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Autore: Korat    12/05/2009    4 recensioni
C'era una volta, in un regno lontano, una principessa addormentata in attesa del bacio del suo principe. C'era un'altra volta, in un paese vicino, un ragazzo del liceo che la risveglia dopo mille anni. Poi ci sono anche una reginetta della scuola con le sue vallette, una bambina che sa contare fino a trentaquattro, una maledizione da sconfiggere per sempre e la responsabilità di essere un'adolescente nel XXI secolo. E soprattutto, solo tre mesi di tempo per riuscire a conquistare il "per sempre felici e contenti".
Genere: Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’era una volta, in un tempo lontano in cui la magia esisteva poiché nessuno avrebbe potuto scioccamente dimostrare il contrar

PROLOGO

 

C’era una volta…

 

 

C 

C’era una volta, in un’era che scorreva a rallentatore dando il tempo di godere di ogni singolo attimo e di credere alle fiabe, un piccolo reame incantato in cui il cielo limpido, i boschi rigogliosi, la serenità della vita quotidiana e la perfetta armonia della gente sembravano frutto di un mirabile incantesimo. Artefice però dell’idilliaca atmosfera che si respirava lì era quasi del tutto la natura, benché a quel tempo ci fossero anche sette fate che svolazzavano in giro benevolmente per compiere opere che addolcivano sempre più l’esistenza di quel luogo, regalando ogni tanto una primula in autunno o una stella cadente inaspettata.

Questo è il dove e il quando si svolge la nostra vicenda, ma siccome mi vorrei ben guardare dal riserbarmi le vostre antipatie mostrandomi sin da subito un narratore poco attento ai dettagli, specificherò che ci troviamo proprio nel X secolo e proprio in un piccolo feudo situato nella zona meridionale dell’Impero. A guardarlo dall’alto della rocca su cui era collocato il castello, c’era la nobile famiglia che lì risiedeva e che governava con saggezza e giudizio. Quella posizione riusciva ad offrire loro tutto ciò che potevano desiderare e anche più, meno che una cosa, quella che da anni bramavano ardentemente più di ogni altra: un erede. Né ricchezze né magia poterono aiutarli nell’ottenerlo, ma quando ogni speranza si era ridotta tanto da essere tutte quasi svanite, la fortuna volle donare loro una splendida bimba. Ad ella fu dato il nome di Aurora poiché venne alla luce assieme al sole, ma sembrava splendere molto più di questo.

Il giorno dopo, il primo giorno di un nuovo anno e anche quello di una nuova vita, fu organizzata una grande festa per celebrare il battesimo della bimba, a cui furono invitati tutti i nobiluomini e le loro signore del regno ed anche di quelli vicini. Eccezionalmente, alle fate Candida, Fleur, Mietta, Chantal, Violante e Lilac fu chiesto di fare da madrine alla piccola Aurora. I festeggiamenti furono magnifici, con musiche ed un sontuoso banchetto. C’è chi ricorda, persino, che alle fate furono messi a disposizione per mangiare una forchetta, un coltello, un cucchiaio e un piatto d’oro ciascuna. E queste, per contraccambiare, porsero ognuna un dono speciale alla bambina. Candida volle donarle la bellezza, e con un incantesimo fece sì che sarebbe cresciuta con un viso etereo incorniciato da lunghi e fluenti capelli dorati e illuminato da profondi e limpidi occhi turchesi. Quando fu la volta di Fleur, questa recitò delle parole che le avrebbero invece donato la capacità di ballare perfettamente e così i suoi movimenti sarebbero sempre stati pervasi da grazia e agilità. Mietta le diede abilità manuali ed in particolare quella di suonare ogni tipo di strumento. Chantal le offrì una voce armoniosa e dolce che l’avrebbe resa piacevole da ascoltare e le avrebbe permesso di cantare divinamente. Violante desiderò che la bimba, crescendo, sviluppasse singolari doti intellettive: intuito e logica. Lilac si avvicinò alla bimba piuttosto indecisa sul da farsi, ma non appena prese fiato per annunciare il suo volere, un’inattesa comparsa le negò la possibilità di rendere la fanciulla semplicemente felice. La visita indesiderata in questione, che provocò un notevole scompiglio nella folla spaurita soltanto dalla sua inquietante figura, era da parte della fata Carabosse. Ormai tutti avevano preso a chiamarla strega, poiché stava da sola su di una rocca remota a far cose demoniache. E se il raccolto era scarso, o si diffondeva una malattia, o persistevano bufere, era per colpa dell’insano piacere di quella donna per le sventure altrui. Avvolta nel suo mantello nero, sporgeva soltanto il viso esangue composto in un’espressione superba ma al tempo stesso offesa. Spiegò ai presenti con voce tonante dell’oltraggio subito con quel mancato invito ad un così importante avvenimento, e di conseguenza la sua legittima volontà di una vendetta. Anch’ella avrebbe fatto un dono alla piccola, ma precisamente questo sarebbe stato la morte al suo sedicesimo compleanno a causa della puntura con il fuso di un arcolaio. Espresso ciò, sparì, lasciando sgomento e terrorizzato il pubblico e abbandonando la neonata ignara ad un futuro tragicamente segnato. I genitori non poterono rassegnarsi al dover guardare come spettatori questa tragedia e pregarono Lilac, la quale ancora doveva porgere il suo dono alla piccola, di risolverla. La fata, però, non era purtroppo in grado di annullare un sortilegio di tale potenza, ma guardando gli occhi azzurri e limpidi e innocenti della bimba, decise comunque di provare a fare qualcosa. Le si avvicinò e, concentrata, proferì le seguenti parole: “Al suo sedicesimo compleanno, la fanciulla si pungerà, ma non sarà la morte ad accoglierla. Ella cadrà in un sonno profondo per cento anni, ma il bacio del vero amore di un principe senza macchia e senza paura la sveglierà per sempre”.

   
 
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