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Autore: Rohchan    10/05/2009    4 recensioni
Trentadue parole, cinque frasi per ognuna.
Sfida tra me e Onigiri, dove i giudici siete voi lettori, con i vostri commenti =P!
*Dalla prima parola*, Orange "...quando Kagome un giorno s’era portata dietro una confezione di succo d’arancia, da dare a Shippo, lui glie l’aveva rubata e ne aveva annusato il contenuto fino a che il profumo-che-sapeva-di-Kagome s’era perso tra le fronde del Goshinboku.
Genere: Romantico, Drammatico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera a tutti!!!
Quello che vi apprestate a leggere è un mio capriccio, proprio così.
Rohchan la settimana scorsa è sclerata male, e ha sfidato quell'anima buona di Onigiri (che non si capisce per quale miracolo divino la considera sua sensei) a scrivere delle specie di minuscole, minuscolissime cosine.
Onigiri accetta, e questo è il risultato.
32 piccole creazioni su Inuyasha, costruite con le seguenti regole:

- tempo limite una settimana (che Rohchan ha rischiato di non rispettare =.=)
- cinque frasi per ogni scritto, sei se proprio non se ne può fare a meno.
- Niente linguaggio sms
- consentito legare uno scritto ad una delle fanfic pubblicate dalle due, ma uno soltanto
- consentito l'AU
- Consentito l'OOC (senza esagerare. Onigiri mi ha pregato di non fare Secchan dedito al cucito...^^)

Bene, dovrebbe essere tutto.
Ringrazio davvero tantissimo, più di quanto sappia dire, la grande (di nome e di fatto) Rosencrantz, che ha assecondato la nostra pazzia e ha stilato la lista dei 32 temi della sfida.
...
Beh, che aspettate? Leggete e commentate...non essendoci una giuria esterna, aspettiamo i vostri commenti.^^
Votate Onigiri e passate a leggere le sue fic..."Chiudi gli Occhi" è veramente spettacolare...*.* (fine angolino pubblicitario ^^)

Buona lettura! (spero)
Rohchan

CHALLENGE INUYASHA

Orange

A volte, Kagome aveva un odore strano, diverso dal solito.
Perplesso, dopo svariate annusate date a tradimento, senza riuscire a trovargli un nome, Inuyasha aveva chiesto.
- Si chiama arancia… - aveva risposto lei.- E’ un frutto arancione…mi piace.-
Inuyasha aveva mosso la testa serio, come per dire sì, e quando Kagome un giorno s’era portata dietro una confezione di succo d’arancia, da dare a Shippo, lui glie l’aveva rubata e ne aveva annusato il contenuto fino a che il profumo-che-sapeva-di-Kagome s’era perso tra le fronde del Goshinboku.

Sun

Rin amava il sole; le scaldava i vestiti, la pelle, le faceva venire le lentiggini sul naso.
Si divertiva a guardare il riflesso dei suoi raggi sull’acqua, e non riusciva a capire come mai al signor Sesshoumaru invece desse tanta noia.
A lei sembrava una cosa tanto bella.

Avrebbe capito solo anni dopo, un giorno d’estate, guardando la pelle di Sesshoumaru brillare al sole come una perla su una spiaggia infuocata, mentre lui si lavava in una polla d’acqua limpida: con la sua pelle mai toccata dal sole, il demone era di una bellezza più accecante di quanto i suoi occhi di ragazza potessero sopportare.
E allora aveva sorriso, rossa in volto, e aveva abbassato la testa piena di pensieri strani.

Worm

Ognuno di loro, in quell’epoca segnata da guerre, era un verme per gli altri.
Naraku lo era per Sesshoumaru, il demone maggiore che non tollera i mezzo demoni, semplicemente da sottomettere.
Inuyasha e compagni lo erano per Naraku, desideroso di avere per sé tutto il potere.
Jaken si sentiva verme, costantemente ai piedi di Sesshoumaru e colmo di terrore ogni volta che il suo padrone lo guardava con quegli indecifrabili occhi d’ambra.
Gli unici a sfuggire a questa rete di sottomissione erano i quattro umani, il Monaco, la Sterminatrice, la bambina che viaggiava con Sesshoumaru e la giovane Sacerdotessa; e Naraku, che un tempo era stato umano, sentiva agitarsi dentro di sé lo spettro del ricordo della forza di quella - un tempo anche sua- razza di vermi invincibili.

Rainbow

- Guarda, Shippo! L’arcobaleno!-
Il piccolo demone volpe aveva alzato gli occhi al cielo, dal cestino fradicio della bici di Kagome, e aveva lanciato un gridolino estasiato nel riconoscere le strisce colorate contro il cielo di cristallo dopo la pioggia.
- Lo sai che si dice che alla fine dell’arcobaleno gli elfi dei boschi nascondano le loro pentole piene d’oro?-
Shippo aveva guardato la ragazza del futuro con lo sguardo colmo di attesa; come tutti i bambini, amava le storie, e Kagome era sempre felice di poterne raccontare.
- Smettila di riempirgli la testa di stupidaggini, Kagome… finirà per credere che sia vero.- l’aveva rimproverata Inuyasha.
Sango e Miroku si erano guardati sospirando, mentre i due litigavano come al solito, finchè Kagome non aveva spedito Inuyasha a cuccia e lui si era chiesto mentalmente perché diavolo non metteva mai da parte l’orgoglio e non ascoltava ad occhi sgranati quelle storie- che dovevano essere meravigliose-, che nessuno gli aveva mai raccontato da bambino.

Bow

Kikyo trovava debole e incapace Kagome come Sacerdotessa, e non capiva come potesse non accorgersi di sfruttare solo una misera parte di tutto quel potere spirituale che aveva ereditato da lei, in quanto sua reincarnazione.
Poi le era venuto in mente un ricordo particolare.
- Il potere di una Sacerdotessa si esprime meglio con un arco che si è costruita lei stessa… - le aveva detto, troppo tempo prima, la Sacerdotessa che era stata sua maestra.- Può anche usare un arco fabbricato da altri, ma così come la spada di un demone è più potente se fatta con una delle sue zanne, perché ne contiene il sangue, così l’arco costruito da una Sacerdotessa per sé stessa risponde meglio al suo karma, perché in esso ci sono la sua fatica e il suo sudore.-
Con l’arco di Kaede Kagome non avrebbe mai sconfitto Naraku… ma in fondo non era colpa sua, si era detta Kikyo, se nessuno istruiva quella ragazzina sul suo compito in quell’epoca.

Lake

Gli occhi di Miroku erano un lago pericoloso, Sango lo sapeva. Ametista come il più profondo dei Cinque Grandi Laghi della sua terra.
Fin da quando lui l’aveva guardata in maniera diversa la prima volta, lei sapeva che un giorno sarebbe annegata in quegli occhi senza remore; ma quando il momento era arrivato, un pomeriggio mentre erano lontani dal villaggio alla ricerca di erbe medicinali per il suo lavoro di Sterminatrice, Sango era troppo felice e con gli occhi colmi di lacrime, per ricordarsene.
Le era tornato in mente poi, mentre la luce color miele del tramonto colava sulle foglie del grosso albero contro cui si erano addormentati abbracciati.
Gli occhi di Miroku erano un lago pericoloso, si era detta, ma non era poi così terribile annegarci dentro.

Snake

- AIUTO!!!!UN SE…UN SE…UN SERPENTE!!!!!-
Inuyasha si era precipitato da Kagome prima ancora che lei avesse finito di gridare “aiuto”, e lei gli si era gettata in braccio facendolo quasi cadere a terra, impreparato ad accogliere il suo peso.
Shippo era spuntato ridendo da dietro il cespuglio, uno dei suoi piccoli trucchi di legno in mano, sventolandolo sotto il naso di Kagome che rischiava di soffocare Inuyasha con la forza della sua stretta, la fronte contro il collo dell’hanyou e gli occhi stretti dalla paura.
Quella sera, il piccolo demone aveva potuto mangiare in pace la sua razione di ramen in scatola, con un Inuyasha stranamente inappetente rispetto al solito seduto alla sua sinistra, che gli aveva ceduto anche i suoi wuster.
Al mezzo demone sembrava troppo dirgli “Usa più spesso quel trucco, piccoletto, e te ne sarò grato.”

Raider

Izayoi era stata educata per essere la moglie di un grande Signore, ma la vita aveva deciso altrimenti.
Certo, aveva sposato un potente Principe, ed era diventata una Principessa, ma non era stato quell’essere umano, come lei ancora a metà strada tra l’infanzia e l’età adulta, a rubarle il cuore.
- Siete un predone?- aveva chiesto al bellissimo uomo dai capelli come la neve che l’aveva sorpresa a passeggiare in giardino sotto la luna piena, sola, e che la guardava come se fosse stata il più bel fiore di ciliegio del mondo, con un rispetto e un’ammirazione che l’avevano fatta tremare fino nelle ossa.
- Soltanto del vostro cuore, Principessa Izayoi, e solo se me lo concederete.- aveva risposto lui, e lei era stata grata alla pesante veste cinese che indossava, e che nascondeva il tremore improvviso delle sue gambe.

Bird

La Signora del Vento, la chiamavano gli umani… o almeno, quei pochi che avevano avuto la fortuna di vederla prima di morire, e avevano capito che la loro vita dipendeva da lei.
A Kagura piaceva la sua natura, libera e selvaggia, e detestava sentirsi in trappola, legata a un mezzo demone che le aveva rubato il cuore, nel senso materiale del termine.
Naraku la guardava e piegava la bocca in un sorriso crudele, ogni volta che lei tornava al castello dalle sue missioni; sapeva che lei voleva volare libera.
Alla donna bolliva il sangue, e le tornava in mente l’uccellino che aveva liberato dai rovi del castello di Naraku il giorno in cui era nata.
Ho preso il suo posto, aveva pensato più volte, ora l’uccello in gabbia sono io.

Gun

Inuyasha era convinto che la pistola fosse solo quell’assurdo aggeggio che Sota usava per giocare al poliziotto, nel cortile del Tempio, quando giocavano a prendersi e a lui toccava scappare.
Proprio in uno di quei pomeriggi di giochi obbligati, Kagome era uscita da casa con una torta al cioccolato, e glie l’aveva data con un sorriso.
- Stai male, Kagome?- le aveva chiesto, scettico, visto che il dolce non aveva odore di veleno; anzi, era buono, e lui l’aveva mangiato in tre bocconi, facendo venire i lucciconi agli occhi di Sota, che aspettava la sua parte.
- Te l’ho sempre detto io, che mia sorella è una pistola carica…- aveva detto il ragazzino, dopo aver riso a crepapelle quando Kagome gli aveva rotto il piatto in testa, tornando in casa a passo di marcia.
In quel momento, Inuyasha aveva arricchito con quel termine la sua definizione interiore di Kagome.

Shadow

C’erano giorni in cui Miroku sentiva la paura della sua maledizione come un’ombra enorme incombente su di lui.
Era bravo a nascondere la sua paura, e gli altri non sospettavano mai di nulla.
Si allontanava, cercando di pensare ad altro, chiedendo a tutte le donne che vedeva l’onore di un figlio, solo per potersi godere il viso di Sango, incendiato di furia, che gli dava l’hiraikotsu in testa.
Quei momenti ricordavano al Monaco l’attimo in cui il sole squarcia le nuvole di un temporale, riportando la luce sulla terra tutta ombre.
Avrebbe continuato a chiamare Sango “la sua cura di sole” anche una volta diventato vecchio, quando la sua ombra era stata ormai sconfitta per sempre.

Strawberry

- Smettila di grattarti, Inuyasha! Finirai per sanguinare!-
- Ma si può sapere cosa mi hai fatto mangiare, dannata? È la prima volta che mi succede una cosa simile, e guarda caso tu ne sei responsabile.-
- Non è colpa mia se ti mangi due chili di fragole e poi ti viene l’orticaria, mezzo demone delle mie ciabatte a coniglietto!-

Moon

Sesshoumaru somiglia alla luna, s’era detta Kagura una sera, osservando il soldo d’argento inchiodato sul velluto della notte.
Fredda, scostante, lontana, disinteressata alla sua vita da prigioniera.
Come con il demone, era una totale perdita di tempo stare a fissarla, sapendo che non avrebbe mai avuto nulla in cambio.
Aveva sentito immediatamente lo stomaco stringersi a quel pensiero, si era data della stupida ed era volata via, lontano dalle grinfie di Naraku, almeno per un po’.
Ma nonostante tutti i suoi tentativi di smettere, ogni sera alzava gli occhi alla luna, come se questa avesse potuto parlarle di lui, e moriva di tristezza quando il cielo era nero.

Salt

Una notte, Sesshoumaru era stato distratto dai suoi pensieri dai movimenti nel sonno di Rin, che si agitava senza posa poggiata contro A-hun.
Infastidito, s’era alzato e le era andato vicino con l’intenzione di svegliarla e dirle di smetterla, ma poi aveva visto le sue lacrime.
Si era chinato su di lei, e con l’unghia dell’indice aveva raccolto una di quelle gocce trasparenti dalla guancia della bambina e se l’era portata alle labbra, assaggiandola senza nemmeno sapere perché.
Quel sapore gli aveva riportato alla mente il mare.
Le lacrime degli umani sanno di sale, aveva pensato, prima di rendersi conto, infastidito, che una cosa simile non avrebbe dovuto interessarlo.

Time

Strano come il tempo passi in maniera diversa a seconda della compagnia.
Un lampo umido di concentrazione durante un compito in classe, noioso durante le lezioni, in grosse gocce pesanti di paura durante una battaglia, e breve come un battito di ciglia in compagnia di Inuyasha.
Kagome se ne era accorta durante uno dei pochi appuntamenti che Hojo era riuscito a strapparle, e sorrideva in silenzio con gli occhi assenti puntati oltre il vetro della finestra del caffè in cui si erano seduti, quando lui le aveva chiesto:
- A cosa pensi?-
- Al tempo, Hojo.-

Sea

- Non mi impedirai di andare in gita scolastica al mare, Inuyasha!- aveva sbottato Kagome, mentre preparava il borsone per la gita di fine anno scolastico.
- Non essere ridicola... ormai siamo ad un passo dal distruggere Naraku!-
- Naraku può aspettare due miseri giorni…-
- No che non può aspettare!-
A quel punto Kagome l’aveva mandato a cuccia, e come prevedibile lui l’aveva seguita in gita, senza farsi vedere, incapace di starle lontano; spiandola dall’alto di una scogliera, Inuyasha aveva avuto la tentazione di uccidere i compagni di classe di Kagome, che la guardavano passeggiare sul bagnasciuga coperta –che parola grossa!- da quattro triangoli striminziti di stoffa.

Candle

Kagome non era pronta ad ammetterlo con sé stessa, ma la luce delle candele era straordinaria su Inuyasha.
Accendeva di riflessi arancio i capelli d’argento, rendeva la sua pelle simile all’oro e aumentava di almeno dieci volte il potere dei suoi occhi d’ambra su di lei.
Prima di conoscerlo, detestava i black-out che le impedivano di studiare, ascoltare musica, guardare la tv o leggere a letto la sera.
Ma da quel terribile temporale ormai lontano di mesi, Kagome aveva cambiato idea, al punto che aveva sostituito la lampada da comodino con una candela.
A Inuyasha quel cambio non dispiaceva; la sua luce morbida gli dava meno fastidio agli occhi, rendeva l’ambiente più caldo e la pelle di Kagome maledettamente bella.

Wind

Ormai adulta, Rin si era accorta che Sesshoumaru era diverso dal solito, nei giorni di vento. Prima non riusciva a spiegarsene il motivo, presa com’era dal compiacere il suo compagno di viaggio con l’obbedienza, il silenzio e i piccoli doni che di tanto in tanto gli portava da bambina.
Aveva capito tutto una mattina, su una roccia a picco su uno strapiombo, con il vento che soffiava sul viso del demone e spingeva indietro quei capelli che lei avrebbe tanto voluto toccare.
Sesshoumaru aveva in mano una piuma, che all’improvviso era sparita nella manica del suo kimono, e Rin aveva sentito il sentimento che portava nel petto avvizzire di colpo come un fiore colto da una gelata improvvisa.
Sesshoumaru desiderava il Vento, e per lei non c’era posto.

Sword

Aveva trovato inutile la Tessaiga quando l’aveva vista la prima volta, tutta arrugginita ed ammaccata nella tomba di suo padre.
Aveva imparato ad usarla con fatica, a volte con una paura tremenda di non riuscire, a volte con cocciutaggine, a volte pienamente consapevole di ciò che stava facendo ed altre ancora sbruffone soltanto per non far trapelare la fiducia in chi gli diceva come doveva fare.
Ora aveva solo paura.
La Tessaiga era spezzata, qualche metro più in là, Kagome era lontana, dove gli aveva detto di restare e dove, per una volta, lei aveva accettato di rimanere.
E adesso non c’era nessuno a salvarlo dalla parte di lui che gli faceva più paura.

White

Era un vezzo che non avrebbe dovuto concedersi, ammirare la sua immagine riflessa nel canale delle risaie del suo villaggio; era una Sacerdotessa, e anche se giovane, a lei queste cose erano vietate. Sapeva che la Via che aveva scelto non passava attraverso il narcisismo.
Ma il bianco dell’abito sacerdotale creava un magnifico contrasto con il nero corvo dei suoi capelli, e Kikyo era arrossita quando Inuyasha glie l’aveva detto la prima volta.
Ora quel bianco la infastidiva. Non era bianco di purezza, di gioia, di bellezza, era un bianco di morte, ed Inuyasha non era più suo, e tutto ciò che aveva amato era perduto per sempre.

Death

Chissà cosa aveva pensato Kohaku, mentre Naraku lo uccideva. Sango se l’era chiesto mille volte.
Chissà se lo aveva implorato di lasciarlo vivere, o se invece voleva solo morire in fretta e l’aveva maledetto a denti stretti per la vita in morte che gli stava donando.
Ormai aveva perso ogni speranza di saperlo, da quando era fuggito da lei per l’ennesima volta.
Non sapeva cosa aveva pensato suo fratello, ma sapeva cosa pensava lei stessa; e la sua coscienza le gridava che era inutile chiederselo, perché le trame di Naraku erano troppo subdole per un semplice essere umano.

Day

Per il demone, il giorno e la notte non avevano significato. Luce e buio, calore e frescura, suoni e silenzio, niente di più.
Ma la donna umana che aveva scelto come compagna, così diversa da lui, portava ogni giorno sul viso il segno di una nuova alba, e del successivo tramonto.
Per lui il giorno non significava nulla, per lei ogni giorno era un passo avanti verso la fine.
Solo quando era nato Inuyasha era parso ad entrambi, per un istante, che il giorno fosse nato con lui per non morire mai più.

Sunset

Tutte le sue amiche lo consideravano romantico, il momento ideale per scambiare un bacio con la persona amata, ma a lei il tramonto non era mai piaciuto; le dava il senso di fine, non di principio.
Per questo la sera diventava malinconica, e sospirava guardando fuori dalla finestra di casa il giorno morire sui tetti della città.
- Coraggio, domattina il sole sorgerà di nuovo.-le aveva detto Inuyasha, abbracciandola da dietro.
- Ma quando domani finirà, sarà di nuovo il tramonto, e sarà di nuovo finita.-
Inuyasha aveva sbuffato e poi l’aveva baciata.

Eye

- Facciamo un nuovo gioco, fratellone?-
- Che gioco?-
- Sbirciamo dal buco della serratura cosa combina mia sorella invece di studiare, così poi lo diciamo alla mamma, e se vuoi anche tu potrai sgridarla perché dice di venire a casa per studiare e poi non lo fa.-
Inuyasha si era lasciato tentare, e sbirciando dal buco della serratura della stanza di Kagome, aveva visto un occhio nocciola fissarlo con quella che lui sperava tanto non fosse rabbia.
Quando si era ripreso dalla botta sul pavimento provocata dal comando della ragazza, Inuyasha era andato a cercare Sota con la chiara intenzione di ucciderlo, mentre lui sorrideva beffardo in cucina accanto alla madre.

Smile

Jaken invidiava Rin, perché pur essendo una debole bambina umana riusciva ad irritare il signor Sesshoumaru molto meno di quanto facesse lui.
E non capiva perché il suo padrone si ostinasse a trascinarsela dietro, quando sapeva benissimo che sarebbe bastato spiccare il volo e lasciarsela alle spalle, a gridare che l’aspettassero.
Si era voltato verso Rin, intenta a mangiare un pesce infilzato su uno stecco, e la bambina gli aveva sorriso.
Jaken si era sentito più sconfitto che mai, e ora pensava di capire meglio il suo padrone.
Il sorriso di Rin era più pericoloso della più affilata delle katane; gli si perdonava tutto, ed una volta visto, non se ne poteva più fare a meno.

Tiger

- Mamma, da grande voglio una tigre!- aveva detto Kagome alla madre, piccolissima; era la sua prima Festa delle Bambine, ed il kimono nuovo la faceva sembrare una bambolina.
La signora Higurashi aveva sorriso col marito, e aveva guardato la piccola Kagome appiccicare il naso e le mani sporche di zucchero filato alla vetrina di un negozio di giocattoli, dove troneggiava l’enorme pelouche di una tigre.

Le era tornato in mente una sera a cena, molti anni dopo, con Inuyasha seduto accanto alla figlia, così concentrato sul suo ramen da muovere le orecchie avanti ed indietro senza nemmeno rendersene conto.
Da bambina Kagome voleva una tigre, e invece aveva avuto un mezzo demone cane; ma in un certo senso quel ragazzo proteggeva sua figlia come nessuna tigre vera avrebbe potuto fare.

Room

Inuyasha non capiva che senso avesse dividere la casa in tante stanze. Lo infastidiva non poter tenere sempre d’occhio Kagome, e gli pesava non poterle stare vicino semplicemente facendo quattro passi e coprendo la distanza tra loro in battito di ciglia.
Per questo, da quando la battaglia con Naraku si era conclusa, e Kagome aveva scelto di restare con lui, Inuyasha la pregava di rimanere sempre nella stessa stanza con lui.
Se c’era Kagome, si sentiva al caldo, sicuro e protetto, e sapeva che qualunque cosa fosse successa, lui avrebbe potuto aiutare la ragazza. Ma se lei non c’era, sentiva il freddo e il peso di tanti anni di solitudine bussare nella sua testa, e la stanza diventava di colpo gelida e buia anche nel pieno di un giorno di Agosto.

Fire

Kikyo non aveva saputo cos’era il fuoco finchè non aveva conosciuto Inuyasha.
Lui le aveva tolto il respiro, l’aveva scaldata con lo sguardo fino a farle girare la testa, e quando era scivolata tra le sue braccia, che l’avevano accolta come se non fossero nate per altri che lei, Kikyo aveva capito.
L’amore era fuoco, Inuyasha era fuoco, e lei bruciava come un ramo secco, e sperava che nessuno - nessuno- la spegnesse mai.
Aveva pagato caro quel fuoco, con lacrime e sangue. Aveva perso la vita, aveva maledetto Inuyasha, ma il fuoco non s’era mai spento; una volta acceso, aveva scoperto che l’amore bruciava per sempre.

Barleycorn

Le dame di corte ridevano e schernivano Izayoi, poiché preferiva quella pianticella così piccola e insignificante –così provinciale- agli iris, o al glicine, che loro usavano in abbondanza per decorare il nastro delle lettere agli amanti.
- Principessa Izayoi, perché decorate le vostre lettere con delle spighe d’orzo? Vi siete forse invaghita di un contadino?-
- Uso l’orzo perché il suo chicco ha lo stesso colore dello sguardo del mio signore.- aveva risposto lei.
E da allora, la Principessa aveva vissuto sola.

Mountain

Amare è come scalare una montagna, così aveva sentito dire Kagome.
C’erano momenti in cui lo sentiva vero ancor più del suo respiro; a volte era difficile capire Inuyasha, le sue paure e le sue ansie. Si sbucciava le ginocchia, si graffiava le mani scivolando sui fianchi del suo amore, e credeva di non farcela.
Ma poi, d’un tratto le rocce taglienti diventavano sabbia, il viso di lui si scioglieva in un sorriso, e gli occhi si facevano miele, e Kagome sapeva che tutti i suoi graffi erano stati curati.
L’amore di Inuyasha era una montagna difficile; ma non avrebbe voluto scalarne nessun'altra.

Hand

Kohaku si era svegliato sudato e spaventato. Kikyo aveva poggiato la mano fredda sulla sua fronte, scendendo sul viso, cercando di calmarlo, e lui faticosamente era uscito dall’incubo.
La mano della Sacerdotessa era gelida come l’acqua di una sorgente di montagna, ma il corpo di Kohaku ricordava le cure amorevoli e le carezze di una mano calda.
Apparteneva ad una ragazza che per molto tempo non aveva più avuto un nome nei suoi ricordi, piccole schegge di vetro appannato dal potere di Naraku.
La mano era di sua sorella, Sango.

Ghost

Kikyo giaceva tra le sue braccia, esangue. Lo guardava, il sorriso leggero che un tempo gli regalava così di rado dipinto sulle labbra per l’ultima volta.
Inuyasha non voleva lasciarla andare, non era pronto a farlo, e la teneva stretta e sentiva il calore di lei dissolversi nell’aria, ma non voleva che accadesse.
- Non voglio che tu vada, Kikyo…-
- Non trattenere un fantasma, amore mio… vivi, e sii felice…-

  
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