Disclaimer
I personaggi non sono miei, appartengono a Yoichi Takahashi.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Ringrazio tutti coloro che dedicheranno del tempo alla lettura della mia storia e coloro che avranno la pazienza di recensirla.
Buona lettura!
Genzo che aspetti?
Ora sono qui in un angolo.
Da tempo ormai sono stato relegato nell’ombra.
L’inizio è stato molto diverso però, chi l’avrebbe detto che finiva così?
Sembra ieri, lo ricordo bene: avevo solo 15 anni, molte speranze e mille promesse…
Ed ora?
Ora che accade?
Beh…Ora si torna a casa e non vorrei, non così: così è troppo amaro.
Ha il sapore dell’addio questo ritorno ed è triste anche se non è una resa e io lo so bene che non lo è.
Sono arrivato in Germania ed ero solamente un ragazzino.
E adesso?
Adesso è tutto così lontano e le speranze mi sembrano pezzi di un sogno infranto.
Devo starmene lì e non mi basta!
No, non mi basta starmene lì, seduto in panchina, a guardare.
Senza rimpianti scrivo la parola fine.
Ho giocato il tutto per tutto, ho lasciato quella maledetta porta e ho perduto la partita, la fiducia dell’allenatore, la carriera.
Ho tentato, dovevo farlo: io detesto i pareggi ma ora non posso più, non posso resistere oltre.
Le mie gambe vogliono correre ancora e le mie mani vogliono disperatamente afferrare di nuovo il pallone.
Anche la testa e gli occhi lo vogliono.
Voglio correre e sognare ancora.
Si torna a casa e non ho sprecato il mio talento.
Seguirò il mio nuovo cammino e nessuno, nessuno, potrà fermarmi.
Ci sono le qualificazioni olimpiche.
E poi?
Lascerò tutto?
No, so che non lo farò, perché amo troppo il calcio.
Resterò in Giappone?
Forse potrei, per qualche anno magari, ma poi…
Poi mi annoierei perché non è in Giappone che ho perduto tutto e a me non piace lasciare conti in sospeso.
Che farò?
Mi brucia ancora: non è chiusa la partita con la Germania che mi volta le spalle.
“Calmati Genzo!"
Mi dico con un filo di voce mentre stringo i pugni.
Chiudo gli occhi.
Vorrei stare calmo e poter ascoltare il battito del mio cuore: ecco, lo sento.
Batte e posso ascoltarlo ancora; l’ho fatto tante volte mentre, fermo tra i pali, aspettavo.
Il mio cuore batte e torno a casa.
Torno semplicemente per me stesso, per inseguire di nuovo il mio sogno, per ascoltare di nuovo quel battito che non mi lasciava mai solo.
La vita che avevo è sparita per sempre.
Torno nella mia terra.
Lascerò che il tempo passi e giocherò.
Ritroverò i volti e i nomi del passato per imprimerli nella mente e nel cuore, prima che scoloriscano, e li terrò con me.
Rimetterò i piedi nell’erba del campo.
I miei amici lo leggeranno in me questo nodo alla gola ma non diranno una parola perché sapranno quello so io: ho guardato il calcio dalla panchina a denti stretti e coi crampi allo stomaco e per me è stata un impresa!
Ora viene il bello o forse il brutto: tornare a casa, svuotare il cuore dall’ingiustizia e dalla delusione per riempirlo di nuovo.
Ci vorrà tempo, certo, per abbandonare le persone che conosco e ritrovarne altre, riscoprirò un vecchio sogno e lo troverò ancora più bello.
Guardo fuori, il cielo è azzurro.
“Genzo, che aspetti? …Esci dall’ombra!”
Lo dico a voce alta questa volta, come se parlassi ad un vecchio amico ma forse ho solo bisogno di parlare con me.
Alzo gli occhi ed esco dall’ombra della stanza.
Sì, è il momento!
Rifaccio la valigia: ora so come deve essere fatta.
Apro la porta.
Vado via!
So bene com’è fatto il mondo, è disumano a volte.
“Non me ne vado perché ho perduto!”
Urlo così al vento che soffia e mi sento più leggero… Devo andare perché sono io e non mi arrendo.
Io sono Genzo: il ragazzino quindicenne col suo sogno.
Io sono ancora Genzo e torno a casa perché lo so che c’è, ce l’ho ancora il mio sogno da inseguire!
N.B. Ciao! Come vedete la mia Genzomania continua...Forse questo Genzo, solo con i suoi pensieri, è un po' troppo amaro ma è venuto così da sè...spero di averlo interpretato bene.