Unα sτοrια ιn βιαncο ε nεrο
La piazza era gremita di gente:
dall’alto, si vedevano tante macchioline
bianche e nere muoversi
freneticamente.
Dai palazzi che attorniavano la piazza sporgevano
altre macchioline, e ce
n’era una in particolare che stava ruotando su se stessa
vorticosamente,
creando un particolare effetto visivo.
Mi aveva sempre affascinato guardare la Terra da
lontano, senza sentirmi
troppo coinvolto, osservandola come si osserva un bel dipinto.
C’erano state ovviamente volte in cui
ero stato costretto a farmi
trasportare dal turbinio della vita di qualcuno.
E’ successo poche volte, se devo dire la
verità:
di solito, il mio compito è quello di
salvaguardare.
“cosa?” vi chiederete voi, ma
ci sono cose che, come questa, non potrò mai
spiegarvi.
Quindi, non ponetevi troppi problemi a riguardo.
Ritornando a quanto stavo dicendo prima, poche
volte sono stato coinvolto
nelle vicende umane, giusto tre o quattro in più di duemila
anni di storia.
Quella che vi voglio raccontare, è una
storia in cui sono stato
praticamente costretto a lasciarmi trascinare…. In effetti,
se ci penso, non lo
faccio mai di mia spontanea volontà: lasciarsi coinvolgere
vuol dire anche
mettersi in gioco, affezionarsi in un certo senso, a cose effimere come
gli
esseri umani, che durano un battito di ciglia e poi scompaiono.
E’ molto meno doloroso osservare tutto
da lontano.
In ogni caso, quel giorno ero di cattivo umore,
gli umani stavano mettendo
a dura prova la mia pazienza ed io non ne potevo più dei
loro complessi di
onnipotenza: tutto ha un limite.
Ero praticamente a metà del mio solito
giro di perlustrazione e stavo
passando sopra la Himmelstrasse quando una cosa che non vedevo da
secoli attirò
il mio sguardo: un colore.
Forse non era un colore acceso e quindi
nessun’altro, oltre me, ci avrebbe
mai fatto caso, ma vi assicuro che per chi non vede mai i colori anche
un rosa
pallido come quello spicca come bianco su nero.
Provate a immaginare:
Una folla di macchie bianche, nere, alcune grigie,
che si spostano per il
mondo e poi così, all’improvviso, una macchiolina
rosa, timida e innocente, che
brucia come fuoco.
Non potevo far finta di niente.
Mi buttai praticamente sulla terra, sperando di
non perdere di vista il
puntino.
Più mi avvicinavo, e più
quel puntino rosa pallido prendeva la forma umana
fino a quando non mi trovai davanti una bambina.
Ad osservarla, non vi era niente in lei che
potesse spiegare il perché
fosse così colorata.
-anche tu qui, vedo- sussurrò una voce
che conoscevo bene.
-Morte- pronunciai lieto.
-Da quanto è che non ci vediamo?
Saranno passati secoli ormai- affermai
pensieroso.
Morte era una piacevole compagnia per
me…non potevamo vederci troppo
spesso, anzi, era meglio per tutti che io non la incontrassi nelle sue
vesti
ufficiali, ma così, informalmente, era un gradevole
diversivo.
-Esattamente dalla rivoluzione francese- mi
ricordò lei.
-Giusto- confermai.
Poi lo sguardo di entrambi si fissò
sulla bambina.
-Sei qui per lei?- mormorai io.
Morte annuì.
-E sai perché?- chiesi ancora.
Morte scosse la testa.
-Neanche io……-
Perché, perché eravamo
così attratti da quella bimba? Che cosa aveva di
speciale?
Perché aveva i colori?
Scrutai a fondo l’animo della bimba, che
intanto si era fermata a
chiacchierare con un ragazzino bianchissimo, cercando di trovare una
soluzione
a quel dilemma, ma più il suo rosa sembrava limpido e
pulito, più per me
diventava misterioso.
-Si chiama Liesel Meminger-
m’informò Morte.
Rimasi in silenzio, continuando a osservare la
piccola.
Alla fine –Devo andare, comunque-
mormorò Morte.
-Arrivederci- la salutai.
Morte se ne andò, con la sua scia
arcobaleno in mezzo a quel mondo in
bianco e nero.
Ritornai con lo sguardo sulla piccola Liesel, ma
più la guardavo più non capivo.
A un certo punto, però, la ragazzina
puntò gli occhi su di me.
Avete capito bene: su di me!
O almeno, così mi sembrava.
Mi fissò negli occhi per parecchi
secondi, mentre io venivo attraversato da
qualcosa paragonabile alla corrente elettrica.
Poi girò lo sguardo, e
ritornò a parlare con il suo amico.
Chi sei, Liesel Meminger?
. .
.
Inutile dire che dopo quell’episodio io
m’intestardii ancora di più su di
lei.
E più il tempo passava, più
io mi accorgevo che anche il suo colore
cambiava.
Ogni volta che veniva a contatto con una nuova
storia, il rosa pallido
veniva arricchito da nuove sfumature.
Alla sua morte, il suo colore era un miscuglio di
tutti i colori dell’arcobaleno.
Non avevo mai visto niente di più
magnifico e maestoso.
Un’immagine che mi ricorderò
sempre.
Non ho mai capito, comunque, perché
Liesel Meminger avesse i colori…ma
infondo è proprio questo, il bello, no?
P.S. Ma voi l’avete capito
perché Liesel era così colorata?
N.D.A.
Ciao!
Ebbene questa è solo la seconda one-shot
che scrivo (la seconda storia in
generale) e sono abbastanza dubbiosa. Insomma, non ha né
capo né coda!
Non ha senso!
Ma comunque….insomma, spero che vi sia
piaciuta e spero in qualche
buona personcina che mi faccia sapere cosa ne pensa.
Grazie, comunque, anche solo se avete letto…J
Un abbraccio
Pennellinalapallina