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Autore: martaparrilla    27/09/2016    3 recensioni
Forse per Emma e Regina il destino ha riservato un solo figlio, Henry.
Forse, ogni tentativo di averne altri risulterà vano visto che Regina aveva rinunciato tanti anni prima a poterne avere di suoi.
Affrontare insieme anche questo ostacolo e forse, superarlo, permetterà a Emma di confessare chi è stata la causa dell'artefice della loro felicità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mente di Regina tornava indietro con la testa a quel giorno da qualche settimana, ormai.

Era diventata una sorta di persecuzione e la cosa peggiore era che, stavolta, aveva fatto tutto con le sue stupide mani.

Cora, sua madre, aveva distrutto la sua vita in molti modi e non avrebbe mai aggiunto, ai tanti modi di manipolarla, quella di usare un figlio biologico. Si era sottomessa a un matrimonio, a una vita infelice, ma nessuno avrebbe avuto un erede, per nessuna ragione al mondo.

Aveva preparato con cura la sua pozione, l'aveva mescolata lentamente, ne aveva osservato le mutazioni dei colori, dal nero brillante al bianco opalescente. Lo stesso colore che lei associava all'oblio in cui sua madre l'aveva sempre lasciata. E il disprezzo che era nato negli occhi di sua madre valeva la sofferenza che avrebbe evitato a se stessa e a un suo possibile figlio.

Ora che sua madre non poteva più intromettersi nella scelta della persona da amare e sposare, ora che era finalmente libera... lei semplicemente non poteva più averne. Non avrebbe mai provato la sensazione di un corpicino che si muove felice dentro di lei, non avrebbe mai provato la gioia nel dolore del parto. Non se n'era davvero resa conto fino a che, con Emma, non si erano affidate all'inseminazione artificiale. Sembrava fosse andato tutto bene, sembrava che quella pozione non fosse mai esistita.

Poi, una mattina, il suo ventre si era come illuminato, aveva emesso una luce scura: allora erano iniziati gli atroci dolori.

Quella notte, se anche un bambino era esistito, non c'era piú.

Aveva preso la sua macchina e aveva guidato senza meta, per qualche settimana, fermandosi solo per dormire quando era troppo stanca per stare al volante. Nessuno sapeva dove fosse andata o quando sarebbe tornata. In realtà non lo sapeva nemmeno lei.

Non voleva incrociare gli occhi di Henry e ancor di più non riusciva a incrociare quelli di Emma, che soffriva almeno quanto lei. Quest'ultima l'aveva cercata inutilmente per giorni e, non trovandola, era arrivata alla conclusione che se non voleva affrontare questo dolore insieme a lei, forse la storia del “vero amore” che le riguardava, non era così vera.

Emma aveva il turno di notte quel giorno, camminava avanti e indietro di fronte all'uscio della stazione di polizia, nervosa, come sempre quando Regina era lontana da lei. Poi alcuni passi nel buio avevano destato la sua attenzione, facendole ruotare il capo verso destra.

La vide.

Col viso segnato da occhi tristi e una lunga giacca nera, morbida, la fissava cercando il suo perdono.

Emma impiegò cinque secondi per decidere di avvicinarsi a lei e altrettanti per raggiungerla.

Quando gli occhi dell'una naufragarono in quelli dell'altra, la bionda potè notare che lo sguardo di Regina era diverso dall'ultima volta... Non era più vuoto ma solo estremamente triste e forse questa poteva essere considerata una cosa positiva. Allungò il palmo della mano destra verso la gota di Regina, che si accoccolò subito su di essa, chiudendo gli occhi. Poi Emma la avvolse in un abbraccio protettivo, stringendola forte come non aveva saputo fare prima che fuggisse, per evitare che lo facesse. Era un abbraccio silenzioso e chiarificatore o almeno questa era la sensazione dello sceriffo che continuava a stringerla imprigionando anche le sue braccia, impedendo così all'altra di ricambiare.

Si misero a camminare sulla stradina adiacente, avendo cura di stare spalla contro spalla, per ritrovare il calore l'una dell'altra da cui erano state lontane per troppi giorni. Raggiunsero una piccola fontana, spenta e si sedettero sul bordo prima di iniziare a parlare.

Fu Emma a interrompere quel delicato e pesante silenzio.

«Perché sei andata via?» si guardava le mani, impaurita dalla risposta che di lì a poco avrebbe sentito.

«Io... Avevo bisogno di metabolizzare da sola.»

Regina sospirò e con la coda dell'occhio scorse la delusione sul viso di Emma.

«Regina tu non sei più sola da molto tempo. Hai Henry, hai me. Mi hai lasciata sola a piangere per un bambino che volevamo entrambe.»

Non aveva alzato la voce, non voleva rimproverarla, voleva solo farle capire che un dolore, se condiviso con chi si ama, può dimezzarsi di intensità e può essere molto più semplice da affrontare, da vivere, da superare.

«Snow, David e Roland, oltre che me e Henry erano tutti preoccupati per te, sono stati male per te.»

Regina si alzò, innervosita. Non aveva bisogno di altre ramanzine sul fatto che la scelta di andarsene fosse stata sbagliata. Non voleva sentire altre accuse.

«Ho appena perso un figlio, non credi che abbia il diritto di essere lasciata almeno un po' in pace? O l'unica cosa importante è quello che succede agli altri?»

Emma abbassò lo sguardo, ferita. Avrebbe voluto capirla, avrebbe voluto capire come mai non riusciva a condividere questo dolore con la donna che diceva di amare. Era frustrante oltre che assurdo. Così si alzò, annuendo con la testa e pronta a tornare al proprio lavoro. Ma dopo pochi passi Regina la fermò.

«Emma, aspetta...»

La voce rotta dal pianto, le braccia intrecciate in un abbraccio a se stessa.

«Aiutami, ti prego... Aiutami, ti prego.»

Pronunciò queste parole quasi in un sussurro, spaventata dall'idea di dover continuare a piangere nella sua solitidine. Poi abbassò la testa e le lacrime e i singhiozzi iniziarono, copiosi e inarrestabili.

Emma la fissò con tenerezza rendendosi conto quanta fragilità contenesse quella donna, poi la avvolse col braccio destro e la strinse a sé, di nuovo, facendo sue quelle lacrime di disperazione. Solo quando i singhiozzi cessarono e rimasero solo le lacrime a solcare il volto della mora, Emma lo afferrò con entrambe le mani, poggiò la fronte sulla sua e iniziò a parlare.

«Non so come ma troveremo un modo, amore mio. Avremo questo bambino in un modo o nell'altro, ne adotteremo uno o... Non lo so, ma devi fidarti di me, ti prego... non scappare più da me, non posso sopportarlo ancora.»

Regina pianse ancora, pianse tanto. Pianse per quel bambino mai nato e pianse per Henry, che probabilmente si sarebbe sentito ferito da questo suo comportamento.

Allungò il collo per toccare le labbra della bionda con le sue e la solita scossa di magia che nasceva durante i loro baci, illuminò i loro visi.

In quel momento fu chiaro, nella testa di Regina, che Emma non aveva mai infranto le promesse che le aveva fatto. Non le aveva mai portato via Henry, le aveva restituito il lieto fine, aveva afferrato il potere Oscuro solo per non farla ricadere in quel baratro.

Era l'amore della sua vita e qualunque cosa fosse accaduta, l'avrebbero superata insieme.

 

UN ANNO DOPO.

 

«Ricordi quando piangevi perché avevi rinunciato ad avere altri figli? Ricordi cosa ti dicevo?»
Emma sfiorava delicatamente il tenero pancione di Regina, oramai al sesto mese di gravidanza e sotto le sue mani poteva sentire chiaramente quella creaturina dimenarsi. Le due donne sorrisero insieme.
«Difficile dimenticarsi. Mi hai detto: troveremo un modo, fidati di me.»

«E cosa è successo dopo?»

Chiese Emma allungando il collo verso l'altra donna, aspettando quella risposta che in realtà conosceva già alla perfezione.

«Hai mantenuto la tua promessa, come hai sempre fatto, come farai sempre.»

Posò delicatamente il palmo della sua mano destra sulla gota di Emma, prima di toccare piano le sue labbra in un bacio. Emma sorrise subito dopo, contagiando la donna di fronte a lei.
«Ma sai cosa ho capito?»

Aggiunse Emma poco dopo. Regina la guardò con finta espressione sorpresa prima di fare cenno di no con la testa.

«Che la magia più bella che poteva verificarsi non è questa bambina.»

Il viso di Regina si rabbuiò, sinceramente dispiaciuta per le parole della sua amata.

«Ah no? Ricordati di non ripeterglielo quando sarà capace di intendere e di volere.»
Scostò il suo corpo dalla bionda, per allontanarsi. Emma la bloccò per un polso.
«Perché la magia più bella sei stata tu che hai creduto in me. Senza questa, non esisteremmo noi e non esisterebbe lei.»

Regina tornò su di lei, sui suoi occhi color del mare, quelle sfumature che aveva cercato senza rendersene conto dentro agli occhi di ogni uomo che aveva incrociato la sua strada e di cui si era fidata ma che, per disgrazia o per volontà, l'avevano abbandonata. La sua Emma, nonostante ci avesse messo un po' a trovare il coraggio di confessarle i suoi sentimenti, era sempre stata lì insieme a lei, soprattutto nei momenti di sconforto più totale, quando tutti le stavano lontani perché temevano che la vecchia Evil Queen tornasse a impossessarsi di lei.

Quegli occhi la guardavano come se fosse la cosa più bella che avessero mai visto e di certo non era così, soprattutto ora che aveva messo su sette chili per la gravidanza. Ma Regina poteva vedere come qualunque cosa avesse fatto, qualunque trasformazione avesse subito, loro l'avrebbero comunque guardata in quel modo, togliendole il fiato e facendola sorridere con tutto il corpo.

Emma, gongolante per averla stupita l'ennesima volta, si domandava perché avesse sprecato tutti quegli anni lontana da lei, limitandosi a farle da scudo, da spalla, da braccio destro, senza mai toccarla veramente. Senza mai arrivare davvero al suo cuore.

Il cuore di Regina, con le sue piccole macchie nere disseminate era tanto bello quanto vero. Era prezioso, fragile, capace di amare fino a distruggersi. Questo era stato il suo passato e Emma non voleva che accadesse di nuovo.

Regina si sedette sulle gambe di Emma, cingendole il collo con le sue braccia. La bionda non riuscì a trattenere una finta smorfia di dolore.

«Peso tanto?» mugolò la futura mamma.

«Il nostro amore non pesa mai tanto...» disse arricciando il naso.

Regina la baciò.

«Sei schifosamente romantica e sai qual è la cosa spaventosa?» spalancò gli occhi come terrorizzata e Emma la imitò.

«No, cosa???»

«Che mi piace un sacco!» finse un pianto improvviso e poi scoppiò a ridere.

Emma non gliel'avrebbe mai confessato ma se anche Henry non ci fosse stato, se anche questa bambina non fosse arrivata, la magia sprigionata dalla risata di Regina, ne era certa, l'avrebbe travolta in qualunque dimensione, mondo magico o reale potesse trovarsi.

Perché mai avrebbe dovuto resistere al richiamo della felicità?

 

 

 

Note dell'autrice: la mia “me” scrittrice si è un tantino assopita negli ultimi tempi, ma un giorno ho visto una manip di Emma e Regina e ho voluto descriverne un episodio della quotidianità. Non ho mai scritto nulla di così breve e mi sembra anche estremanente incompleto, ma per quanto mi sia sforzata, non sono riuscita ad aggiungere altro perché nella mia testa, queste parole davano alla storia un inizio e una fine.

A presto.

M.

  
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