Anime & Manga > Digimon > Digimon Adventure
Segui la storia  |      
Autore: LadyItalia_UsabellaDream    12/10/2016    5 recensioni
*FUTURO POSTUMO*
EVENTO POST FINALE DELLA SAGA "Digimon Adventure Memories: ENDLESS TIME - Storie di Prescelti"
*AU UNIVERSE (One shot nata indipendentemente dalla saga. Si può leggere a parte.)
Tratto dal testo:
“Ci sono cose a questo mondo che non si possono scegliere… la vita ci permette di fare percorsi diversi ma è solo allora che capiamo ciò che abbiamo veramente perduto e ciò che veramente è stato. Ed è proprio quando il destino mette mano al nostro operato, solo allora può avvenire l’inaspettato. Inaspettato può essere folle ma passionale, può essere vita ma anche conforto, può essere gioia come può essere dolore. Tutte queste sensazioni fanno parte di noi e non si possono rimuovere tanto facilmente dal nostro cuore proprio perché siamo esseri umani: senza emozioni e sentimenti non saremmo mai potuti diventare ciò che un tempo siamo stati.”
E non appena pronunciò queste parole, la farfalla volò spiegando le sue ali verso il cielo infinito della terra… verso il portale di Digiworld...
- Storia partecipante al contest "Story of our life" di elecorti -
- Terza classificata al contest "Story of our life" di elecorti -
- Storia inerente alla saga original crossover fantasy "Endless Time - Storie di Prescelti"
Genere: Science-fiction, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya | Coppie: Sora/Tai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Endless Time - Storie di Prescelti '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CONFESSION – OUR FIRST KISS MY LITTLE BUTTERFLY


 

“Ci sono cose a questo mondo che non si possono scegliere… la vita ci permette di fare percorsi diversi ma è solo allora che capiamo ciò che abbiamo veramente perduto e ciò che veramente è stato. Ed è proprio quando il destino mette mano al nostro operato, solo allora può avvenire l’inaspettato. Inaspettato può essere folle ma passionale, può essere vita ma anche conforto, può essere gioia come può essere dolore. Tutte queste sensazioni fanno parte di noi e non si possono rimuovere tanto facilmente dal nostro cuore proprio perché siamo esseri umani: senza emozioni e sentimenti non saremmo mai potuti diventare ciò che un tempo eravamo stati.”
 
Per il piccolo Genki era sempre emozionante immaginare, attraverso il racconto della sua grande e numerosa famiglia, le gesta che avevano compiuto i suoi familiari in passato. E proprio dai suoi zii e dai suoi nonni il mondo era stato salvato più di una volta. Avevano combattuto con tutte le loro forze per difendere i loro ideali e gli affetti che gli erano più cari e proprio grazie a loro, era nata una nuova era per l’umanità, ovvero il secolo che sarebbe stato ricordato nei libri di scuola come la nuova democrazia e la nuova vita con i Digimon. Dopo aver sconfitto il male supremo nel lontano 2005, i digiprescelti predestinati di TOKYO (8 ragazzi dai poteri e le qualità straordinarie accompagnati dai loro 4 digiprescelti eredi e seguaci del loro operato) furono i primi ad aprire i cancelli di una nuova democrazia dove sarebbero solo regnati la pace, la perseveranza e l’armonia. Questo nuovo governo era basato da un’alleanza pacifica siglata dai digiprescelti con i capi di stato del mondo, riuniti per firmare il trattato di pace che avrebbe dato inizio alla condivisione degli abitanti della terra con il popolo del mondo parallelo noto come Digiworld. Infatti grazie ad un lungo processo, noto come “integrazione”, i giovani adolescenti, ormai poco più che maggiorenni, furono in grado di aiutare la popolazione mondiale ad ambientarsi e a fare così amicizia con gli strani individui noti come mostri digitali. Col tempo, il mondo premiò i giovani prescelti delle loro gesta facendoli diventare così un simbolo che sarebbe stato ricordato da tutti tra le pagine dei libri di storia. Inoltre la notorietà serviva come esempio positivo per quell’ormai noto fenomeno di massa, conosciuto da tutti come la “globalizzazione dei prescelti mondiali”, visto che non solo esistevano i dodici digiprescelti predestinati di Tokyo, ma anche altri digiprescelti, poiché la diffusione dell’arrivo dei digivice si era espanso a dismisura intorno all’anno 2002, quando ormai i Digimon erano da un po’ di anni usciti allo scoperto nel mondo degli umani. Ma in questa storia non ci soffermeremo a parlare degli sviluppi storici e geo-politici del legame che si era instaurato tra umani e digimon, su di quello ci soffermeremo un’altra volta… Adesso quello a cui noi dobbiamo pensare è la storia di questo ragazzino di nome Genki, piccolo erede del cambiamento dell’Impero, e discendente anche dei due digiprescelti considerati tra gli 8 speciali come i più forti in battaglia… Insomma quello che si può chiamare un vero e proprio figlio d’arte. Benchè Genki sia solo il nipote diretto di due tra quei prescelti, il giovane aveva un enorme stima dei suoi nonni a tal punto che, quando si trattava di paragoni, li metteva a pari merito con i genitori se non addirittura ad un gradino più in alto. Del resto tutti noi vorremmo avere una famiglia o un parente che venga paragonato quasi alla pari con i supereroi, che abbia compiuto grandi gesta in passato, soprattutto in battaglia e che abbia combattuto per la patria affinché venga ricordato a vita come un eroe per tutta l’eternità. Fino a qualche tempo fa i bambini si potevano vantare che i loro avi, nonni e zii alla lontana che erano stati degli eroi di guerra, dei rivoluzionari o dei partigiani e che avevano in qualche modo aiutato il loro popolo a vincere contro le ingiustizie della guerra ed a cambiare così la storia del nostro paese e la sua salvezza. Genki invece poteva vantare del fatto, che non solo i suoi parenti (badate che per parenti intendiamo nonni, zii biologici e acquisiti) erano etichettati con tutti questi epiteti, ma inoltre poteva vantarsi che la sua famiglia fosse stata la prima ad aver scoperto il mondo dei Digimon e che quindi era stata quella che aveva dato inizio alla nuova era digitale di simbiosi con la terra, dove le comunità terrestri vivevano la loro vita di quotidiana in compagnia degli esseri digitali chiamati “Digimon”.
In particolare, Genki amava appuntare nel suo diario tutto ciò che gli raccontava il nonno riguardo il periodo in cui lui stesso aveva fatto parte del primo gruppo di digiprescelti e che aveva cambiato per sempre la sua esistenza. Con la fortuna che suo nonno era stato proprio l’iniziatore di quell’epoca, Genki scopriva sempre di più fatti e aneddoti personali o top secret che non erano minimamente citati nei libri di scuola e che, all’epoca dell’ inizio della “globalizzazione”, erano considerati un argomento taboo. Di sicuro a distanza di anni, la situazione era sicuramente cambiata e molte verità erano state rese pubbliche dalla stampa. Tuttavia, i prescelti speciali di Tokyo non avevano mai spifferato niente all’autorità sulla loro vita privata, continuando così la loro esistenza come normali essere umani, donando in cambio però una totale collaborazione e aiuto nei confronti del governo e avendo un posto di lavoro fisso e a tempo indeterminato (ovviamente dopo che ebbero concluso gli studi universitari presso le loro rispettive facoltà) nei servizi segreti dell’associazione del loro professore di liceo Daigo Nishijima (ormai capo della struttura e sede di Tokyo), che per tanto tempo li aveva protetti, aiutati e tutelati.
Però in quella giornata trascorsa dal nonno questa volta, Genki non era venuto a farsi raccontare,  come al solito, le gesta del suo glorioso passato, ma al contrario era venuto proprio per farsi narrare dall’anziano, forse uno degli argomenti che più stava a cuore al suo amato nonna ovvero sua nonna.
 

  • “NONNO TAICHI BUONGIORNO! CIAO ANCHE A TE AGUMON!” –

 
Gridò il giovane Genki mentre correva come una saetta in direzione della casa del nonno mentre sopra la sua testa stava beatamente rilassato il suo Koromon pigrone, che sonnecchiava appiccicato come una patella allo scoglio.
 

  • “Ehilà! Guarda chi c’è il mio nipotino dal cuore impavido di nome Genki!” –

 
Rispose un anziano Taichi che, nonostante l’età, si riteneva ancora molto arzillo per essere un vecchietto. Agumon salutò con fare caloroso andando incontro al piccolo e abbracciandolo come se fosse un orsacchiotto di peluche.
 

  • “Proprio io: Genki, l’energia in persona!” –

 
A quella frase Taichi scoppiò in una fragorosa risata e rispose:
 

  • “Sai Genki, più tempo passa e più mi accorgo quanto mi assomigli.  Sei proprio l’opposto di tuo padre… Eh già lui non mi assomiglia per niente se non per l’aspetto fisico, no no lui è tutto sua madre. Le assomiglia così tanto…” –

 
In effetti, il figlio di Taichi era fisicamente la copia identica del prescelto del coraggio: alto, slanciato, dalla chioma castana fluente, un ragazzo dai capelli indomabili ma dal cuore grande. Forse l’unica differenza che poteva distinguere padre e figlio Yagami, erano gli occhi di lei: i suoi occhi erano di un miele brillante tendente al rosso, colore della fenice, e proprio nei suoi occhi, quando Taichi ci si specchiava, riusciva a percepire ciò che trasmettevano: amore, conforto, passione e altruismo.
E proprio quegli stessi occhi erano stati ereditati dal piccolo Genki. Al contrario del suo primogenito, il giovane nipote di Taichi non aveva nessuna caratteristica fisica che ricordasse la famiglia Yagami, se non per gli occhi di lei. Genki infatti, non aveva una chioma ribelle come il nonno o il padre, ma al contrario aveva solo una montagna di capelli neri che erano liberamente gestibili e pettinabili visto che il giovane riusciva a raccoglierli in cappello giallo con altrettanta facilità. Genki era un piccolo terremoto e anche lui, proprio come il genitore e suo nonno, aveva praticato vari sport, primo tra tutti il calcio. Ma nonostante Genki fosse un bravissimo attaccante, aveva sempre preferito giocare in porta perché lo trovava un ruolo originale e utilissimo per la squadra, visto che secondo il suo pensiero: “di attaccanti ne esistevano tanti al mondo ma solo in pochi potevano concedersi il ruolo da portiere”. Forse, questo ragionamento era dato dal fatto che Genki amava imparare salti e acrobazie, che non avrebbe mai potuto mettere in mostra come semplice attaccante. Inoltre, il giovane discendente non amava tanto correre con i propri piedi ma preferiva darsi una spinta in più grazie ai suoi amati Roller che lo facevano sfrecciare come il vento. Infatti la più grande passione di Genki era allenarsi per il pattinaggio a rotelle (quello che faceva parte della categoria estrema) con i suoi Roller, inventando le coreografie acrobatiche più strane e adrenaliniche e destreggiandosi, nella maggior parte dei casi,  anche con lo skateboard provando così nuovi salti e manovre.
 

  •  “Come va con il campionato di Skateboard?” – Gli chiese Taichi, sempre curioso di sapere se il nipote (che era un asso per quello sport) avesse fatto progressi.

 

  • “Alla grande! Non vedo l’ora di mostrarti cosa ho imparato per la prossima gara! Ma oggi non sono venuto a parlare di ciò! Lo sai… di quello possiamo parlare tutti i giorni… E non sono qui neanche per fare due tiri a pallone!” –

 
Disse il piccolo con tono frettoloso come se volesse chiudere subito la conversazione per passare subito all’argomento che lo incuriosiva di più durante quella giornata.
 

  • “OH! Lo so benissimo per quale motivo tu sia qui e forse è il caso che cominciamo la nostra conversazione all’aperto mentre ci avviamo verso quel luogo!” –

 
Rispose Taichi facendogli l’occhiolino. Un bambino non ci avrebbe mai fatto caso, ma un adulto avrebbe potuto cogliere subito un tono di malinconia nella voce di Taichi. E così un anziano, un bambino e i loro Digimon (perché ormai tutti gli esseri umani della loro epoca possedevano un Digimon grazie all’era della “globalizzazione”) si incamminarono verso l’albero di ciliegi sotto al quale vi si poteva scorgere in lontananza una lapide a loro familiare: la tomba di Sora e Biyomon!
 
Nonostante il fatto che la sera sarebbe dovuto andare a quel solito appuntamento annuale, per Taichi ormai non aveva più senso quel giorno, rispetto a come era stato considerato per anni da tutti i membri del suo gruppo.
Però aveva piacere di ricordare quella data a suo nipote, perché era stata per tanto tempo un evento importante per lui. Era stato l’inizio della sua nuova vita, del suo destino, della sua missione. I suoi discendenti dovevano sapere ciò che aveva fatto per la sua famiglia e per il mondo, così da poterlo tramandare ai posteri quando lui non ci sarebbe più stato.
 

  • “Stasera hai appuntamento sulla montagna nonno?” –

 
  Chiese Genki vedendo come fosse ormai pensieroso lo sguardo del parente. Taichi fece un cenno con la testa.
 

  • “Si! E non chiamarmi sempre nonno lo sai che mi fai sentire vecchio! Hahahahahah comunque a parte gli scherzi… Come tu ben sai, quel luogo continua ad essere un luogo di pellegrinaggio per noi… Tutto ha avuto inizio proprio lì! E pensare che la gente all’epoca pensava che i campi estivi scolastici fossero noiosi. Io a dire il vero non l’ho mai pensato perché lo trovavo sempre un viaggio o comunque un’esperienza che mi avrebbe potuto riservare nuove avventure e imprevisti inaspettati che, soprattutto per un bambino, possono apparire come la più bella delle opportunità. I bambini sognano sempre di vivere grandi avventure come quelle delle favole e noi fortunatamente abbiamo avuto questo privilegio… Anche se continuo a credere che la fortuna abbia vegliato su di me già molto tempo prima di quel giorno. Prima di diventare un digiprescelto, era già scritta nel destino la mia fortuna, solo che io ancora non potevo saperlo… E la mia fortuna è stata proprio una ragazzina mascolina di bell’aspetto dai capelli ramati e dagli occhi brillanti che indossava sempre un buffo cappello azzurro. Ah! quel capello le stava così bene… E pensare che sono riuscito perfino a ferirla una volta uscendomene con una frase assurda dove, senza volerlo, le avevo insultato l’acconciatura perché non sapevo come fosse esattamente visto che costantemente indossava cappelli di quel genere...” –

 
Disse Taichi mentre rideva ripensando a quel buffo aneddoto nonché ricordo della sua preadolescenza.
 

  • “Ti riferisci a quando mi hai raccontato di aver regalato alla nonna un fermaglio per capelli in occasione del suo compleanno?” - 

 
Lo interruppe il curiosissimo Genki e Taichi riprese subito il discorso, rispondendo alla domanda del nipote:
 
- “Bravo infatti, quella settimana fu un disastro, perché proprio nel periodo in cui eravamo litigati, sono stato costretto a combattere da solo con zio Izzy, Tentomon e Agumon contro un digimon malvagio che aveva invaso la rete. Per fortuna che con zio Matt riuscimmo a far digievolvere i nostri Digimon in Omegamon altrimenti non so come avremmo fatto. Fatto sta che tua nonna mi ha perdonato solo dopo la battaglia, quando ricevette l’email di scuse che le avevo inviato.” –
 
- “Ma allora quella è stata la vostra prima lettera!” - Si illuminò il piccolo Genki.
 
- “Si bravo, in un certo senso si!”-  Gli sorrise Taichi finchè non esclamò:
 

  • “Ecco siamo arrivati.” –

 
Taichi contemplò la lapide di Sora Takenouchi dove, impresse sopra, c’erano incise le scritte della data di nascita e la data di morte. E proprio accanto alla lapide della moglie, si trovava quella del Digimon rosa volatile, partner della defunta digiprescelta dell’amore. Il loro amore terreno, così come la loro amicizia erano stati eterni ma niente aveva potuto fare il giovane Taichi per poterla tenere ancora con sé. Vani furono i tentativi di salvarla dalla malattia che l’avevano portata via da lui. E adesso l’anziano Yagami si trovava lì inerme di fronte alla tomba dell’amata, aspettando il momento giusto e cercando le parole adatte per iniziare il discorso che doveva proferire al nipote. Ma per quanto stesse cercando di trattenere le lacrime, le parole gli morirono in gola. Così fece un respiro profondo e dopo aver contato fino a dieci (trucco che gli aveva suggerito con il tempo Sora, visto che Taichi era da sempre conosciuto come una persona impulsiva, l’unico che aprisse sempre bocca prima di pensare a ciò che diceva), finalmente parlò:
 

  • “Sai, per tutti questi anni io e tua nonna ci siamo sempre scritti delle lettere, anche se non ne avevamo bisogno perché bastava un solo sguardo per capirci a vicenda, sentivamo comunque il bisogno di esprimerci in tutto e per tutto anche sulla carta. Sono trascorsi tutti questi anni e io mi ricordo ogni singolo momento proprio come se fosse stato ieri. Ma nonostante tutto, io non vivrò in eterno e volevo condividere con tuo padre, ma soprattutto con te, questi bellissimi ricordi che ci accomunano per la famiglia che siamo ora… Quei ricordi che hanno fatto di me ciò che sono diventato oggi o comunque ciò che sono stato quando ero ancora giovane. Va bene così… è giusto che prima o poi tu e tuo padre possiate camminare sui vostri passi e che io un domani possa ricongiungermi ai miei genitori, alla mia amata sorellina ed a tua nonna” –

 
E si avete capito bene… Anche Hikari Yagami era morta già da qualche anno sempre per colpa di una malattia, lasciando da soli il marito Takeru e i loro due figli con altrettanti nipoti. Seppur di tipo diverso rispetto a quella di Sora (deceduta per un tumore al cervello, che all’epoca era ancora catalogato come uno dei più incurabili al mondo) il male che colpì la pura e innocente Hikari, (che da sempre era stata una ragazza fragile e cagionevole di salute che, con l’avanzare dell’età tutto ciò non aveva giovato alla sua costituzione) fu una malattia respiratoria. E proprio come le loro partner umane, anche i Digimon delle ragazze (Gatomon e Biyomon) erano decedute poiché, quando un digimon è legato indissolubilmente ad un partner, anche la sua anima, di conseguenza, si unisce a quella dell’essere umano e quindi significa che la loro linfa vitale è indissolubilmente legata l’una all’altra: se muore l’umano, muore pure il Digimon, ma in caso contrario invece,  l’umano non muore nel caso in cui solo il Digimon perisca… E questa è l’unica particolarità.
Taichi però cercò di non ripensare alla scomparsa di sua sorella e sua moglie, ma cercò di essere ottimista: in fondo quello era il giorno del ricordo e lui doveva essere felice per loro e doveva ricordarle con il sorriso, mantenere viva la loro memoria non con le lacrime ma con la positività, cercando di trasmettere a suo nipote speranza e coraggio… Già! Il coraggio che era sempre stato parte di lui fin dal principio… Lui doveva farsi forza, perché solo lui era il digiprescelto del coraggio… Lui era il coraggio in persona! E proprio grazie a quel coraggio, cominciò a parlare prima ancora di tirare fuori la lettera che gelosamente custodiva come una reliquia preziosa e che di lì a poco avrebbe letto.
Genki era sempre più curioso di sentir leggere quella lettera, perché ogni volta era sempre emozionante scoprire ogni sfaccettatura di come si erano innamorati i suoi nonni e delle prove che avevano dovuto affrontare per poter stare insieme. Da semplici compagni di scuola a compagni di squadra, da semplici amici a giovani prescelti, da adolescenti ad innamorati, da fidanzati a sposati. La loro travagliata storia d’amore era sempre stata in continua evoluzione, colma di alti e bassi, ma nonostante tutto nessuno li aveva mai potuti separare, perché una forza sconosciuta li aveva sempre tenuti incollati l’uno all’altra.

“1 Agosto 2049
Mia adorata Sora,
 
sono passati ormai cinquant’anni da quando abbiamo varcato i cancelli di Digiworld per la prima volta e abbiamo scoperto di essere i digiprescelti: coloro che erano predestinati a proteggere il mondo digitale e tutti i suoi abitanti, a salvare di conseguenza la terra e a cambiare così le sorti di questo universo. Ma il mio pensiero non va solo alla data in cui siamo diventati ciò che eravamo destinati ad essere… Il mio primo ricordo è dedicato a quando mi sono dichiarato per la prima volta a te ed a quando il nostro travagliato amore si è liberato dai sigilli del fato. Tempo fa, mi sono ricordato di una poesia che avevo scritto per te quando ancora eravamo distanti e non parlavamo più come un tempo. Io non me ne rendevo conto ma quella lontananza tra noi due mi faceva soffrire. Eravamo sempre stati un duo ma da quando il tuo cuore aveva cominciato a battere per qualcun altro, ti sei allontana da me senza che te ne rendessi conto e, come del resto, io mi sono fatto da parte credendo che fosse la cosa più giusta da fare. D’altronde, ero stato nominato da tutti voi leader del nostro gruppo speciale. I digiprescelti hanno sempre avuto fiducia in me ed il bene della squadra viene sempre prima della propria felicità personale. Come quella volta che, durante l’ultimo scontro contro i padroni delle tenebre, ti spiegai che non avremmo mai potuto avere la meglio sul nemico perché era come una partita di calcio: senza giocatori e senza un team compatto non si può andare da nessuna parte. Altrimenti se ci pensi, io come avrei mai fatto ogni volta a vincere se non ci fossi stata tu? Tu eri il mio elemento più importante, l’essenziale e tutto ciò che completava la mia essenza, non solo quando giocavamo nella squadra di calcio della scuola ma anche quando a Digiworld ci eravamo divisi ed eravamo rimasti in pochi: se non ci foste stati tu ed Izzy, forse avrei perso il coraggio di portare a termine la missione ed è proprio grazie a te che io ho potuto riappacificarmi con Matt e con gli altri membri del gruppo. Inoltre, se non fosse stato per lui, io non avrei mai avuto il coraggio di dichiararmi a te. Ma ci pensi… Io, Taichi Yagami, il leader indiscusso dei digiprescelti nonché portatore del simbolo del coraggio, non riesco a spiccicare una parola e a dichiararmi a la ragazza per cui sono sempre stato totalmente, incondizionatamente e follemente innamorato? Assurdo! Mi viene da ridere al solo pensarci… Sora, ho voluto essere sempre sincero con te e se non ti sono stato accanto come tu avresti voluto era perché ero deluso e arrabbiato con te… Perché quella che si definiva la mia migliore amica mi aveva abbandonato per il mio carissimo amico e rivale giurato. Credimi, è come se mi fossi sentito tradito da entrambi. Ma nonostante tutto, ti devo ringraziare perché proprio grazie a te ho sempre potuto crescere e migliorare per essere la guida che tutti volevano che io fossi. Ti ricordi? Mi dicevi sempre che ero il tuo “stupido Tai”, come mi soprannominavi te, sempre con la battuta pronta, il sorriso sulle labbra e la risata genuina… E più mi ricordo di questi piccoli particolari che ci accomunano, -  come ad esempio la tua risata fragorosa, il tuo sarcasmo, la tua lealtà così come la gentilezza e l’amore che donavi al prossimo con tutta te stessa – più mi tornano alla mente vecchi ricordi di infanzia…” 
 
“Ripenso a quei giorni di pioggia con malinconia pura, i ricordi di quei tempi nella mia mente persistono, il mio cuore non ce la fa a dimenticare quello sguardo intenso e rosso fuoco dorato… Che pensi di me? Chi sono per te? Voltati per favore! Sono sempre ad un passo da te… Non mi tirerò indietro e conquisterò il tuo amore… Ancora non mi vedi o forse già conosci la verità da sempre… E allora voglio mostrarti la mia vera identità e alla fine questa maschera io getterò e un giorno saprai.”
 
“Erano queste le parole di una poesia a versi liberi che avevo scritto per te tempo fa, soprattutto perché mi ero ricordato di uno dei momenti più belli della nostra storia d’amore: il nostro primo bacio.
Ricordo ancora quel pomeriggio inoltrato di tanti anni fa… avevo solo 17 anni ed ero già pronto a sacrificarmi per una buona causa: ero pronto a morire per salvare tutti voi. Ma solo allora arrivasti tu e cercasti in tutti i modi di fermarmi. Già, proprio te! Ancora non si capacitavo all’idea di quante volte tu fossi stata mia àncora di salvezza e la mia forza proprio quando tutto sembrava perduto. Perduto, proprio come l’amore che provavo per la mia amica del cuore, perché mia dolce Sora, io ero già perso per te all’epoca, ma non potevo rivelare questi sentimenti a nessuno altrimenti o avrei rotto sicuramente gli equilibri che si erano creati nel gruppo. Infatti credevo ancora che ci fosse ancora qualcosa che fosse più di una semplice amicizia tra te e Yamato visto che eravate stati fidanzati per parecchi mesi, quando avevamo solo 14 anni. La verità Sora, è che non sei mai stata solo la mia amica più fidata, una sorella o la spalla su cui piangere, ma per me tu eri diventata il bene più prezioso che mi era capitato nella vita, addirittura più dell’affetto che provavo per mia sorella. Mia cara amica prescelta dell’amore, senza saperlo hai stregato il mio cuore e grazie alla dote più preziosa che tu possiedi lo hai custodito gelosamente perché, senza volerlo o saperlo, ti è sempre appartenuto. La dote che tu possiedi è quella di cui avevi il compito di custodire nel ruolo di digiprescelta e guardiana di Digiworld… Il sentimento più potente di tutti, il collante dei nostri poteri: “l’amore”. 
All’età di 14 anni quando ormai avevamo vissuto insieme straordinarie avventure al limite dell’incredibile e solo dopo che tu avevi smesso con il calcio, buttandoti a capofitto in sport meno da maschiaccio come ad esempio il tennis (perché così stabiliva il volere di tua madre), fu allora che aprii finalmente gli occhi e mi resi conto della pura e semplice verità… Ciò che non ero riuscito fino a qualche tempo prima a realizzare: mi ero innamorato della mia migliore amica… così semplicemente, così inaspettatamente, tu ormai eri parte di me! Ma si sa che quando si arriva tardi a comprendere i propri sentimenti, si rischia di commettere errori di cui ci pentiamo inesorabilmente. Infatti ancora oggi temo l’esito delle mie azioni e le conseguenze del mio gesto di non essermi dichiarato subito a te. Ho mantenuto segreto questo sentimento e ho rischiato di perderti per sempre tra le braccia di un altro. Quel maledetto Natale del 2002, infatti, avevo deciso di compiere questo passo… Mi sarei dichiarato a te… Ma sono stato preceduto in contropiede proprio dalla persona con cui, oltre ad Izzy e ovviamente a te, avevo legato di più a Digiworld sia per amicizia che per rivalità: la persona in questione era proprio Yamato. Ironia della sorte, il mio alleato in battaglia mi aveva soffiato la ragazza senza che io però mi ribellassi e come uno stupido, quando ti ho trovato titubante fuori dalla porta del suo camerino, ti ho toccato la spalla e ti ho lasciato andare, quando invece il mio desiderio impellente era di prenderti la mano, strattonarti a me e baciarti per farti cambiare idea, per farti capire che ero io quello che volevi da tempo e non Yamato… Ti stavo baciando per farti scoprire la verità ovvero che noi non saremmo mai potuti essere solo migliori amici e che di indecisioni ormai ne avevo avute troppe… Ma fortunatamente il destino aveva voluto darmi una seconda possibilità e grazie alla tua reciproca dichiarazione ho potuto riscattarmi per tutta la vita… Proprio quando ormai avevo accettato l’idea di sacrificarmi, visto che ero il leader dei prescelti e volevo che nessuno si facesse male, una voce soave e familiare mi ridestò dai miei pensieri. Ero certo che quella voce appena udita non fosse di Hikari, ma al contrario questa voce candida e musicalmente cristallina, l’avrei riconosciuta tra mille anche ad occhi chiusi e senza neanche pensarci. Era stato solo un impercettibile sussurro, ma non avrei mai potuto non sentirlo soprattutto se la voce che emetteva quel suono era la tua. Sai Sora, ora mi diresti come al solito che sono uno “stupido Tai”, ma quella voce all’epoca la sognavo ogni notte perché rappresentava il mio tormento e la quiete dei miei desideri più nascosti. Per anni avevo ascoltato le parole che fuoriuscivano dalle tue labbra, la bellissima giovane dai capelli ramati e dal carattere forte che più volte avevo disperatamente voluto come mia migliore amica per supporto, per un consiglio, per combinare una marachella, per rivelare una confessione o semplicemente narrare una vicenda. Quante volte ho rischiato di perderti ad un passo dalla morte, così come tante altre volte mi è capitato di salvarti… Salvare quella voce che più volte avevo rischiato di non poter più ascoltare. Sai quando ero giovane il solo pensiero di perderti mi faceva impazzire… Oggi posso solo dire che si può convivere con il dolore grazie ad un bene superiore e alla forza dei nostri sentimenti… La sofferenza fa crescere, ma se all’epoca avessi provato solo a pensare ad un mondo senza di te, per me sarebbe stato solamente un mondo buio e senza gioia, senza alcuna emozione… Come se in quel momento fossi stato catapultato in un limbo spazio temporale, lo stesso limbo che dopo la battaglia contro Etemon mi aveva separato e successivamente riportato da te! Fu proprio quella determinazione a riportarmi a Digiworld da tutti voi, da te che avevo appena salvato dalle grinfie di Datamon. Lo sai cosa ho provato quando lui ti ha rapito? Mi sono ritenuto responsabile di tutto ciò per la mia sconsiderata irresponsabilità e impulsività. Quella volta credevo veramente di essere un insieme di dati immortale all’interno di un videogioco e non mi rendevo conto che le parole di Izzy celassero la verità più macabra: se fossimo morti a Digiworld, anche il nostro corpo così come la nostra anima sarebbero deceduti. In quel momento avevo paura e l’unico pensiero che avevo in testa era solamente uno:  salvare Sora ad ogni costo!
Perché? Cosa è per me Sora? Sora è il mio centro, è il mio tutto, è come una sorella per me, è la mia migliore amica… è il tesoro più prezioso che ho! Avrei un elenco infinito da scriverti su tutto ciò che mi stavo ripetendo nella mente proprio in quel momento per infondermi coraggio. Ma tutti le frasi che ripetevo, riconducevano ad un solo nome: Sora! Forse fu proprio lì che mi accorsi di essermi innamorato di te… Sentivo ormai scorrere nel nostro rapporto un’alchimia pazzesca, dove bastava solo uno sguardo e ci capivamo al volo, dove riuscivamo a leggere negli nostri occhi i pensieri l’uno dell’altro. Ma tornando proprio a quella volta in cui ci dichiarammo quel primo Agosto 2005… Senza che ce ne fossimo accorti, la partenza per quella battaglia finale e la venuta dell’apocalisse stava avvenendo proprio il 1° Agosto, il giorno del sesto anniversario di quando eravamo andati per la prima volta a Digiworld.  E tu stavi in piedi di fronte a me, anche tu con indosso la divisa del nostro liceo. Eravamo sulla spiaggia di Odaiba mentre le nostre figure erano incorniciate da un tramonto variopinto di rosso. Quel tramonto che stavo scrutando e teneva la mia mente lontana dalla realtà finchè non sei arrivata tu! Percepivo nel tuo sguardo preoccupazione, ed il tuo umore era decisamente a terra, afflitto dal dolore degli eventi subiti e spaventato anche per quello che di lì a breve saremmo stati costretti ad affrontare. Eri venuta per fermarmi perché non volevi dirmi addio… Avevamo appreso la notizia della profezia, della fine del mondo e del nostro sacrificio o per meglio dire che sarebbe bastato il sacrificio di una sola persona per poter salvare tutte… E che quella persona dovevo essere proprio io perché io ero il leader, ero colui che aveva il potere più forte tra tutti voi perché in me scorreva l’energia del nostro gruppo. 
 

  • “Taichi ti prego non farlo! Ti ho raggiunto qui per impedirti di fare questa pazzia… Ci deve essere un’altra soluzione… Siamo riusciti sempre a risolvere tutto nei migliori dei modi perché questa volta dovrebbe essere diverso?”-

 
Quelle tue parole ancora oggi mi rimbombano nella testa perché furono veramente invasive ma allo stesso tempo curative. Volevo infondere speranza e coraggio con il mio gesto… Coraggio che avevo perso da un po’ e che di certo non avrei mai riacquistato suicidandomi! Quindi, posso tirare un sospiro di sollievo per non aver commesso quella sciocchezza. Ma le parole che tu poi mi dicesti, furono quelle che veramente mi trafissero come un fulmine a ciel sereno:
 
-   “Ma Taichi ascoltami bene… Tu non puoi, per il semplice fatto che recheresti un dolore immenso non solo alla tua famiglia, che già chissà per quanto tempo non potrai più rivedere, ma non solo… E non pensi a noi? Ai tuoi amici visto che siamo tutti coinvolti in questa missione da una vita? Non pensi a tua sorella… non pensi a me? Che cosa farei se non ti potessi più rivedere? Ne morirei credimi perciò se tu vuoi morire morirò anche io…” –
 

  •  “Sora… AH! Non dire scemenze e non pensi al tuo ragazzo?” – 

 
Ti risposi io ma tu non peredesti tempo e partisti in quarta nel controbattermi come al solito:
 

  • “Insomma Taichi ancora con questa stroria, io e Yamato ci siamo frequentati anni fa ma non ha mai funzionato… E sai perché? Perché quando dovevo stare con lui nel senso che volevo diventare la sua ragazza, la mia testa approvava mentre il mio cuore no… capisci Taichi il mio cuore! Lo stesso cuore che ho donato a Byomon quando pensavo all’amore che mia madre provava per me… lo stesso cuore che oggi dono a te per quello che provo e solo ora credo di averlo realizzato finalmente…” – 

 
Mi rivelasti scoppiando in un pianto disperato:
 

  • “Vedi Taichi, io credo di essermi innamorata di te… anzi penso di provare questo sentimento da sempre! Se ci pensi il mio digimedaglione dell’amore si è attivato anche perché quando sei ritornato mi hai fatto ragionare e tornare lucida… Che stupida io che ero partita come una disperata a cercarti perché non mi davo pace che fossi stato risucchiato da quel buco nero, che una volta che sei riuscito a tornare da me me ne esco con frasi senza senso solo perché un Digimon bugiardo perfido e balordo mi aveva detto che ero cresciuta senza sapere cosa fosse l’amore… Ma so perfettamente cosa sia l’amore! L’amore è vedere te ogni giorno che sorridi a 32 denti anche se la giornata non è delle migliori… l’amore è quello che provavo quando giocavamo insieme nella stessa squadra di calcio e quando facevamo coppia per i tiri migliori in porta, regalando alla nostra squadra grandiose vittorie; l’amore è quello che ho provato quando sono stata rapita da Datamon e nonostante fossi arrabbiata con te perché avevi fatto il cretino, prendendo molto alla leggera il nostro essere un insieme di dati immortali che poi immortali mica tanto visto che siamo sempre stati un passo dalla morte, volevo che fossi tu a salvarmi; l’amore è quello che ho provato quando ti ho ritrovato e siamo riusciti a ricongiungerci come gruppo, nonostante fossi piena di dubbi sul mio ruolo di prescelta dell’amore. L’amore è la rabbia che ho provato quando mi sono arrabbiata per quello stupido fermacapelli che mi avevi fatto come regalo di compleanno e che io me l’ero stupidamente presa solo perché avevi affermato che portavo sempre il capello e quindi risultavo poco femminile. L’amore è il sollievo che ho provato quando sei riuscito a venirmi a vedere alla mia prima partita di tennis. L’amore è il dolore che ho provato quando quella sera del 24 Dicembre mi hai lasciato andare da Yamato, senza fermare la decisione di un adolescente smidollata che aveva preso una sbandata per il suo amico cantante. L’amore è quello che provo per te in quanto migliore amico fratello e forse qualcosa di più…”-

 
Ero così scosso dalla tua confessione che non proferii parola, ma anzi all’interno del mio corpo stavano vorticando le mie emozione più nascoste e proprio in quel momento erano esplose dentro di me come fuochi d’artificio. E così, mentre tu mi pregavi di risponderti o perlomeno di respirare visto che ero rimasto in apnea, cominciai uno dei discorsi più belli della mia vita che fino ad oggi è ancora stampato ed indelebile nel mio cuore:
 

  • “Semplicemente non credevo che questo giorno non sarebbe mai arrivato o forse sto solamente… E so già che mi pentirò per quello che sto per rivelarti, perché appena te lo dirò, so già che mi risveglierò da questo sogno inaspettato… Però anche io ti amo Sora, e ti ho sempre amata… dal primo giorno in cui ti ho incontrata fino ad oggi i miei sentimenti per te, che consideravo come una grande ed indistruttibile amicizia, non sono mai mutati nel tempo né si sono affievoliti… Anzi si sono amplificati a dismisura fino a farmi stare male. Per me è stato un dolore immenso lasciarti andare tra le braccia di Yamato ma era l’unico modo per non rovinare in nostro rapporto, visto che per molto tempo mi sono illuso di poter essere la persona che ti avrebbe reso felice per il resto della vita…”-

 
E fu proprio in quel momento che, come avviene per una pellicola di un film, mi tornarono a galla tutti ricordi nitidi e indimenticabili dei nostri momenti di vita vissuti insieme fino a quel momento… Che sicuramente avrebbero avuto un seguito visto che oramai ci eravamo dichiarati il nostro amore… 
E così senza neanche averlo neanche lontanamente premeditato, io corsi tra le tue braccia e ci baciammo. Fu un bacio inizialmente letto ma colmo d’amore, poi i ritmi aumentarono e divenne un bacio più appassionante. Le nostre lingue avevano iniziato una danza sconosciuta ma che da tempo era stata programmato poiché era scritto nelle stelle che le nostre labbra si sarebbero dovute incontrare. Eravamo una cosa sola in quel momento, bocca contro bocca, petto contro petto, cuore contro cuore. In quel momento ero la persona più felice di questo mondo e non riuscivo più staccarmi dalle tue labbra perché erano appena diventate il mio ossigeno. Sentivo a quella distanza il profumo della tua pelle dei tuoi capelli, sentivo il sapore delle tue labbra. Era un bacio da far girare la testa ed era il nostro primo bacio. Il primo che sicuramente a questo punto avrebbe dato inizio ad una sequenza di altri baci visto che non eravamo più in grado né di fermarci, né di staccarci per un secondo l’uno dall’altra.
Perché io ti amavo alla follia e ti volevo avere accanto a me per tutta l’eternità. Tu sei sempre stata la luce della mia vita, una luce che ancora oggi mi trasmette speranza. Sei sempre stata e sarai in eterno il mio coraggio più grande perché come mi hai detto sempre anche tu “per amare ci vuole coraggio…” ed è proprio questa frase che è diventato il nostro motto… Perché se non c’è coraggio non c’è amore e se non esiste l’amore non può esistere il coraggio… Era scritto dal destino che saremmo stati per sempre uniti, legati e fusi insieme dalla vita, fusi come i simboli delle nostro digipietre che si incastravano perfettamente tra di loro come se fossero state da sempre create per essere una cosa sola. Perché noi due siamo una cosa sola anche se non ci sei più e non sei parte di questo mondo… E mi manchi terribilmente Sora! E lo so che è passato solo un mese da quando te ne sei andata, ma io non riesco a smettere di pensare ogni singolo istante a te. Ti avevo promesso che non avrei pianto e non lo farò, perché so dove siete tu e Biyomon adesso: siete a fare compagnia ad Oikawa e a vegliare sui Digimon, probabilmente siete diventate le anime di Digiworld, le stelle che ci proteggono da lassù oppure siete siete gli spiriti digitali, le farfalle che svolazzano nel cielo per proteggerci con i vostri poteri e farci da angeli custodi nella vita terrena finchè non vi raggiungeremo… Nel frattempo io sono qui e continuo a tramandare il nostro amore ai nostri amici e alla nostra famiglia! Ti amerò fino alla fine dei secoli…
Per sempre tuo 
Taichi”
 

Genki aveva ascoltato in silenzio ogni singola parola ed, alla fine della lettera, una lacrima non aveva potuto fare a meno di posarsi sulla sua guancia. Poi però, vedendo il nonno ancora attonito dal magone che sicuramente aveva nel petto, sicuramente per aver letto quella lettera straziante che da anni non era stata più aperta, decise di avvicinarsi, prendergli la mano e confortarlo:
 

  • “ Nonno Taichi, sono sicura che la nonna ci protegge da lassù così come la zia Hikari… Loro ci vogliono bene e non potranno mai smettere di vivere senza di noi!”

 
Taichi che ormai poteva considerarsi un vecchierel canuto e bianco* si riprese d’animo e sorrise al suo amato nipotino:
 

  • “ Hai ragione…Bene che ne dici se, come da tradizione consuetudinaria, andiamo a rimettere a posto la lettera nel baule? Vuoi aver tu l’onore??” – Gli domandò l’eterno inguaribile ottimista Taichi Yagami.

 

  • “SIII!” – Esultò Genki Yagami.

 
Il baule di cui parlava Taichi, era una specie di forziere che si trovava in camera sua e che racchiudeva quelli che lui considerava i tesori, oggetti e ricordi più preziosi di lui e Sora fin da quando erano solo dei pargoli.
Infatti Genki non vedeva l’ora di tornare a casa del nonno per riaprire il baule e, per una volta ancora, osservare quei ricordi così importanti del nonno e della nonna. In particolare, ciò che ammirava di più Genki, era il simbolo che si trovava disegnato ed inciso sul baule: un marchio che raffigurava le digipietre di Taichi e Sora – ovvero il sole ed il cuore – però non spearati ma al contrario intrecciati ed incastrati perfettamente l’uno dentro l’altro. Quell’intreccio aveva un significato importante che era appunto stato spiegato con una frase incisa dentro al baule, dietro ai due simboli incastrati: “Per amare ci vuole coraggio”… La frase che ripeteva sempre nonna Sora. E per finire, ciò che amava tantissimo ammirare il piccolo Genki, tra le cose che stavano conservate dentro al baule, erano appunto: i due digivice dei suoi nonni con i rispettivi digimedaglioni e digipietre (i ragazzi tempo fa erano riusciti nuovamente a rientrarne in possesso) ma soprattutto il cappello azzurro di Sora con i suoi guanti rossi, risalenti al loro primo viaggio a Digiworld del 1999, ed ovviamente il binocolo e gli occhialetti da aviatore da leader di Taichi. Genki era sempre rimasto affascinato da quegli occhialetti poichè conosceva la storia che vi si celava dietro: un giorno suo nonno Taichi, quando era ancora bambino di prima elementare, veniva quotidianamente bullizzato da alcuni ragazzini per la sua precoce bassa statura. Quando una volta tornò a casa dopo l’ennesima e orribile giornata di scuola, trovò il nonno che lo consolò e gli regalo i suoi preziosi occhialetti da aviatore. Infatti il nonno di Taichi era stato un comandante dell’aviazione giapponese durante la seconda guerra mondiale e quindi proprio perché aveva  prestato servizio per il bene della Nazione, quegli occhialetti erano come una medaglia per lui e per questo motivo li regalò al nipote dicendogli che, se avesse indossato quegli occhiali, si sarebbe trasformato in un supereroe pieno di coraggio di fronte ai nemici. Il piccolo Taichi credette alle parole del nonno che da quel giorno, proprio grazie agli occhialetti che indossava sempre, acquistò autostima e sicurezza e divenne forte e coraggioso… Tutte qualità che poi lo avrebbero fatto nominare leader dell’armata dei digiprescelti.
E mentre il piccolo Genki era felice di conoscere tutte queste sfaccettature del passato di suo nonno, quasi come se lui stesso le avesse vissute in prima persona, nel frattempo Taichi continuava ad osservare la tomba di sua moglie e una lacrima non poté fare a meno di cadere sul terreno mentre una farfalla bianca si posava sulla spalla. Taichi si girò, guardò per un attimo la farfalla e poi capì. Sorrise all’insetto e con uno sguardo commosso disse:
 

  • “Ciao Sora, a presto!”

 
E non appena pronunciò queste parole, la farfalla volò spiegando le sue ali verso il cielo infinito della terra… verso il portale di Digiworld.
 
 
                                                                                                                        THE END

 
 
 
 

*movesi il vecchierel canuto e bianco e un verso ripreso da una poesia di Giovanni Petrarca.
 
Buonasera! Finalmente anche io partecipo a questo contest e vi posso assicurare che per un periodo ho sudato sette camicie perché non riuscivo a trovare l’ispirazione quindi meglio tardi che mai. E’ un onore per me scrivere una storia di questo genere, anche perché se leggerete con attenzione capirete che alcuni dialoghi che ho aggiunto in questa One Shot, riprendono un discorso tra questi due personaggi di cui sto scrivendo in una nuova storia. Quindi nulla viene lasciato al caso e a tutto c’è un perché… se avete domande, non avete solo che da chiedere! Però per intenderci, tendo a collegare sempre le miei storie quindi nessuna sarà mai scollegata dall’altra. A presto.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Digimon > Digimon Adventure / Vai alla pagina dell'autore: LadyItalia_UsabellaDream