Un fiore di ciliegio per la salvezza di un
demone
Capitolo
1: una storia che vale la pena essere raccontata
Voglio raccontarvi una storia.
La mia e quella di una persona a me cara.
Prima di tutto mi presento, tanto per avere
una idea di chi sia quella matta, che si è messa a scrivere questo racconto, ma
per quanto può valere la mia opinione, questa è una storia che vale la pena di
essere raccontata.
Mi chiamo Sakura Haruno.
Sono una kunoichi del villaggio della foglia. Di
lavoro faccio il medico e molti mi considerano la migliore in tutto il paese
del fuoco, dopo la morte della mia maestra. Il quinto hokage
Tsunade-sama.
Grazie a lei sono diventata quella che
sono, anche se non ne ha tutti i meriti.
Nella mia vita sono molte le persone che
hanno avuto una certa influenza su di me…una di
questa in particolare e sarà proprio di lui che vi voglio raccontare.
Cominciò dall’inizio. Avevo 15 anni
all’epoca. Ero una ninja parecchio inesperta, nonostante fossi al livello chunin. Non amavo molto svolgere missioni, preferivo
rimanere a Konoha a curare i pazienti che mi venivano
affidati. Non c’è niente di meglio di un sorriso di una persona che ti sorride
quando sei riuscito ad alleviargli il dolore del suo male. Per questo adoro il
mio lavoro.
Comunque a quell’età ero solo
un’apprendista, ma avevo già capito che quella era la mia strada. Ma fra un
paziente e l’altro, dovevo svolgere qualche missione con la mia squadra. Di
essa ne facevano parte:
il
maestro Kakashi, un tipo alquanto strano e
misterioso. nonostante ora sia ormai una donna e di anni ne siano passati, non
ho ancora scoperto quale sia il suo vero aspetto.
Sasuke Uchiha: bhe il nome dovrebbe dirvi tutto. Apparteneva…cioè
appartiene a un clan prestigioso, molto
temuto e quasi istinto a Konoha. Ha l’abilità innata
dello sharingan…sinceramente non ho mai capito bene
come funzionasse. Da quello che so mi sembra più un danno per il corpo, che un
dono.
Infine Sai: lui è il compagno di squadra
con il quale abbia avuto meno affiatamento…era spesso
sulle sue e inoltre aveva un sorriso fastidioso sempre dipinto sulle labbra…bhe non è cambiato poi molto in questi anni, ma
almeno dimostra di avere più sentimenti, dato che diceva sempre di non sapere
provare emozioni.
Sono capitata proprio in una squadra di
matti, ma con il tempo mi ci sono affezionata e in un modo o nell’altro
diventammo amici. Poi io avevo una cotta smisurata per Sasuke…se
adesso ci penso mi viene da ridere, in effetti non è proprio il mio tipo.
Troppo cupo…preferisco i tipi solari.
Forse mi sto perdendo un po’ troppo in
chiacchiere e dovrei cominciare con raccontare ciò per cui ora sono qui a
parlare a voi.
Era una mattina come tutte le altre e
anche quel giorno dovetti recarmi da Tsunade per la
mia lezione giornaliera. La mia maestra era appena diventata hokage all’ora…da circa un mese.
Ciò avvenne dopo un attacco da parte di un paese ostile a Konoha,
che ebbe la geniale idea di attaccare il villaggio. molti furono i periti e fra
loro ci fu anche il sandaime. Era piuttosto anziano e
non era più abbastanza forte da riuscire a sostenere uno scontro…fatto
sta che morì.
Il consiglio degli anziani si mobilitò
subito a trovare un nuovo hokage e dopo aver chiesto
al sannin Jiraya di
accettare la carica…dovettero scegliere Tsunade, dato che l’uomo non era interessato.
Non potevano fare una scelta migliore. Il
villaggio era in ottime mani.
Quel giorno per mia sorpresa non trovai Tsunade a farmi da insegnante, ma Shizune.
L’hokage aveva altre questioni da risolvere; una
questione che presto mi avrebbe travolto.
Finita la lezione, feci per tornarmene a
casa, ma quando vidi la mia maestra incamminarsi per chissà dove…la
seguii. Non ero solita farmi gli affari degli altri, ma quella volta lo feci.
Si stava recando alla prigione di Konoha. Un luogo ai più sconosciuto. L’ingresso era vietato
a tutti, solo ad alcuni anbu era permesso entrarci,
ma solo coloro che avevano il compito di sorvegliare i prigionieri.
In quel luogo erano rinchiusi i peggiori
criminali che konoha avesse potuto avere.
Volevo saperne di più,ma intimorita
ritornai sui miei passi.
Anche i giorni precedenti Tsunade si recò in quel luogo. Ero troppo curiosa di
conoscere il perché e così alla fine mi decisi. Aspettai impazientemente che l’hokage uscisse da quel luogo per entrarvi io. Dovetti fare
parecchia attenzione…c’erano molti anbu, anche se non tanti quanto me ne aspettavo.
Quel luogo era orribile. Sporco, buio e
umido. C’erano addirittura topi e scarafaggi, per farvi capire in che
condizioni vivevano in quel luogo. Bhe d’altronde se
lo meritavano. Avevano compiuto chissà quali crimini e non potevano pretendere
chissà quali privilegi.
Però c’era un però.
Tutto questo è ingiusto se a finire là
dentro è qualcuno che non ha nessuna colpa.
Girovagai per tutta la prigione. Era
enorme e quando decisi che era meglio andarsene da lì, per puro caso mi
soffermai a guardare all’interno di una cella.
C’era una figura tutta rannicchiata
coperta da un pezzo di stoffa nera, tutta sgualcita. Doveva avere freddo nel
modo in cui si era fatto piccolo piccolo, cercando un
po’ calore dal proprio corpo. non si vedeva niente a parte un pezzo della
testa.
Non riuscii a decifrare il colore dei
capelli, avrei detto castani, ma non ne ero sicura. Ad un certo punto però vidi
qualcosa che mi spaventò e mi fece scappare via.
Pensai e ripensai più volte a quello che
avevo visto. Non riuscivo a trovare una spiegazione. non era umanamente
possibile. Quella figura scura che avevo visto, improvvisamente iniziò a
fissarmi con il suo sguardo rosso fuoco luminoso. In quel momento sentii un
grande senso di odio invadere il mio cuore. Un’esperienza bruttissima.
Passò circa una settimana durante la
quale non potei fare a meno di continuare a pensare a ciò che avevo visto e
provato. Anche i miei amici e Tsunade si erano
accorti di qualcosa di strano in me, ma a ogni domanda che mi porgevano, io
rimanevo sul vago, non volendo essere presa per pazza e soprattutto essere
punita per aver violato la legge. Avrei potuto finire anch’io in quella
prigione e magari nella stessa cella di quella figura.
Comunque non riuscivo a torgliermela dalla testa. Qualcosa o qualcuno mi
bisbigliava di tornare in quel luogo, per saperne di più.
Cercai di mettere a tacere quella voce, ma di
fatto non ci riuscì. Ed eccomi lì, nuovamente all’interno della prigione
davanti a quella cella.
Quella volta c’era maggiore luce.
Dovevano aver aggiunto qualche torcia in più per rendere migliore la visione,
anche se ora io ero più visibile.
La figura tutta rannicchiata su se stesso
era nella stessa posizione della prima volta. Chissà se si era mosso.
Provai a chiamarlo.
“Ehi!” dissi a bassa voce. Non potevo
farmi sentire dagli anbu, ma neanche lui così avrebbe
udito la mia voce.
Riprovai, ma non funzionò. Presi allora un
piccolo sassolino e lo lanciai vicino a lui, in modo da attirare la sua
attenzione.
Si mosse appena.
Forse stava dormendo. Ricompii l’azione e
questa volta la figura si tirò su da poter vedere chi era.
Rimasi sorpresa di vedere chi c’era.
Era un ragazzo. Avrà avuto la mia stessa
età eppure si trovava in quel luogo orribile. Chissà cosa aveva commesso. Anche
se mi veniva difficile pensare che un ragazzo così giovane potesse compiere
chissà quali gravità. Inoltre mi sembrava essere li già da un bel po’.
Aveva capelli biondi…mischiato
a sporco e alquanto lunghi…segno che non gli venivano
tagliati, eppure anche in prigione, se uno ha necessità, ti mandano qualcuno
per accorciarti i capelli, ma lui…
Che fosse talmente pericoloso da non far
avvicinare nessuno?
Eppure a me non sembrava pericoloso. Una
cosa mi colpì subito: i suoi occhi. Erano di un azzurro stupendo, ma erano
pieni di dolore, tristezza, solitudine. Erano diversi da quelli che avevo visto
la settimana prima. Quelli erano pieni di rabbia, rancore e odio…ma
soprattutto rossi.
Che avessi sbagliato cella? Non mi importava…ora ero colpita da lui e volevo saperne di più…conoscerlo.
“ciao!” disse avvicinandomi alle sbarre,
ma prima che potessi farlo, il ragazzo mi ringhiò contro facendomi sussultare.
Non so se lo fece perché non voleva che mi avvicinassi alla sua prigione o per
farmi accorgere del sigillo che era applicato alle sbarre. Quel tipo di
chiusura era messo solo a chi aveva compiuto strage di innocenti ed era
impossibile da recuperare e inoltre chi toccava le sbarre, ne rimaneva
folgorato.
Mi spaventai. Sia perché ci sarebbe
mancato poco e io sarei finita all’altro mondo…sia
perché il ragazzo che mi aveva tanto colpito era molto pericoloso.
Sentii dei passi. Degli anbu si stavano avvicinando. Dovevo andare, ma prima
rivolsi un ultimo sguardo al ragazzo che mi fissava.
Riuscii ad allonatarmi
in tempo, ma sentii quello che gli anbu dissero
“Tieni mostro, questa è la tua cena, anche se un demone come te, dovrebbe
essere lasciato morire di fame!”
Quelle parole mi colpirono. Perché dire
quelle cattiverie a un ragazzo.
Il giorno dopo chiesi a Tsunade.
“Maestra?” attirai la sua attenzione
“ieri per puro caso sono passata vicino alla prigione e mi chiedevo…chi
viene rinchiuso al suo interno? Cioè i criminali della peggior specie, ma cosa
hanno fatto di così tremendo da finire li dentro?”
Tsunade si fece pensierosa e sospirò “delle cose
terribili. Tradito il loro villaggio, ucciso a sangue freddo persone innocenti.
Torturato ostaggi per aver solo qualche soldo…cose
del genere…però…” cominciò col dire.
“Però?” dissi incitandola a continuare
“Non tutti sono colpevoli li dentro! A
volte le decisioni presi dai superiori sono ingiuste!”
Rimase a pensare…in
cuor mio speravo proprio che si riferisse a quel ragazzo.
“Maestra, ma se qualche ragazzo diciamo
intorno alla mia età compisse uno di quei crimini da lei prima citati,
finirebbe lì dentro?” chiese cercando di non destare sospetto per la mia
curiosità
Tsunade alzò il sopracciglio “come mai questo
interessamento?”
Alzai le spalle “curiosità…ho
visto molti anbu e mi chiedevo cosa o chi potesse
esserci li dentro.”
Tsunade cambiò espressione convinta della mia
innocenza “dovresti sapere che i minorenni non possono essere mandati lì
dentro. È un luogo orribile e finchè si può, si prova
a recuperare i ragazzi, ma una volta che vengono spediti li dentro, l’unica
cosa a cui possono andare incontro è…la pazzia!”
Inghiottii la saliva che mi si era
formata in gola per l’ansia.
Se Tsunade mi
riferiva quello, perché quel ragazzo era lì e in quelle condizioni?
L’indomani tornai da lui.
“Ciao! Sono tornata!” gli dissi. Questa
volta mi sentì subito e cominciò nuovamente a fissarmi con quello sguardo
triste che mi rapivano ogni volta.
“Ieri sono andata via un po’ bruscamente
e che…non dovrei essere qui. Nemmeno tu in teoria!”
dissi accennandogli a un sorriso.
Non fece una piega. Continuava a
fissarmi. Mi sentivo a disagio in quel momento. Cercai comunque di comunicare
con lui.
“non mi sono ancora presentata. Io sono
Sakura! Tu come ti chiami?” gli chiesi gentilmente.
Quella domanda provocò in lui una
reazione. Spalancò gli occhi, successivamente scosse la testa.
Rimasi sorpresa.
“Non lo sai? Hai forse perso la memoria?
che ne dici se ti do io un nome, finchè non ricordi
il tuo?”
Non mi diede risposta. Cominciai a
pensare a un nome.
“Che ne dici di Yaku?”
Di nuovo non disse niente. lasciai
perdere per il momento. Poi mi ricordai del cestino che avevo in mano.
“Oh,mi stavo per dimenticare, ce stupida
che sono! Tieni! Questo l’ho fatto io! non sono un ottima cuoca però ho fatto
del mio meglio. Spero che tu sia affamato!” dissi.
Era una domanda retorica. Anche un
bambino sa che in quelle prigione è già tanto se ti danno da mangiare e inoltre
il cibo è sempre scadente.
Volevo lasciargli il cibo nel contenitore
oppure sopra un fazzoletto, ma avrebbero scoperto che qualcuno gli andava a
fare visita. Mi vidi costretta a mettergli il cibo per terra, facendo
attenzione a non sfiorare le sbarre.
Quando compii la mia azione, mi
allontanai e guardai la scena.
Per qualche minuto il ragazzo continuò a
fissarmi, poi cominciò a spostare lo sguardo sul cibo, per poi buttarcisi sopra
letteralmente. Lo fece fuori in men che non si dica.
Sembrava che non mangiasse da giorni.
Sorrisi. Sembrava aver gradito il pasto
che gli avevo portato. Gli promisi che sarei tornata a portargliene altro
l’indomani.
Passai un mese così. Andavo da lui
praticamente tutti i giorni a portargli del cibo e a parlarci. Non riuscii a fargli
dire nemmeno una parola, ma non mi importava. Mi bastava poterlo aiutare in
qualche modo. Era sempre lo stesso. Sempre in un angolo a fissarmi
insistentemente. Solo un paio di volte capitò che dovetti andarmene. Arrivavo
nei momenti sbagliati. Mi era capitato di giungere proprio nell’istante in cui
gli anbu gli facevano chissà che cosa. Forse lo
picchiavano o comunque gli facevano del male, fatto sta che sentivo le sue urla
e quando finalmente potevo avvicinarmi a lui…ecco che
quegli occhi iniettati di sangue tornavano a farmi visita. In quei momenti era
estremamente aggressivo e una volta provò addirittura ad attaccarmi, ma venne
fermato dall’alta tensione delle sbarre.
Quella volta ebbi davvero paura. Quel
voltaggio avrebbe steso anche un elefante, mentre lui era solo svenuto.
Nonostante l’accaduto, non mi arresi e
continuai ad andare a fargli visita.
************
Ho già parecchie fanfic da continuare, ma è più forte di me. quando mi vengono in mente nuove idee devo cominciare a scrivere. Ma piano piano riuscirò a portare a termine anche le altre storie da me intraprese e questa nuova ff, che spero vivamente vi possa piacere.
Aspetto i vostri commenti…fatemi sapere
Ciao
Neko=^^=