la pazienza che con la sua impreparazione cronica e con il suo accento da piemontese espatriata a Genova non era per niente piacevole da avere vicino.
O dietro.
O in un'area di 50km intorno a te.

Era completamente disorientata.

Non sapeva dove mettere i piedi, e per poco non si faceva investire in un area pedonale.

Passando per Cornmarket Street[3], famosa per la coda che si crea da Starbucks, notai che tutto era rimasto uguale, tranne per il negozio di dischi, che era fallito. 
Strano, con tutti i soldi che ci buttai in poster e cd avrei potuto tenerlo aperto.



Parrot era molto interessata alle mie varie storie da lupo di mare, come quando scalai il K2 con un gatto. 
"Marco, quello non è mai successo" disse Parrot ridendo.
"Volevo vedere se stavi attenta.  Guarda, lì è dove abbiamo preso gli ukuleli." 
Le indicai il Blackwell Music Shop, affianco alla Blackwell Library, una delle librerie più vecchie e belle di Oxford, dove spesi circa 140£ di libri nel 2013.
"Magari me lo prendo anche io un ukulele. Mi insegneresti a suonarlo?" chiese gentilmente Parrot. 
"Comprati un ukulele, se tanto lo desideri"
In quel momento ero talmente distratto dal culo di una norvegese, uno dei culi più belli che io abbia mai visto, che probabilmente mi avrebbe tormentato le notti del resto della mia vita, uno di quelli per cui creare pick up lines perfette tipo “hey bby wunna fuk”, che accettai senza rendermene conto. 
Non sapevo a cosa stessi andando in contro, non sapevo la tortura infernale che i miei polpastrelli avrebbero dovuto sopportare subito dopo.
Due ore dopo, stavo girando le corde di un ukulele da destro perché Parrot è mancina. 
Con le mie dita lunghe è stato difficile fare i nodi, ma, credetemi o no, non è stata la parte più dolorosa della giornata. 

L'STS ha un modo per punire i propri studenti che, da molte associazioni per i diritti umani, è stato dichiarato "un secondo olocausto" e ha lasciato traumatizzati tutti i testimoni di questi riti.
I Crazy Games.
Se nell'antica Grecia si infilavano ravanelli negli orifizi[4], a Oxford si fanno strisciare gli studenti in competizione. 
Le regole dei giochi erano abbastanza semplici. 
Bisognava far arrivare una pallina da tennis da un punto A ad un punto B, e poi dal punto B al punto A. 
Dal punto A al punto B potevi spostare la pallina solo con le ginocchia, mentre strisciavi. Dal punto B al punto A, ti toccava usare la testa. 
Vi starete chiedendo come sono riuscito a sopravvivere a tutto ciò. 
Semplicemente, sono entrato in uno stato di ibernazione cerebrale, e il mio corpo svolgeva tutte le azioni che gli venivano urlate da altri dietro di me.
Dopo questi spassosissimi e pazzissimi Crazy Games, il mio corpo si diresse dal parco dell'università a Carfax Tower per prendere il bus e tornare a casa, dove trovai i miei compagnucci di alloggio, quei ragazzi che si complimentarono con me la mattina. 
Pizza, un ragazzo di Roma Nord, Thor, un ragazzo del nord, e Juan Pablo Clichè Rodriguez Diaz de la Vivar, un ragazzo di Barcellona Nord. 
Ma è poco importante, perché non ci feci molta amicizia dato che ero già di malumore. 
Il giorno dopo sarei dovuto andare a Londra.



[1] Programma mattutino che tratta di giardini di signore di mezza età.
[2] Giro turistico
[3] Viale commerciale principale di Oxford.
[4] ραφανιδοω



































Capitolo Quattro
O "Shakespeare si stancò di vedere cadaveri attaccati ai finestrini
."



Verso la fine del 1600, Londra era devastata dalle malattie e dalla carestia, i Tudor avevano finito di mettere a rischio la loro dinastia e gli Stuart non se la cavavano neanche male per essere dei nuovi arrivati.
Tutti questi fatti erano l'uno causato dall'altro, senza una vera propria "causa fonte".
Come se non bastasse, Shakespeare scrive i sonetti e la gente muore. 
Detta così sembra che la gente muoia per colpa di Shakespeare. 
Era solo un poco pesante, ma non mortale. 
Beh, è quello che ottieni quando ti ostini a scrivere come Petrarca. 
In questo senso Il Berni aveva ragione. Le “prose della volgar lingua” del Bembo e il fatto che pure noi, negli anni 2000, ci ostiniamo a dover scrivere con uno stile classico soltanto perché scrivere come noi sentiamo che la lingua sia “bella” è nella nostra testa, è nelle nostre dita, insomma, tagliamo la cacca di toro (vedi cut the bullshit) tutto quello che si è tentato di “riprendere” dal passato dal 1500 al 2015 è solo un accumulo di boiate. Una lingua va invogliata all'evoluzione, non alla de-evoluzione.

In ogni caso, la peste dilaga e i servizi igienici sono un lusso.
Esattamente come i pullman che l'STS affitta per andare a Londra. 


Scatolette da sedici metri costruite solo per stivarci più gente possibile "per risparmiare", lavate per l'ultima volta probabilmente nel diciassettesimo secolo, quando Shakespeare si stancò di vedere cadaveri attaccati ai finestrini e prese in mano un badile.
La prima cosa che mi colpì quando entrai fu l'odore. 
È veramente difficile compararlo con soggetti ancora in vita, ma è altrettanto difficile paragonarlo a qualcosa di presente sulla superficie terrestre.
Non so di cosa sappia l'atmosfera di Giove, ma se sa anche vagamente come quel bus, non mi sorprendo che il gigante gassoso non sia adatto alla vita umana. 
Mentre procedevo verso la fine di quella scatoletta, mi ritrovai a parlare con due padovani. 
Ovviamente, per dei veneti, parlare significa intercalare un bestemmione una volta ogni 4 parole, e ci ritrovammo a essere guardati storto da una ragazza credente. 
Ma il che poco mi importava, perché Giovanni, uno dei due padovani, mi informò che avrei conosciuto la sorella diciottenne (molto probabilmente figa) che in quel periodo stava a Londra a fare uno di quei corsi che seguono tutte le ragazza diciottenni poco alternative, tipo fotografia o disegno di lamponi.

Il resto del viaggio non mi emozionò particolarmente, anche perché l'autostrada M1 non si presta a riflessioni peculiari, o alla veglia se per questo, quindi mi assopii neanche usciti dall'Oxfordshire[1].
Certo, avrei potuto cogliere l'occasione per inventarmi qualche frase poetica da mettere sotto il mio profilo di Wikiquote, ma preferii recuperare un paio d'ore di sonno.
Arrivati a Londra, ebbi l'opportunità di conoscere il mio vero leader, che ebbe un contrattempo all'isola di Wight il giorno prima. 
Non capii bene come finì a Newport, forse qualcosa che aveva a che fare con degli studenti persi, ma sono abbastanza sicuro che due giorni prima era all'aeroporto con noi.
Fabio "Ilcognomenonlopossoscrivereperchésennòmiarrivaunadenuncia" . 
Un ventiseienne di Forlì con una barba stupenda, in tenuta gialla dell'STS, con calzoncini caki e calzettoni di spugna, tipico responsabile di vacanza studio. Look sexy e pratico.



Fin dal primo momento in cui lo vidi l'unico pensiero che mi girava in testa, oltre a "che bella barba, fitta e marrone", era "questo mi somiglia".  Non solo fisicamente. Aveva l'espressione e in generale il comportamento e il savoir-faire del perfetto musicista/scrittore bohemien.

O meglio, somigliava molto a un mio padre di vent'anni fa, con il capello lungo e gli occhiali vintage, e per proprietà transitiva, mi somigliava.
Ad eccezione del fatto che lui era notevolmente più alto di me e di mio padre. 
Non che io sia basso, porto il mio metro e settanta con onore, ma Fabio è tanto alto. 
Lui mi notò da subito per l'ukulele che mi portavo appresso. 
A quanto pare mi avevano assegnato l'unico leader che aveva un passato da ukulelista di strada.
Non che sia una cosa brutta eh, ma il ragazzo alternativo con l'ukulele sono sempre stato io, avere concorrenza non è sempre apprezzato.

Fabio fu molto franco con noi. 
"Gireremo per il centro di Londra senza possibilità di fermarci come delle merde in un tubo. Ma potrete pranzare dove vorrete. Purché sia dentro il parco vicino Buckingham Palace."
"Potrai avere qualsiasi birra tu voglia, purché sia una Corona." 
Non mi ricordo chi citò Vin Diesel, ma mi ricordo che mi fece ridere più di quanto in realtà facesse ridere. 

Così facemmo. Girammo come delle merde in un tubo e visitammo tutti i vari edifici più o meno importanti di Londinium[2], come quella torre sul ponte, la cattedrale di San Paolo, i bagni pubblici di Westminster, la metro...
In realtà, la cattedrale di San Paolo fu relativamente interessante da visitare, almeno per Wren.[3]

Fino a che non arrivammo effettivamente al parco vicino a Buckingham Palace, dove slacciarono i guinzagli e gli studenti scapparono come delle cavie quando si tocca per sbaglio quel pulsante rosso che porta la scritta "non premere per nessun motivo al mondo".
Giovanni "il Padovano" tirò fuori il telefono e chiamò la sorella, che spuntò fuori dal nulla con un'amica figa della mia età.
Non capii bene le loro storie. Erano ad una festa con qualche ragazzo russo, poi è arrivato Eminem, e in qualche modo avevano i capelli tinti. 
So già cosa state pensando. No, non erano lesbiche. 
O almeno, non si sono baciate di fronte a me. 
Ma era altro ciò che a me interessava. 
Avevano i Toscanelli.
I toscanelli sono sempre stati presenti, in un modo o nell'altro, nella mia vita, e in più, hanno molteplici funzioni.
La prima è sicuramente mascherare l'odore di sudore con l'odore di fumo.
La seconda è l'utilizzo come valuta in prigione... 
Quindi, ci imboscammo in un posto pieno di anatre e ci fumammo i toscanelli. 
Ci imboscammo più che altro per il fatto che sarebbe illegale, ma anche perché l'STS ha una politca anti-fumo.
L'ultima volta che fumai un Toscanello, ero a Cambridge, nel 2012. 
Il terzo giorno di una vacanza di una settimana.
Ai tempi avevo 15 anni, e da stupido ragazzino che ero, mi accesi un toscanello appena fuori dal dormitorio.
Mi beccarono e mi rispedirono a casa la sera stessa.
Quindi, che modo migliore per festeggiare due anni dal mio ultimo toscanello se non con un gruppo di anatre che mi fissano?
Non erano anatre normali, stavano complottando contro di me, con i loro denti aguzzi e il loro udito sopraffino.
Il Tamigi ha una tradizione per le anatre assassine.

Verso la fine della giornata, Parrot, con ritardo da pop star, tornò al pullman-bara con un paio di scarpe in mano.
 A quanto pare la principessina aveva le fiacche.

La principessina mi chiese anche di suonare una canzone per lei durante il viaggio di ritorno sul bus.

Scelsi “Levati”

“Levati di dosso quella giacca

che senza scollatura vali molto poco

come me senza chitarra”

Fortunatamente il resto della giornata passò in fretta.
Tornato a casa, notai Thor il norvegese impegnato nella prima stagione di Game of Thrones. 
Fu difficile trattenermi dal dire "Ned perde il cappello nell'ottava puntata".



[1] Area geografica ove Oxford è posta
[2] Antico nome romano per Londra
[3] Sir Christopher Wren fu l'architetto della Cattedrale in questione





















Capitolo Cinque
O "Aveva l'accento cockney, i lineamenti iraniani e un cognome cinese. "



Secondo l'STS, non c'è niente di meglio di una caccia al tesoro in un posto che non si conosce con persone di nazionalità differenti per instaurare delle amicizie. 
Beh, non posso andar contro a questa teoria, perché proprio durante il "photo quiz" del quattordici luglio, conobbi Freggia.

“Perché non puoi semplicemente chiamarla Freja? È il suo vero nome ed è molto più armonioso.” disse Wren in uno degli spazi tra le edizioni,

“Ma lei non fu per niente armoniosa”

Freggia è l'ennesima incarnazione della Laura petrarchesca, della Lotte werthiana o della Beatrice dantesca: Nata a Göteborg, è composta per l'80% da gambe lunghissime che terminano in un fantastico culo degno di un altro Canzoniere. Seppur adornata di splendidi zaffiri come occhi, il mio collo non poteva sopportare un angolo così acuto solo per guardarla nelle gemme.
Tornando alla caccia al tesoro, i leggings che la Venere nordica indossava non facilitavano l'ardua impresa, dato che distraevano l'unica persona che conosceva effettivamente Oxford. 
L'impresa consisteva in una caterva di azioni di poco conto, come fotografare monumenti quali “la cabina telefonica che sa di bagno pubblico” o “il bagno pubblico che sa di cabina telefonica” e qualche importantissimo college quale McDonald's o Burger King.
Nulla in contrario a questo tipo di "prove d'iniziazione", se non fosse che, per deliziare le dee nordiche quali le leader svedesi, dovetti ballare "Girls just want to have fun" al fine di ottenere un pacco di marshmellow.



Il sei giugno di quell'anno mi ripromisi di non entrare in una scuola per almeno tre mesi. In realtà lo promisi il 25 maggio circa, ma avete capito il concetto.
Dovetti rompere quel giuramento. 
L'edificio in cui eravamo stivati era una sinagoga o qualcosa del genere, ma non lo capii dall'architettura. Lo capii dall'avvertimento che solo i cibi kosher potevano entrare. 
Notai comunque un ragazzo cinese mangiare patatine al bacon nella sala centrale. Certo, si può essere distratti. Ma è difficile non notare la stella di Davide che sovrasta l'entrata, i due cartelli davanti all'ingresso e gli avvertimenti dei singoli leader in proposito.

Ci stivarono in quel centro ebraico per effettuare il test sulle competenze linguistiche che avrebbe deciso a quale classe assegnare gli studenti.
L'esame era semplice: 100 domande di grammatica varia e un tema che ti devi inventare di sana pianta. 
Ma la prova non fu per niente interessante. 

L'avevo già fatta, tutto mi sembrava un deja vu infinito.
Quello che avevo per la testa durante tutto il tema era Oliver, il professore che era lì presente, vigile come Minòs.
Non perché fosse particolarmente piacente, sia chiaro, ma perché aveva l'accento cockney[1], i lineamenti iraniani e un cognome, che purtroppo non posso (e non saprei) scrivere, cinese. 
Il che è peculiare e rimarcabile, anche per un mondo globalizzato. 
Da quello che ho ipotizzato, il nonno paterno di Oliver era un soldato giapponese. E la nonna paterna un'infermiera inglese della croce rossa internazionale. 
Si sono conosciuti in uno dei peggiori bar di Caracas durante l'occupazione dei finlandesi. 
Non che io abbia qualcosa contro i finlandesi, semplicemente non capisco la lingua. 
O l'alfabeto. 
O l'intero concetto di "Finlandia".
Cioè, una nazione che si basa su Babbo Natale. 
Su Babbo Natale e su una passata colonizzazione russa che ha lasciato il segno sul filo-comunismo diffuso in tutta la Finlandia.
Una nazione che si basa su una balla che si dice ai bambini e su un grasso omino rosso. 
È come sostenere che lo stato italiano si basi su tangenti, corruzione, omicidi di stato, associazioni mafiose e prostituzione minorile!

 Per quanto concerne gli avi materni, il nonno era un cino-iraniano che gestiva un bar di scambisti a Londra, e la nonna era una levatrice nata e cresciuta a Soho. 
O così, o non si spiega il perché del suo aspetto. 
Altra cosa piuttosto strana di Oliver, era l'intercalare preferito.

In inglese esiste una gamma di intercalari che spazia dal classico "merda-e" al più colorito "pipistrello-cacca pazzo".[2]
Certo, le traduzioni non hanno senso, per niente, e se per caso accadesse che qualcuno spendesse del tempo per trovare un po' di senso, non avrebbe lo stesso impatto, ma in ogni caso, lui usava solo "Fantastic".
Sempre e solo "fantastic". 
"Marco, it's fantastic that this is your second time here in Oxford."
Nell'ultima mezz'ora mi misi pure a contare le volte in cui disse "Fantastic"
Ventisette. 
Ventisette volte in mezz'ora. 
Circa 0.9 "Fantastic" al minuto. 
Meglio del rateo delle multe per eccesso di velocità in Viale Fulvio Testi.[3]

Finito il test, che occupò tutto il pomeriggio, tornai a casa per prepararmi al meglio a un'esperienza che, ai primi viaggi studio, lascia sempre un po' stupiti.
La disco night STS. 
Qua devo fare una premessa. 
Non sono un gran sostenitore delle discoteche in generale, non perché io debba fare l'alternativo a tutti i costi, ma solo perché non penso che divertirsi equivalga a chiudersi e strusciarsi in un posto con altre cento persone sudate, ma malgrado ciò, ho un rapporto amore-odio con le serate che l'STS organizza.

Ti ritrovi, senza ben capire come, in questo locale di serie B, senza finestre, senza aria condizionata, e senza alcolici, e ti dicono di divertirti. 
Tu per i primi dieci minuti ci provi anche. Ci provi e ci riprovi, finisci sulla pista da ballo a ballare con dei ragazzi spagnoli che neanche conoscevi, ti ritrovi attaccato ad un palo e poi sopra di esso, ti ritrovi senza maglietta, finché non trovi il patio esterno.
Lì. come un oasi in mezzo al deserto, c'è aria fresca, aria pulita, aria respirabile, ma anche la cosa più importante:c'è figa nordica.
Fin da quando ero piccolo, e mio padre mi raccontava di come rimorchiava figa nordica mentre faceva il bagnino d'estate, ho avuto questo mito di queste donne bellissime, relativamente alte, ma, soprattutto, facili. 
Certo, il cacciatore cerca la sfida, ma l'uomo cerca la preda. 

Ma, oltre a esserci figa, c'era Seneca. 
Non quello nato a Cordoba, bensì quello nato al policlinico Gemelli nel 2000.
Seneca era un ragazzino romano che incontrai durante il primo viaggio ad Oxford che feci, e aveva fatto la mia stessa scelta. [4]
E il che fu bene, perché ebbi l'opportunità di rimembrare ricordi che pensavo di aver seppellito sotto strati e strati di traumi. 
E di sopravvivere ad una Disco Night senza dover fare lo spogliarellista.
"Te la ricordi ancora Charlotte, non è vero?" mi disse, girando il dito nella piaga quasi chiusa.
"Sì, adesso sì."
Charlotte era una ragazza svedese. 
Capelli rossi,  una topa da biblioteca, e una topa in generale. 
E io me ne ero innamorato. 
Ci eravamo dati il primo bacio in una caffetteria, dopo che lei mi aveva rubato una felpa e mi aveva intimato di andare in quella caffetteria se la volevo rivedere tutta intera.
Quando finì il viaggio ci facemmo la promessa di non cercarci mai più, per evitare ferite ulteriori.
Uscendo dalla discoteca, quando riaprirono le gabbie, mi misi le cuffie per ascoltare in loop quella che avevamo stabilito la nostra canzone. 
Hey There Delilah, l'eterna presente nella mia vita, faceva da sottofondo ai viali di Oxford che mi sembravano di nuovo freddi e vuoti. 
Passai di fronte alla libreria dove avevamo passato un intero pomeriggio. 
Era chiusa.
Mi sedetti sugli scalini dell'entrata e aspettai. 
Non ricordo per quante volte partì la canzone. 
Ricordo solo il freddo. Non il freddo atmosferico, sia chiaro. Il freddo che senti ai piedi, il caldo alle guance, la nausea incessante. Il freddo da mancanza di persone vicine.




[1] I parlanti cockney hanno un accento e un dialetto distintivo, e utilizzano, occasionalmente, rhyming slang.
[2] rispettivamente "Shite" e "Bat-shit crazy"
[3] Viale famoso per l'alto rateo di multe per colpa di Autovelox nascosti.
[4] i.e. Era ritornato ad Oxford pure lui.

















Capitolo Sei
O "Hipster, Hipster che escono dalle pareti"



Gli hipster sono una tipologia di persone che hanno assunto una morfologia particolare durante gli ultimi anni.
In Italia sono spuntati fuori per colpa della globalizzazione, dello scioglimento dei ghiacciai, per la deriva dei continenti e per colpa di Giovanardi[1], tuttavia spesso si fa risalire la colpa a sound particolarmente indie nostrani provenienti da parti d'Italia sconosciute ai più.
Sì, parlo di Bologna, Stato Sociale. I componenti di questa sottocultura applicano tutto ciò che può essere ricollegato alla “bohémien culture”, ovvero di una sotto-sottocultura che si basa sull'anticonformismo generale.Andare in un paese estero con uno strumento musicale, ad esempio, rappresenta la cultura sopracitata.
Diversi studi hanno dimostrato come semplicemente si sia preferito cambiare il nome ad una tipologia di persone già presente e già diffusa equamente su tutto il territorio, ma con picchi in aree molto globalizzate come il Vergante Novarese, la Val d'Ossola e il non più esistente confine Piemonte-Lombardia quale il Lago Maggiore.
Infatti, abbiamo semplicemente deciso di adottare la parola inglese per "alternativo" semplicemente perché se lo dici in inglese fai alternativo.
Urban Dictionary li definisce come trentenni con una propensione alla cultura underground e ai caffè underground con wifi libero. 
In più, sottolinea come alcuni membri di questa nuova categoria sociale adorino sniffare tè verde alle prime luci del giorno urlando "Non c'è niente di meglio dell'odore di Napalm al mattino" per tutta Chicago. 
E queste sono le principali ragioni per cui Urban Dictionary non va mai utilizzato per la scrittura di un libro.
Ma essere hipster non è solo essere alternativo. 
È anche andare contro tutto quello che è mainstream
Il problema è sorto da quando essere hipster coincide con l'essere mainstream. 
Lascio a voi i paradossi generati da queste affermazioni.

Quando ti capita di vedere un ragazzo, che avrà al massimo quattro anni più di te, che tiene una lecture [2] sulla letteratura inglese, vestito in modo tale che tutta la tua attenzione ricada sui suoi calzini blu a quadri, capisci che la tua vita è relativamente completa. 
Prima di morire vorrei ancora partecipare al mio funerale, ma almeno posso depennare la "Lecture con l'hipster" dalla bucket list.
Lui non sarà stato più grande di mio fratello(di cui voi dozzina non siete a conoscenza), eppure si destreggiava con un'abilità quasi naturale tra le slide con la faccia di Shakespeare. 
Folle come Shakespeare faccia capolino per la seconda volta nel mio libro. 
Ma questo è un fatto differente. 
Ecco, forse differente è la parola da usare per Tommy, quell'hipster. 

Prima di quella mattinata del 15 agosto, pensavo di essere molto hipster. 
O molto vecchio, a seconda di da che punto di vista la si voglia vedere. Diciamo che ero vecchio dentro.
Mi ero sempre reso conto di essere più vecchio, più "vintage" rispetto a tutti gli altri ragazzi che mi circondavano. 
Un esempio è che preferivo ascoltare artisti sconosciuti o artisti che tentavano di imprimere un messaggio profondo nelle loro canzoni piuttosto che il Papeete, tuttavia notai come fino a quel momento io non fossi altro che un'imitazione spudorata di un iconico messaggio contro il capitalismo indiscriminato.
In confronto a Tommy, io ero un ragazzo normale. 

I suoi pantaloni, risvoltati(risvoltinati?) in un modo quasi maniacale, in maniera tale da apparire, o non apparire, né sciatti, né  troppo curati, erano perfettamente, o non perfettamente, abbinati al maglione di lana grigio, anche quello risvoltato(risvoltinato?), che lasciava apparire dal collo una maglia a tinta unita bianca, leggermente lasciato, o non lasciato, largo. 
Insomma, per tutta la durata della lecture, come feci per Oliver, lo esaminai, in lungo e in largo, tentando di capirlo. 
Era nato in un sobborgo dell'Oxfordshire, si era diplomato ad Oxford, forse al Worcester[3] o forse al Queen [3].
Si era diplomato da poco in letteratura, o in teatro, e questo lo evincevo dal tipo di lessico utilizzato. 
Alto, ma poco formale. Un registro linguistico maniacalmente curato fino al minimo dettaglio, ma allo stesso tempo lasciato influenzare da slang di strada e arcaismi in egual misura, tuttavia non come il mio, creato appositamente per distrarre i lettori dalla mancanza effettiva di contenuto del libro, o semplicemente perché adoro obbligarvi a porvi dubbi sulla vostra e sulla mia effettiva conoscenza della lingua del sì, tuttavia un linguaggio curato in modo tale da poter essere capito da ogni singolo studente nella sala.

Evincevo, tuttavia, che qualsiasi teoria potessi formulare non potrebbe essere stata plausibile,[4] tuttavia non perché sono un detective tremendo, bensì perché tutti questi dati non influenzavano la domanda a cui tentavo di dare risposta.
Dove ha preso quei calzini?
Prendere i calzini è un'azione che si fa, o non si fa, a seconda dell'età del soggetto, almeno una volta l'anno. 
Per i ragazzi dagli 0 ai 17 anni, prendere i calzini semplicemente non è. 
Non si fa, o non si fa normalmente. 
Mentre ai 18-19 anni, quando si va a vivere da soli e a comprarsi i propri calzini, le proprie mutande, i propri assorbenti, e così via, hai la possibilità di scegliere i calzini. 
E cosa hanno a che fare i calzini con la vita di tutti i giorni?
Beh, nulla, a meno che tu non abbia i pantaloni con il risvoltino.
[Nota dello scrittore. Non sapevo a che livello sarebbero arrivati i risvoltini. Non mi odiate e non mi fraintendete. A Tommy stavano bene, è al resto del mondo che stanno male.]
Partendo dal presupposto che il pelo che esce da sotto il pantalone sta male, lo devi coprire con dei calzini. 
Quindi, Tommy, volendo, o non volendo, scelse quei calzini per apparire al meglio e fare colpo su quei ragazzini mentalmente instabili che avrebbero tentato di psicanalizzarlo raggiungendo il baratro di una pazzia che stava solamente aspettando di far capolino nel complesso labirinto che è la psiche di Marco Bacchella. 
Che poi sarei io. 
O sarei stato io, se non fosse stato per quei calzini.
Non prestai attenzione alla lecture in sé, anche se espose...cose... su...
Mi addormentai alla terza slide.

Pur essendo una guida, non ho mai dato consigli all'interno del tomo. 
O ne ho dato veramente pochi. 
Non perché voglio che il titolo sia controproducente o fuorviante, o perché non ci sono veri e propri consigli da dare, bensì perché il primo insegnamento che posso distribuire al mondo mi è stato tramandato soltanto quel lunedì a pranzo. 

Fabio è considerabile un santone delle vacanze studio. 
Ha fatto molto nella sua vita, tra cui capire come sopravvivere, ad Oxford, a pranzo, con meno di 1£ a persona. 
Il trucco è molto semplice. 
Si prende una baguette lunga da Tesco[5], integrale o bianca, a seconda della quantità di fibre che si vuole assumere, da 70 centesimi insieme a un barattolo di hummus da 1£ e il tutto si divide per due persone. 
Immagino l'espressione sulle vostre dodici facce. 
"Dovrei dividermi un vasetto di materiale organico parzialmente decomposto e pane con una persona?"
Beh, sì.
Ma l'hummus non è da confondersi con l'humus. 
Entrambi sono parzialmente decomposti ed entrambi hanno un sapore orribile, ma l'hummus è parzialmente commestibile. 
Insomma, perché bisognerebbe ingozzarsi di hummus per sopravvivere? 
Primo motivo, è fin troppo economico. 
È così tanto economico che ti chiedi effettivamente da quanti anni sia scaduto.
Secondo motivo, l'apporto calorico. 
Ora, non voglio fare l'esploratore, ma in un ambiente umido i cui indigeni sono creature scorbutiche e violente, fare un buon pranzo è richiesto per la sopravvivenza. 
Terzo motivo, mantiene i tuoi organi di ricambio ben idratati, dato che è idrorepellente. 
Quarto motivo, è una fantastica fonte di energia fossile. 
Con un pranzo del genere sarei dovuto resistere a tutto. 

Nel primo pomeriggio ci avrebbero comunicato in che classe eravamo e quale prof ci avrebbe infuso sapere. 
Oliver mi diede un leak dicendomi che non ero nel livello più basso. 
Bensì, mi disse "I tried to lower your score, but damn, it was too high." 
Non capii che disse, forse qualcosa riferita al fatto che ero bravo, o qualcosa riferito al fatto che puzzavo di ceci e aglio.
Ero preparato a più o meno tutto, da un invasione di polpette mutanti a ben due studenti cinesi in classe. 
Gli studenti cinesi non sono una vera e propria piaga come lo sono le polpette mutanti, ma si avvicinano di molto.
La loro propensione ad essere teoricamente migliori di te e la loro effettiva superiorità teorica te li rende immediatamente antipatici, anche se non meritano per forza il tuo disprezzo. 
Riaprendo il libro delle avventure del 2013, io e Charlotte eravamo in classe con due ragazzi cinesi. Wally era un ragazzo di quindici, forse sedici anni, che aveva totalizzato il punteggio migliore di tutti al test, ma ad ogni domanda che gli si poneva rispondeva con un "WHAT" ben urlato.
Fortunatamente, non successe nulla di tutto ciò. 
Ci dissero che la classe era la Red 2 (non chiedetemi perché si chiami così, era l'ultima classe in un corridoio verde)  e che la nostra prof avrebbe tardato dieci minuti. 


Mi sedetti in classe  e mi guardai attorno. 
Due svedesi, un maschio e una femmina, troppe danesi, un finlandese. 
Alla mia destra, Freddie.
Freddie era questa ragazza di Copenaghen fin troppo alta un metro e ottanta, a quanto pare allergica al profumo e così interessata ad informarmi di ciò che mi picchiò nei seguenti giorni in caso ne avrei messo, sostenendo che stavo tentando di ucciderla. 
Ma questa è un'altra storia. 

Quando Sara, la prof, entrò, ebbi un dubbio esistenziale. 
Sono cresciuto nella media borghesia piemontese, dove il "conformarsi" era d'obbligo. 
I ragazzini vanno in discoteca, si fumano le canne e si infilano oggetti negli orifizi solo per conformarsi. 
Ma in Inghilterra, "conformarsi" significa "non conformarsi".
Meno uno era conformista, più era cool. 
L'esatto opposto della mentalità media piemontese. 
Ma questo vi starà facendo ancor più andare in confusione, nevvero?

Il fatto è che Sara era un hipster. 
In Inghilterra, gli hipster escono dalle pareti. 
Non è che sia una cosa brutta, semplicemente, mette a disagio. 
Non perché Sara fosse particolarmente brutta, ma semplicemente non si conformava agli standard di "insegnante".
Non era né particolarmente alta né aveva delle tette particolari. 
Ma era interessante. 
Dall'outfit e dal caffè in mano si poteva evincere quanta voglia di stare in quel posto aveva, e quanto poco la pagavano. 
I pantaloni da uomo [6] lasciati larghi non rivelavano forme particolari, ma il risvolto lasciava intravedere un gusto per i calzini veramente raffinato. 

Mi accorsi soltanto una volta uscito dalla classe quanto in realtà volessi anche io dei calzini così cool.



[1] Politicante ignorante di destra, ricordato, appunto, per la sua ignoranza.
[2] Una Lecture è una lezione tenuta a mo' università. Tanti posti a sedere, un solo prof, tutti che prendono appunti in una sala enorme.
[3]  Due dei più famosi college di Oxford.
[4] Parafrasi suggerita da un lettore:  "Come evincevo che nessuna teoria potessi avanzare sarebbe stata plausibile"
[5]  Catena di supermercati inglese.
[6] Sono sicuro che fossero da uomo, perché me li provai il giorno prima da Topman













Capitolo Sette
O "Fabio era Obi-Wan Kenobi"


Al tempo della prima riscrittura di questo capitolo, mi ritrovo in un'aula di biologia. La prof, convintissima, forse perché ingannata dai miei cenni del capo, che io stia prendendo appunti, spiega ad un livello di decibel umanamente insopportabile il sistema cardiocircolatorio.
Non so esattamente cosa mi abbia fatto pensare al fatto che voi non sappiate molto della storia del libro che state leggendo. 
Certo, state leggendo la storia NEL libro, tuttavia ignorate la storia DEL libro. 
Se non vi interessa, potete saltare il paragrafo. Personalmente, ho sempre adorato sapere cosa ha causato la scrittura di un libro [E.G. Ingestione di alcolici, noia]
Tutto inizia il 17 luglio del 2013. La mia partenza per Oxford. La prima. 
Conosco Charlotte in una serata afosa alla fermata del bus grazie ad Aiden, che si era messo a strimpellare qualche accordo alla fermata del bus e lei attaccò bottone. 
Passiamo una dodicina di giorni tra peripezie poco interessanti per essere raccontate (ad eccezione dei vari giri in bici fatti da brilli per le viuzze dei college). 
Quando torno a casa mi viene in mente di poter scrivere un libro su quello che avevo passato, ma l'idea tramontò presto, quando mi resi conto di non esserne in grado senza appunti.
E proprio per “prendere appunti”, il 14 luglio 2014 torno a Oxford. 
Tornato ad agosto, i miei genitori son partiti per un viaggio di tre settimane dove io decisi di scrivere il libro. 
Vado a Milano da mio zio dove scrivo l'80% del libro, e ogniqualvolta che terminavo un capitolo, lo pubblicavo su EFP, dove potevo ricevere feedback diretto sui vari fattori. 
Il 31 settembre, la prima edizione del libro. 


Oxford ha ospitato un susseguirsi di autori, più o meno validi(o più o meno famosi, se per questo), che hanno popolato (e che hanno speso le loro fortune guadagnate con la scrittura dentro) alcuni pub, rendendoli anche famosi per ciò.
Uno tra questi, l'Eagle and the Child, è famoso soprattutto per aver pulito le bevute che avrebbero portato a Narnia e al Signore degli Anelli, oltre che per fare un menù economico di fish and chips piuttosto decente, per gli standard del fish and chips. 
E io odio il fish and chips.
Per uno che è cresciuto a lembas e corteccia di noceferro, quello potrebbe essere l'unico pub degno di nota.
Infatti, quando Fabio ci disse che avremmo dovuto fare una ricerca su un edificio che ritenevamo importante, la scelta mia e della ragazza svedese a cui mi avevano accoppiato, fu abbastanza ovvia.
La ragazza svedese, purtroppo, non era Freggia.
Era una ragazza che chiameremo Lesbo, per il suo taglio da appartenente alla comunità LGBT+.
Non voglio insultare nessuno della comunità lesbica, semplicemente mi fece molto strano vedere una ragazza con i capelli più corti di me.
Non che ci voglia tanto.

Io e Lesbo, quindi, ci dirigemmo verso il leggendario pub, che, per dovere di cronaca, ospitò una vomitata che portò, in un modo o nell'altro, alla scrittura di questo libro, ma quella vomitata risale oramai al 2013, e la base di pesce che fece da base era il menù economico sopracitato di quello stesso pub.
Attraversata tutta Cornmarket Street, vedemmo L'Aquila dell'insegna fare capolino da dietro il Bohemian Museum, che detto in inglese fa più figo, da lì continuammo per una decina di metri per poi ritrovarci una porta chiusa.
Si, perché la mattina i pub sono chiusi.
Avrei dovuto pensarci. 
Magari stavano pulendo altro vomito.
Chissà che tipo di scrittore aveva vomitato lì dentro la sera prima. 
"Mi trovai, di colpo, a rigettar l'effluvità di tutte le mie sensazioni in iconica forma fisica, e sentii ogni singola sensazione scatenare dissapori all'interno della mia gola come un bicchiere di acido cloridrico e pesce crudo", avrebbe scritto uno scrittore di tardo 800. Ma non è questo quello che ci importa, infatti quello di cui dovrebbe importare a voi è che io e Lesbo eravamo bloccati fuori dal locale che non esagererei ad epitetare come "il miglior" locale di tutti i tempi.
Non ci disperammo troppo, perché notai un fantastico Internet Cafè molto underground sulla sinistra del pub.
E, non essendo io un amante di quella famosa catena di caffè internazionale ove tutta la gente mainstream cerca ristoro, ma essendo, sempre io, tenuto in vita dai caffè, entrammo.
Il posto non era malaccio. Era decorato come un grande salotto, con divani di pelle consunti intorno a un tavolino con delle fantastiche prime edizioni lasciate lì per i clienti.
Il paradiso degli Hipster.
Lesbo si rivelò un'amante di libri, e io un amante di band indie italiane, e queste due caratteristiche ci fecero trovare così bene a parlare di tutti quelli scrittori indipendenti che la Svezia ha, o di tutte quelle band indipendenti che Torino ha, che ci dimenticammo completamente di cercare informazioni sull'Eagle and the Child.
Ups, my bad.[1]

Per approfondire ancor di più la mia conoscenza con Lesbo decisi di dividere l'hummus con lei.
Quando andammo da Tesco, però, notai che nel frigorifero delle salse, l'hummus non c'era. Il che mi intristí molto.
Dopo un leggero dibattito sul sapore di tonno e mais, prendemmo pollo e curry. 
Il problema principale, però, è che mi piacque.

Per usare una metafora capibile dai più, Fabio era Obi-Wan Kenobi, e io ero Anakin Skywalker.
Lui mi aveva insegnato le vie dell'hummus, e io l'avevo tradito.
Avevo scelto l'oscurità, il pollo al curry, solo per l' avidità caratteristica dell'uomo.
perché questa è la natura dell'uomo.
L'avidità, e l'avidità per il potere.
Ma sinceramente, non ho voglia di scrivere una trilogia originale per far vedere che posso redimermi.
Non saprei che inventarmi dopo questo libro. 
"Neanche George Lucas sapeva che inventarsi" aggiunge Wren.

Il pomeriggio, per forza di routine, avevo lezione.
Sara, con ritardo da pop star, entrò in classe con un fantastico caffè il cui aroma mi arrivava proprio sotto il naso, dandomi una crisi d'astinenza degna del peggior cocainomane ancora vivo.
Non realizzai subito di avere un gran problema di dipendenza, lo capii solo durante la pausa, quando mi aggirai come un cacciatore intorno alla macchina del caffè sperando che qualcuno avesse da cambiare una banconota da dieci sterline.
È lì che Sara si avvicinò e incominciammo a parlare.
In italiano.
Perché Sara, completamente al contrario di quanto suggerisca il nome, era italiana.
"Anche io i primi giorni avevo problemi con il caffè." Mi disse mentre inseriva le monete nel distributore.
"E da quanto sei qua?"
"Un paio d'anni” Sospirò con calma, sorseggiò il caffè. “Tu conosci Ruth, vero?"
Ruth. Diana franco-tedesca, insegnante dell'STS per cui mi presi una cotta.
Non una cotta pesante, eh. Una di quelle per cui ti svegli sudato la notte delirando sul fatto che i lunghi capelli ricci ti piacciano da morire, ma niente di che.
E glielo dissi, alla fine delle tre settimane.
"Mi ha parlato di come scrivi. Ti ho voluto nella mia classe per curiosità e perché in questo periodo mi annoio particolarmente. Voglio vedere se riesci a farmi ridere come hai fatto ridere Ruth.”
"Quindi son famoso?"
"Non tutti scelgono due volte la stessa città. E sei ancora l'incubo di Asterix."
Mentre il caffè scendeva, lei si avviava verso le scale che portavano alla classe, senza che io le avessi ridato i soldi.

Appena rientrato in classe con il mio caffè ancora caldo in mano, Sara mi sorprese dicendomi "Questo te lo offro io, ma mi devi far ridere nel prossimo tema che vi farò fare."
Beh, le mie doti da scrittore hanno fruttato un caffè da una sterlina in un anno. Di questo passo potrò prendermi un caffè da Starbucks entro il 2020.

Sara, come ho già detto, era un soggetto interessante.
Ero curioso di sapere dove era nata, perché aveva un cognome francese e un nome tipicamente italiano, ero curioso di conoscerla più a fondo.
So cosa state pensando.
"Marco, vuoi solo entrarle nei pantaloni."
Ed è vero, non lo nego, ma quello era solo secondario.
D'altronde, chi non lo vorrebbe?

[1] "Mannaggia, colpa mia."

























Capitolo Otto
O "Costanti e Variabili"

Milano, se non fosse per il rateo milanesi-zanzare fameliche, sarebbe anche un bel posto per scrivere.

Certo, puoi usare il repellente, ma prima o poi tutti gli estranei che non hanno sviluppato una resistenza a quel tipo di parassiti si ritrovano circondati da milanesi arrabbiati.
Almeno quelli che non sono partiti a ferragosto. 
E forse è quest'ultimo il motivo per la tristezza e il rancore dei milanesi visibili.
Come dicevo, non è una città brutta, e offre molti svaghi relativamente divertenti.
Si può oziare, come si farebbe nel divano di casa, a parco Sempione.
Si può vagare, come se non si avesse una meta apparente, dentro parco Sempione, cercando l'uscita.
Si può chiedere, a gente non proprio definibile rispettabile, l'uscita, per poi rincontrare, sempre la stessa gente rispettabile, due minuti dopo, perché ci si è persi.
Di nuovo.

 

Il college di Christchurch, a Oxford, offre più o meno gli stessi svaghi.
Ad eccezione forse di tutti quelli che ho elencato in precedenza.
Christchurch è famoso per molte cose.
Hanno girato ben tre scene del primo Harry Potter e una della Bussola D'oro.
Ed è tutto qui.

Non so perché l'STS si ostini a mandare lì gli studenti.
Costa ben 8£ se tutte le aree sono aperte (in caso contrario, costa 6£), e occupa meno e per meno tempo di una confezione di gelato dello stesso prezzo.

Avrete già intuito che sto per raccontarvi di come io abbia speso del tempo di qualità a pedinare Freggia dentro Christchurch.

 L'edificio del college si divide in diverse zone, tutte peculiari: coda alla cassa, coda per entrare nella sala grande della Rowling, che grande non è, coda per la cappella interna, e coda per l'uscita.
La totalità delle code, se messe una dietro l'altra, riempiva quell'edificio circa sedici volte, violazione delle leggi della fisica a parte.
Già si sapeva che gli inglesi avevano una passione per le code, ma mai fino a questo punto.
Un vecchio detto recita "non c'è sogno troppo grande o sognatore troppo piccolo", e anche se Freggia mi superava di almeno due teste con le sue gambe autostradali, mi feci coraggio e le chiesi di uscire, in svedese.

 "Marco carissimo, ce ne hai raccontate di tutte in questo tomo, ma ci viene difficile credere che tu sappia anche solo una parola di svedese." Penserete voi lettori.
Per quanto io sia tentato di dire "Fatevi i cazzi vostri", oramai ho introdotto l'argomento.
Ho già accennato a Charlotte, ma non ho accennato al fatto che anche lei era svedese.
Io e Charlotte eravamo in classe assieme, e un giorno, mentre Ruth spiegava l'alfabeto IPA, io, consapevole della figura in cui mi sarei potuto imbattere, chiesi a Charlotte come si invitasse uscire una ragazza in svenska.[1]

"Vil du toen fika memei imorron?" Fu la risposta.
"Marco, non ce la dai a bere, sappiamo cosa significa fika."
Ma che ci crediate o no, significa pausa caffè.
Appena finita la lezione con Ruth, feci la domanda a Charlotte.
So anche dire “Potatis” e “Grönsaker”, per la cronaca.

 Quindi, a distanza di quasi un anno, feci la stessa domanda a Freggia, ma la risposta differì.

"Solo se non è un appuntamento." Mi disse ridendo.
"Constants and Variables", diceva DeWitt. [2]
Ma non voglio parlare di fisica teorica, poiché è un argomento che ignoro, se non per alcuni concetti fondamentali.
Dando per scontato che voi abbiate letto la nota chilometrica, per spezzare un po' la tensione che il vostro cervello ha in questo momento, scriverò una barzelletta.

"Dottore, dottore, mi sento un cane!"
"E da quando?"
"Da quando ero cucciolo"
*risate finte*

Ricadere su questo tipo di battute mi rende una persona molto triste.

Spesso, il nostro multiver... universo, ha uno strano modo di migliorarci la vita.

Spesso mette nella stessa stanza più persone, conoscitrici e apprezzatrici dello stesso argomento senza che le persone se ne rendano conto, a meno che una di queste due persone faccia un'affermazione che la renda individuabile.

Sara, quel giorno, aveva pianificato una lezione "New Age", in modo tale che i testicoli, miei e di Neil, il ragazzo svedese che avevo in classe, non cadessero nell'immediato per colpa di un'altra lezione di fonetica.
Sara ci distribuì dei fogli pre-stampati con un testo di una canzone.

"***** *** - Arctic Monkeys"

E di seguito il testo con dei gaps[3] da riempire.
Alle prime note la riconobbi subito.
Era Mardy Bum.
Ora, ragioniamo, quante erano le possibilità che io fossi assegnato ad una prof, ascoltatrice degli Arctic Monkeys, e che quella prof scegliesse proprio la canzone che avrei potuto scrivere a memoria?
Poche, pochissime, e infatti, nella pausa, mentre lei era a bere il caffè, controllai il suo pc, infrangendo anche un paio di leggi.
La sua libreria musicale comprendeva tutta la discografia degli Shins, tutta quella dei Radical Face, i soundtrack di Garden State[4] e di the Art of Getting By[5]...
"Marco, che controlli?"

Merda.
"Sara! Da quanto sei qui dietro?"
"Un paio di minuti."
"Sto solo controllando la tua libreria perché ero...interessato..alla..canzone che ci hai fatto ascoltare."
"Marco, mi devi fare una domanda?"
"Lo sapevi fin da prima che io entrassi nella tua classe che ero un fan di tutti questi gruppi, vero?"
"Hai un profilo Facebook abbastanza pubblico." Si ammutolì, mi scrutò per bene, per poi terminare con un "Ma in ogni caso no, è solo stata una coincidenza."
"Quindi hai controllato il mio profilo sì o no?”
"Knowledge is power, diceva Pancetta.[6]"

 

La sera, per un terribile scherzo dell'STS, c'era un'altra Disco Night.
Nell'aria, però, c'era un'aria differente. Mi venivano in mente le parole di una canzone mentre tornavo da solo al locale a caccia di lanterne prendendole per lucciole,
Mi feci offrire da bere da Fabio e cercai lei, ricolmo di sobbalzi liceali, cercando la posa, la mira, il tempo atto a ordire un inganno. Il suo amico che ho buggerato oggi mi buggererà, mi fa felice mi accolga con quella sua faccia da gongolo.
Gli chiedo di salvarmi la vita lui mi dice: "Va da lei, è la tua fan più affezionata" Ed è lei che avevo cercata.[7]
Non avendo trovato Freggia, decisi di uscire a prendere una boccata d'aria.

Annoiato nel patio esterno, strimpellando "I'm Yours" sull'ukulele con Fabio, che, tra l'altro, mi insegnò a fare un capotasto mobile con una matita e un elastico per capelli, feci la terribile mossa di suonare troppo bene.

Una finlandese, a quanto pare cantante amatoriale, si mise a cantare la stessa canzone.
Dico terribile mossa perché non mi ricordavo metà delle note e mi toccò improvvisare.
Tutto andò a buon fine, e le ragazzine che si erano messe ad ascoltare, dopo aver raccolto le loro mutandine e i loro reggiseni, mi fecero i complimenti.

 

 

 

 

[1] Svedese, in svedese
[2] Disambiguazione:

Bryce DeWitt, il fisico teorico, fu uno dei primi a formulare l'ipotesi del multiverso basato su costanti e variabili, “constants and variables”, ovvero su sistemi principalmente binari, dove la costante 0 è sempre presente, ma la variabile 1 varia in numero, in posizione o in qualità.

Booker DeWitt è il protagonista di Bioshock:Infinite gioco in cui si ripete più e più volte quella frase per suggerire al giocatore la risoluzione della trama, che si basa sul concetto di multiverso, e quindi sui concetti di costanti e variabili.

In ambedue le opzioni, non c'è bisogno che vi informiate, la lezione di fisica teorica è finita.
^nota più lunga mai scritta senza copiare da Wikipedia

[3] Buchi
[4] Film ideato e diretto da Zach Braff (JD di scrubs) il cui soundtrack è stato redatto dagli Shins
[5] Film il cui soundtrack compare nel mio telefono tra gli album più ascoltati, il cui intro è stato fatto dagli Shins.
[6] "Francesco Bacone" aka "Francis Bacon" aka "Franci Er Pancetta", fu un filosofo umanista inglese che coniò l'espressione "Knowledge is power"
[7] Inesatta traslitterazione di "Ladro di cuori col bruco" de Lo Stato Sociale, band indie bolognese.
In questo capitolo mi sono sbizzarrito con le citazioni colte.













































Capitolo Nove
O "Quel film mi fece piangere quasi quanto Frozen."



Quando Fabio ci disse che la mattinata del diciotto luglio avremmo avuto tutte le ore antimeridiane per fare sport, ebbi un mancamento.
Il mio fisico scultoreo non è affatto adatto allo sport, figurarsi in una mattinata piovosa.
Nel capitolo precedente, mi dimenticai di accennare ad una sezione del Christchurch college, forse l'unica sezione degna di finire in questa guida. 
I Christchurch Meadows.
I Christchurch Meadows sono un parco che comprende tutta l'area intorno all'omonimo college, una riva del Tamigi, delle anatre e degli spacciatori.
Non sono molto sicuro per gli ultimi, ma le anatre erano molto cattive. 
Pensate a delle anatre con denti aguzzi, piedi palmati, ali da rapace e intelligenza minima ma funzionale.
Dei killer naturali.



Fabio, con una palla in mano si presentò con Amir, il leader svedese, verso le nove, ora in cui io ero già su un albero a pennichellare.
Durante la pennichella mi venne in mente che Freggia ancora non mi aveva dato una risposta vera.
Lasciai passare la mattinata senza chiederle nulla, magari era timida.

Sara, quel giorno, aveva altro di meglio da fare piuttosto che insegnare a noi. Come comprarsi dei pantaloni da donna. O l'erba. Era il perfetto stereotipo di insegnante hippy e new age, mancava il costante odore d'erba.
Al suo posto c'era Ramsey. 
Ramsey era il classico trentenne barbuto, quello che dieci anni fa poteva essere il ventenne medio, e dieci anni prima il bimbo della quinta elementare medio.
Non solo mi fece rendere conto di quanto sembro vecchio, visto che mi somigliava, ma mi diede anche un'opportunità per vedermi nel futuro.
Io, di fronte a una decina di studenti distratti, con neanche la più pallida idea su cosa fare.
E lì mi viene in mente: "gli farò scrivere su ciò che gli piace, così saranno indaffarati e posso andare a fumare in cortile."
È così che Ramsey fece.
Il titolo totale della traccia era "Cosa ti rende felice"
"E tu, anche se ne avevi l'occasione, non hai scritto "il porno"."
"Christopher, si notava la tua assenza."
Come Christopher ha sottolineato, non scrissi "il porno".
Perché non scrissi il porno è un altra cosa, però.
Non solo perché non lo considero un passatempo adeguato, ma perché c'è qualcosa che, a mio parere, va ben oltre il piacere di un orgasmo.

La scrittura.

Ramsey, correggendo il mio tema, sembrava sconcertato.
"Marco, da quanto scrivi?"
"Non so. Anni. Da quel che mi ricordo ho sempre voluto scrivere."
"Si nota. C'è un'affermazione che vorrei mi spiegassi. "Mi ricordo una frase che lessi da bambino, viviamo da soli, moriamo da soli. Il resto è solo un'illusione.[1] Sta a noi rendere la vita sopportabile con le nostre azioni." La condividi a pieno?"
"Certo."
"Non ti sembra una visione pessimistica della vita?"
"No, anzi. Mi spinge a essere sempre migliore, a essere sempre al massimo delle mie capacità per essere felice, opponendomi in questo modo alla tendenza al risparmio che è presente e che dilaga tra le persone che conosco. Voglio dibattermi come un pesce appena pescato. Spacciato nella costa della vita, eppure lotta con tutte le energie che gli rimangono. Se poi con le mie azioni riesco a migliorare la vita di altra gente, il tutto si fa divertente.
Ti faccio un esempio. Sei al supermercato, e una ragazza fa cadere il sacchetto dove aveva le uova. Io vado al banco frigo e le compro un'altra confezione di uova. Gliele porgo, e nella peggiore delle ipotesi ho risollevato la giornata ad una persona, e nella migliore lei mi da il suo numero e io guadagno un'amica."
Ramsey si mise a fissarmi con un'espressione concentrata.
Tentava di analizzarmi. Lo capivo dal fatto che i suoi occhi verdi stavano tentando di sbucciarmi come una banana.
"Bel pensiero. Un po' drastico e controcorrente, forse. 
90/100 è il tuo voto. Ben fatto."
"Ramsey, permetti una domanda?"
"Fai pure."
"Sei felice facendo il professore?"
"La domanda che mi vuoi fare in realtà è se saresti felice se mai farai il professore, vero?"
Non ricordo chi questa volta mi disse che i professori hanno un'abilità inesplicabile nell'analizzare le persone.
 "Secondo me sarai un ottimo professore.
In fondo, ci sono centinaia di modi per essere un buon professore, e altrettanti per essere felice. Devi solo trovare la giusta combinazione."
L'espressione "Trovare la giusta combinazione" mi ronzò in testa tutto il giorno.
Cosa voleva dire?


Mi ronzò in testa finché non andammo, io e alcune altre ragazze italiane che ancora non ho introdotto, non per pigrizia, ma perché quella che sto per narrarvi  fu la prima occasione che ebbi per conoscerle a fondo, al cinema.
Per colpa di Giorgia, una ragazza romana troppo pallida, andammo a vedere "The Fault in our Stars".[2]
Dico per colpa perché quel film mi fece piangere quasi quanto Frozen.
Per quelli di voi che non hanno visto il film o non hanno letto il libro, uscirete dalla sala urlando insulti a quelli che fino a 92 minuti e 11£ prima chiamavi amici e subito dopo chiami in modi che adesso, a distanza di quasi un anno, mi rendo conto che rischiai di essere arrestato per crimini contro l'umanità.
Sconvolto e con le tracce di sudore oculare sulla faccia, andai verso il centro.
Oxford, dopo le ventuno e trenta, si rianima, contrariamente al trend british.
Tutto è dovuto al fatto che Itsu, il fast food di sushi principale, proprio a quell'ora faceva il 50% di sconto, e con 3£ potevi portarti via un piatto per 3 persone, ma che solitamente mangi da solo, seduto sul marciapiede, perché sei una persona triste e sola che non avrà mai una storia d'amore idilliaca dove uno dei due partner muore con dolore e l'altro muore subito poco dopo il funerale anche se il finale è relativamente aperto e non descrive la morte della signorina.


[1] Questa è la frase d'apertura di The Art of Getting By, dove George, il protagonista, tenta di trovare se stesso e il suo futuro per tutto il film, e l'unica sua certezza è questa frase. 
[2] Romanzo di John Green che tratta di una storia d'amore tra malati di cancro terminale. 
















































Capitolo Dieci
O "Hipster o Homeless"





Secondo una strana filosofia dell'STS, gli studenti sono creature immortali che sopravvivono grazie ad aria e acqua e che vogliono, a tutti costi, perdere ben due giorni della loro vita a Londra.
Non che sia brutta ma semplicemente la ritengo un covo di dispersione, dove rischi di perdere metà della tua giornata solo per prendere la metro.
Giorgia la ragazza pallida, colei che presentai nel capitolo precedente, mi convinse a perdere una giornata insieme a lei.  
Il viaggio sui pullman STS ve lo ricordate ancora, immagino. 
Questa volta ci andò un po' meglio, con la sola differenza che questa volta, al posto dei cadaveri sui finestrini, c'erano sedimenti di muffa.
Il tutto odorava come del gorgonzola.[1]
Sul pullman misi lo shuffle casuale sul mio audioriproduttore, e per casualità fatale, partì "E Londra e Londra".
Me la godetti come si può fare solo con L'Officina della Camomilla, e me la godetti così tanto che Fabio mi chiese per favore di abbassare la voce, per quanto la cantavo forte. 
"E Londra e Londra è morta in discoteca, solo musica classica dal cuore delle tasche"
L'Ironia ha uno strano senso di parlare alla gente.  
Una volta arrivati all'entrata autostradale di Londra, si poté vedere la coda per il museo di Madame Tussauds, uno dei monumenti immortali di Londra, chiamato, scherzosamente, "la coda da dieci minuti o più".
Ma in fondo, ai Brits[2] piace perdere tempo l'uno di fronte all'altro.

Lettori, se per caso avete una cartina di Londra, o meglio, del tube [3], tiratela fuori, e vi mostrerò come suddividere Londra.
Se avete delle uova vicino a voi, prendetene uno e spiaccicatelo nell'area nord di Londra. 
La parte oscurata dal tuorlo dovrebbe essere Camden Town. 
Dico dovrebbe perché non l'ho lanciato io l'uovo. 
Ora, prendete un fazzoletto e asciugate l'albume da Buckingham Palace, facendo attenzione a non sporcare Oxford Street, che è ricordabile solo perché c'è Victoria's Secret,  e buttate il tutto nel cestino. 

Proprio a tuorlo-town si svolge l'odissea, mia e della ragazza pallida, per trovare un HMV[4].
Arrivammo a Camden Town verso mezzogiorno, e appena usciti dalla metro vedemmo il nemico. 
Un gruppo della WG[5], con le loro sporche magliettine fluo che fanno male agli occhi e la loro politica di rispedire a casa i ragazzi solo perché fumano un toscanello andando a lezione. 
"Marco, com'è che odi così tanto la WG?"
"Due motivi particolari.  Prima di tutto, mi hanno rimandato a casa perché ho fumato un toscanello andando a lezione. Secondo, perché l'anno scorso io e Charlotte eravamo a piazza Bonn [6] a parlare con dei ragazzi italiani della WG. Ad un certo punto uno dei sopracitati mi lancia una sigaretta che prendo al volo. Dopo due secondi arriva un leader in tutina fluo che mi dice che "non posso fumare vicino ai suoi studenti" e che mi caccia. 
E in più, mi danno fastidio le loro maglie."
"E quindi li odi perché hanno fatto il loro lavoro?" 
"Esattamente." 

Quando si entra a Camden Town comincia un gioco di "Hipster o Homeless" continuo.
E credetemi, è molto difficile distinguerli, in Inghilterra.
Certo, a Londra il 90% della popolazione è composta da emigrati italiani, ma la regola rimane.
Devi ricordarti tutte le regole che ti eri studiato guardando i video di youtube sul tuo android perché Apple è troppo mainstream, e soprattutto guardare cosa hanno in mano. 
Se il bicchiere di Starbucks è a terra, allora è un Homeless. 
Se è in mano, è Hipster. 

Con l'avvento dell'internet e di programmi come uTorrent, negozi del genere sono andati via via scomparendo per colpa dei pirati, ma Giorgia, convintissima che a Camden Town ce ne fosse uno, mi trascinò per fin troppo tempo per quel buco pieno di homeless conformisti. 
Ce la girammo per quattro volte, entrando in ogni singolo negozio di scarpe che avesse in vetrina le Dr. Martens per vedere se almeno un paio le stessero bene e alla fine fummo costretti a chiedere ad una commessa rossa di cui mi innamorai la strada per HMV, che ovviamente, era fallito. 

E il che è male. 
Ma nessuno può fermare una ragazza romana e la sua voglia di CD.
Infatti, grazie allo stesso strumento che distrusse, in qualche modo, HMV, trovammo un HMV in Oxford Street, dove c'è Victoria's Secret.
Ovviamente, l'internet non serve solo a distruggere compagnie. 
L'internet fa tante belle cose. 
Auto-pubblicare un libro non è una di quelle cose.

Bisogna sfatare un mito secondo il quale agli uomini non piace comprare biancheria intima. 
E questo è vero solo in parte. 
Noi ci metteremmo anche uno straccio umido come sottopantaloni [7], ma passeremmo le ore a scegliere mutande femminili. 
Soprattutto se della nostra frequentante.

Arrivati a Oxford Street,che, per intenderci, è quella che avreste dovuto pulire dall'albume, ci buttammo in direzione HMV e Victoria's Secret, che per una coincidenza che il nostro multiverso ci ha messo a disposizione, erano l'uno davanti all'altro, quindi non avrei neanche perso tempo a cercarlo.
Ma lo persi comunque, perché da HMV trovai la trilogia completa con cofanetto degli Hunger Games che, anche se la lessi tempo addietro, comprai immediatamente per sole 7 sterline. 
Giorgia trovò altrettante cose di suo interesse, infatti comprò un numero imprecisato di CD di musicisti che fatico a ricordare,ma che non comprendevano nessun cantante troppo mainstream.
Ebbi solo una ventina di minuti per fare lo stalker dentro Victoria's Secret, ma quei venti minuti valsero diciotto anni di attesa. 
Trovai l'amore circa quindici volte in quel posto. 
Arrivati sull'agognato pullman per il ritorno a Oxford, Giorgia aprì i suoi CD. 
Da uno di questi uscì una cimice, e metà del pullman, composto da ragazze danesi e svedesi, forse un pochetto spaventate dall'animale, si mise a urlare.
E io che volevo dormire.

In un universo parallelo, Londra è composta al 100% da Hipster veri.
O da barboni, la differenza è poca.


[1] Non sono un amante del Gorgonzola, anzi, mi sorprende che ci siano persone a cui piaccia. 
Ma de gustibus.
[2] Britannici. 
[3] Metropolitana Londinese
[4] Nome completo "His Master's Voice", etichetta discografica nonchè negozio principalmente di CD e di materiale da collezionisti.
[5] Altra associazione organizzatrice di vacanze studio, ma non con la sigla vera, o rischio la denuncia.
[6] Piazza a circa 100 metri da Carfax Tower, nel centro di Oxford
[7] Vedi "underpants"










































Capitolo Undici
O "Non tutte le cartoline sono perfette."



Precedentemente ho parlato molto degli hipster in tutte le loro forme, Hipster mainstream[1], Hipster non mainstream e barboni, ma ho evitato di citare qualsiasi ritrovo underground[2] per evitare che diventi, in futuro, mainstream. 

E, se ci pensate, la storia della letteratura dal 1500 in poi è stato un continuo susseguirsi di hipster e conformisti, e si cambiava stile e corrente letteraria soltanto grazie agli hipster che si discostavano dalla massa.

Sembra contorto e senza senso, ma lasciatemi spiegare: ci troviamo alla fine del 1700. Prima ci fu l'illuminismo, condotto da anticonformisti parigini che diventarono conformisti da cortile una volta assaggiata la popolarità. Subito dopo ci fu il romanticismo, condotto in parte dall'hipster degli illuministi, Gian Giacomo Russò, che apri le porte, insieme all'impronunciabile Ghete o Goete o Gote o come diavolo volete chiamarlo, al romanticismo. Hipster che si ribellano al conformismo. Vedete, non sono il primo che dice ciò: Giambattista Vico, filosofo della “nuova scienza”, ovvero la storia oggettiva, ipotizzò e formulò la teoria dei corsi e dei ricorsi storici nel 1700 circa. 
Ma finiamola con la lezione di filosofia-storia-supercazzola.



Bath, cittadina inglese del sud-ovest, era conosciuta fin dal tempo dei romani per le terme e per le caffetterie.
O solo per le caffetterie, faccio sempre confusione. 
Quando arrivammo lì, Fabio ci disse le uniche cose importanti da sapere su Bath, ovvero che fu dimora di una delle scrittrici, ahimè, madre del femminismo moderno[3], e che c'era un parco carino dove poter dormire. 
Certo, per quanto mi attraesse la casa di una scrittrice fondatrice della terza ondata del movimento femminista moderno che ha come base tumblr e le relative tag #feminism, decisi di passare il pomeriggio al fresco. 
Per quanto riguarda la mia crociata contro le femministe new-age:
*Cough Cough*.
Il 4 luglio 2014, giorno dell'indipendenza americana, partecipai, come uno degli anonimi "shitposters" con username "christopherwren", nel "raid per la neutralità di 4chan."
Quando delle attiviste di tumblr tentarono di chiudere 4chan con la tag #shutdown4chan, sostenendo che 4chan fosse un covo di folli che non avevano nessun diritto di esprimersi, Io, in quanto forte sostenitore della libertà di espressione, fui uno dei primi a tentare il dialogo....ma in qualche modo, con ragionamenti logici piuttosto basilari, finii ad essere reputato un misogino.

Com'era successo?
Opera dei "Social Justice Warrior", la terza ondata del femminismo, che non si occupa più dell'equità dei sessi, ma preferisce impiegare il proprio tempo coniando nuovi termini per categorie "oppresse" dalla società, che manipolano più e più volte foto, notizie e atteggiamenti per far sembrare stupro anche il più minimo complimento fatto. 
Ma detta così sembra che io porti rancore ingiustificato. 
Per appianarvi i dubbi e portarvi dalla mia parte, ecco delle "nuove categorie oppresse".
Prego, mettete la sigla di Voyager.

“Grigio A”: Questo lo copincollo perché non ha senso.

Gray-A

1) do not normally experience sexual attraction, but can sometimes. 2) Have sexual attraction but a low sex drive 3) Have sexual attraction and drive but no desire to act upon it. 4) Those who have sexual attraction and drive but only under limited and specific circumstances."


"Demisessualismo": condizione in cui una persona non può essere attratta da una persona se non ne è attratta in precedenza.
"Fluidità di genere": la condizione in cui una persona cambia identità di genere con repentinità. 
"Transetnico": Una persona, nata appartenente ad un'etnia ben definita, si definisce transetnica quando si sente nato nel corpo sbagliato e appartenente ad un'etnia differente.
"Cis": maschio caucasico adulto senza disabilità, quindi possedente tutti i "privilegi" su cui tumblr basa il livello di "oppressione", si dice cis. 


Torniamo alla scatoletta puzzosa.

Quella volta la scatoletta non puzzava, o meglio, non mi ricordo il puzzo, perché riuscii subito a distrarmi coi paesaggi dell'area di Bath. 
Sapete tutte quelle cartoline che vi ritrovate a guardare involontariamente, ammirandone la bellezza naturale quasi forzata? 
Tutte le colline intorno a Bath sono esattamente così. 
Sono perfettamente ondulate, con questi prati verdi interminabili che si buttano a strapiombo in un mare...grigio. 

Ma mia nonna lo diceva sempre:
“Non tutte le cartoline sono perfette.”

“Diceva anche che gli uomini o si prendono per la gola, o per le palle”

“Grazie per il tuo contributo, Wren. Ora che parlo di femminismo meno male che ci sei tu a relegare la donna a cuoca o concubina.”


Appena sceso dalla scatoletta di latta, con un mal di testa classico di chi ha bevuto il mirto che si era portato dall'Italia con il suo Host-padre[4] la sera prima, incominciai a cercare Fabio per fare una conversazione con lui che era da troppo tempo che procrastinavo. 
Appena radunato il gruppo italiano, ci mettemmo in viaggio verso la casa di Jane Austen[5], la scrittrice citata in precedenza.
Certo, non era un viaggio così mostruosamente arduo, ma erano comunque 700 metri di camminata.
Jane Austen non è mai stata una scrittrice tremenda, anzi, era una donna affermata nonché un'autrice di successo. Ovviamente non in vita. Lei si rifiutò di mettere il suo nome sui suoi manoscritti e solo grazie al fratello e della sua fortunatissima prematura morte sappiamo chi fosse e chi scrisse i suoi romanzi.
Il problema gravissimo è che molte pseudo-attiviste per i diritti della donna hanno trasformato "Orgoglio e Pregiudizio" in un libro rosso[6] per la propaganda femminista. 
Ma le mie riflessioni sul post-femminismo me le tenni per me, per colpa delle troppe ragazze che avevo attorno. 
Però le mie riflessioni sul filone romanzesco che face partire la Austen le posso riportare qui. 
Proprio Pride and Prejudice fece partire lo stereotipo della trama da romanzo "giovanile". C'è la Lei, che è particolare in quanto è fuori posto nei riguardi del suo sistema di riferimento. C'è Lui primo, che è misterioso, che è innamorato di lei ma non può ammetterlo. C'è Lui secondo, che è più piacione, ma che prima della fine della trama tradirà o Lui o Lei e si rivelerà il cattivo della situazione. Questo schema poi verrà ripreso in tutte le salse. Post-apocalittico, vampiresco, zoofilo e fantasy. 

Proseguendo per il giro turistico di Bath,  trovammo l'altro punto di interesse di quella città: Il Royal Crescent. 
Un parco fatto a forma di mezzaluna, [Inserire qui tipico aneddoto inglese, di quelli che ti spiegano come la regina ci abbia pisciato dopo una notte di fuoco con il Kaiser Guglielmo e Owen Wilson], e che ha un bellissimo prato verde. 
Fabio ci diede il permesso di andarcene, un permesso relativamente agognato, visto che ci eravamo svegliati da più o meno un quarto d'ora, e che il pullman non sarebbe partito prima delle 16, ma io e la ragazza pallida avevamo già deciso cosa fare.
Ci saremmo rintanati dentro una caffetteria fresca per 3 ore.
E così facemmo. 
Con un cappuccino enormemente grande in mano scendemmo nel sottoscala-tavernetta di una fantastica caffetteria underground di cui non ricordo neanche il nome, ahimè.
Insieme a noi c'erano anche due ragazze milanesi, ma per questo non discriminabili. 
Non avevano ancora la patente al tempo, quindi non potevano rubare il parcheggio. 
Tuttavia, per colpa del meteo inglese, cominciò a diluviare a dirotto proprio quando dovevamo uscire dalla caffetteria e spostarci a Primark.
Primark è un negozio di vestiti perfetto per gli studenti squattrinati. 
Se per caso vi avessero rubato tutti i vestiti in aeroporto, non disperate, cercate il Primark più vicino e con 25£ avrete un armadio nuovo. 
Il sistema economico su cui si basa Primark, però, e un mistero. 
Tu puoi entrare, dirigerti nella sezione scarpe, e pagare 3£ per un solo paio, o andare nelle magliette e comprarne 5 a tinta unita per 12, oppure  prenderti dei maglioni di lana viola orribili solo perché costano poco. 
Non so esattamente se basa la sua economia sullo sfruttamento intensivo di piante di cotone geneticamente modificate in modo che nascano a forma di pecora o sul buon marketing, tuttavia funziona.
"Marco, perché hai preso quel maglione di lana orribile?" mi chiese Giorgia sul pullman di ritorno.
"Perché costava poco."

Si sapeva, fin da tempi immemori che in Inghilterra, d'estate, piovesse. 
E non sono qua per sfatare questo mito. 
Anzi, sono qui per confermare che non c'è cosa più bella di tornare a casa a piedi nudi nella pioggia. 
C'è un particolare momento,  quando nelle orecchie hai Meringa Lexotan[7] e senti solo il tintinnio leggero della pioggia sulla cassa dell'ukulele che hai in cartella,  in cui tutti i problemi scompaiono. 
Piano piano vanno via, e quando sei oramai zuppo, ti rendi conto che non hai problemi. 
Ti rendi conto che sei un ragazzo normale, senza particolari difetti, con una crescita pilifera facciale forse esagerata, ma a te non importa, perché la barba fa uomo maturo, che sa suonare uno strumento relativamente apprezzabile e che prima o poi troverà la relazione che ha sempre agognato. 
Se mi andrà di culo pubblicherò un libro, magari due. Mi laureerò, mi trasferirò in un altro paese. 
L'Islanda è un bel posto.
Certo, ci vorrà del lavoro, ci vorrà sudore, ci vorrà fatica, ma alla fine, tutti ci sono passati, perché non dovrei superare anche io questi ostacoli?
Chi sono io per non mettermi in gioco? 
Appena tornato a casa, ormai drenciato[8],  chiesi a Mike, il mio host-padre, come funzionasse il clima in Inghilterra. 
"Oh, It doesn't." 
Dalla cucina potevo sentire Thor, il mio compagno di stanza urlare "Helvete!"[9].
Aveva finito l'ottava puntata di Game of Thrones.








[1] Ossimoro voluto
[2] Non-mainstream
[3] Con "femminismo moderno" non intendo il movimento che tenta di dar più diritti alle donne, ma il movimento che tenta di screditare l'uomo, nato e cresciuto negli ultimi anni.
[4] Una Host-Family è la famiglia dove vai a stare in un viaggio studio, da quello, Host-padre.
[5] Autrice di Pride and Prejudice
[6] Meglio noto come Libretto Rosso o Il libro delle Guardie Rosse, fu pubblicato la prima volta nel 1966. Si compone di un'antologia di citazioni tratte dagli scritti e dai discorsi di Mao Tse-tung. Fu creato per la propaganda maoista.
[7] Canzone dell'Officina della Camomilla
[8] vedi Drenched, Fradicio.
[9] "Al diavolo!"

























Capitolo Dodici
O"In culo alla balena"




Un consiglio che si può dare in una guida, forse non questa guida(tuttavia troverebbe tranquillamente posto in una guida vagamente vaga alla Danimarca), è sicuramente "mai urlare "knep en ged" in mezzo alla strada".
Questo perché questa fantasiosa nonché impronunciabile frase significa "procrea con una capra".
All'inizio feci anche io la faccia che state facendo voi adesso. 
Ero abbastanza scandalizzato, ma, d'altronde, noi italiani abbiamo dei modi di dire molto più strani sempre incentrati sulla zoofilia.
Un esempio tra tutti è "in culo alla balena".
Quanto è grosso l'interno di un culo medio di una balena? 
Un uomo di medie dimensioni può entrarci?
Perché dovrebbe essere augurio di buona fortuna?
Sono le motivazioni alla base delle lauree di molti linguisti, immagino.
Ma come sono giunto a conoscenza di questo fantasioso modo di dire?



Freddie,la ragazza rossa danese con un nome di battesimo impronunciabile(contiene ben tre "K" danesi, che sono pronunciate "kloeh"), era intenta a scaccolarsi, probabilmente per trovare segreti di stato danesi, di fronte a tutti, e io le chiesi gentilmente di smetterla.
Con la complicità del fatto che erano le otto e trenta, lei reagì male,mandandomi a procreare violentemente con una capra.
Non solo, ma prese il mio taccuino[1] e scrisse"kraftpedervaltemig"[2]
Ah, che bel posto la Danimarca.
Pur avendo un governo di per sé conservatore, riesce ad avere la mentalità per ottenere senza problemi un sistema di previdenza sociale basato sulla ridistribuzione di risorse.



Sara, entrata dopo gli auguri di rapporti zoofili, iniziò la sua lezione sugli idioms british, e, principalmente, cockney.
Quest'ultimi, a cui si era già stato accennato in precedenza, sono coloro nati nella classe proletaria di Londra, caratterizzati soprattutto da una parlata nasale e da linguaggi gergali che, a meno che tu non li abbia studiati o non ti sia informato, sono letteralmente incapibili, e questo è perché si basano sulla rima e su ciò che rima con quello di cui si sta parlando.
Detto così sembra molto complicato.
E in realtà lo è, e per questo passeremo ad un esempio pratico.
"I went to my pope in rome, then up the apples and pairs to search formy dog and bone."
La frase che vi ho appena riportato, che ci crediate o meno, significa "sono andato a casa, poi al piano di sopra per cercare il mio telefono."[3]
Un'altra parola, rimarcabile per il semplice fatto che ora è entrata nel miodizionario british, è "swell".
Usatacome verbo "to swell" significa "inghiottire", ma un londinese degli anni 50 l'avrebbe utilizzata come aggettivo alposto di "cool".
Ne ho abusato durante il mio soggiorno rimanente semplicemente perché fa figo, dando per scontato che qualcuno capisca cosa tu stiadicendo.
Altrimodi di dire piú famosi sono quelli che con il ragionamento sono capibili da tutti senza troppi sforzi: "Cool your jets" ne è un esempio. 
Quando hai il tuo jet nell'hangar in condominio, e rientri senza raffreddarei motori, devi dire "cool your jets" al vicino a cui hai appena rovesciato la casa.[4]



In ogni caso, se state considerando la Danimarca o Londra dei posti strani, la Norvegia detiene il primo posto.
Fabio ci concesse un pomeriggio libero, che io passai con il mio romkamerat[5] e con il suo gruppo.
L, una ragazza asiatico-scandinava, colse subito la mia attenzione.
Vorrei citare un filosofo contemporaneo che una volta disse "sei bella da mordere i fili dell'alta tensione, sei bella da chiudersi in ascensore con un testimone di Geova" perché è il modo migliore che ho per descrivere quella donna.
Non solo per il fantastico maglione di lana color salmone che indossava, e sicuramente non per il culo, visto che il maglione era troppo lungo e glielo copriva, ma per quello che stava leggendo.
Era una copia in lingua originale di "The Lord of Flies".[6]
Questo mi faceva capire che non solo aveva buon gusto in fatto di libri, ma anche che sapeva bene l'inglese e questo avrebbe abbattuto anche le eventuali barriere linguistiche, visto che il mio norvegese si ferma a "Vil du pula med meg?", una delle peggiori frasi per attaccare bottone.
O almeno, bottone già ce lo attacchi, ma per l'ultima volta in vita tua.
Chiesi a Thor di presentarmi questa L, e lui eseguì, sbagliando la pronuncia di romkamerat.
Thor disse "Runkekamerat" e questo scatenò ilarità generale, tanta da chiedermi che cosa avesse potuto dire.
Disse "compagno di masturbazione".
Fantastico inizio per un Flirt con L.
Ma fortunatamente questo ci diede spunto per una conversazione su quanto possa essere difficile evitare errori come questi parlando in norvegese. 



Passammo un pomeriggio relativamente calmo, parlando di letteratura, di uva, di cinema, di lamponi, e di come avrei voluto scrivere un libro su Oxford e sulla vacanza che stavo facendo, tutto questo nel reparto frutta di Tesco.
Ad un certo punto, annoiati, entrammo al Blackwell BookShop[7]. 
Qualcosa d'altro lì colse la mia attenzione, qualcosa di più importante del culo magnifico di L che si era appena tolta il maglione lungo, La Guida in edizione integrale a poche sterline. 
Ovviamentenon mi riferisco a questa guida, ma alla Guida di DNA [8].
Quella Guida era bellissima, aveva la copertina rigida e le immaginette olografiche, una mela dell'Eden in un negozio di libri, in pratica.
Mela presi, poi esaminai meglio il culo di L. 
Per essere asiatica aveva un bellissimo culo.



Alla fine, quando ero sul bus in direzione casetta, mi arrivò un messaggio da uno dei due padovani. 
"Dove possiamo trovare dell'oppio?"
I conoscitori, anche vaghi, quali ormai sarete voi, di Oxford sanno chei tunnel dietro piazza Bonn diventano un ritrovo di spacciatori dopole sei emmezzo circa, ma solo nei giorni feriali.
Anche i criminali vanno in vacanza.











[1]Quello dove presi appunti per il tomo che state leggendo
[2]traduzione non disponibile
[3]La parafrasi è "I went to my home, then upstairs to search for my phone"
[4]Traduzione vera: "Calmati"
[5]"compagno di stanza" in norvegese.
[6]Romanzo Nobel per la letteratura dell'83, scritto da William Golding.
Per qualche strana ragione poco letto negli ultimi dieci anni.
[7]Libreria più antica di Oxford, famosa perché contiene 600km discaffali.
[8]Douglas Noel Adams































Capitolo Tredici
"Gesù uccide le droghe"





Ritrovarsi davanti alla valigia cercando delle magliette pulite e non trovarle può scatenare differenti tipologie di reazioni a seconda della persona in questione. 
La persona senza evidenti psicosi annusa le ascelle della maglietta più vecchia e copre l'eventuale odore con profumi e/o infusioni di ormoni. 
La persona un po' meno normale decide di non uscire. 
Lo studente in viaggio di studio va da Primark e compra delle maglie usa e getta da 2£.
Non è una tattica applicabile sul lungo termine, ovvio, ma può essere una tattica utile a sopravvivere quel paio di giorni in più prima che la tua host family faccia la lavatrice con la tua roba sporca che continua a procrastinare da oramai dieci giorni.
Ma tutto questo ragionamento non può essere applicabile quando ti svegli con un mal di testa e senza ricordi del giorno prima.



Presi il telefono per guardare che giorno fosse e per controllare che non fosse semplicemente una giornata storta. 
Ma no, avevo perso un giorno. 
Letteralmente.
Non ricordavo nulla del 22 luglio e per qualche strana ragione mi ritrovavo con un mal di testa al posto di esperienze vissute.
Nel mentre Thor era ancora nel letto a fissare la strana scena dall'esterno. Un omino peloso che inveisce in un'altra lingua che,  a detta di molti nordici, "sembra sempre una canzone", non è una vista comune.



"Thor, a che ora sono tornato ieri sera?"
"Sei entrato zoppicando con Pizza verso l'una."
"Pizza?"
"L'altro coinquilino italiano."
I quesiti, ovviamente, aumentavano, quindi scesi in cucina dove trovai Pizza che stava avendo una colazione a base di toast e burro.
"Hai fumato oppio." Disse placidamente mentre spalmava il burro sul toast.
La scena era la classica.
Io con il cuscino ancora attaccato alla faccia che vedevo Pizza fare da padrone di casa come se fosse stato effettivamente il padrone.
"Oppio?"
"Oppio."
"Ti sembro un cinese del diciottesimo secolo?"
Ci fu un intenso scambio di sguardi.
Io guardai il toast.
Il burro guardò me.
Pizza guardava il burro.
Il toast veniva mangiato da Pizza.
"Mi hai chiesto di prendere appunti sul tuo taccuino, ieri sera."
Il taccuino, effettivamente, riporta ancora oggi diversi geroglifici con la scrittura di Pizza.
Una volta decifrati, riportano "Poca percezione dello spazio e del tempo, battito cardiaco accelerato, tanto freddo. Tu sai chi ha fatto un pompino a quello lì. Marco perché cazzo hai fumato"
Certo, forse il mal di testa da hangover mi avrebbe dovuto suggerire che la sera prima finì così. 



Dai pochi ricordi che ero riuscito a raccogliere nel tempo che il caffè avrebbe impegnato per bollire, evincevo che la sera prima, dopo le attività serali, fumai oppio con i Padovani.
O almeno credo.
Non bisogna mai fidarsi di quello che pensa un caffeinomane prima del caffè.
Dopo l'espresso andai a cercare una maglia qualsiasi e mi misi dei pantaloni qualsiasi, per poi dirigermi verso la fermata del pullman.
Le gambe erano piene di acido lattico come se avessi corso chilometri la sera prima, la testa mi faceva male come se avessi avuto un clacson all'orecchio per tutto il giorno, e come se non bastassero le mie sventure fisiche, si mise pure a piovere. 
Che giornata di merda. 



Sul pullman trovai un po' di pace, almeno per un paio di minuti, finché non salì Parrot.
"Marco, stai bene?" mi chiese in tono molto preoccupato.
"Dovrei stare male?" 
"Beh, sì."
"E perché?"
Incominciò a guardarmi in un modo piuttosto peculiare, come se avessi detto qualcosa di strano. 
Si alzò e salì al secondo piano del double decker[1] senza dire una parola.
Me ne rimasi lì con le cuffie nelle orecchie finché non arrivai aOxford e lì mi venne in mente una cosa che forse mi sarei dovuto ricordare prima. 
Dovevo essere a scuola. 
Mezz'ora prima.



Arrivato a scuola, con una scusa già in mente, qualcosa di relativamente credibile come "stavo mangiando Gorgonzola e sono morto", notai che c'era troppa gente fuori dall'edificio. 
A quanto pare molti bus erano in ritardo a causa di un qualche arresto di massa nei tunnel di piazza Bonn e quindi ebbi l'opportunità perfetta per mescolarmi e saltarmi una ramanzina da Sara. 
Salii quatto quatto all'aula Red 2, appena dopo il corridoio verde, dove c'era Sara in attesa.
"Marco, ci hai graziato della tua presenza"
"Beh, il pullman era in ritardo e..."
"Stavamo intavolando una fantastica discussione sull'abuso di stupefacenti. Vuoi sederti e favorire?"
Non poteva saperlo. 
A mala pena lo sapevo io, Sara non poteva effettivamente essere capace di essere a conoscenza di ciò.
E infatti non lo sapeva, ma scelse le giuste parole nel momento sbagliato.
"Sì, insomma...le droghe..Uccidono Gesù?" affermai facendo il classico sorriso del colpevole di omicidio che tenta di nascondere il cadavere della sua ultima vittima la domenica mattina ma il vicino gli chiede "Vuoi una mano?".
"In Finlandia Gesù uccide le droghe."[2]disse Peruna[3], il ragazzo finlandese.
Dopoi dieci minuti in cui tutta la classe restò ferma, tentando di capire da dove uscisse quel ragazzo e soprattutto perché disse una frase del genere, andai a sedermi, ma mi addormentai quasi subito.



Al momento del mio risveglio notai, per la seconda volta, che era il 23 luglio. 
Eral'ultimo giorno della mia seconda settimana a Oxford. 
E l'ultimo giorno del gruppo italiano che stava due settimane, tra cui Parrot, Pizza, i Padovani..Insomma, tutti quelli che ho presentato ad eccezione di Giorgia, escludendo due ragazze che erano riuscite a farsi concedere una settimana in più, le non ho conosciuto, almeno in quelle prime due settimane, a fondo, e il che è male, poiché mi sarei sbattuto violentemente una delle due. 
...Che molto probabilmente sta leggendo questo. 
Tagliando le vane narrazioni manieristiche, introduciamo il vero avvenimento della serata.
Ebbi l'occasione di parlare con i Padovani che ebbero la cortezza di spiegarmi che era successo.
"Siamo andati in una piazzetta infrattata[4] e abbiamo fatto su un paio di joint.Ti sei fatto un paio di tiri e sei finito in uno stato pre-fetale." Affermarono i due padovani completandosi le frasi a vicenda.
"E perché sono rientrato a casa zoppicando?" 
"Sei inciampato sul marciapiede." Aggiunse Pizza.
"E perché hai scritto "Tu sai chi ha fatto un pompino a quello lì." sul taccuino?"
"Perché poi l'avresti scritto sul libro."
"Pizza, vaffanculo, mi hai fatto stare in pensiero tutto il giorno." 
"Lo sai che è grazie a noi che non sei già in Italia, vero?"
"Cosa?"
"Quando ti abbiamo riportato a casa c'era un leader sul bus e siamo stati noi quelli che ti hanno fatto calmare."
"Penso che per stasera passerò."
Nel mentre che mi allontanavo dalla piazzetta e mi dirigevo verso piazza Bonn, sentivo l'odore dell'oppio che veniva bruciato.
O almeno, sentivo che non aveva odore.
Perché l'oppio non ha un odore particolare come le altre sostanze stupefacenti che io...non ho mai provato, mamma. Giuro.



La mia prima ultima sera fu deprimente. Io e Charlotte ci facemmo la promessa di non vederci e non parlarci più, perché sarebbe stato più semplice dimenticarci in questo modo. Io non tenni fede alla promessa. La mattina alle cinque del mattino ero davanti al suo pullman verso Gatwick per salutarla con un ultimo bacio. Forse per evitare di pensarci, quella sera andai al pub. Ma non c'è modo di non pensare ai tuoi amori passati. Sfido chiunque a non pensare per ventiquattro ore a chi ti ha modificato a tal punto da non riconoscere più la persona che eri prima di entrare in sintonia con lei.



Quando tornai a casa notai che c'era Pizza sull'uscio. Sembrava triste. 
"Ultimo giorno?"
"Ultimo giorno."
"Avrei voluto conoscerti di più. Ma sai com'è, orari diversi.."
"....la scuola..."
"...la figa."
Immagino che anche Pizza abbia tante cose da dire, delle voci di corridoio mi dicono che si è sbattuto come un ovetto mezza Norvegia. Ma ehy, è de Roma, non mi vien facile intervistarlo. Ora che ci penso, mi ricordava molto Trilussa. Stessi baffi.





Una volta tornato a Milano strinsi di molto il rapporto con Parrot.



[1]Autobus a due piani tipicamente british
[2]Semicitazione: "Nella Russia sovietica, Gesù uccide le droghe".Il tutto ha senso visto che la Finlandia era una colonia Russa.
[3]"Patata" in finlandese.
[4]Luogo oscurato per il rispetto della privacy degli abitanti di quella piazzetta 
































Capitolo Quattordici
"Asciugamani-mantello"





"La guida galattica per autostoppisti dice alcune cose sull'argomento asciugamano. L'asciugamano, dice, è forse l'oggetto più utile che un autostoppista possa avere. In parte perché è una cosa pratica: ve lo potete svolgere intorno perché vi tenga caldo quando vi apprestate ad attraversare i freddi satelliti di Jaglan Beta; potete sdraiarvici sopra quando vi trovate sulle spiagge dalla brillante sabbia di marmo di Santraginus V a inalare gli inebrianti vapori del suo mare; ci potete dormire sotto sul mondo deserto di Kakrafoon, con le sue stelle che splendono rossastre; potete usarlo come vela di una mini–zattera allorché vi accingete a seguire il lento corso del pigro fiume Falena; potete bagnarlo per usarlo in un combattimento corpo a corpo; potete avvolgervelo intorno alla testa per allontanare vapori nocivi o per evitare lo sguardo della Vorace Bestia Bugblatta di Traal (un animale abominevolmente stupido, che pensa che se voi non lo vedete nemmeno lui possa vedere voi: è matto da legare, ma molto, molto vorace); infine potete usare il vostro asciugamano per fare segnalazioni in caso di emergenza e, se è ancora abbastanza pulito, per asciugarvi, naturalmente [...]"
"Marco, non spiega perché tu abbia un asciugamano attaccato alle spalle." Disse Sara.



A Fabio venne un'idea tremendamente fantastica per il pomeriggio del 24 luglio.
Per festeggiare le prime due settimane di vacanza senza crimini conosciuti ai più, organizzò un BBQ.[1]
Lo pensò piuttosto bene: comprò diverse confezioni di "svizzere", come il dialetto di Forlì recita, e ci disse di portare degli asciugamani, visto che avremmo fatto questa grigliata ai Christchurch Meadows, dove, per rinfrescarvi la memoria, c'è una sponda del Tamigi e maggior parte del traffico di droga di Oxford dopo l'arresto avvenuto il giorno prima.
Quando preparai la borsa, controllai il meteo preventivamente, che recitava esplicitamente "sole che spacca le pietre", quindi non portai la felpa e misi un telo-fiume nella borsa.
Ma è dell'Inghilterra che parliamo.



Solamente perché non avevo preso la felpa, si alzò un vento proveniente direttamente dall'Artico.
Con quel poco che avevo nella borsa tentai di proteggermi dalla tempesta sopracitata, e quel poco comprendeva un asciugamano e una copia della Guida.[2]
Quando scesi dal bus a Carfax, feci l'unica cosa possibile per ripararmi dal gelo: mi legai al collo il telo e ne feci un mantello.
In questo caso, la regola "sappi dov'è il tuo asciugamano" mi ha salvato la vita.
Beh, diciamo che mi ha salvato da una congestione.



"Sara, avevo freddo."
"Sei una delle persone più strane che io abbia mai conosciuto, Marco, non sai neanche sopportare un po' di vento." aggiunse Sara.
"In Finlandia, questo tempo lo chiamiamo siccità" disse Peruna, con un accento fin troppo russo.
Da quel punto della lezione in poi, mi rinchiusi in un bozzolo di microfibra per pensare alla linea di mantelli-asciugamano che lancerò come fece Beckham con le mutande, ovvero con spot in cui appaio con solo il mantello addosso, per i quali diventerò famoso in tutto il mondo, ma finii per addormentarmi, e dormii anche bene, finché Sara non mi svegliò per dirmi che dovevo andare a pranzare.
"Il tempo è un'illusione, l'ora di pranzo una doppia illusione[3], Marco."
"Ancora cinque minuti per favore"
"Muoviti su che ho fame anche io. E  per favore, domani non farti vedere con quell'asciugamano addosso che è sporco di dentifricio e chissà di cos'altro."



Nell'atrio del centro ebraico c'era Fabio con due buste piene di hamburger e, subito dopo aver riso per come ero vestito, me ne passò una. Il solo fatto che era nell'atrio di quel posto con della carne poteva essere religiosamente molto offensivo, ma almeno non eravamo in un centro vegano.
Il clima nel frattempo cambiò leggermente, ma cambiò quel poco che basta per far piovere a dirotto come se Diana la mandasse.
Dopo dieci minuti uscì Apollo, poi tornò il gelo polare, poi il sito del meteo morì.
Fortunatamente, appena arrivati ai Meadows, un leggero tepore si disperse per tutta Oxford, e potemmo iniziare a scaldare le griglie usa e getta.



Il locus amoenus sorgeva come una piccola scenetta bucolica a cui la maggior parte dei miei lettori non potrà associare nulla perché sto per ammettere uno dei miei più grandi difetti: la mia assurda convinzione che tutti abbiamo il mio livello di esperienza e conoscenza.
E non sto parlando di vane nozioni empiristiche relative a questo o quell'altro argomento che servono a riempire frasi, né benchemmeno a funzioni muscolari meccaniche come "scrivere un libro". Sto parlando della conoscenza di base del mondo. Parlo di politica, di geografia, di storia, di filosofia e di lessico. 
Forse per un ottimismo innato penso che tutti sappiano che significhi una tal parola piuttosto che un'altra, tuttavia attraverso dei confronti mi accorgo che non tutti riescono a capirmi per colpa di muri che io stesso erigo per i quali la gente mi scarta o mi sopravvaluta. E questi muri sono miei, miei per natura. 
Questo vale per la scrittura come vale per la vita. Mi aspetto che la gente riesca in caratteristiche che so di avere, mi aspetto che la gente abbia la testa per starmi dietro quando mi getto in voli pindarici che di per sé sono atti a dimostrare quanto io sia o non sia abile con la dialettica o con qualche argomento di maggior o minor importanza, tuttavia non sono apprezzati. Spesso mi immedesimo nella storia di Rousseau. Chi non è stato apprezzato durante l'infanzia, rischia di aver paura di non essere apprezzato per tutta la vita.
E qui potrei continuare per veramente molto tempo, narrandovi di eventi che mi hanno portato a rifiutare comunque un adattamento al viver comune, scegliendo la mia felicità alla felicità del mio ascoltatore, rinunciando in questo modo alla comprensione e all'accettazione, ma questa digressione si è protratta a sufficienza. 
E capisco anche che a molti di voi non possa fregar di meno, ma un'autobiografia è anche questo. Introspezione.




Dicevamo, il locus amoenus.
Il profumo di hamburger bruciati aleggiava nell'aria da qualche minuto quando ci ricordammo di non averne messi sulla griglia: questo perché una delle due buste con la carne aveva preso fuoco.
Tra l'isteria di massa generale solo Fabio mantenne la calma, e con quest'ultima che governava ogni sua mossa, prese il mantello e lo utilizzò per prevenire altri danni.
Il fatto che io avessi il mantello aiutò a spegnere l'incendio, visto che non potevamo urlare alla busta "buttati a terra e rotola".
O avremmo potuto farlo, ma saremmo ancora lì ad aspettare la reazione del sacchetto.
Almeno ci mangiammo le rimanenti svizzere senza pericolo di incendi involontari.
C'era, tuttavia, ancora il problema delle anatre che, tra l'altro, ho scoperto solo negli ultimi giorni come non fossero anatre ma in realtà oche.
Non è molta la differenza, eccetto il fatto che sono due animali completamente differenti.
Ma le chiamerò comunque anatre.
Quelle creature malvagie, con denti aguzzi e mentalità da killer seriale, provarono più e più volte a beccare la busta con il rancio rimanente, e solo l'intervento di Fabio con un asciugamano bagnato utilizzato come arma impropria[4] le allontanò definitivamente.



Dopo il barbecue, la Disco aspettava.
La Disco in sé non fu troppo malvagia, mi intrattenni con L nel patio esterno, durante e dopo.
Durante la Disco giocammo ad uno dei giochi più in voga in Svezia, il "Bostongurka", ovvero al "Cetriolo di Boston", a cui ho scoperto di essere veramente bravo, anche se non ho ben capito le regole.
Ci si mette in cerchio, si canta questa canzone che ritrae un cetriolo povero in vacanza a Boston e si batte le mani.
In qualche modo si viene eliminati, ma non ho capito come.
Sicuramente non si viene eliminati se non si ha la più pallida idea di cosa si stia facendo.



Dopo la Disco, io, L, Thor e un'"amica" di quest'ultimo, andammo a fare un giro per il centro, quando si alzò un vento gelido. Sia io che L avevamo solo una maglietta, ma io avevo un asciugamano, precedentemente comprato da Primark per sostituire quello oramai carbonizzato, che ci offrì un bozzolo di intimità che scacciò Thor e la sua amica, e che ci permise di conoscerci più a fondo.
Eravamo accucciati a parlare su una panchina, con del sushi in mezzo a noi due, quando lei prese l'iniziativa e mi baciò.
"Marco, mi piaci davvero tanto." disse subito dopo.
Ah, i vantaggi che ti può dare un asciugamano nuovo.
Fa addirittura innamorare le ragazze di te.



[...] la citazione continuò, ma non la riporto tutta,  dovreste aver capito il concetto. Tratta direttamente dalla Guida Galattica per autostoppisti.
[1] Diminutivo di Barbecue, ovvero grigliata.
[2] Guida galattica per autostoppisti.
[3] Altra citazione dello stesso libro.
[4] si ricorda la pericolosità degli asciugamani bagnati o degli studenti universitari di Forlì affamati.






















































Capitolo Quindici
O "Peter Parker"



Si consiglia la lettura in inglese del testo che segue principalmente perché è stato ideato in inglese e i giochi di parole risultano divertenti solo in lingua originale.



"When a tornado, formed in the middle of the sea, meets a pack of genetically modified sharks, a genetically modfied horrible film is created. Excellent opening line
The Asylum, the producer of this jaw-dropping (hehe, Jaw) pile of fuming biological waste was already know in half the western world for creating the "mockbuster" genre. 
Whenever a blockbuster came out, The Asylum had a horrible copy of it ready to be released.
Everyone remembers Jaws. Jaws was a nice thriller/horror movie, with a nice concept and a plot that actually made sense.
In Sharknado, Mr Sixpack, surf champion, has to save his family from this tornado made out of sharks. 
The main problems are that Mr Sixpack's IQ is practically zero, and Los Angeles's streets are flooded. 
Basically, the film makes little to no sense until the only actress capable of more than two facial expressions falls from an helicopter and gets eaten. 
But then, Asylum decided to break the laws of logic and of the digestive system of a shark, because in the following scene, we can find a chainsaw-wielding Mr Sixpack cutting in half a shark that changes dimension from every angle from the inside. 
In fact, Mr Sixpack leaps into the Shark's mouth with a chainsaw only to emerge afterwards from this shark's split corpse, carrying the completely unchewed and undigested actress who was previously eaten.
If your brain still hasn't been made into spaghetti by now, you may see the final scene of this masterpiece. 
Sharks fall. 
They just fall from...up.
Everything our incompetent actors did, involving launching a home made A-bomb inside a tornado and dying, was useless. 
But this isn't the worst part. 
The main problem, apart from its mere existence, is that it has a sequel. 
With Anthony "Why do you even exist" Ferrante behind the camera, this film will be remembered for the eternity as the main cause behind self-harming teenagers.



The only reason you'd watch this film is because you're nuts.





Fantastic work, Marco. 
Near-perfect grammar and spelling, very sophisticated and varied vocabulary, and your humour is spot-on.
Unfortunately, you kind of made me want to watch this film just to see if it's humanly possible to be that bad.



You deserved that coffee."



Traduzione per i non anglofoni:







"Quando un tornado, formato nel mezzo del mare, incontra un branco di squali geneticamente modificati, un film geneticamente modificato è creato. Buona linea d'apertura
L'Asylum, la casa produttrice di questa pila fumante di scarti biologici era già famosa in metà dell mondo occidentale per aver creato il genere del "mockbuster"[1].
Ogni qual volta un blockbuster venisse pubblicato, l'Asylum aveva già pronta una brutta copia pronta per essere pubblicata.
Tutti si ricordano "Lo Squalo". "Lo Squalo" era un buon thriller/horror, con un nice concept e una trama che effettivamente aveva senso. 
In Sharknado, Mr Addominali, campione di surf, deve salvare la sua famiglia da un tornado fatto completamente da squali. 
I problemi principali sono che il QI di Mr Addominale è rasente allo zero, e le strade di Los Angeles sono allagate. 
In pratica, il film ha poco senso (lett. poco a niente) fino a che l'unica attrice capace di più di due espressioni facciali cade da un elicottero e viene mangiata. 
Ma poi, l'Asylum decide di rompere le leggi della logica e dell'apparato digestivo di uno squalo, perché nella scena seguente possiamo vedere Mr Addominali con una motosega in mano tagliare a metà un squalo, che cambia dimensioni a seconda dell'inquadratura, dall'interno.
Infatti, Mr Addominali si lancia dentro la bocca di questo squalo con una motosega, e subito dopo, emerge da una metà del cadavere di questo animale, portando con sé il corpo dell'attrice precedentemente mangiata completamente intatto, non masticato e non digerito. 
Se il tuo cervello ancora non è diventato pappa reale (lett. diventato spaghetti) fino ad ora, puoi riuscire a vedere il finale di questo capolavoro. 
Gli squali cadono. 
Semplicemente, cadono da...sopra.
Tutto ciò che i nostri attori incompetenti hanno fatto, tra cui lanciare una bomba atomica improvvisata e morire, si dimostra inutile. 
Ma questa non è la parte più brutta.
Il problema, tralasciando la sua sola esistenza, è che ha un sequel. 
Con Anthony "perché esisti" Ferrante come regista, questo film resterà negli albi come la principale causa di teenager autolesionisti.



L'unica ragione per cui guarderesti questo film è perché sei impazzito.



Lavoro fantastico, Marco. 
Grammatica e ortografia quasi perfette, vocabolario vario e sofisticato, e il tuo humour è azzeccato. 
Sfortunatamente, mi hai fatto venire voglia di vedere questo film solo per vedere se è umanamente possibile essere così terribili.



Ti sei meritato quel caffè."







Sara di certo non si aspettava questo tipo di recensione quando sfidò tutta la classe recensire il film che più aveva influito sulla nostra vita. 
Sarebbe stato troppo semplice fare la recensione di un film bello, come l'ultimo Transformers. 
Ma in quel caso, sarebbe stato veramente difficile non scrivere *BOOM 'XPLOSIONZ* fino a coprire tutta la pagina. 
Bel lavoro, Michael Bay, ci vediamo l'anno prossimo con altre esplosioni e meno trama!
Ma torniamo all'argomento centrale di questo capitolo. 
L'odio che tutta l'umanità dovrebbe provare per Anthony Ferrante.
Tony, seriamente, cosa ti è venuto in mente? 
Avevi fumato oppio?
Dovrei incolpare questo Anthony Ferrante per qualsiasi cosa accada di brutto al mondo. 
Anthony Ferrante, è colpa tua se stamattina mi si è spezzato il biscotto nella tazza.



Uno dei musei completamente gratuiti di Oxford che indubbiamente vale almeno tre ore del vostro tempo è il Pitt Rivers Museum. 
Prima di tutto perché è gratis, e a caval donato non si guarda nell'intestino crasso.
Secondariamente perché ha una delle collezioni di oggetti di uso comune di quasi tutte le civiltà al mondo più grandi del globo.
Pitt Rivers fu un buon archeologo con troppo tempo libero. A quanto pare suo zio era George Douglas, e io ipotizzo una eventuale parentela con Michael Douglas.
Non perché si somiglino, ma perché anche Michael Douglas ha troppo tempo libero, infatti partecipa a qualsiasi cosa. 
Sapevate che ha fatto delle voci per Phineas e Ferb?
Io l'ho notato solamente quando ho premuto il tasto giallo del telecomando per sbaglio e ho esclamato "Ehy, quello è il cattivone che vuole male a quello di Transformers!"[2]
Il Pitt Rivers museum è molto bello anche per i dodo.
Non solo perché a quanto pare sono lontani parenti di una specie di volatili assassini che oramai conoscerete benissimo (e non solo perché erano animali fondamentalmente stupidi, bensì perché erano animali altamente territoriali, esattamente come la tipica milanese).



"Marco, a questo punto la nostra pazienza sta per finire. Tutti sanno che i Dodo sono estinti.", direte voi lettori.
E avete ragione. 
I dodo sono estinti. 
Ma sapete dove vengono studiati i resti? 
Nel Pitt Rivers Museum. 
Un punto a me, Lettori miscredenti.
Oltre ad avere una collezione enorme di oggetti di uso quotidiano, quel museo ha anche alcuni degli scheletri di animale meglio realizzati e categorizzati al mondo. 
E con questo intendo dire che le anatre sono vicino agli squali perché sono entrambi predatori spietati che fanno più di 300 vittime ogni anno. 
Beware of the goose. [3] Citava un cartello.





Ma questo non era quello di cui mi preoccupavo.
Infatti, in quel momento il museo mi sembrava più una prigione.
Dopo quello che era successo la sera prima ero solo ansioso che L mi rispondesse al telefono, così sarei potuto evadere da quel museo e fuggire verso le coccole al parco, parte integrante di una relazione tra studenti, come le malattie veneree e Starbucks.
Quel messaggio non arrivò.
Quindi tornai a casa e notai un ragazzino cinese in camera mia. 
"Come hai detto che ti chiami?"
"Peter Parker"
"Da grandi poteri derivano grandi responsabilità"
"Cosa?" 
"Esatto"
Non penso si chiamasse veramente Peter Parker, poiché per qualche strana ragione l'STS cinese permette agli studenti di assumere nomi anglofoni per facilitare le interazioni sociali.
Però dai, devi essere cattivo se dai a un tuo studente il nome "Peter Parker". 
Vi risparmio la serie di battute che lui non colse ma che io e Thor ci divertimmo a fare a cena. 
Durante la notte ideai un piano fantastico per andare in Cina e fingermi Bruce Wayne, con tutti i vantaggi del caso, compreso avere ben 5 Robin di cui solo uno morirà per colpa mia, ma il tutto si concluse con una russata talmente rumorosa che mi svegliò.









[1] Un Blockbuster è un film molto famoso o creato con un alto budget, un Mockbuster è un film creato per prendere in giro la precedente categoria, da to mock=prendere in giro.
[2] I.E. Michael Douglas è l'antagonista di Shia LaBeuof in "Wall Street Il denaro non dorme mai"
[3] Attenzione all'anatra.



Capitolo Sedici

O "Straffor'iupen Ivon è un posto bello"





In una guida vagamente vaga che ha come luogo principale l'Inghilterra non poteva mancare una descrizione vagamente vaga alla città che ospitò la nascita di uno degli scrittori inglesi che ha incrementato il tasso di mortalità nelle opere teatrali negli spettatori di quest'ultime.
Ma d'altronde, Shakespeare è apparso più volte nel mio libro, non voglio fargli troppa pubblicità.
Stratford upon Avon [Straffor'iupen Ivon] è una cittadina inglese famosa per due cose: la nascita di Shakespeare e i mercatini dell'usato.
Mentre per il primo argomento un libro di letteratura copre sicuramente l'argomento in modo più esaustivo, per i mercatini dell'usato si deve constatare personalmente spendendoci delle sterline, oppure, se non si ha in progetto un viaggio, si può leggere questa guida.



Angelica e Sandra, entrambe di Roma, erano le due ragazze che riuscirono, tramite bustarelle e suppliche ai genitori, a farsi rinviare la partenza di una settimana.
E il che è bene, perché questa fantastica combinazione di eventi mi permise di conoscere una vera attrice.
Angelica, infatti, era un'attrice.
....e un Hipster.
Bisogna dire che anche l'Italia produce Hipster.
È una cosa che mi viene difficile da spiegare, ma l'Italia produce Hipster.
E di prima qualità, per altro. 
È strano ammettere che il paese che ha fatto della conformità la sua bandiera (come possiamo notare nella generazione 92-95), che ha fatto dell'anticonformismo un conformismo totale, se questa proposizione ha un minimo di senso, possa produrre degli anticonformisti veri come Angelica, Sandra e Fabio. Forse perché non abbiamo molti modelli di anticonformisti veri. O meglio, li avevamo e li avremmo, ma nel momento stesso in cui ci si propone di somigliare di più a questi tutto si risolve in una grande matassa di anticonformisti conformizzati. 
Credo di essermi dimenticato di cosa stessi scrivendo.
Oh, già, dei mercatini dell'usato di Stratford.
Io non sapevo molto, al tempo, delle Romane. Tutto quello che sapevo e che a Roma c'erano i Parioli, e i ragazzi cresciuti in quel quartiere erano definiti Pariolini. E secondo una nota canzone sui Pariolini, essi fanno, in quest'ordine, compravendite di cocaina, le aperte coi motorini, mettevano adesivi sui caschi per dimostrare il proprio fascismo. Non ho mai trovato nessun riscontro di questa generale concezione nella vita reale.





Stratford offre agli studenti squattrinati, quali io, Sandra e Angelica, una serie di bancarelle specializzate in vendita di cimeli vintage che rischiano di essere la causa del termine delle poche sterline rimaste alla fine di un viaggio.
Questo non ci fermò minimamente dal comprare oggetti potenzialmente inutili, come un paio di binocoli usati del 38.
Rimangono comunque le quattro sterline meglio spese della mia vita.
Per quanto riguarda Angelica e Sandra, spesero i loro soldi in articoli che rappresentano perfettamente l'espressione "Old World Blues".[1]
Si riferisce a coloro così ossessionati con il passato che non riescono a vedere il presente, e tanto meno il futuro.
Ora, i lettori più attenti si faranno la domanda: "ma una persona che scrive del suo passato non descrive perfettamente quell'espressione?"
Ebbene sì, mia cara dozzina, ma intendevo un'altra cosa. 
Intendevo dire che nella situazione di precaria squattrinatezza in cui ci trovavamo, spendere soldi per qualcosa di così lascivo e non essenziale non fu una mossa intelligente.
Ma ehi, YOLO[2].
Come capitammo in mezzo a quelle bancarelle però è una storia più interessante.



Io, Angelica e Sandra, annoiati poiché eravamo già stati a Stratford Upon Avon in tempi passati, giravamo per il centro quando ci capitò tra le mani un volantino su un museo di treni.

Il percorso dal luogo dove raccogliemmo il volantino al museo passava in mezzo alle bancarelle e ci siamo distratti, ecco tutto.

Che belli i treni.
Sapevate che sono il principale mezzo di locomozione italiano? 
Cioè, sarebbero il primo, se funzionassero e se fossero puliti.



In una nota completamente secondaria, a quanto pare Straffor'iupen Ivon ospitava uno dei miei sei-dodici-ventiquattro sosia, a seconda della teoria utilizzata.
Angelica mi convinse a fermarlo per una foto.

Non pensate mai che siete unici soltanto perché non è mai stato trovato uno simile a voi? 

Cioè non si è unici se si pone la possibilità che ci potrebbe essere una persona simile a voi, si è solo "uno come quello lì" e non si tratta di trovare il tuo sosia, ma di accettare di non essere unici e quindi di essere rimpiazzabili da qualcun altro. 

Devo smetterla di pensare al conformismo e all'anticonformismo.
   
Il pomeriggio ci trasferimmo al Worwick Castle [uo'uic cassol], famoso per...cose.    
Cose che non so definire. Se devo dire la verità, non sapevo dell'esistenza di questo uo'uic cassol fino alle 14 del 26 luglio.
Ma questo castello mi diede l'opportunità per provare il binocolo.
Solitamente, come la canzone "Night Vision Binoculars" descrive bene, i binocoli li portano solo gli stalker, nella canzone descritto come ragazzo innamorato.
Ma io non sono uno stalker. Purtroppo non ho ancora trovato la ragazza che mi ha fatto trasformare in stalker.
Spero di trovarla.
Credo. 
Ma anche i miopi dovrebbero portarsi sempre dietro dei binocoli.
Infatti, se ci si ritrova in un posto come il Uo'uic cassol, dove gli spettacoli con gli attori che si prendono a mazzate sono in un prato dove l'unica zona d'ombra è a cinquanta metri, i binocoli sono perfetti.
Ma mi viene in dubbio di carattere linguistico.
"Binocoli" è come pantaloni e forbici, vero?
Ma avrete capito.
Perdonate gli eventuali errori dati dalla confusione.



Tornato a Oxford verso le cinque, mi aggregai a Giorgia per una cena a base di baguette e Philadelphia che si concluse con un ammissione di tutte le calorie che avevamo ingestito  e con il susseguente senso di colpa.
Andando verso la fermata del bus, pensando che la giornata fosse finita, mi ritrovai Peter Parker con uno zaino di Spider-man al seguito. 
Multiverso carissimo, ho capito a che gioco stai giocando.
Avevo annunciato la scrittura di questo tomo a maggio, e tu mi hai preparato tutta la vacanza in modo tale che io scrivessi il libro meno credibile possibile.
Non so se ringraziarti o odiarti.
Ma è okay.
Il libro è quasi finito e tu non mi hai impedito di scriverlo.
Multiverso 7 io 1.



[1] L'espressione deriva dal videogioco e dal fumetto di Fallout:New Vegas
Non penso sia stata effettivamente inserita nell'elenco delle espressioni utilizzate.
Ma in questo caso "The more you know"
[2] Motto molto diffuso sui social media che sta a significare "you only live once".
Non particolarmente divertente, a meno che non usato in modo sarcastico.





















Capitolo Diciassette
O "Le teorie sono poco utili”







Secondo alcune visioni del mondo, gli studenti di viaggio studio sono creature che trasformano il caffè in pomiciate furiose. 
Secondo altre visioni, sono creature che trasformano il caffè in country internazionale. 
Il 27 luglio ebbi l'opportunità di comprovare una di queste teorie.



Quella domenica ci erano state poste differenti attività dai vari leader. Chi voleva andare al parco a "polleggiare"[1], chi voleva andare a prendere il gelato, chi voleva andare a vedere "The Fault in our stars"..
Insomma, si poteva fare a grandi linee ciò che si voleva con chi si voleva. 
Io, nel tentativo di parlare con L (bisogna ricordarsi che erano ormai tre giorni che non  si degnava di parlarmi), mi aggregai al gruppo della leader norvegese.
Non perché volessi entrare nei pantaloni di.. uh.
"Wren, come si chiamava?"
"Non so. Kraken?"
"Kraken."
"Credo. Dovresti essere tu quello attento. 
Vuoi seriamente dirmi che non hai appreso appunti su quella topa?"
"Beh, no."
"Porca troia Marco, dovevi fare una sola cosa e non ci sei riuscito."
"Wren, ti ho riportato a casa solo con delle lievi lesioni, cosa ti aspettavi?"
"Beh, che chiedessi il numero a Kraken. O almeno che ti annotassi il nome."
Quindi mi aggregai a Kraken, ma non perché volessi entrarle nei pantaloni.. 
Anche se ci starei, i pantaloni di un mostro marino sono abbastanza grossi.



Insieme a me speravo venisse L, che forse avrebbe colto il leggero consiglio, sarebbe stata una cosa carina da fare.
Ma no, non lo fece. 
Però nel gruppo c'era Freggia.
“Karen. Il nome era Karen.”
“Wren, interrompi la narrazione. Ricordati che non siamo in uno spettacolo teatrale, i tempi comici sono importanti!”
“Sì, i tempi comici sono una cosa bellissima, ma qualcuno deve pur aiutarti a vendere sto libro. Non puoi basarti sulla disinformazione, non sei mica un qualsiasi partito di destra!"

C'è una teoria che tento sempre di comprovare ovunque io vada. 
Le camice a quadri oramai sono passate di moda, a meno che non si è in presenza di un boscaiolo o di una lesbica.
I boscaioli sono abbastanza facili da riconoscere. 
Camicia a quadri, barba fitta, solitamente con un tronco da qualche tonnellata su una spalla, insomma, il classico boscaiolo canadese.
Per quanto riguarda le lesbiche, il ragionamento si fa molto più selettivo: basta controllare se il soggetto in questione possiede una camicia a quadri. 
Freggia, quella domenica, portava una camicia a quadri.
Capii molte cose tutte di colpo. 
Certo, avrebbe potuto dirmelo, non mi sarei di certo offeso. 
Ci sarebbero state così tante frasi di circostanza da dire.
"Scusa, non esco con te perché non mi sento in dovere in quanto donna indipendente con capacità di scelta"
"Scusa, non esco con te perché mi piace la passera." 
Sarebbe stato piuttosto divertente. 
Non per me, ovvio.



Presi quel minimo di palle che mi erano rimaste e glielo chiesi una volta per tutte. 
"Freggia, quindi non sei uscita con me perché sei...di là?"
"Cosa?"
"Lo sai...della sponda opposta."
"Mi stai chiedendo se mi piacciono le donne?"
"Sì."
"No."
Questo comprovò effettivamente l'inefficacia della mia teoria.



Fortunatamente, a salvarmi da quella situazione imbarazzante arrivarono Angelica e Sandra,  che mi portarono in un posto degno di una guida a parte solo per descriverne la..Figaggine. 
Questo posto di cui non posso citare né l'indirizzo né il nome completo, è il primo pub-caffetteria che mette a disposizione giochi da tavolo ai clienti.
Immagino che non tutti i miei lettori siano così eccitati di sapere che esiste un posto che ti permette, per sole 5 sterline o 3 se effettui una consumazione, di spendere rinchiuso in un posto piccolo e freddo un pomeriggio caldo e soleggiato. 
Ma per persone come me, quella caffetteria è la Mecca.[2]
Quando ci entri, vieni pervaso da un odore indescrivibile.
In parte sudore di giocatore di Dungeons&Dragons[3], in parte milkshake alla vaniglia.
Ci addentrammo nella tana con passo felpato per non disturbare le sessioni hard core di jenga giocate da quelli che sembravano ingegneri appena usciti dal lavoro e poco a poco raggiungemmo e ci appropinquammo allo scaffale delle scatole. Questo mobile dominava l'intero locale come il silenzio: si sentiva solo il lento muoversi di mani e bisbigli sparsi quando il telefono di Angelica risuonò, rompendo il silenzio estivo come uno sparo a Quartoggiaro. 
Era Fabio, che voleva giocare a "Bang!". A proposito di spari.
Non fate quella faccia come se steste cercando una risposta da me. 
Non ho la minima idea di cosa sia Bang. 
Cioè, vi posso dire che è un gioco di carte ideato da Emiliano Sciarra, ed è divertente, soprattutto quando Fabio, con il suo marcato accento romagnolo tentava di spiegarci le regole. 
Dieci minuti dopo, io e Angelica ci stavamo dividendo un milkshake mentre tentavamo di capire chi di noi fosse il fuorilegge. 
Tre ore dopo eravamo in coda a pagare circa 4 cheesecake al cioccolato.
Hanno trovato il business perfetto. 
Prima stordiscono le persone con i giochi da tavolo, poi ti presentano una torta troppo buona per essere rifiutata.





Tornato a casa stanco, speravo che la giornata fosse finita. Mi levai le scarpe come si levano gli scarponi da sci dopo una lunga giornata, ma non riuscendo a prender sonno alle cinque del pomeriggio, decisi di tornare in centro. Arrivato in piazza Bonn, vidi due amazzoni belghe suonatrici di Ukulele. Da uomo di mondo che ero, non potevo lasciarmi scappare un'occasione del genere per sfoggiare le mie abilità, non sapendo quando mi sarebbe potuta ricapitare.
"Ad una qualsiasi convention belga di suonatori d'ukulele." consigliò Wren.
In meno di cinque secondi sfoderai l'ukulele dallo zaino come i germani sfoderavano l'iconica zweihander, mi misi il profumo, e stavo già tentando di ricordare i quattro anni di francese scolastico che erano in me per poter approcciarmi con...Olgaliet.
"Olgaliet è un bel nome per essere stato inventato."
"Il Belgio mica è tra Francia e Germania?"
Dopo che mi offrirono un fantastico caffè io feci un assolo country di ukulele che piacque molto, piacque così tanto che mi offrirono un altro caffè.
Ma il mio francese si ferma a "J'ai un tour Eiffel dans le pantalones"[4] e a "Voulez-vous regardez ma baguette?"[5] e, dopo queste due frasi, infatti, incassai il mio schiaffo e chiamai Angelica per raccontargli cosa era appena successo.











[1] Dal dizionario internazionale di Forlì: Rilassarsi, perdere tempo. Comparabile all'otio latino.
[2] Luogo sacro musulmano, dove è nato Maometto.
[3] Gioco da tavolo
[4] "Ho una Torre Eiffel dentro i pantaloni"
[5] "Vuoi vedere la mia Baguette?"











Capitolo Diciotto
O "Battelli-Zattera"







Il mondo civilizzato per gli scrittori indipendenti è un posto brutto e cattivo. 
È una cosa che tento di dire oramai da  molto. 
Fu proprio questo l'argomento principale dello speaking test che si tenne il ventotto luglio.
Fin dal medioevo, infatti, gli scrittori si prestano a questa battaglia eterna contro la censura. 
Se nel quattordicesimo secolo c'era l'inquisizione che tentava  di bloccare le fonti di sapere "non convenzionali", dal 2005 abbiamo inventato i fandom. O meglio, si sono auto generati con l'uscita di Pamela di Richardson (i Pamelists e gli Anti-Pamelists, ndr)
La funzione è la stessa: Nascondere i libri o le storie effettivamente rilevanti, interessanti, o innovative. 
Sara, da quello che ho scoperto navigando un po' nel suo profilo facebook, era una frequentatrice di Wattpad, un sito che permette a degli scrittori di postare le proprie storie. 
Nulla di nuovo per me, in fondo. [1]
Però Wattpad ha subito, negli ultimi tempi, un calo di stile e di qualità per colpa di ragazzine appartenenti a diversi fandom grazie ad una forma di amykettismo[2] su scala mondiale. 
Il che ha nascosto, spesso e volentieri, talenti internazionali, che non sono riusciti a sfondare o ad avere la giusta visibilità per colpa di una mandria di amichette mafiose, che, pur essendoci un regolamento che dovrebbe garantire la giusta esposizione a una giusta bravura, sponsorizzano storie di dubbia qualità.
Non fraintendetemi, alcune storie raggiungono la soglia della decenza, ma devo dire che lo standard di quelle che ho letto non è molto alto.
Quindi, tutto questo mi porta a pensare che, se pur la società e gli scrittori cambino, rimarrà sempre la costante della censura.

È una costante complicata da affrontare. Il mercato è composto dalle stesse ragazzine che sponsorizzano storie sgrammaticate, è giusto che si lasci che queste siano le più pubblicizzate? Il mercato vuole davvero questo? Vuole che la dicitura di "storia" sia complicata da definire? Vuole storie senza né capo né coda? Oppure siamo solo in un periodo buio, e tra poco vedremo la luce alla fine del tunnel grazie agli autori che si distinguono dalla massa?

Facciamo un esempio concreto. 

Io ho un fratellino. Il mio fratellino si è trovato in prima liceo con una classe di casinisti. Nel primo periodo dell'anno ha avuto alcuni problemi ad approcciarsi con molte materie, parte perché, come me, non apre un libro, parte perché è in un contesto in cui la cultura è posta all'ultimo posto. Se l'intera classe viene promossa, significa che c'è qualcosa di buono in loro, qualcosa che la scuola vuole che loro espandano. Quindi possiamo dire che la scuola promuova il casino. E invece no. La scuola vuole che i 4 ragazzini studiosi arrivino in seconda, in modo tale che si possa incominciare a lavorare seriamente una volta che si sono tolti di mezzo chi va a scuola "per sport".

Potevo inventarmi una metafora meno azzeccata. 
"Marco, hai spiato il mio profilo facebook?" chiese Sara, allegando uno sguardo inquisitore.
"Hai fatto la stessa cosa con me."
"Ma è differente!"
"In cosa?"
"Beh, io sono una prof, tu sei uno studente."
Subito dopo ci fu una gara di sguardi imbarazzanti.
"Beh, Marco, buon lavoro. Hai confermato l'idea che avevo di te."
"Ovvero?"
"Completamente folle e sconclusionato, con dei sintomi di una rabbia repressa che devi sfogare mantenendoti attivo leggendo, scrivendo e "espandendo il tuo giardino". Ovviamente, se questo non ti porterà ad un'autodistruzione precoce, finirai con troppo tempo libero. Un tempo libero che tu non vuoi, perché rimarresti solo. E di questo hai paura.
Da tempo hai problemi a dormire, da tempo sei in una crisi esistenziale, e questi due sintomi ti fanno pensare di non essere sano.

Da tempo tenti di mascherare il fatto che ti senti debole e solo, e lo mascheri bene, con questo savoir-faire interamente costruito sulla teatralità. Vuoi un tuo spettacolo, lo spettacolo della tua vita, dove indenne usciranno solo il tuo personaggio e i suoi cari.
Però questo non ti porterà alla felicità. Porterà felicità solo al tuo personaggio, ma non all'attore.
Ti porterà ad un'estenuante ricerca di te stesso, che si concluderà solo con la rinuncia a qualcosa. A cosa sei disposto a rinunciare? 
Tutto quello che fai è per appianare un vuoto che ti senti dentro, ma tutto quello che hai provato non è servito a molto. Ora speri che fare lo scrittore ti aiuterà, in qualche modo. Ma se questa non fosse la strada giusta? Non ti hanno mai abituato al lavoro fisico, non ti hanno mai fatto annusare la vita vera. Quel paio di occasioni sono state governate da un'incommensurabile fortuna. Rispondimi in cuor tuo. Senza usare citazioni. Chi sei?"

"Se sapessi veramente chi sono, non verrei in Inghilterra e non scriverei un libro a riguardo. Se lo sapessi sarei in un cottage con un cane a pescare."
Ci fu un'altra serie di sguardi imbarazzanti che mi portarono ad un'eventuale fuga al bagno dove rimasi per l'ora rimanente della lezione.
Se avessi controllato meglio il profilo di Sara, avrei scoperto che aveva un master in psicologia. 

Ora, siccome non sono un professionista, cambiamo scena. 

Il Tamigi offre delle fantastiche escursioni su dei battelli-zattera per passare i rari, caldi pomeriggi. 
Sarebbe una fantastica scena di vita pittoresca degna dei quadri di Constable, con dei gondolieri-piloti di battello in maglia a righe che cantano canzoni felici mentre pilotano un'imbarcazione pulita su un fiume pulito..
Ma così non è stato.
Il signor Scorbuto, il pilota che faceva galleggiare quel catino su quella fantastica distesa di fanghiglia, era un signore di mezza età che possedeva una massa tale che in realtà è la Terra ad orbitare intorno a lui.
Ma questi erano dettagli sorvolabili. 
Infatti, la cosa che mi preoccupava di più durante quella gita, oltre al fatto che ci fossero delle cinture sulla barca, erano le anatre che ci fissavano dalla riva.
Mentre utilizzavo i binocoli per esplorare meglio l'anatomia delle studentesse universitarie che facevano stretching, un'anatra, nel pieno della sua furia omicida mi entrò nel campo visivo.



Dentro i suoi occhi neri come la pece potevo vedere le fiamme dello Stige che eternamente puniscono i dannati, ma ancor più a fondo si poteva vedere il piano per dominare il mondo che l'anatra covava dentro sé. 
Anche se erano del 38, quei binocoli avevano uno zoom infinito.



Quando aumentai l'inquadratura notai come il volatile si stesse pulendo l'ascella con il becco e intuii che quell'azione serviva alla preparazione di qualcosa di più grande, qualcosa di superiore alla vita stessa.
Tornati sulla terraferma, io tornai a casa per prepararmi all'ultima Disco Night della vacanza. 
Appena entrato in Disco, sentii un sound piuttosto familiare.
*Bom, bom, shubiribubambem, Bom, bom, shubiribubambem. "Vero è vero è che, al terzo pezzo in disco, ci ha già rotto il cazzo!"
Magellano, l'autore di questo pezzo, di certo non si aspettava che qualche ragazzino italiano la richiedesse al deejay ultracinquantenne di quella disco di serie D.
Andai a prendere una boccata d'aria, e notai come la gente si stava abbracciando ed era triste. 
A quel punto dovetti effettivamente accettare come la mia vacanza fosse passata in fretta.
Nascosta in un angolo del patio esterno, c'era L intenta a farsi la treccia ai lunghi capelli corvini. Mi avvicinai non sapendo esattamente cosa dirle, ma quando fui abbastanza vicino, le mie preoccupazioni aumentarono inversamente proporzionali alla concezione delle altre persone intorno a me. 
"Perché mi eviti?" le chiesi quasi sussurrando, temendo la risposta.
"Non voglio soffrire."
"Non avresti dovuto baciarmi, perché ora sono io quello che soffre."
"Ma in quel momento io volevo baciarti."
Dopo che disse ciò, il silenzio governò la nostra intimità. Le nostre labbra si avvicinarono assaporando la suspance di ogni secondo di attesa, per poi collidere in un bacio. In quel preciso istante saremmo potuti essere ovunque, ma non era il luogo quello che mi importava realmente: contava solo il singolo momento.
Dopo un lasso di tempo incalcolabile per la poca coscienza che avevo di me, lei disse che aveva fame.



La portai da Itsu.

Così, solo io e lei, andammo a mangiare del sushi.

Uscendo da quel locale intravidi Thor che mi faceva il cenno internazionale per “Hai bisogno di preservativi?”

Sapete, quello che si fa mantenendo il pugno e facendo muovere verticalmente il braccio. Provatelo, soprattutto se siete in un luogo pubblico.





Non avevamo asciugamani ad isolarci dal mondo, avevamo solo il presentimento che la mia ennesima storia d'amore finirà per forza di cose in modo terribile.
Ma quello non ci frenò.
Non mi frenò dall'accompagnarla a casa.
Non mi frenò dal baciarla per così tanto tempo dal perdere il bus per tornare alla mia, di casa.
Ma a quel punto non mi importava. 
Datole la buonanotte, mi incamminai verso la fermata del bus e mi misi "Hey There Delilah" in sottofondo. 
Le costanti e variabili riapparivano, ma non facevano meno male.
Anzi, mi facevano rendere conto di come, per quanto io provassi, rimanessi infelice.

 









[1] EFP è la stessa cosa, la differenza sta che EFP è nato un paio d'anni prima.
[2] "trattasi di una specie di "lobby" di almeno tre utenti che si recensiscono a vicenda e si difendono a vicenda a spada tratta, spesso ricorrendo a metodi infantili e contro il regolamento e il comune buon senso.[...]" presa direttamente dal testo "Dell'amykettismo e di altri demoni" scritta da "Lilith in Capricorn", utente di EFP.






























"Il Gran Finale"





Il ventinove luglio, purtroppo, fu privo di avvenimenti. 
Non successe nulla degno di nota. 
Ed è frustrante, perché ho anche tentato di inventarmi un argomento, ma questo avrebbe reso tutto l'esperimento che rappresenta questo libro invalido.
Ma è un rischio che avrei dovuto calcolare.



Il trenta luglio, invece, per festeggiare la nuova amicizia che si era creata, o semplicemente per trascorrere le ultime 24 ore rimaste assieme, io, Sandra e Angelica decidemmo di passare un pomeriggio ai Christchurch Meadows. 
Tra una cosa e l'altra, Angelica mi spinse a trovare gli accordi per "Hey there Delilah" e di provare a suonarla. Ovviamente, non del tutto contro la mia volontà, ma sicuramente le anatra non gradivano.
Abbiamo già parlato in precedenza di quanto le anatre siano effettivamente degli animali spregevoli senza nessun tipo di pietà.
Ma non pensavo potessero arrivare fino a questo punto.
Mentre Angelica e Sandra si rivelavano ottime coriste, uno sciame di anatre assassine ci circondò senza darci via di fuga. 
Questo ci portò a difficoltà estreme. 
In primis il fatto che non potevamo scappare. 
In secondo piano il fatto che ci stavano attaccando. 
Ma d'altronde, la reazione è capibile. 
Sapevano che stavo suonando male. 
Forse non erano apprezzatrici del suono del mio ukulele.
Forse è ora di cambiare le corde. 
Pensavo di iscrivermi a un qualunque talent show tanto per farmi due risate.
Fortunatamente per me e per il mio ukulele, un baldo giovine scacciò questo branco di predatori affamati di carne di hipster, ma quando la polvere si era posata, non c'era traccia del baldo giovine. 
Secondo la Rowling quel baldo giovine ero io.



Sapete la passione che mette il mio multiverso mette per rendermi la vita in-narrabile? 
Beh, neanche io, ma scommetto tanta.



Neanche cinque minuti dopo che i volatili si erano dispersi in piccoli gruppi broccolanti, una barca piena di studenti approdò davanti a me. 
Ora, quando intendo "barca piena di studenti" intendo dire che si può, per poco più di 20 sterline, affittarsi una barca a remi per cinque persone e pilotarla per un paio d'ore.
Questi studenti non erano i migliori navigatori sulla piazza: Infatti dovetti salire io per aiutarli. 
Vi ricordate la balla del fatto che sono gentile e caritatevole?



Non sono mai stato ad un corso di nautica, dovetti imparare nel 2013 come far andare una di quelle barche, quando io e Charlotte ne prendemmo una. 
Filò tutto liscio finché lei non mi lanciò in acqua. 
Come riportai quegli studenti a riva, però, è difficile da narrare. Mi tolsi le scarpe e imbracciai entrambi i remi, e forse solo grazie alla Dea Bendata non feci annegare 4 persone quel giorno. 
Quindi, studenti romani che ho salvato, io ci ho rimesso un paio di calzini, mi aspetto una birra la prossima volta che scendo a Roma. 
Quando tornai a casa per fare la valigia e farmi una doccetta, mi dimenticai il taccuino.
Ma fortunatamente, lo ritrovai quando tornai la sera, con l'aggiunta di una frase: "Dimentico il taccuino al parco e Sandra lo ritrova. La adorerò e venererò per sempre".
Ed effettivamente accadde proprio questo: Per la fretta lasciai il taccuino dove questo libro una volta stava nascendo sotto forma di appunti nei Christchurch Meadows.

Prego, ringraziate tutti Sandra Di Leo per la lettura che state per concludere.

Quindi devo ammettere che senza Sandra questo libro non ci sarebbe stato.



Quando tornai e ripresi il taccuino dalle mani di Sandra, vidi con la coda dell'occhio L. Non era felice. Mi avvicinai tentando di ritrovare l'intimità del giorno prima, ed L fece la stessa cosa. Ci avvicinammo e ci baciammo, come per ricordarci dei secondi felici del giorno prima. Lei, con le lacrime agli occhi, io con la speranza di un bacio infinito. Per un attimo eravamo soltanto io e lei,  il fresco dell'estate inglese che entrava nelle maniche, la calma del bacio.
Dopo la fine di questo, lei si avvicinò e mi sussurrò piano:
"Se tu abitassi ad Oslo mollerei tutto per stare con te." La guardai negli occhi, senza sapere realmente che dirle. Di certo non la amavo, ma lei era l'unico fatto realmente positivo dopo Charlotte. Ed esattamente come Charlotte, avrei voluto fare pazzie per stare più tempo con lei, solo perché i miei attimi di felicità erano con loro, ed erano il placebo al dolore radicato più profondamente, un dolore che mi porto dietro da troppo tempo.
L non interpretò bene il mio silenzio e scappò in lacrime. Non la seguii e non so perché. Non volevo che soffrisse come avrei sofferto io, forse.



Come molti ragazzi con problemi d'amore, mi rifugiai nell'alcool. 
Ma non fui il solo. 
Infatti decidemmo di rifugiarci nell'alcool in diversi.
Io, Sandra, Angelica, due ragazzini norvegesi di quattordici anni e un finlandese di cui non ricordo il nome, ma ricordo che puzzava di redbull. 
Andammo in una piazzetta "infrattata"[1] dove stappammo delle birre comprate da Tesco per festeggiare.
Tutto filava liscio, fino a che uno dei quattordicenni non chiese perché bevevamo alcool. 
Non ne capiva il motivo. 
"Perché bevete alcool? Ha un sapore terribile!" 
"Non si beve l'alcool per il sapore. Si beve il succo ai frutti rossi per il sapore. Si beve alcool per mascherare l'odore di rancido che è dentro di noi."
"Wow Bukowski, tieni a bada il tuo pessimismo." mi rispose. Neanche finì di sminuire la mia fantastica locuzione che la polizia guidò piano piano all'interno della piazzetta. L'arrivo delle forze pubbliche scatenò una fuga, ovviamente. 
Alcune persone, come me, Angelica e Sandra, riuscirono a salire sul bus giusto, altri no. 
Infatti, Neil, il ragazzino svedese a cui ho tentato di insegnare qualcosa, finì sul pullman sbagliato.
Finì a cinquanta miglia da casa sua. 
Non riuscimmo a sederci sul double decker che il mio telefono suonò. 
“Fabio”.
"Marco, mi hanno appena chiamato dall'ufficio, che è stato chiamato a sua volta dalla polizia. Hanno visto degli zaini gialli canarino scappare. Ne sai qualcosa?"
"No, io sono già a casa."



Arrivato per l'ultima volta ad Abingdon, vidi Fabio e Amir dentro un pub. L'omino di Forlì mi vide. Lo aspettai fuori dal locale.



“So che userai l'espediente dell'ultima conversazione che hai avuto con me per una rottura del quarto muro all'inglese, ma devi smetterla di proiettarti nelle altre persone. Prima pensavi che la tua verve polemica fosse quella di Parini, poi ti sei proiettato su Tommy, poi su Ramsey, poi su me. La verità è che sei troppo giovane per avere le idee chiare. Non pensare al futuro. Ragiona su come vuoi il tuo presente e combatti perché sia come vuoi.” 
Fabio non si smaterializzò nell'aria, ma ci facemmo un cenno di saluto, per poi avviarmi a casa. Con calma tornai, nel modo più lento possibile, per respirare a pieni polmoni l'aria di Abingdon-upon-Thames.



Se state leggendo questo capitolo mentre siete a Oxford o in qualsiasi altra località in vacanza studio, spegnete immediatamente l'ebook (o chiudete il libro) e vivete senza l'aiuto di questa pagina il vostro ultimo giorno.
Con me dovreste aver capito come ci si può divertire, ma questa pagina porterà solo tristezza.
A me ha portato tristezza viverla e scriverla. 
Lasciatela stare finché non sarete in Italia o in qualunque sia il vostro paese d'origine.
Parlo di voi Molisani.



Per questa ultima parte immaginatevi uno di quei montaggi da film con una canzone relativamente triste, probabilmente di qualche cantante italiano indipendente molto malinconico in sottofondo mentre le scene più importanti passano con la sola canzone in sottofondo.
Io che bacio per l'ultima volta L, Thor che mi abbraccia con uno zoom delle sue labbra che sussurrano "Runkekamerat", il gruppo norvegese che parte. 
Io, Angelica e Sandra che fumiamo l'ultima sigaretta inglese, il gruppo italiano che sale sul pullman diretto all'aeroporto, io che saluto i ragazzi di Roma al gate e gli prometto che a capodanno mi avrebbero visto a Campo dei Fiori, io che salgo sull'aereo, uno zoom finale sulla campagna inglese che si allontana, mio padre all'aeroporto che mi aspetta, una stretta di mano a Fabio, e poi, il mio letto. 
Lo schermo diverrebbe nero, e a caratteri italici bianchi apparirebbero i versi di una qualsiasi canzone inerente anche solo vagamente.
Dissolvimento a stella perché fa tanto anni 90, poi un primo piano della mia faccia barbuta che sorride, per poi vedere dei titoli di coda davanti alla mia faccia, e come sfondo ai titoli di coda un me chinato sulla tastiera a digitare, digitare e digitare. 
Poi, una classica rottura del quarto muro e io che mi giro per dirvi qualcosa di stupido, tipo "comprate il libro, devo mangiare".





La realtà è che in due anni che sono stato a Oxford ho conosciuto sì l'amore per ben due volte, ho conosciuto si una felicità passeggera, ma è anche vero che entrambe le vacanze sono finite con io che venivo abbandonato.
Questo libro, essendo di spunto auto-biografico non avrà un lieto fine.
Il finale è abbastanza ovvio.
Io torno a casa e mi metto a scrivere, e proseguo con la mia vita di tutti i giorni.
perché questa non è una commedia romantica dove alla fine io e L coroniamo il nostro amore facendo dei figli sardi-scandinavi-asiatici, e non finisce neanche con un volo dritto in Svezia per rivedere Charlotte.
Finisce in un modo piuttosto monotono, senza nessun avvenimento interessante.



Grazie per aver letto "La Guida vagamente vaga ad Oxford e dintorni", esperimento sociale, diario di viaggio, documentario su quanto l'umanità sia fantastica. 
Molte storie necessitano un finale.



Altre un prequel.



Io mi accontenterò di un finale semi aperto.



O di un film.



Qualcuno vuole fare un film tratto dal mio libro?









[1] Nascosta. 
[2] In Inghilterra sono verniciati così i camioncini della polizia







"Sono le sei e un quarto. Ora è finita? "

"All'incirca. Devo rompere il muro un'ultima volta."

"Dai, su, muovi il culo"









































Ringraziamenti.



A Garrincha Dischi, che ha gentilmente deciso di non denunciarmi per tutte le citazioni agli artisti che essa rappresenta.
A Samanta Porrini, che mi ha spronato con le sue recensioni positive durante uno dei miei tanti blocchi dello scrittore
Alla mia fan numero uno, Lucrezia Tatriele
A Sandra di Leo, per aver raccolto il mio taccuino da terra
A Giorgia Nicchiarelli, ufficialmente la prima lettrice di questo libro, anche se in uno stato piuttosto differente rispetto a quello che si vede ora.
A mio zio, che mi ha donato il fantastico divano che ha aiutato alla scrittura di questo testo.
Ad Angelica Aureli, per avermi fatto imparare "Hey There Delilah"
Non potete immaginare quanto si rimorchi se sai fare quella.
A Hiro Fuji per aver speso del tempo per creare quella che è la copertina di questo tomo

























Quindi, hai finito il libro. 

Sei contento?  

Dimmi, quante ore ci hai messo? 

Quante ore impiegheranno per districarsi nelle tue frasi?

Quante ore verranno sprecate per colpa tua?

C'è qualcuno che ha voglia di leggerti?



Non è importante. Io ho dato il meglio. 

L'unico perdente è colui che non prova neanche.


Fin



  
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