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Autore: Bibliotecaria    17/09/2016    0 recensioni
Il mondo dei maghi è più complesso di quel che immaginiamo, pieno di misteri e segreti.
Harry Potter e la sua generazione hanno fatto la loro parte, ora una nuova generazione deve affrontare la sua sfida; segnata da una profezia e da un nuovo nemico.
L'antica magia verrà risvegliata e una nuova magia nascerà. Il ritorno dei draghi è il primo segno che indica la fine d'un era e l'inizio d'un altra.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuova generazione di streghe e maghi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Una nuova generazione '
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Cap. 15 Si chiude l’incipit

Passarono i giorni e alla fine la scuola arrivò alla fine. “Mi raccomando.” Disse Hanna. “Scrivetemi qualche volta.” “Sì, sì.” Disse Nath fingendo disinteresse. “Sono seria se non mi scrivete non vi rivolgo mai più la parola!” Minacciò la Grifondoro puntando il dito contro Nathaniel il quale rispose facendole l’occhiolino. “Senti Elaine…” Cambiò argomento Nath. “tu-sai-chi come li intendi portare a casa?” Gli chiese il Serpeverde. “Beh… Il piccoletto lo porterò qui dentro.” Spiegò la ragazza battendo un paio di volte sulla borsa scolastica dove intendeva nascondere il drago d’oro. “e lady posso-raggiungerti-in qualunque-momento-come-pensi-di-nascondermi-in-un-treno” Disse la ragazza citando le parole della draghessa. “intende raggiungermi una volta a casa.” “E dove la nasconderai? Non è esattamente un fuscello!” Esclamò Hanna. “Nel bosco dietro casa, non sarà la foresta proibita ma almeno si mimetizzerà con la vegetazione.” Spigò Elaine che vivendo in una piccola città non aveva altre alternative. “Io non credo che possa funzionare.” Constatò Nath. “Per caso hai qualche idea migliore?” Lo sfidò Elaine. “Ehm…. No…. ma…” Disse Nath cercando una via di fuga. “Tu cosa ne pensi genio…” Chiese il ragazzo rivolgendosi al Corvonero a cui aveva affiliato il titolo dopo che si era scoperto che aveva preso il massimo punteggio a tutte le prove finali.  Ma il ragazzo non rispose. “Arthur…” Lo chiamò Nath. “Aaaaarrrthuuuuuurrrrr…” Canticchiò a mezza voce il suo nome ma il ragazzo continuò ad ignorarlo; Nath alzò gli occhi al cielo. “Terra chiama Arthur. Rispondi Arthur.” Insistette il Serpeverde. A quel punto intervenne Hanna che si mise accanto al orecchio del Corvonero e urlò. “Arthur!” Il ragazzo fece un sussulto e tornò nel mondo dei vivi. “Ehm… sì? Hanna mi hai assordato l’orecchio!” Si lamentò il giovane. “E che altro avrei dovuto fare?” Disse la ragazza dandogli contemporaneamente dello stupido nel linguaggio dei segni. “Hanna ha ragione.” Affermò Nathaniel. “Si può sapere che hai? È da Beltate che sei sempre con la testa da un’altra parte. Non sarai ancora preoccupato per quella strega vero? Beh, rilassati: non sa i nostri nomi e non sarà così facile trovarci e poi se anche trovasse Elaine lei la caccerebbe via con una certa potenza di fuoco. N’è vero?” Disse il Serpeverde dando uno leggero spintone con il gomito ad Elaine che era rimasta interdetta dal affermazione. “Ehm… credo di sì.” Rispose l’interpellata incerta. “Come credo?” Esclamò Hanna.

“Allora ci vediamo domani ragazzi.” Disse Arthur allontanandosi. “Perché non resti annunceranno i vincitori della coppa delle case.” Disse Nathaniel sorpreso. “Lo dici solo perché sai che sarà la tua casa a vincere.” Disse Hanna scocciata. “Modesti a parte…” Affermò Nath con fare teatrale portandosi la mano destra al cuore e fingendosi commosso. “Egocentrico.” Balbettò Hanna. “Ehi Nath!” L’interessato alzò lo sguardo: Brian si stava sbracciando dal tavolo Serpeverde facendogli notare che gli aveva tenuto il posto per lui. “Sì arrivo!” Urlò il ragazzo facendo un cenno con la mano. “A dopo ragazzi!” Salutò i suoi amici e si diresse da Brian. “Ma tu guardalo: a inizio anno si detestavano ora invece… sembra che siano nati nella stessa culla.” Lo prese in giro Hanna. “È un passo bel avanti.” Disse Elaine. “Sei sicuro di non voler restare Arthur?” Domandò la Tassorosso voltandosi verso l’interessato. “Sì tranquille, non ci metterò molto: devo solo controllare una cosa.” Così dicendo si allontanò di gran lena dirigendosi verso il lago, prima che le sue amiche potessero dire altro. Ci aveva pensato e ripensato in quelle settimane, e dopo aver analizzato per più di mille volte gli eventi di quella notte e del mattino precedente e si era in fine deciso a testare la sua teoria.

 

Nella borsa poteva sentire il peso del coltello da caccia di suo padre, l’aveva rubato apposta per valutare la sua teoria. Forse si stava sbagliando ma non gli importava Arthur sapeva cosa aveva percepito quella notte ed era diverso: era assai più profondo e antico di qualunque altra cosa avesse percepito finora, quel fuoco azzurro non era mera illusione, esisteva! Ad essere sinceri Arthur non sapeva neanche se avrebbe funzionato. Comminò silenzioso fino al uscita della scuola, mancavano ancora dieci minuti al inizio del banchetto di fine anno, per cui aveva tutto il tempo per fare quel che doveva senza generare troppo sospetto. Strinse forte il pugnale del padre e raggiunse la sponda del lago. Faceva insolitamente freddo quella notte per essere maggio e le nebbie si erano alzate sul lago creando un alone mistico. Arthur liberò il pugnale dal fodero con un movimento secco, stava per lanciarlo ma blocco il braccio a mezz’aria. Qualcosa dentro di lui gli disse che non era quello il modo.

Allora si inginocchiò sulle rive del lago e guardò le placide acque scure. Trasse un profondo respiro e sentì fluire la magia nel coltello. Arthur allora accompagnò con una dolce spinta il filo del coltello sulle rive del lago. La lama iniziò a levitare, fece qualche tremolio e giro su se stessa, ma quando la punta sfiorò la superfice del lago questa rimase sospesa e si sollevò a pochi centimetri dalla superfice generando delle increspature nell’acqua. Arthur teneva gli occhi fissi sulla lama, non osava neppure sbatteva le palpebre spaventato dal perdere la concentrazione e spezzare l’incanto. Con un movimento lento e incerto allungò la mano verso il pugnale. Questo all’inizio non si mosse anzi si bloccò del tutto, Arthur percepì una forte energia venire verso di lui. Poi, con una spinta verso l’alto, il pugnale sfrecciò verso Arthur fino a quando non si trovò ad un metro dal ragazzo, l’impugnatura verso di lui, sospeso in aria. Quando l’elsa venne stretta con forza tra le mani di Arthur il ragazzo riprese a respirare e si sentì improvvisamente carico d’energie ma anche stanco, era strabiliato da ciò che era successo. –Dunque non era un sogno!- Il peso di ciò che era successo lo invase. Come lo avrebbe spiegato ai ragazzi? Improvvisamente capì perché avevano faticato a dirgli la verità: avevano paura di rovinare tutto e ora anche lui temeva di rovinare ogni cosa. Però doveva farlo, in qualche modo.

“Magico non è vero?” Arthur si voltò di scatto; dalle nebbie era comparso uno strano vecchio mago: vestiva una tunica grigio-azzurra, era alto, con folta barba bianca e radi ma lunghi capelli bianchi, su una semplice cintura di corda portava dei sacchetti di iuta e una falcetta d’argento, sulla pelle erano dipinti degli strani simboli blu al giovane incomprensibili, sulla spalla destra teneva una piccola cetra di legno legata ad una corda di cuoio e con la mano sinistra si sorreggeva su un bastone da viaggio, la sua pelle era rugosa, consumata e secca e i suoi occhi grigi brillavano alla luce della luna di saggezza. “Sai anche per me è stato il primo incantesimo.” Dichiarò il vecchio tranquillamente avvicinandosi ad Arthur con dolcezza. “Chi è lei?” Domandò il giovane mettendosi sul chi vive. “Ho tanti nomi” Iniziò misterioso. “mio giovane amico. Ma mi puoi chiamare Eoghan*.” Rispose il vecchio enigmatico. “Ti ho cercato per così tanti anni e trovarti qui e ora vuol dire che presto le cose muteranno.” Disse apparendo sempre più strano agli occhi di Arthur, il quale indietreggiò fino a quando non sentì le acque del lago bagnargli i piedi. “Cosa vuoi da me!?! Stammi lontano!” Urlò Arthur sempre più spaventato. “Non devi avere paura di me ragazzo. Io ti voglio aiutare.” Rivelò l’uomo pacato. Benché una parte di Arthur gli urlasse di scappare da lì a tutta velocità urlando che c’era un pazzo dentro la scuola, una parte di lui gli diceva di restare lì e ascoltare le parole di quel vecchio. “E cosa otterresti aiutandomi? Cosa vuoi che io faccia in cambio del tuo aiuto?” Domandò il giovane tastando il terreno ma rimanendo pronto alla fuga. “La domanda” Iniziò il vecchio “Non è ciò che io voglio da te: ma” Il pugnale sfuggì dalle mani di Arthur e iniziò a levitare sul pelo dell’acqua seguendo i quasi impercettibili movimenti della ossuta mano del vecchio. “cosa tu vuoi da me.” Concluse l’uomo continuando a far levitare il coltello sul pelo del acqua esibendo una danza complessa che andò a formare dei complessi nodi celtici. Arthur, dopo essersi ripreso dallo stupore, si voltò esterrefatto verso il mago. “Come hai fatto?” Chiese il giovane tempestivo non nascondendo la sua meraviglia. “Magia ragazzo. Magia ben più antica delle bacchette e delle pozioni. Questa è l’antica magia Celtica.” Rivelò pacato. “Celtica? Non ne ho mai sentito parlare.” Afferò Arthur scettico. “È stata perduta e rinnegata per molti secoli, ma d’ora in avanti le cose muteranno.” Rivelò l’uomo. “Io, se lo desideri,” Disse il vecchi riconsegnando il pugnale tra le mani di Arthur con un semplice gesto della mano. “posso insegnarti a controllarla... Ma se vuoi limitarti a far levitare una lama sul pelo dell’acqua fa pure non ti giudicherò. Poiché la strada per divenire druido è lunga e faticosa.” Concluse il vecchio continuando a fissare il ragazzo. Arthur guardò il pugnale perplesso. Stringendolo poteva sentire l’energia magica che l’aveva pervaso era simile al suo fuoco azzurro ma incredibilmente più forte. Si rivolse al vecchio. “Perché lo faresti?” Arthur non era uno sciocco quell’uomo poteva essere anche un ciarlatano o una persona pericolosa, ma qualcosa nel suo cuore gli diceva che in base a come avrebbe risposto avrebbe capito se fidarsi o meno. E dentro al suo cuore sperava che rispondesse senza abbassare le sue aspettative poiché, malgrado sembrasse un folle da come era conciato, nei suoi occhi vi era qualcosa che gli ispirava fiducia e saggezza. “Perché sono un maestro, e il compito, e sogno, di ogni maestro è trovare un allievo a cui insegnare.” Disse sinceramente il vecchio guardando il giovane dritto negli occhi, allora Arthur quasi senza accorgersene parlò. “Accetto.” Rispose sicuro. “Molto bene, da oggi sarai il mio apprendista druido.” Arthur fece per estrarre la bacchetta ma venne bloccato. “Non ti servirà quella.” Disse l’uomo alzando la mano come per bloccarlo. “Ma continua a seguire questa scuola quella magia fa parte di te e negarti di impararla sarebbe come andare contro natura.” Spiegò. Arthur ripose la sua bacchetta nella tasca della divisa. Il vecchio uomo alzò lo sguardo. “Ora devo andare. Ma prima di andarmene… posso sapere il tuo nome?” Domandò l’uomo avvicinandosi così tanto che Arthur poteva sentire il suo odore di abete e betulla. “Arthur Hunter.” Rispose. “Arthur, eh?” Disse accennando un sorriso divertito. “Un nome di grande prestigio e con un forte potere. Ci rivedremo presto Arthur, mio allievo.” Così dicendo l’uomo venne circondato da placide nebbie e sparì come era apparso: senza un suono, senza essere visto. -Che abbia fatto bene?- Si chiese Arthur. –Insomma da quel che ne so potrebbe anche essere un pazzo.- Pensò il ragazzo. Ma una vocina dentro di lui gli disse che si poteva fidare e, sebbene lo avesse appena conosciuto, si sentiva, in qualche modo, legato a quel uomo.

Arthur tuttavia si tormentò con questo quesito per tutta la notte e tutto il giorno seguente anche in treno. Giacché non riuscì ad affrontare l’argomento coi suoi amici.

Arrivati alla stazione di King Cross Hanna e Nathaniel si dovettero riunire alle loro famiglie. “Ciao Elaine.” Sussurrò Hanna abbracciando l’amica con forza. “Ciao Hanna.” Rispose l’amica stringendola con forza a sua volta. “Mi raccomando non farti scoprire da nessuno, non voglio che tu vada in prigione. Come sopravvivrei altri sei anni senza un’amica.” La raccomandò Hanna. “E noi scusa?” Chiese Nath. “Ah, di amici maschi ne posso avere quanti voglio, ma senza Elaine come sopravvivo? Non posso restare tutto il tempo coi maschi, di già sono un maschiaccio di mio!” Esclamò la ragazza mentre Elaine rideva sotto i baffi. “E tu vedi di non perderti nel bosco.” La raccomandò Elaine dandole delle dolci carezze sulla testa. Si scambiarono un bacetto sulla guancia e allora Hanna andò da Arthur. “Mi raccomando! Se a tuo padre gli viene in mente qualche altra brillante idea scrivimi tempestivamente! Così lo picchio così forte che non si ricorderà neppure il suo nome!” Affermò la ragazza arruffando i capelli al ragazzino il quale, subito dopo, cercò di riordinarli scocciato. “Sì, non ti preoccupare: lo farò, anche se on credo che sarà necessario.” Disse Arthur che si era accorto che da quando la preside aveva parlato con suo padre qualcosa era cambiato nel uomo. Hanna abbracciò forte l’amico e si diresse verso i suoi continuando a salutarli con la sinistra mentre con la destra continuava a dire arrivo nel linguaggio dei segni ai suoi genitori. Nathaniel, nel frattempo, aveva guardato imbarazzatamente Elaine. “Beh allora al prossimo autunno.” Tagliò corto porgendo una mano al amica, ma la ragazza ignorò la stretta di mano e lo abbracciò. “No, zuccone, ci vedremo per prendere il materiale per la scuola e magari ci potremmo organizzare qualche giorno tutti e quattro.” Disse la ragazza stringendolo forte. “S-sì.” Balbettò il ragazzo imbarazzatissimo. –Perché Elaine deve essere timidissima in certi momenti ed in altri deve esprimersi in modo così plateale?- Si domandò il ragazzino sciogliendo delicatamente l’abbraccio. “Allora a presto Elaine.” La salutò Nath. “A presto Nathaniel.” Lo salutò lei. Il ragazzo si voltò verso Arthur. Si scambiarono un sorriso, si batterono il cinque e si salutarono in quel modo. “Vedi di non studiare troppo genio.” Disse l’uno. “Vedi di studiare!” Gli raccomandò l’altro. E così Nath raggiunse sua madre e sua sorella e quest’ultima lo accolse il suo fratellone con un forte e slanciato abbraccio.

“Ah uomini!” Esclamò Elaine dopo aver visto la scena. “Arthur, tuo padre viene a prenderti più tardi se non ricordo male.” Si informò la ragazza. “Sì, a quanto pare hanno scoperto il nido, ma credo che ne rimarranno un po’ delusi.” Disse il ragazzo. “Te le immagini le loro facce? Trovarsi un nido vuoto dopo mesi di ricerca!” Esclamò Arthur ridacchiando. “Già, se sapessero che cosa abbiamo fatto rimarrebbero a bocca aperta.” Disse Elaine. Che già si immaginava le facce di quei cacciatori, grandi, grossi, cupi e in alcuni momenti inquietati, essere deturpate da una smorfia d’incredulità: la bocca semi aperta, gli occhi sgranati e fissi sulla loro squadra.  “Arthur senti ti andrebbe di fare un giretto qui nei dintorni di Londra?” Donadò la ragazza. “Sì, perché no! Tanto mio padre arriverà tra un paio d’ore.” Disse Arthur “Sì, anche i miei ci metteranno un paio d’ore.” Disse la ragazza.

Elaine trascinò Arthur furi dalla stazione e lo condusse per alcuni vicoli stretti fino a raggiungere la zona del ospedale. “Elaine che ci facciamo qui?” Chiese Arthur perplesso. “Siamo qui per la tua visita oculistica.” Annunciò Elaine a braccia aperte. “Elaine te l’ho già detto: non ho problemi di vista. E poi scusa come hai prenotato una visita?” Chiese il giovane confuso. “Ho chiesto a mia cugina di farlo, è lei che ha prenotato la visita.” Spiegò la ragazza. “Ma queste visite costano!” Esclamò il ragazzo. “La prima visita di controllo è gratis, sono le altre che costano, e siamo qui solo per un controllo.” Spiegò la ragazza. “Ma siamo minorenni! Non possiamo andarci da soli!” Protestò Arthur “Oh, cielo Arthur! La presenza di un adulto è consigliata ma non necessaria, la richiedono solo perché si presuppone che i genitori siano più responsabili dei figli! Quindi ora poche storie e andiamo, o perderemo la visita.” Decretò la ragazza. “Tu sei fuori. E non credi che sia illegale?” chiese Arthur confuso “Basta Arthur va lì dentro e fa quella visita! Ti garantisco che è legale.” Gli ordinò la ragazza. Arthur si ritrovò ben presto in una stanza con poca luce a leggere lettere e a indossare strani occhiali con un vecchio e grasso omone come oculista il quale l’unico commento che fece riguardo al assenza dei genitori fu. “Perché non sono potuti venire?” “Doveva lavorare.” Spiegò tempestivamente Elaine. “Ah, okay.” Forse fu il fatto che Elaine apparisse più grande o il fatto che il dottore sembrasse un po’ disinteressato tuttavia non fece ulteriori domande. “Signorino Hunter” annunciò il dottore a fine visita “lei ha un problema astigmatismo. Le consiglio vivamente di iniziare a portare gli occhiali o potrebbe avere gravi problemi in età adulta. Questo è il suo documento.” Disse porgendogli un pezzetto di carta con la solita calligrafia inleggibile dei dottori. “Qui vicino c’è un negozio dove può fare la prenotazione. Ma vorrei parlare con suo padre se è possibile, sa per le solite questio.” Disse il medico. “Mi dispiace, ma adesso proprio non può.” Spiegò Elaine. “Può scrivere queste cose su di un foglio per favore? Glielo consegneremo subito.” Spiegò Elaine. “Va bene… ma se arriva ditegli di salire.” Rispose in certo il medico. Facendo ciò che gli aveva chiesto Elaine.

“Te lo avevo detto che avevi qualcosa.” Lo canzonò Elaine una volta usciti. “Come facevi a sapere che non avrebbe fatto troppe storie?” Domandò Arthur, che anche se non era illegale un dottore si dovrà pur porgere qualche domanda. “È successo anche a me un paio di volte, ma se si tratta di un controllo i medici non si pongono troppe domande.” Spiegò la ragazza. “Arthur eccoti finalmente mi spieghi cos’è questa storia?” Urlò l’uomo esibendo un pezzo di carta con la calligrafia di Elaine. Arthur guardò truce la ragazza che in risposta alzò le spalle. “Ciao papà.” Lo salutò il Corvonero freddamente. “La signorina qui presente mi ha informato che eri qui. Allora cos’è questa storia della visita oculistica?” Chiese l’uomo burbero, irritato probabilmente dal buco nell’acqua di quella mattina. “È stata un idea di Elaine. Non ne sapevo nulla neppure io fino ad ora, ma grazie a questo ora so che soffro di astigmatismo.” Disse il giovane porgendo il certificato al padre. “Oh.” Fu l’unico commento secco del uomo che guardò in credulo quella ragazzina. “È meglio che vada dal oculista dopo. Così le spiegherà meglio la situazione.” Spiegò la ragazza. “E così la smetterà di credere che siamo dei fuggitivi.” Aggiunse con un mezzo sorriso.

“Cos’è Elaine non avevi informato il signore?” Chiese una strana donna sbucata improvvisamente accanto al padre di Arthur il quale sobbalzò sorpreso. “E lei chi sarebbe signora?” Esclamò il signor Hunter. “La zia di Elaine. Mi pare ovvio!” Annunciò la donna. “Ciao, zia!” La salutò Elaine iniziando a raggiungerla con un sorriso allegro. “Ma dopo nove mesi che non ti vedo mi saluti così!?!” Domandò la signora fingendosi offesa abbracciando Elaine in maniera soffocante strapazzandola un po’. “Allora com’è andata? Quel ragazzino smilzo è Arthur vero? Mi pare un po’ infantile. Ma dove sono Hanna e Nathaniel? Vorrei proprio conoscerli! Specie quella Hanna con un caratterino così andrei proprio d’accordo!” E mentre diceva questo continuava a baciare, accarezzare e coccolare la sua nipote senza badare al fatto che metà delle persone lì presenti li fissavano. “Zia dai, mi metti in imbarazzo.” Sussurrò la ragazza che era arrossita di molto. Ma la donna non l’ascoltò e continuò ad abbracciarla come se fosse tornata dal mondo dei morti.

Arthur studiò la donna: vestiva dei vistosi pantaloni all’araba dai mille colori e rattoppati in più punti, sopra aveva una larga maglia giallo e arancio, una fascia teneva su il lunghi capelli castani e grigi pettinati con rasta, trecce oppure tenuti naturali a seconda della zona, portava al collo strane collane con simboli della pace, della marijuana e del om, dai suoi lobi pendevano degli ancora più strani orecchini formati da mille pietruzze che penzolavano su varie catenine ma la cosa che risultò più strana ad Arthur fu lo strano amaro odore che aveva la donna e le sue pupille dilatate.

Quella donna sembrava tutto tranne la zia di Elaine: erano totalmente diverse, l’unico punto in comune forse era la forma degli occhi ma non si assomigliavano per niente. In oltre quella donna sembrava una vecchia hippy svitata, Elaine invece era la persona più calma, introversa, posata e educata che conoscesse. Come faceva quella donna a essere sua zia Arthur non lo sapeva. Ma non aveva ancora visto tutto. Da dietro la donna fece la sua comparsa una tredicenne con tre pearsing, uno sul naso, uno sul sopracciglio e uno sull’ombelico, aveva i capelli neri e lunghi chiaramente tinti, portava un forte mascara nero agli occhi contornato da un ombretto viola scuro, il rossetto viola-nero, indossava leggins neri strappati in più punti e una maglietta rossa larga e scollatissima che lasciava scoperta la pancia e puzzava i sigarette. “Ehi cuginetta bella! Finalmente sei tornata, mi sono mancate le nostre chiacchere serali e il buon odore della tua cucina!” Esclamò la ragazza prendendo il posto della donna che iniziò ad abbracciare Elaine stingendola con forza ma dopo qualche secondo la liberò. “Ciao, Mary.” La salutò Elaine con un dolce sorriso. “Anche a me sei mancata.” Confessò dolcemente. “E comunque cara la mia streghetta sai la novità? Papà è stato scagionato: quel inutile d’un avvocato è riuscito a fare il suo lavoro, dovrebbe essere libero venerdì prossimo e mi ha detto che ha apprezzato molto le tue lettere e che gli dispiace di non aver mai risposto ma quel dannato gufo andava via subito e non aveva il tempo per rispondere. E sai sono riuscita a passare alle superiori. E lo devo a te: se non ci fossi stata tu a darmi delle dritte a gennaio ora sarei bocciata o peggio dovrei studiare per tutta l’estate.” Elaine abbassò lo sguardo e divenne cupa, sembrava che volesse sparire, e Arthur allora capì anche perché non avesse mai detto niente sulla sua famiglia tranne qualche vago riferimento. Anzi ora che ci pensava lui era l’unico ad aver rivelato qualcosa sulla sua situazione famigliare. Arthur non lo sapeva neppure che Elaine vivesse con gli zii. Poi un lampo lo colpì. “Elaine posso parlarti un secondo?” Domandò il ragazzo afferrando la ragazza per un polso trascinandola fuori dalla vista di suo padre. “Elaine senti….” Iniziò il ragazzo in imbarazzo, non aveva mai visto Elaine così cupa e si sentiva a disagio a parlarle. “Che sia chiaro Arthur mio zio è finito in prigione per un errore, è una brava persona, solo che spesso finisce in situazioni ambigue.” Arthur venne spiazzato dalla forte difesa di Elaine ma la comprendeva. “Elaine tranquilla, non volevo parlare di questo.” Disse il ragazzo appoggiando entrambe le mani sulle spalle di Elaine facendo segno di calmarsi. La ragazza si calmò e ricacciò in dietro una lacrima che minacciava d’uscire. “Ti volevo solo chiedere… perché non sono venuti i tuoi genitori?” Domandò il ragazzo. Elaine abbassò lo sguardo e si incupì ulteriormente. “Perché non li ho i genitori: mia zia e mio zio sono i miei tutori.” Spiegò la ragazza con apatia. Arthur si ritrovò spiazzato: Elaine era orfana. Il giovane non sapeva cosa dire o fare, non era bravo in queste cose. Fu Elaine a reagire: alzò lo sguardo e gli fece un triste sorriso come per rassicurarlo e lo abbracciò dolcemente. “Allora ciao Arthur, ci vediamo a settembre.” Così dicendo Elaine tornò dalla sua strana famiglia e Arthur fece lo stesso.

 

Gli alberi comparivano alti dietro la casa, il giardino poco curato era pieno di fiori selvatici e cespugli di rose enormi, l’erba un po’ alta e il garage e la casa avevano la vernice scrostata. Mi era sempre piaciuto vivere in quella casa e avevo sempre amato i miei zii, malgrado fossero un po’ strani, distratti e ogni tanto mia zia sembrasse più infantile di me ma a me piaceva e piace tuttora. “Elaine senti… per festeggiare….” Iniziò imbarazzata mia cugina. “Pasta al forno e maccheroni?” Indovinai io che essendo l’unica in famiglia che riusciva a cucinare qualcosa che andasse oltre la minestra o la carne ai ferri quando c’erano ospiti cucinavo. “Ti adoro Elaine!” Esclamò mia cugina baciandomi. “Senti Mary verresti con me un momento?” Le chiesi appoggiando le valige sul uscio della porta. “Sì, certo.” La condussi dentro al bosco. “Allora che mi dovevi dire.” Domandò. “È una lunga storia.” Spiegai. “Forse è meglio che ti siedi.”

 

Note dell’autrice:

*Eoghan è un nome Celtico che vuol dire: nato dal albero di tasso.

Fine del primo libro! Incredibile ma vero ce l’ho fatta! 130 pagine World e pensare che sono partita dalle 63 che avevo scritto inizialmente, mi posso ritenere soddisfatta.

Allora prima cosa Arthur è un druido! Tadan!!!

Ora mi pare il caso di darvi delle spiegazioni sulle origini dei poteri dei ragazzi o inizierete a credere che aggiungo poteri senza capo né coda. L’idea del druido e dei poteri dei protagonisti l’ho avuta seguendo questo ragionamento: tutti gli incantesimi in Harry Potter sono in uno pseudo latino, di conseguenza la magia che si insegna ad Hogwarts deve avere origine dal impero romano e adiacenti, per tanto dovrebbe esistere anche una magia celtica, greca, tedesca eccetera… ma perché non si accenna mai a questo? Forse è stata dimenticata nei secoli, e se tornasse….? E poi perché ci sono maghi in grado di cambiare il loro aspetto spontaneamente e altri che riescono a parlare con i serpenti? E se non fosse l’unica abilità che riescono ad avere i maghi.

Si lo so è un ragionamento un po’ strampalato ma l’idea è quella. Forse avrei dovuto spiegarvi prima questo dettaglino ma…. Ehi! Meglio tardi che mai.

Non sono sicura che un medico accetti di visitare minorenni non accompagnati, ma se così non fosse consideratelo un diritto d’autore.

Cosa ne pensate della famiglia di Elaine? Sì, sono pazzi ma non sono cattivi, massimo un po’ irresponsabili. E la povera Elaine è orfana. Cavoli, sono proprio cattiva con i miei protagonisti! Di quattro non ce n’è uno con una situazione famigliare normale!

In ultimo per il secondo libro dovrete aspettare fino a Natale *Schivo un paio di pomodori* mi serve un po’ di tempo per scrivere il capitolo finale e rileggerla con calma, e poi vorrei iniziare a buttare giù la traccia per il terzo. Contatterò chi ha segnato la storia tra quelle da ricordare, seguite o preferite quando ricomincerò a pubblicare, per gli altri…. da dopo il giorno di Natale dovreste trovare il prologo. La storia si chiamerà "Una nuova generazione - L'erede di Merlino".

Un bacione a tutti, un grazie a chi mi segue e ringrazio Allergilla e Eleos99 per aver recensito la storia.

A presto, Bibliotecaria.

P.s. In questo momento invidio i miei protagonisti: hanno appena finito la scuola e a me tocca ricominciarla. Ah! Aiuto! È passata solo una settimana e sono già depressa! Va bè stringiamo i denti.

   
 
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