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Autore: KukakuShiba    12/09/2016    21 recensioni
DESTIEL teen AU
Il mondo del giovane Dean Winchester incontrerà inevitabilmente quello di Castiel Novak, nuovo vicino di casa, affetto da un handicap invisibile. Insieme, i due impareranno qualcosa di prezioso sull'amicizia, sull'amore e sulla vita.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fanart di Naenihl

 
CAPITOLO UNO
 
“Sii gentile, ogni persona che incontri
sta combattendo una dura battaglia”
 
Ian Mclaren
 
 
 
“A quanto pare avremo dei nuovi vicini” – disse Mary, sbirciando attraverso le tendine gialle della finestra della cucina.
Non ricevendo alcuna risposta, si voltò verso la persona seduta al tavolo, intenta a fare colazione e a leggere il giornale. La donna incrociò le braccia al petto, arricciando le labbra.
“John, mi stai ascoltando?” – chiese lei.
L’uomo alzò lo sguardo, come richiamato all’ordine.
“Cosa?” – bofonchiò lui, la bocca ancora piena dell’ultimo boccone di pancake.
Mary non seppe resistere a quella buffa espressione del marito, e sorrise divertita.
“Ho detto che, a quanto pare, avremo dei nuovi vicini” – ripeté la donna.
“Davvero? I Norman sono riusciti a vendere la casa, anche con questa crisi del mercato immobiliare?” – si stupì l’uomo, alzandosi dalla sedia e raggiungendo la moglie alla finestra - “Eh già, è proprio un furgone dei traslochi quello” – ammise, scostando la tendina.
“Magari nei prossimi giorni potremo far loro visita e dargli il benvenuto nel vicinato. Che ne dici?”
“È un’ottima idea, tesoro” – rispose John, sfiorando le labbra della moglie con un tenero bacio.
“Ruffiano” – sussurrò lei, sorridendo.
“Si è fatto tardi” – constatò lui, dando una rapida occhiata all’orologio – “Devo andare”.
L’uomo fece per uscire dalla cucina, quando fu richiamato dalla moglie.
“John, dimentichi questo” – disse la donna, porgendogli una busta con dentro il pranzo.
“Grazie…come farei senza di te?” – sorrise lui.
“Me lo chiedo anche io” – rispose lei, sardonica – “Buona giornata, tesoro”.
“Buona giornata anche a te”.
Quando l’uomo si chiuse la porta d’ingresso alle spalle, Mary sospirò. Sistemò alcune cose nel lavello, per poi tornare alla finestra ed osservare gli operai, intenti a scaricare grosse scatole e mobilio di vario genere dal furgone.
 
Mary e John Winchester avevano sempre vissuto a Lawrence, cittadina nella contea di Douglas, stato del Kansas.
La casa in cui abitavano era la stessa in cui i due si erano trasferiti, dopo essersi sposati.
La donna ricordava bene quel giorno, quando John le mostrò per la prima volta quella casa. L’aveva costretta a coprirsi gli occhi con una mano per tutto il tempo del tragitto, nonostante le deboli proteste di lei.
“Voglio che sia una sorpresa” – le aveva detto lui.
E per Mary quella fu davvero una bellissima sorpresa.
L’abitazione era piuttosto semplice, ma gradevole alla vista. Costruita su due piani, presentava ampie finestre dai serramenti bianchi. Anche l’esterno era di colore bianco, sebbene consumato dal passare degli anni e dalle intemperie, ed era in netto contrasto con un tetto di tegole color antracite. Al piano terra, tre gradini consentivano l’accesso all’entrata e a un piccolo portico sulla sinistra.
L’interno era spazioso e confortevole. Subito dopo l’ingresso, un breve corridoio conduceva a destra, attraverso un ampio arco, nella cucina, mentre in fondo si allargava in un comodo salotto. Sulla sinistra, invece, in linea d’aria con l’ingresso della cucina, una lunga scala conduceva al piano superiore, dove erano collocate le camere e il bagno.
Erano passati molti anni, ma la donna ricordava ogni singolo momento trascorso in quella casa. Quando lei e John, per risparmiare, tinteggiarono da soli i muri interni, o quando furono portati i primi mobili, o quando, in quella stessa cucina, un paio di anni dopo, Mary confidò al marito di aspettare un bambino.
 
“Ciao, mamma” – disse una voce alle spalle della donna, distogliendola così da quei dolci ricordi.
Mary si voltò e sorrise, vedendo il figlio più piccolo in piedi davanti al tavolo.
“Buon giorno, Sammy” – rispose lei – “Come mai ti sei svegliato così presto?”
“Devo finire i compiti che ci hanno dato per le vacanze” – spiegò il ragazzino, prendendo posto a sedere – “Voglio finirli entro la metà di agosto”.
Mary sorrise di nuovo, mentre posava sul tavolo un piatto con sopra due pancake, e un bicchiere di latte.
“Bravo il mio ometto” – si complimentò la donna, scompigliandogli con una mano i capelli e facendo ridere il figlio.
“E Dean?” – chiese poi la madre.
“Oh, Dean secondo me non li ha neanche iniziati, i compiti. Li farà tutti all’ultimo, come sempre” – rispose piccato Sammy, mentre affondava la forchetta in uno dei pancake.
Mary trattenne a stento una risata.
“Non parlavo dei compiti” – spiegò lei – “Volevo sapere se è sveglio”.
“No, credo che stia ancora dormendo”.
“Scommetto che è rientrato tardi anche ieri sera” – sospirò la donna.
“Gli concedo ancora un paio di ore al massimo, poi però deve alzarsi” – sentenziò poi risoluta Mary.
 
Dean entrò in cucina quasi due ore dopo, stropicciandosi gli occhi e sbadigliando sonoramente.
“Buon giorno” – biascicò ai presenti.
Sam, una volta finita la colazione, aveva già preso possesso del tavolo con libri e quaderni.
Il fratello maggiore lo osservò, aggrottando la fronte.
“Sammy…ma lo sai che ore sono?” – chiese poi, quasi sofferente a quella visione.
“Forse sei tu che non sai che ore sono, Dean” – ribatté il fratello, senza neanche alzare la testa dal quaderno.
Dean ridacchiò e si sedette al tavolo.
“Buon giorno, mamma” – disse poi rivolto alla donna, dandole un bacio sulla guancia.
“Ciao, tesoro” – rispose lei.
 
“Dean, a che ora sei rientrato ieri sera?” – lo interrogò la madre, mentre il figlio affogava i pancake in una generosa dose di sciroppo d’acero.
“Pofo dofo…”
“Dean, non si parla con la bocca piena” – lo rimproverò subito lei.
Il giovane masticò in fretta, per poi deglutire.
“Poco dopo la mezzanotte” – rispose infine.
Mary sospirò.
“Dean, posso capire che tu sia in vacanza, ma potresti evitare di fare tardi…e soprattutto di farmi preoccupare?” – chiese dolcemente la donna.
“Ok…” – annuì lui, sorridendole.
 
“Ah, c’è una novità. Avremo dei nuovi vicini” – esordì Mary.
Sam alzò lo sguardo dai compiti, incuriosito.
“Saranno sicuramente noiosi come i Norman” – sentenziò Dean.
“Magari, invece, hanno dei figli della vostra età” – tentò lei.
“Ne dubito” – ribatté il figlio maggiore, tra un boccone e l’altro.
 
°°°
 
Più tardi, quella stessa mattina, Mary incaricò Sam e Dean di fare alcune commissioni in centro.
“E non dimenticate di comprare il pane da Wheatfield” – si raccomandò lei.
I due fratelli uscirono di casa e si incamminarono lungo il marciapiede, costeggiando così l’abitazione dei nuovi vicini.
Anch’essa aveva due piani, tuttavia era esteticamente più elegante di quella dei Winchester.
All’esterno, i muri della parte bassa della casa erano impreziositi da grossi blocchi di pietra grigia, e quelle stesse pietre ornavano anche le colonne e la ringhiera dell’ampio porticato. La parte superiore invece era stata dipinta con un tenue azzurro pastello. Il tetto, decisamente spiovente su più lati, riprendeva la stessa tonalità cromatica dei blocchi di pietra.
Quando Sam e Dean si trovarono di fronte alla casa, non poterono non soffermarsi ad osservare il viavai di operari che continuavano ad entrare e ad uscire dall’abitazione. In particolare, l’attenzione di Dean fu catturata dalla presenza sul portico di un giovane con i capelli neri, voltato di spalle. Forse sua madre ci aveva visto giusto. Forse c’erano davvero dei ragazzi della sua età fra i nuovi vicini.
 
Un paio di ore dopo, una volta terminate le commissioni, i due fratelli erano già sulla strada del ritorno.
“Dean?” – chiamò Sam.
“Uhm?”
“Oggi pomeriggio esci con Lisa?”
“A-ah” – annuì Dean.
Sam rimase in silenzio, mentre il sacchetto di Wheatfield batteva sulla sua coscia ad ogni passo.
“Dean?”
“Uhm?”
“Com’è avere una ragazza?”
Dean si fermò, voltandosi verso il fratello, sorpreso.
Anche Sam si fermò, lo sguardo rivolto al marciapiede, mentre con un piede tentava di scalciare qualche sassolino.
“Come mai questa domanda?” – chiese curioso il maggiore.
Il minore alzò il viso e puntò i suoi occhi in quelli del fratello.
Dean schiuse le labbra.
“Oh”.
Sam arrossì.
Il ragazzo lo guardò e non poté fare a meno di sorridere. Il suo fratellino aveva 13 anni e già faceva domande sulle ragazze.
 
La mente di Dean volò a tanti anni prima, quando il padre lo portò in ospedale per conoscere il nuovo arrivato di casa Winchester. Dean non riusciva a stare fermo, tant’era l’eccitazione per l’arrivo del fratellino. A cavalcioni sulle spalle di John guardò curioso tutte le culle presenti al di là del vetro della nursery.
“Papà, dov’è il mio fratellino?” – chiese il bambino, battendo le manine sulle guance del padre.
“È lui” – rispose l’uomo, indicando una culla in seconda fila – “Quello con la copertina gialla”.
E Dean, per vederlo meglio, si era sporto in avanti, appoggiando i palmi delle mani contro il vetro.
E quando Mary e il nascituro furono dimessi dall’ospedale, durante il tragitto verso casa, Dean, seduto sui sedili posteriori dell’Impala, non riusciva a distogliere gli occhi da quel fagottino che sonnecchiava nel seggiolino. Dean aveva solo quattro anni, ma si ricordava bene quel giorno. Era maggio e faceva già piuttosto caldo, anche se Sam era comunque avvolto in quella copertina morbida e di colore giallo.
 
“Come si chiama?” – chiese a colpo sicuro Dean.
“C-chi?” – balbettò imbarazzato Sam.
“Oh, andiamo Sammy…”
Il minore fece dondolare il sacchetto che aveva in mano e sospirò.
“Ruby” – borbottò poi.
Dean sorrise.
“Viene a scuola con te?” – domandò poi.
Sam annuì.
“Siete amici?”
“Sì, credo di sì” – mormorò il più piccolo.
“E lei ti piace, giusto?” – sorrise il maggiore.
“Sì, ma…”
“Ma?” – lo incitò Dean.
“Uff…Dean, come fai a sapere se piaci ad una ragazza?” – sbottò il minore.
Il maggiore fu preso alla sprovvista e per un attimo non riuscì ad articolare una risposta.
“Ecco, vedi Sam…è una cosa un po’ complicata…” – arrancò il ragazzo.
“In che senso?” – chiese il ragazzino, aggrottando la fronte.
“Nel senso che…dipende molto dalle persone, da come sono fatte…ci sono comunque dei segnali, delle piccole cose che te lo fanno capire…” – gesticolò Dean.
“E quali sono questi segnali?” – incalzò Sam.
“Ce ne sono tanti, Sammy…e possono essere diversi da persona a persona”.
“E tu come hai capito di piacere a Lisa?”
Dean fu nuovamente preso in contropiede dalle domande e dalla sete di sapere del fratello.
“Umh, vediamo…da come mi sorrideva, dal modo in cui mi guardava e…” – disse il biondo, umettandosi le labbra.
“E?”
“Da qualcosa di indefinito…che, davvero, non so come spiegarti” – si giustificò il maggiore, sospirando.
Sam annuì, ma non sembrò del tutto convinto.
 
“Senti, hai la possibilità di vedere questa Ruby prima dell’inizio della scuola?” – chiese poi Dean.
Sam rimase in silenzio, pensieroso.
“Forse” – rispose poi.
“Bene. Potresti, che so, chiederle di mangiare un gelato insieme, o…”
“Fare i compiti?” – chiese il minore con slancio, interrompendo l’altro.
Dean sospirò.
“Beh, non è proprio il massimo, ma…per iniziare va bene anche quello” – ammise poi.
Sam sorrise, soddisfatto. Anche Dean sorrise.
“Dai, andiamo. Se facciamo tardi, poi chi la sente la mamma” – disse, scompigliando i capelli del più piccolo con una mano.
Entrambi ripresero a camminare verso casa.
“Dean?”
“Sì?”
“Grazie”.
 
 
Quando i fratelli Winchester furono in prossimità della loro abitazione, il furgone dei traslochi dei nuovi vicini non c’era più.
Dean si soffermò nuovamente con lo sguardo su quella casa. Si accorse ben presto che sul portico era stato sistemato un dondolo e, su quello stesso dondolo, vi era seduto un giovane. Dean ebbe la sensazione che si trattasse della stessa persona vista prima.
“Ehi, Sammy – disse, attirando l’attenzione del minore – “Guarda” – proseguì, indicando con un cenno del capo il portico dei vicini.
Sam si voltò, seguendo le indicazioni del maggiore.
“La mamma aveva ragione. C’è un ragazzo che forse ha la tua età” – disse Sam curioso, alzandosi sulle punte dei piedi per vedere meglio al di là della ringhiera del porticato.
“Ciao!” – salutò Dean, rivolgendosi a quel giovane, senza tuttavia ottenere risposta.
“Ehi, ciao!” – riprovò, avanzando di qualche passo verso la casa e alzando il braccio per attirare meglio l’attenzione dell’altro. Di nuovo, il giovane non rispose, e, ora che si era avvicinato, Dean notò che non aveva neanche sollevato la testa verso di lui.
“Ma cosa…” – mormorò tra sé il maggiore dei Winchester, perplesso.
Rimase immobile a fissare quel giovane per un istante, per poi avanzare nuovamente verso l’abitazione.
“Dai, lascia perdere, Dean. Magari non vuole essere disturbato…” – cercò di dissuaderlo Sam.
Dean si fermò e si voltò verso il fratello. Poi, rivolse un ultimo sguardo alla casa.
“Sì, hai ragione, lasciamo perdere”.
 
°°°
 
“Io esco!” – diede voce Dean dall’ingresso di casa.
Dalla cucina fece capolino Mary.
“Dove vai?” – chiese la donna.
“Mi vedo con Lisa in centro”.
La madre incrociò le braccia al petto, sorridendo maliziosa.
“La conoscerò mai questa Lisa?”
Dean alzò gli occhi al cielo.
“Non fare troppo tardi” – si raccomandò dolcemente lei.
“Sì, sì” – taglio corto il figlio, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Dean si incamminò lungo il marciapiede, con le mani in tasca. Arrivato davanti alla casa dei nuovi vicini si voltò a guardare. Il dondolo sul portico era vuoto. Dean ripensò a quanto successo quella mattina e a quel ragazzo che non l’aveva nemmeno salutato. Anzi, lo aveva proprio ignorato.
“Mi sa che questi sono peggio dei Norman” – borbottò, scrollando le spalle e riprendendo a camminare.
 
Quando Dean giunse alla gelateria Sylas & Maddy, Lisa era già lì che lo aspettava. Il ragazzo si soffermò un attimo a guardarla e sorrise. Era davvero bella.
“Ehi, Lisa” – la richiamò lui.
La giovane si voltò e, accortasi di Dean, gli andò incontro con un sorriso raggiante.
Lisa era una di quelle ragazze che di certo non passava inosservata. I lunghi capelli neri e lisci spiccavano sulla sua pelle olivastra, mentre il suo corpo era snello e minuto. Quel pomeriggio, per l’occasione, indossava una graziosa gonnellina bianca e un top rosa.
“Dean!” – esclamò lei, gettandogli le braccia al collo e baciandolo dolcemente sulle labbra.
Dean ricambiò il bacio, cingendole i fianchi e stringendola a sé.
“È molto che aspetti?” – sussurrò lui.
“No, sono appena arrivata anche io” – rispose lei.
 
La gelateria Sylas & Maddy di Lawrence era piuttosto famosa. Si vantava di produrre gelato artigianale in loco, come fatto in casa, usando ingredienti di prima qualità.
Dean e Lisa entrarono e raggiunsero l’ultimo tavolino in fondo al locale. La giovane appoggiò la borsa sulla sedia, prima di affiancarsi a Dean di fronte al bancone.
“Cosa volete, ragazzi?” – chiese la cameriera.
“Per me un frullato alla fragola” – disse decisa Lisa.
“Ok. E per te?” – domandò poi la donna, rivolgendosi a Dean.
Il ragazzo fissava la lavagna posta dietro il bancone, dove erano riportati i numerosi gusti di gelato disponibili.
“Dean?” – lo richiamò Lisa.
“Sono indeciso” – borbottò lui, continuando a fissare la lavagna.
Dopo qualche secondo, sembrò essere giunto ad una decisione.
“Ok, per me invece un gelato Rock Chocolate” – disse infine, soddisfatto della sua scelta.
“Va bene, sarò subito da voi” – si congedò la cameriera.
Nell’attesa delle loro ordinazioni, i due presero posto a sedere, uno di fronte all’altro.
 
Dean e Lisa frequentavano lo stesso liceo, la Free State High School di Lawrence, e, prima di mettersi insieme, si conoscevano solo di vista. Però, tra i due non erano di certo mancate occhiate più o meno furtive e maliziose in corridoio e davanti ai rispettivi armadietti, sebbene a quei tempi Lisa fosse impegnata con uno dei membri della squadra di basket.
L’attrazione vera e propria scattò nelle ultime due settimane di scuola, prima dell’inizio delle vacanze estive. Un giorno, in un corridoio semi-deserto per la fine delle lezioni, Dean adocchiò la ragazza davanti al suo armadietto, intenta a depositarvi i libri, e si avvicinò con calma. Tuttavia, lei si accorse della presenza dell’altro e indugiò appositamente in quello che stava facendo.
“Lisa Braeden” – esordì Dean, appoggiandosi con una spalla alla fila degli armadietti.
“Come sai il mio nome?” – chiese lei, incurante.
“L’ho sentito in giro” – rispose lui, alzando le spalle.
“Beh, ottimo udito, Dean Winchester”.
Dean la guardò e sorrise.
“E tu invece, come sai il mio nome?” – domandò lui, umettandosi le labbra.
“L’ho sentito in giro” – ribatté lei, maliziosa.
 
“Lisa!”
Una voce femminile, proveniente dal fondo del corridoio, li interruppe, facendoli voltare.
“Muoviti, stiamo per iniziare!” – incitò quella voce.
“Sì, arrivo!” – esclamò Lisa.
La ragazza prese i pom pom dall’armadietto e poi lo richiuse con calma.
“Devo andare. Ci vediamo…” – disse lei piano, superando l’altro e incamminandosi lentamente lungo il corridoio.
“Sai, non ho mai visto delle cheerleader che si allenano” – la richiamò lui.
Lisa si fermò, senza voltarsi, e sorrise.
“Gli allenamenti sono aperti a tutti”.
“Buono a sapersi. Allora…ci vediamo, Lisa”.
“Ci vediamo, Dean” – fece eco lei, allontanandosi.
 
Quello stesso pomeriggio, Lisa, durante gli allenamenti con le altre compagne di squadra, si ritrovò puntati addosso gli occhi verdi di Dean Winchester, seduto sulle gradinate degli spalti della palestra.
 
“Non ci posso credere che questo sarà l’ultimo anno” – esordì Lisa, dopo aver staccato le labbra dalla cannuccia del suo frullato.
“Già” – rispose lui.
“Dopo il 25 agosto, riprendono gli allenamenti delle cheerleader”.
“Con questo caldo?”
“Sì…dobbiamo lavorare alle nuove coreografie”.
Dean arricciò le labbra in un sorrisetto.
“Che c’è?” – chiese Lisa curiosa.
“Non vedo l’ora di rivederti con la divisa, ad agitare quei pom pom” – rispose lui divertito.
“Smettila!” – rise lei.
 
“Hai pensato a cosa farai dopo il liceo?” – domandò la ragazza.
“A dire il vero no” – ammise Dean, tra un cucchiaio di gelato e l’altro.
“Farai domanda per qualche college?”
“Non lo so, non ci ho ancora pensato” – bofonchiò lui con la bocca piena.
 
“Quest’anno c’è il ballo di fine anno” – riprese lei, facendo dondolare la gamba accavallata.
Dean aggrottò la fronte e vide negli occhi della ragazza uno strano luccichio.
“Oh, no, no. Lisa, no” – si affrettò a dire lui, alzando le mani davanti a sé.
“Oh, invece sì, Dean” – lo corresse lei.
Dean si passò una mano sul viso.
“Ok, ma sia chiaro che io non ballo” – puntualizzò il giovane.
“Vedremo” – ribatté Lisa, ridendo.
 
°°°
 
Ormai era agosto inoltrato e una mattina Dean si ritrovò alla scrivania a sostenere uno scontro di sguardi con i compiti che aveva ancora da fare per l’estate. Uno scontro perso in partenza. Come aveva supposto Sam, Dean non aveva neanche iniziato a farli, i compiti. E ora era lì, a fare i conti con tutti quei libri e quaderni.
Il ragazzo sospirò, le braccia incrociate al petto. Diede una rapida occhiata alla lista di fronte a lui.
“E va bene, vediamo cosa abbiamo qui” – disse, raddrizzandosi sulla sedia.
Prendendo in mano la lista, iniziò a leggere ogni singolo punto riportato.
“Inglese. Ok, ce la posso fare” – asserì tra sé.
“Letteratura americana: ‘leggere tre libri a scelta dalla lista, e scrivere una relazione su ciascuno’…seriamente? Tre libri?” – mormorò, contrariato.
Si morse una guancia, battendo nervosamente un piede sul pavimento.
“Andiamo avanti. Costituzione americana: ‘scegliere tra una delle leggi promulgate dall’inizio dell’anno e scrivere una relazione sulle sue applicazioni nello stato del Kansas’ “.
Dean sospirò.
“Matematica: ‘esercizi di ripasso, che coprono tutti gli argomenti svolti durante l’anno scolastico’…oh, andiamo!” – sbottò fuori il giovane, allargando le braccia.
Dean si lasciò andare stancamente sullo schienale della sedia.
Poi, in un gesto di stizza, sollevò leggermente i fianchi e sfilò il cellulare dalla tasca dei jeans. Fece scorrere un dito sul display e iniziò a scrivere un messaggio.
 
[10:21] – Da Dean a Benny
Amico, dimmi che sei messo meglio di me con tutta questa merda da fare durante l’estate.
 
Lasciò il cellulare sulla scrivania e si alzò, dirigendosi alla finestra. L’imposta era alzata e, nonostante il caldo, entrava una leggera brezza, molto piacevole. Dean si appoggiò con le mani al davanzale. Guardando fuori, il fianco della casa dei vicini era lì, ad una ventina di metri. Una finestra al secondo piano era aperta e le tende erano scostate. All’improvviso, una figura passò davanti a quella finestra, attirando l’attenzione del giovane. Poco dopo, si presentò di nuovo, questa volta soffermandosi. La vibrazione del cellulare sulla scrivania, fece distogliere lo sguardo a Dean per qualche secondo. Quando si voltò nuovamente, la figura alla finestra non c’era già più.
Dean si diresse verso la scrivania, prese il telefono e lesse il messaggio che era appena arrivato.
 
[10:30] – Da Benny a Dean
Direi che siamo sulla stessa barca.
 
Dean alzò gli occhi al cielo.
 
[10:32] – Da Dean a Benny
Non ce la posso fare, sul serio.
 
[10.35] – Da Benny a Dean
Cosa proponi?
 
[10.38] – Da Dean a Benny
 E se unissimo le forze? Magari chiamiamo anche Chuck e la rossa.
 
[10:42] – Da Benny a Dean
Si può fare. Quando?
 
[10:46] – Da Dean a Benny
Oggi pomeriggio può andare? In biblioteca.
 
[10:49] – Da Benny a Dean
Va bene. Io avviso Chuck, tu la rossa.
 
Dean sorrise soddisfatto, e iniziò a digitare sul display.
 
[10:58] – Da Dean a Charlie
Ehi, rossa, abbiamo un problema di compiti qui. Oggi pomeriggio in biblioteca. Sei dei nostri?
 
 
°°°
 
La biblioteca di Lawrence era aperta anche nel mese di agosto, soprattutto per gli universitari, anche se gli orari di apertura erano decisamente più ridotti, rispetto a quelli del periodo invernale.
L’edificio era circondato da un piccolo parco e un breve viale alberato conduceva all’ingresso. L’accesso alla biblioteca vera e propria era consentito da due rampe di scale. Una volta in cima, un lungo corridoio portava a due sale principali: quella di sinistra, la più grande, occupata prevalentemente dagli universitari, e quella di fronte, di dimensioni minori, occupata solitamente dagli studenti selle scuole superiori. Sul lungo corridoio si affacciava un grande soppalco, dove erano collocati quotidiani, periodici, riviste scientifiche e di settore, e dove era possibile avere accesso ai terminali informatici, connessi ad internet, per effettuare ricerche.
Quando Dean entrò nella seconda sala, si guardò intorno. La sala era pressoché deserta e per il ragazzo non fu difficile individuare una figura conosciuta, seduta sul tavolo, con le gambe a ciondoloni, intenta a leggere una rivista.
“Ehi” – salutò Dean, appoggiando malamente lo zaino sul tavolo.
“Ehi” – rispose Benny, alzando gli occhi dal periodico.
“È così che fai i compiti?” – rise l’altro, togliendo la rivista dalle mani dell’amico.
“Ehi, dammi tregua, Dean” – si giustificò Benny – “E poi, non mi sembri proprio nella posizione giusta per giudicare sai? – ribatté infine.
 
Dean Winchester e Benny LaFitte si conoscevano da quando erano bambini. Benny e la sua famiglia abitavano nello stesso isolato dei Winchester, per cui non fu difficile per i due incontrarsi e diventare subito amici. Benny era sempre stato piuttosto carismatico e molto sicuro di sé. E forse fu questo ad affascinare il piccolo Dean. Quando l’amico fu costretto a trasferirsi in un altro quartiere, Dean si sentì smarrito. Con Benny ne avevano combinate davvero di tutti i colori, diventando così, oltre che amici, anche complici. Fortunatamente, grazie alle stesse scuole frequentate, i due riuscirono a tenersi in contatto e a preservare quell’amicizia per gli anni a seguire.
 
“Grazie a Dio, c’è l’aria condizionata” – sbuffò una voce, attirando l’attenzione dei due.
“Ehi, Chuck” – disse Dean.
“Chuck, sei tutto rosso in faccia e stai sudando. Te la sei fatta di corsa fino a qui?” – rise Benny.
“Ah, ah. Molto spiritoso” – ribatté l’altro, accasciandosi su una sedia – “Fa un caldo assurdo, là fuori. Dio, quanto lo odio” – continuò, passandosi una mano sulla fronte accaldata.
 
Dean e Benny conobbero Chuck Shurely al secondo anno di liceo. Un giorno, durante la lezione di costituzione americana, la classe venne suddivisa per sorteggio in gruppi di tre persone, e a ciascun gruppo venne assegnato un progetto. Chuck capitò nello stesso gruppo di Dean e Benny. Fino ad allora, i due ragazzi conoscevano solo di vista quel piccoletto con i capelli ricci.
Chuck si dimostrò essere subito una persona pacata, molto intelligente e delle idee chiare. Con il suo aiuto, il progetto fu un successo. Ma non solo. Il ragazzo si rivelò essere anche simpatico e, più volte, si ritrovò seduto allo stesso tavolo in mensa con Dean e Benny. E così, pian piano, tra di loro nacque un’amicizia, rafforzatasi poi nel corso dei due anni successivi.
Il ragazzo scriveva per il Free Press, il giornale della scuola, e ogni estate svolgeva una specie di stage presso il Dobb’s Journal, un giornale locale di Lawrence, per accumulare crediti extra-scolastici. Il suo sogno, lo ripeteva spesso, era di poter scrivere un giorno per una delle più importanti testate giornalistiche del paese.
 
“Ciao, stronzetti” – squittì una voce.
Ed eccola lì, l’ultimo elemento mancante del gruppo.
“Charlie, ma tu vivi con quel coso in mano?” – chiese Benny, osservando la ragazza intenta a digitare abilmente a due mani sul display del cellulare.
“Questo ‘coso’, come lo chiami tu, è il futuro. Dovreste adeguarvi anche voi…che so, basterebbe anche un profilo Twitter, o anche Facebook, per iniziare” – ribatté lei, senza alzare lo sguardo dal telefono.
“Ehi, io ho un profilo Facebook” – disse risentito Benny.
“Pure io” – gli fece eco Chuck.
“Infatti non stavo parlando di voi, ma del nostro amichetto lì” – disse lei, puntando l’indice contro Dean.
“Non ci penso nemmeno” – asserì convinto l’altro.
 
Charlie Bradbury si trasferì alla Free State High School all’inizio del terzo anno. Come tutti i nuovi arrivati, si ritrovò su di sé gli occhi puntati dell’intera scuola, rimanendo pertanto isolata. A Dean, quel genere di atteggiamento non era mai piaciuto e non lo capiva nemmeno. Cosa c’era di male nell’essere una persona nuova in una scuola?
Fu così che, un giorno, Dean, vedendo la ragazza in piedi in mezzo alla mensa, alla ricerca di un posto dove poter pranzare, la chiamò, alzando un braccio e invitandola a sedersi al tavolo con loro. Charlie si dimostrò timida i primi cinque secondi, per poi esplodere come un vulcano in eruzione. Con la sua parlantina e le sue vaste conoscenze su Guerre Stellari, Harry Potter, Il Signore degli anelli e Trono Di Spade, quella ragazzina dai lunghi capelli rossi e dall’occhio furbetto, conquistò subito le simpatie dei tre ragazzi, soprattutto di Dean.
Charlie era spontanea, sincera e un dannato genio dell’informatica. Non per niente, prima della fine del suo primo anno alla Free State, era già diventata presidente del club di informatica. Era certa che, prima o poi, qualche grossa società di informatica, si sarebbe accorta di lei e delle sue grandi capacità.
“Un giorno, per parlare con me, dovrete prendere appuntamento, stronzetti” – diceva spesso, ridendo.
 
“La cheerleader non c’è?” – domandò la rossa, alzando gli occhi dal cellulare e guardandosi intorno – “Siamo forse troppo plebei per lei?” – azzardò sardonica poi.
“Charlie…” – la ammonì Dean, cercando di essere severo, ma senza riuscirci.
“Ok, ok, scusa…” – ammise lei, alzandole braccia in segno di resa – “Ma, lo sai, è più forte di me” – aggiunse, facendo la linguaccia.
“Comunque no, non c’è” – sospirò rassegnato Dean – “A dire il vero, non gliel’ho neanche chiesto…” – mormorò poi.
Charlie alzò le sopracciglia.
“E come mai?” – chiese lei, sorridendo maliziosa.
“L’ho fatto per te, rossa” – ghignò Dean.
“Ti amo” – sorrise lei.
“Lo so” – disse Dean, sorridendo a sua volta.
 
“Allora, iniziamo a fare questi compiti o no?” – chiese Benny, richiamando così l’attenzione di tutti.
 
°°°
 
I ragazzi rimasero in biblioteca fino alle sei di pomeriggio, orario di chiusura della struttura. Alla fine, erano riusciti a combinare qualcosa, soprattutto grazie all’aiuto di Chuck per quanto riguardava costituzione americana, e a Charlie, per quanto riguardava matematica.
Quando fu in prossimità di casa, Dean, senza rendersene conto, voltò distrattamente lo sguardo verso la casa dei vicini. E quando vide che sul dondolo era seduto lo stesso ragazzo di qualche giorno prima, si fermò.
Dean indugiò un attimo. Non sapeva bene cosa fare. Il fatto che quel ragazzo non l’avesse salutato, e nemmeno guardato in faccia, aveva portato Dean a due conclusioni possibili: o, come suggerito da suo fratello Sam, non voleva essere disturbato, oppure era uno stronzo snob.
Il maggiore dei Winchester decise di verificare una delle due ipotesi e, contemporaneamente, di concedere a quel giovane una seconda possibilità.
“Ehi, ciao!” – gli diede voce Dean, non ottenendo risposta.
Dean si umettò nervosamente le labbra. Guardandosi in giro, iniziò a incamminarsi verso l’abitazione. Quando fu ad un passo dalla ringhiera del portico, si fermò.
Il giovane era seduto sul dondolo, intento a leggere un libro, tenuto aperto sulle gambe.
“Ehi” – lo richiamò Dean, non ottenendo ancora risposta.
“Ehi, dico a te” – ritentò, invano.
“Ma, seriamente?” – borbottò il maggiore dei Winchester.
Stizzito, si diresse verso gli scalini di ingresso e salì sul portico. Non appena fu vicinissimo al ragazzo, allungò una mano e la appoggiò con forza sul libro aperto, facendo sussultare il giovane che, finalmente, alzò lo sguardo verso di lui.
“Ho detto ciao” – sibilò Dean.
 
 
 
 
 
- L’Angolo Dell’Autrice Disadattata -
 
Ciao a tutti!
Eccomi ancora qui con una nuova storia, una Destiel long ovviamente. Ho lavorato su questa fan fiction per molto tempo e finalmente posso presentarvela. L’idea è nata una domenica mattina, mentre passavo il panno swiffer sulla sala da pranzo di mia madre, e so che questo non vi interessa, ma ci tenevo a dirvelo *ride solo lei*
Non vi nascondo che sono piuttosto in ansia mentre vi scrivo, perché, come avrete capito dall’introduzione, la tematica trattata è davvero particolare e spero di aver fatto un buon lavoro. La pubblicazione dei capitoli avverrà una volta alla settimana, di lunedì. Chi mi conosce e ha già seguito le mie storie, sa bene che scrivo capitoli lunghi, e questo caso non fa eccezione. Perdonatemi, ma a quanto pare non ho il dono della sintesi.
Vorrei ringraziare (anche se siamo arrivati ad un punto in cui i ringraziamenti non sono più sufficienti, seriamente) la mia dolcissima e preziosissima beta MadGirlWithABlueBox. In lei ho trovato prima di tutto un’amica straordinaria, oltre che una beta appassionata ed efficiente, e posso dire che le mie giornate sono migliorate da quando la conosco. E devo ringraziare lei se questa storia può vedere la luce, perché ha continuato, e continua tutt’ora, a spronarmi e ad incitarmi ad andare avanti. Ti lovvo, Juls <3
Un ringraziamento speciale va a SognatriceNotturna e momoko89 per aver letto il capitolo in anteprima e avermi spronato alla pubblicazione. Anche in loro ho trovato delle amiche preziose e davvero degne di tale nome, per cui, davvero, grazie!
E infine vorrei ringraziare tutti gli autori di cui leggo e recensisco storie. Seguirvi per me è un immenso piacere, oltre che un onore, e dalle vostre storie posso solo imparare ad andare avanti e a continuare a scrivere.
Per ora è tutto.
Mi raccomando leggete, recensite se volete, ma soprattutto godetevi la storia!
Alla prossima!
Sara
 
 
~ Varie ed eventuali ~
 
Inauguro con questa storia un piccolo angolo di curiosità inerenti ciascun capitolo che verrà pubblicato. Spero che sia di vostro gradimento!
 
1) Wheatfield è una panetteria/pasticceria di Lawrence, molto graziosa e dalle vetrine decisamente invitanti (If you know what I mean).
2) La gelateria Sylas & Maddy di Lawrence è piuttosto famosa e ha un locale davvero carino. Tutto l’arredamento è decisamente colorato e divertente, e vi consiglio di cercare su Google maps e di vederlo con i vostri occhi perché ne vale la pena. Il gelato Rock Chocolate esiste veramente e, secondo me, deve essere una di quelle golosità che ti fanno dire “la vita è bella”. L’ho scelto perché il nome mi sembrava perfetto per uno come Dean.
3) La scuola superiore frequentata da Dean e dai suoi amici, la Free State High School, è una dei tre licei presenti a Lawrence. Il colore della scuola è il verde e il simbolo è un uccello dalle ali infuocate, il Firebird.
4) La biblioteca di Lawrence che trovate descritta qui è basata sulla biblioteca di un paese vicino al mio, ed è un luogo davvero incantevole.
   
 
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