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Autore: Alexiel Mihawk    14/10/2016    2 recensioni
La vita non l'ha portata a percepire i colori come chiunque altro, o forse all'inizio li distingueva anche lei, ma quando ha visto tutto ciò che amava venire distrutto, quando ha capito per la prima volta di non essere altro che un oggetto nelle mani di qualcun altro, a quel punto Furiosa ha preferito scegliere di vivere in un mondo in bianco e nero, un mondo che non comportasse la perdita della speranza, perché come poteva esserci speranza in un mondo senza colore?
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Imperator Furiosa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: Oscurità
Parole: 1118
Rating: leggermente nsfw per le tematiche, ma indicativamente PG13
Warning: implied!Rape, implied!Abortion, implied!psychological/phisical abuse, implied! boh, che cazzo ne so, Furiosa non c'ha un braccio, fatevi due calcoli.
Note: scritta per il CowT, ultima settimana, sono così distrutta che nemmeno ho voglia di mettere le note o uno schema. Uccidetemi. Bianco e nero sono i colori dei war boys, di Immortan Joe e delle tinte che vengono usate principalmente da quel gran simpaticone. Max è il mio patatino e gli voglio bene.
Il contesto è questo, dai fumetti Furiosa impedisce ad Angharad di abortire, così mi è nato questo headcanon che in passato fosse stata una delle mogli di Immortan e che avesse volontariamente abortito, cosa per la quale è stata punita con il mozzamento del braccio.
Originariamente postata sul mio Livejournal l'11 Marzo 2016, per leggere altre cose su Mad Max andate sul mio profilo AO3, in inglese.


Bianco e Nero


Furiosa vorrebbe solo riuscire ad aprire gli occhi e vedere i colori.
Ma sono passati anni dall'ultima volta in cui l'arancione della sabbia di quelle terre desolate è apparso brillante al suo sguardo, le piante che crescono rigogliose sulla cima della Cittadella sono come ombre scure di fronte a lei e persino il cielo risulta perennemente coperto da un velo opaco. È come se non riuscisse a concepire il mondo in altro modo che attraverso un filtro desaturante che ne smorza i toni; non che la cosa la stupisca. La vita non l'ha portata a percepire i colori come chiunque altro, o forse all'inizio li distingueva anche lei, ma quando ha visto tutto ciò che amava venire distrutto, quando ha capito per la prima volta di non essere altro che un oggetto nelle mani di qualcun altro, a quel punto Furiosa ha preferito scegliere di vivere in un mondo in bianco e nero, un mondo che non comportasse la perdita della speranza, perché come poteva esserci speranza in un mondo senza colore?
Quando pensava che la sua miserabile esistenza avesse toccato il fondo, Immortan Joe aveva fatto di lei una delle sue mogli, l'aveva toccata con le sue mani sporche e butterate e aveva piegato il suo corpo flaccido su quello di una bambina appena diventata donna, ancora troppo giovane e acerba per produrre qualsiasi cosa. Nonostante tutto non aveva ceduto, aveva lottato finché era riuscita a farlo, finché il suo corpo non aveva sviluppato delle curve che non avrebbe mai pensato si sarebbero formate su di lei, finché il suo ventre non si era gonfiato e arrotondato e Furiosa aveva percepito nel suo cuore che, oltre alla speranza, era morta anche la sua umanità.
Aveva sanguinato così tanto quel giorno che era sicura che sarebbe morta, precipitando nella disperazione più profonda, nel dolore più cupo, ma non era successo. Si era ritrovata ancora viva, con le mani dell'organic mechanic tra le gambe, e lo sguardo carico d'ira di Immortan Joe piantato in viso. Quando il supposto medico aveva estratto il cadavere senza vita di sua figlia – e solo quello le aveva salvato la vita, che fosse una femmina quella vita che andava crescendo nel suo ventre – aveva trascinato Furiosa fino nel centro del Bio-Dome e aveva urlato fino a rimanere senza fiato. Quindi le aveva tagliato un braccio.
Per fare da esempio, aveva detto, perché a nessun'altra di quelle giovani ingrate venisse in mente di fare una cosa simile. Le parole che non aveva pronunciato erano state cagne da riproduzione e Furiosa lo sapeva, perché dopo tutto era quello che erano: meri oggetti la cui unica esistenza era concessa e concepita nell'ottica della riproduzione. Nemmeno servivano a procurargli piacere, quel vecchio bastardo non aveva intenzione di usarle per quello, Joe voleva degli eredi. Sani.
Partorire, poi, non era nemmeno una garanzia di sopravvivenza; le mogli di Immortan che avevano dato alla luce i suoi figli deformi erano state uccise, perché che senso aveva tenere (e mantenere) delle bocche in più capaci solamente di produrre merce difettosa?
Furiosa però non era morta.
Aveva urlato, aveva pianto, aveva sanguinato, poi si era rialzata.
I ricordi successivi sono vivi, ma confusi nella sua memoria. Ricorda le grida di scherno e di odio, ricorda le risate e i corridoi bui della cittadella, i War Boys che le passavano di fianco indicando lei e il suo moncherino, senza osare toccarla; più di ogni altra cosa, Furiosa ricorda l'oscurità.
L'antro scuro e sporco in cui si era ritirata a leccarsi le ferite, ad aspettare di guarire, da cui era scivolata fuori, prima trascinandosi a fatica, a gattoni, poi su due gambe, fino a imparare a camminare di nuovo, fiera nella sua disabilità.
Aveva imparato a sopravvivere, a concepire la sua vita senza un braccio, ma non era mai tornata a vedere i colori.

Nel suo mondo in bianco e nero, Furiosa ha imparato a distinguere le sfumature. Ognuna di essere segna ai suoi occhi un grado di colpevolezza, una posizione diversa nella sua scala di giudizio. Se si guarda nello specchietto retrovisore del suo blindato, l'Imperatrice si vede di un grigio simile a quello del cielo in tempesta; Immortan Joe è nero come la notte, non ha sfumature per lei, ma l'aspetto tetro di un abisso oscuro; le mogli sono di un grigio chiaro, la tonalità varia da una all'altra e solo Angharad splende di bianco.
Furiosa sceglie di vivere in un mondo senza colori. Poi arriva Max.

Max ha una forza di volontà che lei non ha mai visto prima; dice che sperare è sbagliato, ma la verità è che lui continua a farlo, si ostina ad appigliarsi a qualcosa e ad aggrapparvisi utilizzandola come scusa per andare avanti. E a cosa può attaccarsi un uomo che ha perso tutto se non alla speranza?
Forse è vero, forse è matto ed è per questo che continua a farlo, ma chi è il vero folle? Colui che crede o colui che rinuncia a credere perché qualcun altro glielo impone?
Max non appare né bianco né nero agli occhi di Furiosa, non riesce a individuarne la tonalità di grigio e le ci vuole del tempo per capire che non sta guardando un uomo applicando su di lui il suo metro di giudizio, ma lo sta vedendo per quello che è davvero.
Il suo viso è sporco di sabbia e sangue, i suoi vestiti sono logori e consumati e la luce nei suoi occhi brilla, come se sfidasse l'universo intero a spegnerla; non sa bene cosa sia che la disturbi di più, se la realizzazione improvvisa dei colori che la circondano o la consapevolezza di essersi rinchiusa per tutto quel tempo in sé stessa, cercando di sfuggire da un mondo plasmato a immagine e somiglianza di un uomo nero come la pece.
Non ha importanza, non più.
Furiosa guida il suo camion verso quella che spera essere una nuova vita, la sabbia arancione del deserto le colpisce il viso, sferzandolo senza gentilezza, il sangue rosso scivola tra le sue mani mentre fa pressione sulla ferita al costato e davanti ai suoi occhi il cielo azzurro si tinge delle esplosioni delle macchine da guerra di Immortan Joe.
È quasi troppo da sopportare, tutto troppo colorato, troppo forte, troppo vivo.
Ma va bene così, perché Furiosa si sente viva, e nemmeno lei saprebbe dire da quanto tempo non accadeva; è una sensazione nuova, e se non nuova è così lontana che quasi l'aveva dimenticata, lasciandola sprofondare nell'oblio.
Il mondo di Immortan Joe è un mondo in bianco e nero, la follia di Max non conosce altro che colori accecanti, finalmente Furiosa torna a vedere e capisce che, dopo tutto, in quel mondo desolato in cui vivono, forse è meglio essere matti.





   
 
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