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Autore: Old Fashioned    09/09/2016    22 recensioni
Seconda guerra mondiale, battaglia di Inghilterra. Un leggendario quanto inafferrabile pilota della Luftwaffe, soprannominato "Cavaliere di Valsgärde", compare durante le battaglie più cruente, abbatte il suo avversario e subito dopo scompare senza lasciare traccia.
Il Maggiore Stuart, del 19° Squadron, riesce finalmente ad abbatterlo con uno stratagemma, ma quando l'Asso tedesco sarà al suo cospetto le cose si riveleranno molto diverse da come se le aspettava...
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Capitolo 32

C’erano voluti giorni per ridare al 19° Squadron un’operatività accettabile.
Nel devastante raid compiuto dalla Luftwaffe, strutture della base e velivoli avevano subito danni ingenti, alcuni uomini erano morti e c’era stato un gran numero di feriti.
Praticamente era rimasta in servizio poco più della metà degli effettivi, e i rincalzi tardavano ad arrivare.
Seduto al sole davanti alla baracca del comando, Stuart lasciava vagare lo sguardo sulle rovine della chiesa. Poco dopo che lui e von Rohr ne erano usciti, una bomba l’aveva colpita in pieno. La navata aveva perso il tetto, il campanile già danneggiato era collassato su se stesso e della graziosa canonica non erano rimaste che macerie, dalle quali gli avieri avevano volenterosamente scavato fuori la maggior parte dei suoi effetti personali.
Le rovine della chiesa, comunque, erano niente rispetto alle rovine della sua anima.
Il bombardamento aveva avuto se non altro l'effetto di stornare l'attenzione di tutti dal suo rapporto con von Rohr, e quindi a livello di disciplina e relazioni interpersonali le cose erano tornate più o meno come al solito.
Essendo i soldati creature superstiziose, specialmente quando sono in guerra, i militari della base avevano trovato inequivocabili collegamenti tra il loro comportamento indisciplinato e l'apocalisse che si era abbattuta sullo Squadron, quindi ora esageravano dal lato opposto nel tentativo di liberarsi della loro hybris.
Tutto quello sfoggio di zelante disciplina paradossalmente faceva sentire ancora più a disagio il maggiore Stuart, che invece della sua personale hybris era ben lungi dall'essersi liberato.
Erano tali e tanti i motivi di dolore e vergogna che non sapeva da che parte cominciare a elaborarli.
Si ergevano a silenzioso monito, esattamente come i cumuli di macerie che costellavano il piazzale dove una volta sorgevano gli hangar.
Tanto per cominciare, aveva intrattenuto rapporti contrari all'onore di un soldato con un ufficiale nemico, poi gli aveva consegnato un aereo da guerra in perfette condizioni di volo e l'aveva spinto a fuggire. E come se tutto ciò non fosse stato sufficiente, aveva poi mentito ai suoi superiori dicendo che l'ufficiale nemico era perito nel bombardamento.
Se prima di quella storia qualcuno gli avesse detto che avrebbe fatto cose del genere, l'avrebbe senz'altro considerato pazzo.
Eppure era esattamente così che erano andate le cose. Sodomia, alto tradimento, azioni tese a favorire il nemico.
C'era gente che era stata fucilata per molto meno.
Per quanto grave, quello del tradimento nei confronti della Patria non era il solo problema che si trovava a fronteggiare.
Aveva tradito anche Margaret, per gradire. Con un maschio. Provandoci gusto.
Questo cosa faceva di lui? Un pervertito? Un pederasta? Ogni volta che enumerava gli epiteti che si attagliavano a ciò che era accaduto fra lui e von Rohr rabbrividiva d'orrore, e regolarmente finiva per dibattersi nelle sabbie mobili di elucubrazioni senza capo né coda: lo era anche prima? Lo era sempre stato e aveva ingannato tutti? Lo era diventato? E adesso? Che sarebbe successo? Lo sarebbe rimasto per sempre o sarebbe guarito?
E comunque, nonostante tutto von Rohr gli mancava.
Se pensava al tempo trascorso insieme a lui provava una nostalgia struggente, che diventava quasi un dolore fisico quando rievocava i particolari degli amplessi consumati.
Lo rivedeva nei suoi atteggiamenti tipici, quando lo fissava con aria di sfida oppure quando camminava su e giù per la navata della chiesa con passo marziale.
Si chiese con apprensione dove fosse, cosa stesse facendo. Era riuscito a tornare fra i suoi camerati? Stava bene?
Immaginò di stringerlo a sé, di accarezzarlo e baciarlo finalmente con la dolcezza che il frenetico precipitare degli eventi non gli aveva mai permesso di manifestare.
L'allarme antiaereo lo sorprese mentre indugiava in quelle immagini cariche di tenerezza e rimpianto.

In volo sulla Manica, Stuart perlustrava il cielo alla ricerca degli aerei della Luftwaffe.
Erano state segnalate coppie di Messerschmitt in missione di Freie Jagd, o caccia libera, il che significava aerei con la dichiarata missione di cercare caccia nemici, impegnarli in combattimento e possibilmente abbatterli.
Il maggiore si guardò attentamente intorno, ma il cielo sembrava sgombro. O i caccia erano andati da qualche altra parte, o era uno dei soliti falsi allarmi della difesa costiera.
Ne fu quasi dispiaciuto.
Sebbene per tacito accordo nessuno al 19° Squadron alludesse più al Cavaliere di Valsgärde, lui aveva voluto che l’emblema che l’aveva reso famoso tra gli Squadron inglesi, ovvero il leone che azzanna l’aquila dalla testa rossa, fosse riprodotto fedelmente su ogni suo nuovo aereo.
Se gli veniva chiesto il perché, era solito rispondere che si trattava di un portafortuna.
In realtà il motivo era del tutto diverso, e aveva a che fare con le ultime parole di von Rohr: ci rivedremo lassù.
Voleva che Hans fosse in grado di riconoscerlo.
Razionalmente la cosa non aveva senso, lo capiva da solo. A prescindere dall’insensatezza di fornire il proprio biglietto da visita al nemico, von Rohr poteva essere stato trasferito, poteva trovarsi in licenza di convalescenza, oppure poteva anche non essere mai arrivato in Francia, magari abbattuto proprio da qualche cacciatore tedesco alla ricerca di preda.
Eppure…
“A ore tre, contro il sole!” gridò Evans, che pilotava uno dei caccia più avanzati.
Stuart si girò in quella direzione: c’erano dei puntini all’orizzonte, quattro coppie. Apparivano e scomparivano nel riverbero dei raggi solari.
“Formazione da combattimento!” ordinò in frequenza, e subito tutti i suoi caccia si mossero con rapidità e precisione per intercettare il nemico.
La Luftwaffe intanto si avvicinava. Gli aerei tedeschi si erano distanziati e stavano velocemente salendo di quota.
Pochi secondi dopo, Spitfire e Messerschmitt presero a duellare furiosamente nel cielo terso, che in breve si trasformò in un calderone ribollente di traccianti, fumo e scie di condensa.
Gli aerei si inseguivano in combattimenti serrati, dando l’impressione di belve rabbiose che si contendessero una preda.
I pezzi di rivestimento alare strappati dai proiettili fluttuavano verso terra luccicando come pesci nell’acqua profonda.

Stuart diede il colpo di grazia a un avversario, che precipitò in vite lasciandosi dietro una scia di fumo nero.
Stava per correre a dare man forte ad uno dei suoi piloti in difficoltà quando si accorse che un caccia tedesco gli veniva incontro a tutta manetta dal fianco.
Resosi conto che in quella posizione era un bersaglio indifeso, cercò angosciato di scartare, ma il Messerschmitt, arrivato ad una certa distanza, senza apparente motivo interruppe l’attacco e scivolò d’ala per togliersi dalla sua traiettoria.
Nel momento in cui lo vide di profilo, Stuart notò che sulla capottatura del motore aveva dipinto lo stemma della Hitlerjugend.
Ebbe un tuffo al cuore. “Hans!” disse a voce alta.
Si buttò al suo inseguimento.
Il Messerschmitt si lasciò prendere di coda quasi con indolenza, procedette così per alcuni secondi e poi all’improvviso guizzò via lasciando il suo antagonista stupito e disorientato. Schizzò verso l’alto in un mezzo looping, poi completò la figura con un mezzo tonneau finendo per trovarsi a quota maggiore e in direzione opposta rispetto allo Spitfire.
L’inglese lo raggiunse un attimo dopo, ma il tedesco lo vide arrivare e si buttò in una picchiata verticale che lo sottrasse alla sua mira.
Andarono avanti così per un po’, avvicinandosi e allontanandosi con terribile grazia nella danza fatale del combattimento.
Il Messerschmitt si lanciò infine in una serie di ardite acrobazie, figure intessute nel cielo di smalto per la pura gioia del volo. Scosse poi le ali in un gesto di saluto e si diresse a tutta manetta verso le coste francesi.
L’ultima cosa che il maggiore vide fu un fugace brillio nella nebbia azzurrina dell’orizzonte, mentre Hans von Rohr scompariva come un sogno sul fare dell’alba.

   
 
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