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Autore: Elsinor    13/09/2016    6 recensioni
La vita non ti sorride quando sei un Magonò, e il giovane e irriverente Silas lo sa bene, tra Burrobirre, lavori ingrati ed elfi domestici più ricchi di te. Ma se sei un Magonò e ti ritrovi con il soffio di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sul collo?
È ora di scoprire cosa si può fare senza magia e cosa si può fare con, cosa si può fare da soli e cosa si può fare insieme a qualcuno, specie se quel qualcuno è un mago brillante e vanitoso come Alec Kingsman.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Caddi e rotolai su un tappeto dal pungente odore di polvere.
Pungevano pure le setole del tappeto, eh. Sotto il velo di cenere che ci avevo appena sparso sopra si intuiva una di quelle noiose fantasie pseudo-persiane da mercatino dell'antiquariato.

Fortuna che avevo bevuto solo un goccio di tè e niente, perché viaggiare con la Polvere Volante fa venire la nausea peggio della gimcana del Nottetempo. Avrei potuto spargerci di peggio, su quel tappeto.

La mano di Kingsman si tese davanti al mio campo visivo e io la afferrai istintivamente per tirarmi su. Me ne pentii un attimo dopo quando alzai lo sguardo sul resto della stanza e mi resi conto che c'erano tre spettatori attentissimi che ci guardavano.

«Buon pomeriggio.» disse Kingsman, educato. Non mollò la mano, anzi la tirò per cercare di trascinarmi via come se niente fosse.
Ci seguirono con gli occhi come tanti gufi appollaiati sui trespoli.
Il più somigliante a un gufo era un occhialuto con l'aria da sgobbone, poi c'erano due ragazze, una con viso e occhi tondi da civetta e un'altra magra col naso a becco.
Stavano prendendo il tè davanti al caminetto, in un semicerchio rudimentale di poltrone, seggioline e pouf con al centro un tavolino. Sulla tovaglia bianca regnava un devasto di scones, marmellata, burro, tovaglioli sparsi, coltelli d'argento e zollette di zucchero scintillanti.
Il tutto era inserito in un salotto pretenzioso ma un po' muffito: sulle pareti color crema erano appesi quadri ovali di streghe arcigne che reggevano senza convinzione mazzi di fiori. I ninnoli di ceramica sulle credenze sembravano costosi e brutti e la pendola in un angolo ticchettava.
«La vecchia è di sopra.» aprì bocca l'occhialuto, rivolgendosi a Kingsman «Ti conviene fare attenzione.» «Anche meglio, Disilludilo.» gli suggerì la ragazza col naso a becco, lanciando un'occhiata penetrante verso di me. Avevo l'impressione che parlasse del sottoscritto.
«Non c'è bisogno, grazie. Faccio veloce.» replicò Kingsman con un sorriso cortese ma sbrigativo, mentre effettivamente camminava veloce tirandosi dietro il povero me. Aprì una porta che dava su un pianerottolo poco illuminato, da cui si dipanavano su e giù scale di legno bruno-rossiccio, e mi ci spinse dentro. Dal salotto qualcuno fece un commento a bassa voce seguito da una risatina, ma non feci in tempo a voltarmi che Kingsman aveva chiuso la porta dietro di noi.
«Che vogliono quelli? Chi sono? E perché dovresti disilludermi?» iniziai a snocciolare, seccato, ma Kingsman si portò l'indice alle labbra e mi fece uno "ssssh" più forte di qualsiasi recriminazione. Mi riacchiappò il polso per strattonarmi su per le scale, costringendomi a seguire il suo passo. Riuscimmo a fare una rampa intera prima di vedere un'oscura sagoma venirci incontro dal corridoio al piano di sopra.
«Signora Sherwood!» esclamò Kingsman con brio. Coprì abbastanza bene il grido incoerente che sfuggì a me.
«Signor Kingsman!» esclamò di rimando la vecchia, seria «Ora che ci siamo detti il nome a vicenda, posso sapere quello del nuovo ospite?» e guardò in tralice verso di me. Era una tipica vecchia signora a forma di bollitore per il tè, con l'aria severa e un lungo vestito violetto stinto coi bordi di pizzo.
«Mi chiamo signor Hare» risposi io, fregando Kingsman sul tempo «Ma può chiamarmi Silas.»
«La chiamerò fuori di qui se non mi dice che ci fa in casa mia, ragazzino impertinente.»
Kingsman stavolta mi battè: «Mi perdoni, non ho avuto il tempo di avvertirla: al lavoro mi hanno affidato degli stagisti e questo ragazzo deve visionare del materiale che ho nello studio, così...»
«La prossima volta avverta! Ha paura di consumare le penne ai gufi? Non mi importa cosa combina, ma voglio sapere chi entra qui» la vecchia fece dietro front e si allontanò lungo il corridoio «Buon lavoro, sempre che di lavoro si tratti!» abbaiò come saluto.
«La prossima volta te lo scrivo sulle tende con un Incantesimo di Tagliuzzamento, vecchia strega.» promise Kingsman a voce bassa quando fu sparita. Sospirò, mi diede un colpetto sulla spalla e fece cenno di seguirlo. Su una porta che si apriva nel corridoio c'era una targhetta dorata con scritto in elegante corsivo Alec's Nest. Il riquadro che conteneva la scritta era sormontato da un bassorilievo dorato a forma di corvo con un rametto nel becco, intento per l'appunto a fare il nido. Il corvo voltò la testolina verso di noi.
«Vento di levante» pronunciò Kingsman a voce bassa ma chiara.
Il corvo gracchiò e la serratura della porta scattò. Kingsman spinse la maniglia ed entrò, facendosi subito da parte per farmi passare.
«Forte, hai davvero i sistemi di sicurezza.» commentai, abbastanza soddisfatto.
«E non li hai visti tutti.» precisò Kingsman «Non li hai azionati perché non hai una bacchetta.» Sembrava decisamente sollevato dopo essersi chiuso dietro il resto della casa, gufi e vecchia compresi. Anche Ratbert, che scivolò finalmente fuori dal suo colletto e saltò giù per mettersi a correre in giro. E, dovevo ammetterlo, anch'io.
«Hai paura che la signora Shercosa ti venga a ficcanasare? O sono quelli al piano di sotto, gli spioni?»
«In realtà ci spero sempre che la signora Sherwood provi a entrare, così vedrei come le stanno bene addosso le mie fatture. Degli altri non preoccuparti.» l'ultima frase la disse con tanta noncuranza che ci lessi un filo di disprezzo.
«Sono tutti tuoi parenti?» azzardai.
«Eh?! Ti sembra mi somiglino, per caso? No, sono vecchi compagni di scuola. C'è la nipote della signora Sherwood, però. Infatti è la sua casa di famiglia, questa, non la mia. Io qui sono in affitto come gli altri. Ho questi appartamenti tutti per me, non è per niente male.»
In effetti non era per niente male, considerato che era almeno il triplo di casa mia, se non di più. Certo, casa mia è un buco, ma quello era un appartamento decente anche per un mago. Anche dal vestibolo (dove non c'era molto a parte un attaccapanni e uno specchio alto che Kingsman usò subito per darsi una rassettata) si intravedevano diverse stanze incastonate l'una dietro l'altra. Le pareti erano rivestite di carta da parati a righine e il pavimento di tappeti antiquati simili a quelli del salotto. Anche i quadri erano poco simpatici come quelli del salotto, ma non erano ovali e al posto delle signore arcigne ospitavano signori arcigni, impegnati a mescolare pozioni. Uno di loro mi guardò male mentre gli passavo accanto per entrare in quello che era chiaramente lo studio di Kingsman.
Me lo ero immaginato un tipo ordinato, ma la situazione che gravitava intorno alla scrivania rivelava un ordine che probabilmente solo lui capiva. Libri e pergamene erano impilati in modo da non cadere, peccato che quelle pile ordinate formassero colonne e colonnine sulla scrivania, sul pavimento, su un tavolinetto tondo e un po' ovunque. Aveva usato le pile di libri anche per appoggiare calamai, piume, una ciotola con strane incisioni e altri oggetti che non capivo, probabilmente magici. Le pareti erano coperte di ritagli di giornale, solo in parte del Settimale delle Streghe: molti erano della Gazzetta del Profeta, altri di una rivista (che non sapevo manco esistesse) chiamata Trasfigurazione Oggi, e c'erano persino un paio di articoli del Cavillo. Un articolo del Settimanale, che immaginai fosse suo (pure se era firmato con un nome femminile) l'aveva incorniciato al posto d'onore.
Ratbert scoperchiò a colpi di muso e di zampe un barattolo di ceramica che pensavo contenesse roba magica, rivelandolo un barattolo di biscotti.
«Ratbert, NO!» esclamò sconsolato Kingsman, guardandolo schizzare via con un bel pezzo di biscotto con gocce di cioccolato tra i denti. Sospirò «Sto cercando di insegnargli a distinguere gli oggetti trasfigurati dall'odore, una cosa che, neanche a farlo apposta, oggi ci avrebbe risparmiato lo scherzo della bacchetta. Purtroppo tutto quel che ha imparato finora è a prendersi il premio da solo, e spesso si premia perché esiste.» stava frugando, in maniera chiaramente insoddisfacente, tra i cassetti della scrivania.
Io spostai un libro e mi abbandonai su una poltrona di pelle: «Dammi un biscotto e chiamami Ratbert se non indovino che hai qualcosa per me.» siccome raccontava sempre mezze verità, supposi dovesse davvero "farmi visionare del materiale", come spiegato alla vecchia.
«Hai indovinato. Una cosa che temo di aver restituito troppo presto...aspetta qui.» e crac! si Smaterializzò.










Angolo dell'autrice: insomma, Kingsman, ti Smaterializzi nel bel mezzo della storia? E poi io che racconto ai lettori? Vabbè, spero che avrete ancora un po' di pazienza e aspetterete il prossimo capitolo. Verranno fuori scheletri dagli armadi? I nostri eroi si terranno ancora per la manina o passeranno ad altro? Ratbert diventerà grasso? Lo scoprirete presto, nel frattempo sentitevi liberi di lasciare una recensione o un biscotto!
   
 
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